Ciò che possiamo licenziare

venerdì 17 dicembre 2021

I pulcini e Draghi

Il neuroscienziato Vallortigara dimostra con dovizia di particolari che i pulcini sono più intelligenti dei galli dominanti. Draghi racconta alla Camera quello che tutti i giornali pubblicano da mesi. Riceve applausi ogni due minuti. L’ultimo i parlamentari lo riservano a sé stessi.

In questa settimana due sono state le notizie clou: i pulcini di Vallortigara e il discorso del Draghi alla Camera. Il 14 dicembre su la Repubblica è stato pubblicato un pezzo sulla scoperta del neuroscienziato Giorgio Vallortigara che, lavorando con 44 pulcini, è arrivato alla conclusione che non sempre i capi sono i più intelligenti. Anzi, tutt’altro. In estremissima sintesi lo studio dice che i capi sono tali solo in virtù della loro forza, fisica negli animali, mentre i sottoposti sono assai più intelligenti e le femmine molto di più dei maschi: sanno contare, colgono la differenza delle forme e delle dimensioni e sanno come rapportarsi con la gerarchia del gruppo. In altre parole talvolta, forse spesso o addirittura sempre, il capo del pollaio è unicamente grande, grosso e, come si usa dire nel lombardo veneto, ciula ovverosia poco intelligente. Senz’altro molti, con una rapida carrellata mentale, staranno pensando a qualche recente capo di governo e altri si staranno chiedendo perché  Giorgio Vallortigara non abbia preso in considerazione i membri irrilevanti, i cosiddetti peones, del parlamento o meglio ancora una parte rappresentativa del corpo elettorale. Magari le casalinghe, non necessariamente solo quelle di Voghera. Forse, quasi senz’altro, il neuroscienziato sarebbe arrivato alla medesima conclusione: i sottoposti, i governati, sono più intelligenti, magari molto più intelligenti di chi ha il potere. Potere detenuto unicamente perché più forti, non tanto fisicamente, molti fisicamente sono delle caricature, quanto per le informazioni che possono mettere sul tavolo,  per le relazioni che hanno coltivato e coltivano, per gli aiuti che possono dare, e quindi ricevere. La storia del potere è tutta qui e nulla ha a che vedere con l’intelligenza o addirittura il merito. Il caso vuole che il 15 dicembre, il giorno dopo l’uscita del pezzo sui pulcini, il presidente Draghi Mario si sia presentato alla Camera per comunicazioni in previsione del Consiglio europeo. Ovviamente tra i due casi non vi è alcuna correlazione. Solo i maliziosi potrebbero immaginarlo ipotizzando la sagace ironia del caso. Il discorso ha avuto la durata di venticinque minuti e briscola. L’aula è stata silente e plaudente, Come da copione. Il Draghi inizia  con il ricordo delle nove vittime  di Ravanusa. Specifica, per gli amanti della geografia, che il piccolo paese si trova in provincia di Agrigento e parte il primo applauso. Applauso a chi? Perché? Non è dato sapere. Quindi cita tutte le vittime, una per una, indicandone nome ed età, porge le condoglianze del Governo e sue personali, per quel che valgono, chiede e lo dice come fosse una novità assoluta «sia fatta luce su quanto è successo, fatti che non dovrebbero capitare» anche se nel Belpaese succedono con la giusta frequenza, e quindi la solita tiritera dei ringraziamenti: il Sindaco il Prefetto la Croce Rossa, i soccorritori, i vigili del fuoco i carabinieri e i volontari. Altro applauso. Nota di colore: nell’intero discorso i ringraziamenti saranno tre per undici diverse categorie. Dopo di che il Draghi Mario si tuffa a piedi uniti nel nulla. Nei ventitre minuti restanti il Draghi racconta alla Camera attenta, poco, in compenso plaudente, tanto, cose che già tutti, compreso i pulcini di Vallortigara, conoscono a menadito. Le ripetute statistiche sulla pandemia, e l’invito alla terza dose, quindi che l’energia costa di più, ma che ci saranno risorse e che la politica di bilancio sarà espansiva per il duemilaventidue. L’hanno già scritto tutti i giornali. Sull’immigrazione sottolinea che l’Italia continuerà a chiedere una gestione umana, solidale, sicura. Come dire “viva la mamma”. Contemporaneamente però, senza sbandierarlo troppo,  si continuerà a vendere armi alla Libia e gli si daranno denari perché allestisca campi di concentramento. Quindi la solita banalità sui canali umanitari che rappresentano una risorsa e non una minaccia e l’accusa al regime bielorusso, un classico. Anche questo i quotidiani l’hanno già scritto. Un fulmineo assaggio sulla collaborazione con l’Africa, il sottinteso recita vacciniamoli a casa loro. Il finale è da manuale:  ringraziamento ai membri del Parlamento per la loro fattiva collaborazione. Probabilmente Draghi ha voluto gratificare i deputati per come entusiasticamente approvano quello che neanche hanno letto. Gli applausi dell’Assemblea al discorso sono stati tredici. Mediamente uno ogni due minuti. Incluso quello fatto a sé stessi. Alla fine viene da invidiare i pulcini. 

Buona settimana e buona fortuna.

giovedì 9 dicembre 2021

La medicina non è una scienza esatta

Uno degli effetti collaterali del Covid-19 è stato l’ideazione di alcuni refrain. La medicina non è una scienza esatta è un ossimoro. Se non è esatta si chiama ricerca o sperimentazione. Il fenomeno dell’atipico. Il Covid un atipico su cui si è investito per i morti, per i finanziamenti per i profitti

Uno degli effetti collaterali del Covid-19 è stata l’ideazione di alcuni refrain che si sono noiosamente ripetuti per mesi. Il primo nato e non poteva essere diversamente, è stato: al tempo del covid usato a destra e a manca da giornaliste e giornalisti. L’idea non era ovviamente originale, scimmiottava il titolo del romanzo: L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Marquez, evidenziando la carenza cronica di creatività della categoria. Quello che sta andando di moda adesso è: la medicina non è una scienza esatta. Ideatori del calambour sono scienziati di diverse discipline, infettivologi, biologi, virologi, microbiologi, chimici e via specializzandi. Che a scienza si accompagni non esatta è un evidente ossimoro: la scienza è, per definizione, esatta. Ovvero ad ogni azione, per quante volte questa venga ripetuta, deve corrispondere lo stesso risultato. Se il risultato cambia non si può parlare di scienza, ma al più di ricerca o sperimentazione, e queste sì non sono esatte, ancora una volta per definizione. Solo quando la ricerca o la sperimentazione giungono finalmente a un risultato stabile, nel numero e nel tempo, allora si può parlare di scienza. In verità questa bella fola che la medicina non sia scienza esatta viene sbandiera dai medici quando devono giustificarsi davanti ad un malato per il fatto di capire poco o nulla della patrologia che l’affligge.  Alcuni, più sofisticati, parlano di atipico. E così un qualsiasi malanno, che vagamente assomigli a un altro, ma di cui si capisce meno di un’acca, viene definito atipico. E quindi si può soffrire, tanto per dire, di una lombalgia atipica, ma anche di neuropatia atipica o, come è successo recentemente, di influenza atipica. La definizione di atipico di solito si porta dietro il fatto che il caso viene lasciato cadere nel dimenticatoio  per il semplice motivo che, essendo atipico, riguarda un numero esiguo di malati. E si sa: la redditività dei laboratori di ricerca e delle industrie farmaceutiche  è scienza esattissima e quindi scientifica. Al dunque chi se ne frega delle malattie rare. Però può anche succedere che qualche matto si impegni e voglia capire e allora accade che, magari dopo venticinque anni, fatto realmente accaduto, una banale sublussazione venga diagnosticata come sindrome di Ehlers-Danlos. Sindrome individuata a cavallo del XX secolo, ma con pochi clienti. Con il Covid-19, originariamente influenza atipica, le cose sono andate meglio in virtù degli enormi numeri di ammalati e di morti, degli enormi finanziamenti statali e degli enormi profitti privati. Questa volta per l’Occidente è andata bene. Per i Paesi poveri un po’ meno: non si possono permettere di spendere venti dollari a dose, ma ci si consola col pensare che lì fa caldo e il Covid-19 con il caldo non va d’accordo. Ma non si tratta solo di grandi numeri e di multinazionali, ci sono anche i casi spiccioli. Mi raccontava un amico che dopo un’accurata visita si sentì dire da un neurologo super luminare: non so di che si tratti, ma, d’altra parte amico mio, non è colpa mia se lei si è andato a prendersi una malattia che nessuno sa cosa sia. Già, la medicina non è una scienza esatta si consolò l’amico. Dopo di che il racconto continua: sono passato dalla segretaria che,con un largo sorriso, ha detto: sono cinquecento  euro per il professore. A quel punto la medicina da scienza non esatta si è trasformata cristallinamente in scienza esatta. Esattissima.

Buona settimana e buona fortuna.


venerdì 3 dicembre 2021

IMU: l’ennesima buffonata.

Il governo dei migliori ancora una volta arriva secondo. La certezza del diritto una bella favola. Il MEF conta come il due di picche. È un modo come un altro per dare denari ai comuni: lo si faccia, ma con dignità e senza menare per il naso il contribuente.


La storia dell’IMU è una barzelletta lunga dieci anni dove lo Stato in tutte le sue declinazioni istituzionali (governo, ministero, fisco, magistratura) si diverte a prendere per il naso il contribuente con la nobile scusa di fornire denaro agli enti locali. L’obiettivo di per sé ci starebbe anche, se il processo avvenisse alla luce del sole e con la chiarezza dovuta ai (poveri) contribuenti. Tutto nasce nel 2006 quando il Berlusconi Silvio, durante la campagna elettorale, faccia a faccia con il Prodi Romano, promise l’abolizione dell’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) una tassa non particolarmente gravosa. Il Berlusconi perse le elezioni. Il Prodi di cui sopra dimostrò di non aver colto la lezione e nel 2007 mise mano, demagogicamente, all’ICI. Mal gliene incolse: il suo governo di lì a poco cadde e il Berlusconi vinse le elezioni successive del 2008 e abolì l’ICI sulla prima abitazione e per contrappeso inventò l’IMU. Già perché, come sanno anche le massaie, non c’è economista che le valga, se si taglia un reddito da una parte bisogna recuperarlo da un’altra.  Comunque la famosa IMU avrebbe dovuto scattare nel 2014.  Ma nel 2011 il governo cadde e fu sostituito dal Monti Mario che ne anticipò l’entrata in vigore al 2012.  Idiozie, ma comunque chiare. Il MEF con circolare del 18 maggio 2012 stabili che l’esenzione IMU toccava alla prima casa aggiungendo però che se due coniugi avevano residenza anagrafica e dimora abituale in due comuni diversi entrambi avevano diritto all’esenzione trattandosi di due prime case. È il caso di una coppia bresciana: lui vive sul lago di mentre lei vive in città. Entrambi possono dimostrare di avere residenza anagrafica e dimora abituale nei reciproci comuni e lo certificano due stati di famiglia ben distinti, con bollette di luce, gas, acqua, telefono e immondizia. In altre parole si tratta di due realtà familiari, il Codice Civile, guarda caso, prevede la famiglia monocomponente. Com’è o come non è lui si trova in tribunale e in primo grado vince. La sentenza fa riferimento, udite udite, proprio alla circolare del Ministero. Il ricorso in appello è di prammatica e qui il verdetto viene ribaltato. Ma come? Il MEF, Ministero Economia e Finanze, che è il principale beneficiario dell’obolo, dice che non gli spetta, che non lo vuole e la magistratura più ministeriale del ministero stabilisce che invece lo deve avere. Misteri della povera Italia. Comunque il signore che vive sul lago decide di andare in Cassazione, meglio non l’avesse fatto: perde di nuovo. A questo punto si dirà sarà ammessa la buona fede del contribuente, ma neanche per sogno. Neppure per un istante i magistrati della Cassazione hanno pensato che sette o otto anni prima il contribuente potesse avere avuto qualche labile idea che la circolare del MEF valesse come la carta per incartarci il pesce e dunque oltre all’imposta al malcapitato viene imposto il pagamento di more ed interessi. Così va nel Belpaese. È di ieri che il governo dei migliori ha deciso una stretta sull’IMU, ma quale stretta? Arrivano questi migliori belli secondi a sancire il già sancito. Così come stabilito dalla Cassazione l’esenzione va concessa ad una sola abitazione: al diavolo la circolare del MEF, al diavolo la buona fede del contribuente, al diavolo la certezza del diritto, al diavolo la chiarezza e la trasparenza. Al diavolo tutto.

Buona settimana e buona fortuna

giovedì 25 novembre 2021

21, 24, 25 novembre: boh!

Tre date per la solita orgia di retorica. Provate a mettere in pratica i suggerimenti di Papa Francesco ai giovani e vi troverete licenziati. Draghi: il contrasto alla violenza sulle donne è una priorità assoluta, banalità assoluta da Chance il Giardiniere. Poca visibilità per il 24 novembre.            

Anno 2021, autunno, fine novembre, spiccano tre date: 21 Giornata Mondiale della Gioventù, ma anche delle vittime della strada, della festa nazionale dell’albero e, incredibile dictu, della televisione, manca solo lo scoubidou per fare scala reale. Comunque, andando avanti ci si imbatte nel 24 novembre truce ricorrenza del giuramento di fedeltà chiesto dal regime fascista ai docenti universitari e si arriva al 25: Giornata contro la Violenza sulle Donne. Se Z è stata l’orgia del potere questa fine novembre è l’orgia della retorica che più sgangherata non si può. Sgombriamo subito il campo dal 24 novembre che ha avuto poca o nulla risonanza sui media nazionali, data semi negletta dato che epigoni di quella storia bordeggiano intorno al governo e vuoi mai mettere che i migliori vogliano esporsi con qualche presa di posizione precisa e magari controcorrente. Giusto per essere giusti l’ANPI provinciale di Milano ha ottenuto di poter apporre, alla Università Statale, una targa dedicata al filosofo Pietro Martinetti, uno di quella sporca dozzina di docenti che si rifiutò di giurare. Ambito locale dunque, retorica, ammesso e nn concesso ci sia stata, di basso profilo. Evviva. Evviva. Le altre due date invece la retorica se la sono goduta alla grande. Ha principiato Papa Francesco con il discorso dedicato ai giovani nel quale, stancamente, ha ripreso concetti già declamati da altri: abbiate sogni, inseguite i vostri sogni. Lo disse già Steve Jobs, che a dirlo non costa nulla. È andato più indietro nella storia, il ghostwriter di Papa Francesco, aggiungendo: fate chiasso. Lo scrisse già il 5 agosto del 1966 Mao Tze Dong: sparate sul quartier generale. Quindi in entrambi i casi roba stantia e di nessun gusto palatale. D’altra parte provate a inseguire i vostri sogni o a fare chiasso, con la carica eversiva che i due messaggi comportano, in Apple, ma anche nella Chiesa e in una qualsiasi altra azienda multi o anche semplicemente nazionale e scoprirete in quattro e quattr’otto come si finisce isolati o addirittura licenziati. Perché la cooptazione vale più del merito, ma questo nessuno lo dice: troppo scomodo. E poi si arriva al 25 novembre  Giornata contro la Violenza sulle Donne. Il presidente Draghi a questo proposito ha detto che «si tratta di una priorità assoluta per il governo che intende l’odioso problema in tutti i suoi aspetti, dalla prevenzione al sostegno delle vittime.» Lo dicono tutti, da sempre, e avrebbe potuto dirlo anche Chance il Giardiniere specializzato in frasi del tipo «dopo l’inverno arriva la primavera» e sul resto taceva, quasi come Draghi. In ogni caso dopo la suddetta petizione di principio che magari anche i fascisti di Forza Nuova e Casa Pound potrebbero sottoscrivere, a proposito non sono ancora stati sciolti, ci sono i non fatti. I non fatti sono quelli illustrati, neanche denunciati, che alla lunga denunciare stanca, dalle attiviste della Casa delle Donne, Lucha y Siesta. Simona Merata, Chiara Franceschini, Amy Battistoni, Milena Fanizza hanno tranquillamente elencato che: il piano triennale sul ruolo dell’educazione è manchevole, non c’è un piano strutturale che vada a prevenire il fenomeno nelle scuole e nei luoghi di formazione, anche presso le istituzioni relative ai tribunali e le forze dell’ordine. E che i soldi: dipende dove li spendi e come li spendi ché stanziare milioni e distribuirne solo 2% dice solo di neghittosità e ignavia. Se poi i denari destinati alla lotta contro la violenza sulle donne finiscono alla nazionale cantanti si è all’apoteosi. Lucha&Siesta per il prossimo anno promette una giornata di silenzio. Si eviterà la retorica di ministri e ministre che anno dopo anno ripetono a pappagallo lo stesso sciocco discorso. E sarà un silenzio, se effettivamente lo faranno, diverso. Diverso da quello di Draghi e di  Chance il Giardiniere.

Buona settimana e buona fortuna.


giovedì 18 novembre 2021

Ci manca Marco Tullio Cicerone.

Di Catilina invece ne abbiamo a strafottere. Tra il penalmente perseguibile e il moralmente inaccettabile. Bucare la morale non è reato. Tutti sappiamo, ma non abbiamo le prove.

Quouscue, tandem, abutere Catilina patientia nostra? (fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza?) Così Marco Tullio Cicerone, iniziava la prima catilinaria. Si potrebbe trarre un parallelo tra quel novembre del 63 a.C. e l’odierno novembre 2021 se non fosse che ad oggi di Catilina ne abbiamo a strafottere mentre di Cicerone in giro non se ne vede neanche uno. Salvo che non giri in incognito, ma così non vale. Se questo ci salva dall’obbligo dello schierarsi ci lascia tuttavia con l’amaro in bocca. Dei novelli Catilina, si potrebbe fare l’elenco, ma se ne andrebbe tutto il tempo concesso a questa rubrica che merita di meglio. [non si direbbe nulla di nuovo rispetto a quanto i quattro lettori di questa rubrica già conoscono] E poi quello che è sotto gli occhi di tutti è di magnifica evidenza. Ma l’evidenza non basta, da buoni legulei ci si attacca a ciò che è penalmente perseguibile, che è diverso da ciò che è moralmente inaccettabile, rompere la morale non sempre fa reato. Così come viene fatta distinzione tra ciò che è acquisito in maniera irrituale dall’appurato fatto in sé. Tutti sanno, tutti convengono, ma legalità, non giustizia, chiede che l’affermazione sia suffragata da un atto, un pezzo di carta, già sulle testimonianze e financo sulle confessioni che possono essere ritrattate, si va sullo scivoloso, e dunque dalla prova provata. Torna quindi alla memoria  il pezzo di Pier Paolo Pasolini Io so, ma non ho le prove. Poiché tutti sappiamo, ma non abbiamo le prove. E questo non basta a spazzar via dall’orizzonte delle nomine istituzionali consulenti  dell’agenzia cinese Dagong o senior advisor di Duetsche Bank, giusto per dir di due che quatti quatti e lemme lemme fan finta di niente. Che poi in queste consulenze o hanno spiattellato tutto il nostro, quindi lasciandoci nudi, o ne han taciuto parte che sarebbe come dire consulenza farlocca ovvero truffaldina. In entrambi casi poco di bello. Sarebbe come chiamare ad allenare l’Inter il vicepresidente del Milan. Con che fiducia sulla imparzialità delle scelte e degli orientamenti? Anche se così fan tutti. Come quelli che ci han gabolato d’aver risolto una crisi dai labili confini con una telefonata alle 19,30 di un venerdì sera. Come se non si sapesse che dietro quella telefonata, ammesso e non concesso sia avvenuta, non ci siano stati mesi e mesi di consultazioni e di contrattazioni, di do e di des. Certo non così smaccati come in un’altra  volta, tuttavia … Anche in questo caso si sa ma non si hanno le prove. Evvabbé. Così gira l’italico stivale. A chiusa, dicevano i latini: Senatori boni viri senatus mala bestia. Sulla seconda parte non ci piove, anche ai giorni nostri, sulla prima c’è da eccepire: non cento, non dieci, ma ci fosse almeno un giusto su quegli scranni. Magari anche a pagamento.

Buona settimana e buona fortuna.

lunedì 15 novembre 2021

Black Friday: quello che non ci viene detto Federico Dordoni

Anche quest’anno, nonostante la pandemia, torna il famoso Black Friday con tutte le sue “imperdibili” offerte. Ma cosa c’è dietro questo famoso evento digitale?


Torna anche quest’anno il Black Friday, diventato un’altra tradizione per noi italiani: sono in milioni ormai coloro che si lanciano in acquisti sfrenati in questo periodo. Tutti alla ricerca della migliore offerta sulle varie piattaforme di shopping online, prima fra tutte Amazon. Recentemente, il famoso Black Friday si è evoluto a tal punto da creare un’altra giornata all’insegna degli acquisti: il Cyber Monday, incentrato su prodotti tecnologici. Nasce successivamente ma ha già scavalcato il Black Friday in termini di numeri: il Cyber Monday, infatti, con i suoi 6,8 milioni di ordini nel 2019 presenta un livello di crescita del 92% rispetto al 2018. Numeri che possiamo capire dato l’interesse sempre maggiore delle persone verso la tecnologia che sta crescendo costantemente

Crescita incredibile del Black Friday ma a che prezzo?

Non c’è dubbio che questi eventi ci portino diversi vantaggi in generale e ci permettano di risparmiare ma il tutto a che prezzo? La maggior parte delle persone fa un acquisto senza pensare a ciò che si nasconde dietro. Oltre ai maggiori imballaggi dei prodotti, la maggior parte degli acquisti riguarda dispositivi tecnologici e composti di plastica difficili da smaltire. Inoltre, l’altro grande problema riguarda l’inquinamento atmosferico, dovuto alle innumerevoli emissioni prodotte dai mezzi di trasporto di questi prodotti. Per non parlare della quantità di energia richiesta per alimentare i database sul cloud che hanno bisogno di una solida e veloce connessione internet. La stessa Chiara Campione, responsabile dell’unità “Corporate and Consumers” di Greenpeace Italia, riguardo gli effetti di questo evento sull’inquinamento ha dichiarato: “Il Black Friday è diventato uno dei picchi principali di consumismo. Questa sbornia di acquisti genera il più grande volume di rifiuti dell’anno. Un trend pericoloso che mette in pericolo il nostro pianeta. Acquistiamo senza pensarci un secondo, ma la spazzatura che creiamo durerà in alcuni casi per secoli”

Black Friday: cosa si nasconde dietro

Ormai ogni innovazione tecnologica deve rispettare certi requisiti per salvaguardare l’ambiente e non peggiorare l’attuale situazione già critica di suo. In particolare, guardando alla qualità dell’aria, ricordiamo che l’Italia detiene, sfortunatamente, il primato europeo per morti premature causate dalla cattiva qualità atmosferica (secondo i dati dell’Agenzia Europea). La causa principale di tutto ciò è il traffico, responsabile per circa 85% delle complessive emissioni. Riguardo l’inquinamento causato dal trasporto dei prodotti, è interessante calcolare l’effettivo impatto ambientale di particolari mezzi. A grandi linee, sappiamo che la velocità di un mezzo di trasporto è direttamente proporzionale al numero di emissioni che produce. Per esempio, un aereo emette circa 500 g/km di anidride carbonica con 171 tonnellate di merci mentre una nave produce circa 30 g/km con 193 mila tonnellate di merci trasportate. Il mondo in cui viviamo diverrà sempre più interconnesso e digitale. Tuttavia, le conseguenze di questo progresso tecnologico non saranno tutte positive. Per questo motivo, bisognerà stare attenti non solo a quello che succederà intorno a noi ma, soprattutto, a ciò che si cela dietro ogni cosa.

Fonte: https://www.prontobolletta.it/news/black-friday-sostenibilita/

 


sabato 13 novembre 2021

Arriva la Finanza in azienda.

 Ragazzi lavatevi il collo e le orecchie e magari nettatevi le unghie domani viene in azienda la Guardia di Finanza per fare un controllo. Ecco l'elenco dei documenti che vorranno vedere. Quando i migliori diventano dadaisti.

I migliori non possono che fare le leggi migliori. È un assioma. I migliori sono rispettosi della privacy. È un secondo assioma. I migliori vogliono la crescita dell’economia del Paese. È un terzo assioma. I migliori non vogliono disturbare. E così i migliori si lanciano a mettere mano al  ddl Concorrenza. E dunque da dove partire? Non certo da piccolezze dato che i migliori comminano nell’iperuranio. Per loro ci vuole qualcosa di difficile, di quasi impossibile come, per esempio, il fisco: sconfiggere l’evasione e l’elusione fiscale. Che una parte di questa, piccola?, media?, grande? giri nelle aziende è solo un lontano larvato, larvatissimo, sospetto. Nulla di più. Però 120miliardi di evasione sono una grande tentazione. Fino a ieri per pescare i malfattori con le mani nella marmellata c’era solo, o quasi, l’idea della improvvisata. Dalla portineria arrivava alla direzione la comunicazione che la Guardia di Finanza era al cancello e voleva fare un giro in primis nel reparto amministrazione e poi magari nel magazzino per controllare la corrispondenza tra merci e bolle e, perché no, fare pure una passaggiata anche in direzione. Metodo rozzo e primitivo usato in tutto il mondo, figurarsi anche da CIA e FBI, per prendere nella rete chi nuota nel torbido. I migliori no, i migliori sono assai più sofisticati e non si abbassano a simili mezzucci. E poi la classe, come noto non è acqua. E infatti sono prossimi a far buchi nell’acqua. Da fra un po’ si cambia: la guardia di Finanza non farà più improvvisate, ma prenderà appuntamento con largo anticipo e poi, per essere sicuri che la visita dia frutti spedirà una mail con indicati i documenti e i registri da esibire. Così non si bloccherà l’ardore produttivo dell’azienda, non si getteranno nel panico gli amministrativi, non si farà sudare freddo i capi, padroni, di quelle 234mila imprese che durante il picco del Covid hanno percepito la cassa integrazione mentre i dipendenti lavoravano, e la faccenda si sbrigherà in quattro-e-quattrotto. E che diamine non si può essere sempre vessatori.

Appuntamenti che saranno da concordare e ve l’immaginate far combaciare le agende: martedì no perché il titolare ha il dentista, giovedì neanche: il direttore amministrativo ha il colloquio con i professori del figlio, si passa alla settimana prossima, ma non lunedì perché …. Inventatevi quel che volete. Il tutto nell’interesse del Paese.

A dare l’annuncio gonfiando l’ampio torace chi meglio del Brunetta Renato, socialista craxiano, che di per sé è un ossimoro, il socialista che con orgoglio negli ultimi vent’anni si è dichiarato pure di centrodestra. Altro ossimoro. Ma forse ai migliori va spiegato il senso ed il significato di ossimoro. Si cercano volontari.

Però, per fortuna, ci vorranno circa diciotto mesi prima che siano messi a punto i decreti legislativi e fino a quel momento? La guardia di Finanza sarà ancora autorizzata a giocare a nascondino con gli evasori e far loro delle improvvisate? Speriamo.

 

Buona settimana e buona fortuna

venerdì 5 novembre 2021

La politica si trasferisce a Cinecittà

Cinema a gogò questa settimana, passando da Totò truffa alla Dolce vita per finire con Lo chiamavano Trinità complice il compleanno di Monica Vitti e dalla superstar Draghi. Hanno fatto da sfondo il G20 di Roma e il Cop26 di Glasgow. E poi si parla del teatrino della politica.

Settimana ricca mi ci ficco. E per giunta tutta cinematografica. S’è cominciato con la copiatura sghimbescia di Totò Truffa, dove la parola chiave è truffa. Manco a dirlo. Chissà quanto ci sono costate quelle venti monetine coniate appositamente per finire nella fontana. E quanto ci sono costati i sommozzatori ingaggiati per recuperarle.   Visto il contesto il richiamo alla Dolce vita, per cinefili e giovani anziani, è stato inevitabile e di lì il passaggio alla commedia all’italiana ugualmente naturale. E questa è stata anche la settimana in cui la Ceciarelli Maria Luisa, più nota come la Vitti Monica, ha compiuto anni novanta. Quindi viva il cinema. Però qui la parte nobile della commedia finisce e si veleggia verso le gag dei cinepanettoni. Dove non si ride, ma si sghignazza. Il G20 partito in pompa magna si è avvitato alla fine in banali supercazzole dando ragione al bla-bla della Thumberg Greta e, guarda caso, anche al segretario generale delle Nazioni Unite Guterrez Antonio che se ne è andato con le sue «speranze disattese anche se non ancora sepolte». Tutto altro film hanno visto l’italico uomo della provvidenza e tutti gli altri che si sono sperticati in lodi per l’organizzazione. Cioè per aver reso ulteriormente caotico il traffico di Roma, a proposito non si parla più di buche, e per il fantastico accostamento dei vini alle pietanze. Il sottostante recita pizza e mandolino. Tranquilli, sarebbe capitato lo stesso a chiunque altro in qualsiasi parte del mondo. I venti big partiti da Roma si sono incontrati con altri ottanta a Glasgow per parlare delle stesse questioni. Per non essere da meno Boris Johnson ha citato James Bond, specificando che «dobbiamo salvare la terra». Bell’idea, ma un po’ vetusta; se ne parla da decenni. I Paesi con la pancia piena vogliono l’aria pulita e i ghiacciai belli spessi, quelli che fino a ieri soffrivano la fame vogliono semplicemente riempirsela dopo secoli di sfruttamento e dei ghiacciai se ne fregano. In fondo Venezia non è loro. La giusta mediazione sta nel porsi degli obiettivi, chissà se raggiungibili, in tempi indefiniti. Il che è un bel risultato. Se tanto cinema è stato preso ad esempio nella politica internazionale non poteva mancare qualcuno che la replicasse in quella italiana. E così il leghista che da del tu a Draghi per criticare il suo capitano tira in ballo Bud Spenser  e Meryl Streep pensando di aver partorito chissà quale vivida metafora salvo poi impallidire quando diventa di dominio pubblico e rimangiarsela.  Anche i migliori hanno amici di cui dovrebbero fare volentieri a meno. Comunque nessun problema: the show must go on.

Buona settimana e buona fortuna.

 


venerdì 29 ottobre 2021

Da repubblica delle banane a repubblica dei cachi.

C’è chi aspira-agogna-spera-sogna di diventare Presidente della Repubblica essendo considerato dai maggiori giornali internazionali impresentabile. C’è chi accusa quota 100 e il Reddito di cittadinanza di non aver generato posti di lavoro, ma i bandi di concorso (non) li fanno gli enti. E poi c'è il migliore dei migliori.



Nel marzo del 2001 il senatore Agnelli Giovanni ebbe a dire: «Non siamo la repubblica delle banane!» Fu il suo, un sussulto nazionalista, il sovranismo, come espressione, era di là da venire, ma lui ante litteram lo incarnava benissimo. Considerandosi, ed essendo considerato, il sovrano dello Stivale e dai suoi sudditi riceveva molto di più di quanto Giovanni senza terra e il suo fido sgherro, lo sceriffo di Nottingham non riuscissero a rapinare ai poveri del tempo. Con quella frase l’Agnelli Giovanni attaccava grandi giornali stranieri irridenti un aspirante Presidente del Consiglio che ritenevano impresentabile. Semplicemente impresentabile. Le di lui prime timide tournée internazionali avevano già goduto  del plauso irridente del mondo, le successive furono un’apoteosi di sghignazzi. Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti. Apparentemente, ça va sans dire. Sono passati Presidenti della Repubblica, sono passati governi, ma siamo sempre lì. Adesso l’omino di cui sopra ambisce-agogna-spera-sogna di salire al colle più alto. Che potrebbe anche essere, ahinoi vista la composizione e la qualità del Parlamento. Poi c’è una ex ministra che dopo un po’ di purgatorio è tornata in auge e con melliflua vocetta pontifica sul mancato aumento dell’occupazione giovanile e ne fa colpa a quota 100 e Reddito di cittadinanza, dimenticando che l’italietta ha tanto contratti di lavoro, precari, che l’Europa intera neanche si sogna. E come sopramercato dimentica pure che i bandi d’assunzione nella scuola dove mancano insegnanti, nella sanità dove mancano medici e infermieri, nelle forze dell’ordine, dove si chiudono le stazioni e i commissariati, nei vigili del fuoco che un altro genio dell’economia vorrebbe ulteriormente ridurre, negli enti di controllo dove mancano ispettori, nei tribunali dove mancano giudici e cancellieri e personale amministrativo, bene, tutti questi enti non pubblicano bandi di concorso né fanno assunzioni. E quando raramente ne fanno propongono contratti a tempo determinato. Il che è una bella certezza. Quindi che ci azzeccano quota 100 e Reddito di Cittadinanza? Assunzioni che non vengono fatte in nome dell’eccessiva spesa pubblica che è tale non in sé , ma di per sé: dovuta alla corruzione, alla evasione ed eluzione fiscale che da sole valgano una legge di stabilità. In altre parole si va a prendere i denari non dove sono ma dove è più facile arraffarli. Che non ci vuole un genio. Nel contempo il migliore dei migliori, quello che uno scrittore di cassetta ha definito “un fuoriclasse”, l’Uomo dell Provvidenza 4.0, esageriamo 8.0, nei comportamenti e negli atteggiamenti assomiglia viepiù all’altro, al primo uomo della provvidenza: chiede ai ministri di approvare documenti senza averli letti, abbandona la riunione con i sindacati, e tira dritto. Soprattutto tira dritto. Manca solo che dica, come il precedente: «Come si fa a non diventar padroni in un Paese di servitori?» e così tutto tornerebbe. A questo punto altro che Paese delle banane. Magari. Questo è il Paese dei cachi. Anzi dei macachi. Ma lo sapevamo già.

Buona settimana e buona fortuna.

martedì 12 ottobre 2021

A’mbecilli!*

«Ma che se chiede la parola d’ordine al primo che bussa?» Succede quando i congiurati sono fregnoni. Se metti un’ideologia perversa nella testa di uno stupido è come accendersi il sigaro con un candelotto di dinamite.


Adesso chiudete gli occhi e immaginate: interno notte, in una carbonaia sono riuniti  dei rivoluzionari, qualcuno bussa alla porta, il capo dei cospiratori fa un cenno e un giovane va alla porta: «Chi è – chiede e poi subito aggiunge – parola d’ordine». Pronta la risposta: «A’mbecilli». Il capo ordina di aprire, ha riconosciuto la voce. «Ma che se chiede la parola d’ordine al primo che bussa?» dice il nuovo arrivato. «Ebbè lo so, quando i congiurati so’ fregnoni…» risponde il capo

Adesso riaprite gli occhi. Quando Luigi Magni nel 1969 girò Nell’Anno del Signore non avrebbe minimamente immaginato che cinquantadue anni dopo altri congiurati, fregnoni quanto i protagonisti del film verrebbe da dire, si sarebbero messi in testa di trasporre nella realtà quello che lui aveva pensato solo per la finzione scenica. Ma la fregnonaggine è eterea, impalpabile, viaggia nell’aria: non si può fermare né con muri né con pistole né con altro. La fregnonaggine semplicemente è. E basta. Travalica gli anni e i decenni. La prova è che lo Jonghi Lavarini Roberto è nato nel 1972 e il Fidanza Carlo nel ’76. Ma che ce se fida de uno che dice di essere un uomo d’affari senza fare alcun controllo? Qual è la sua società? Dove ha sede? È presente su Linkedin?  «Ebbé lo so, quando i congiurati so’ fregnoni». Ma che se parla di lavatrici e di black al primo che passa? «Ebbé lo so, quando i congiurati so’ fregnoni». Ma che se dice che te stai a giocà la carriera al primo che passa? «Ebbé lo so, quando i congiurati so’ fregnoni». L’intera vicenda di Fanpage ha come confini Hanna Arendt, La banalità del male, cosa c’è di più banale di un fregnone? E anche nelle corde di Carlo Maria Cipolla, Le cinque leggi fondamentali della stupidità umana: la persona stupida (fregnone) è la persona più pericolosa che esista. Se poi metti un’ideologia perversa dentro la testa di un banale stupido (fregnone) è come accendersi un sigaro con un candelotto di dinamite. Una cosa da a’mbecilli.

Buona settimana e buona fortuna.

Ringrazio l’amico Marco Fernando Capodaglio che mi ha segnalato la scena "A’mbecilli"

venerdì 8 ottobre 2021

Enrico Letta sta cominciando a perdere.

Letta si sente in sintonia con il Paese che per la metà non va a votare. Pensa che il futuro sia Calenda che a livello nazionale conta per il 3 per cento dei votanti. E torna a fidarsi di Ranzi. Enrico, ancora una volta, stai sereno.


Da pochi giorni si è conclusa la prima delle due giornate elettorali amministrative. In questo breve lasso di tempo tutti, meno il Draghi Mario che di queste bagatelle se ne impippa, a sgolarsi per dire che la sinistra ha vinto. Qualcuno addirittura ha paventato di vedere i cosacchi abbeverare i cavalli a San Pietro. Non è successo e non succederà. Anche il Letta Enrico non ha saputo resistere e s’è messo a pontificare sul fatto che “siamo tornati in sintonia con il Paese” e poi s’è lanciato a profetare future alleanze.  Evidentemente il micro successo di questo giro gli ha dato alla testa. Prima di perderla. Il neo-giovane-virgulto non ha grande dimestichezza con la memoria. Ha subito dimenticato che i successi di Bologna e Napoli, quello di Milano con il Pd c’entra come i cavoli a merenda, sono stati conditi da tassi di astensionismo che solo per uno zic non sono bulgari. E se questa è la sintonia con il Paese c’è solo da sperare che la fine del mondo arrivi prima della prossima tornata elettorale. Dopo di che il suo spirito ecumenico, che tanto valeva si facesse prete, lo porta ad avere visioni mistiche sul futuro della sinistra. Già vagheggia l’Enrico di una macro alleanza che vada da Calenda Carlo a Conte Giuseppe passando dal Renzi Matteo. E con Calenda e Renzi viene difficile parlare di sinistra. E anche qui un piccolo calo di memoria: con il Renzi Matteo è già alleato, tanto è circondato da renziani e quando tornerà a Montecitorio lo toccherà con mano nel caso non si fosse accorto di chi compone la sua segreteria e capeggi i suoi gruppi parlamentari. E poi c’è la nuova grande voglia: Calenda. Calenda Carlo che pare abbia vinto arrivando terzo. A Bersani andò peggio: arrivò primo, ma non vinse. Comunque è arrivato terzo a Roma con il 19,87 per cento e con il solito quasi cinquanta per cento di astensionismo. Quindi a bocce ferme, se tutti votassero, mal contato, vale a livello locale il nove per cento. A livello nazionale invece intorno il tre, sempre con la questione dell’astensione, sempre mal contato, vale la metà: uno per cento e rotti e da queste basi già pone condizioni. Draconiane. E poi c’è, per l’appunto, il M5S. Un rebus. Forse Enrico Letta sogna di poter fare come Draghi, ma c’è un fatto: Draghi se ne infischia dei partiti che lo sostengono ed essendo un nominato a vita se lo può permettere. Enrico invece, dopo una breve esperienza da raccomandato, ha dovuto fare i conti con i voti. E se vuole i voti della sinistra deve dire con chiarezza cose di sinistra e smettere di essere il turibolo dell’uomo della provvidenza. Difficile. E allora stai ancora sereno Enrico.

Buona settimana e buona fortuna.

 

 

venerdì 1 ottobre 2021

Grazie Luca Morisi.

L’italico popolo deve ringraziare l’inventore della “bestia” salviniana. In quattro e quattro otto ha dimostrato le inadeguatezze del ministro Salvini Matteo e della “potenza” della comunicazione. Tutte cose che già si sapevano, ma ancora una volta non le si capiranno.

E diciamolo chiaramente: dobbiamo ringraziare il Morisi Luca. Grazie Morisi Luca, di cuore. L’italico popolo le è riconoscente. Estremamente riconoscente. Il Morisi Luca ha dimostrato con plastica destrezza quanto il Salvini Matteo fosse inadeguato e anche, detto sottovoce, incapace a ricoprire il ruolo di ministro dell’interno. Ovvero, nonostante il budget milionario, diciotto milioni, mal contati e, tra le altre,  la funzione di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, il ministro Salvini Matteo non aveva la più pallida idea di chi gli stesse attorno. Quindi se il Salvini Matteo non aveva consapevolezza, di chi bivaccava nei suoi uffici e questo è il beneficio del dubbio, come poteva aver consapevolezza di quel che accadeva nel Paese?  A meno che sapesse e gli andasse bene così. Ma in questo caso, e questa è logica, se gli andava bene che nelle stanze del Viminale e del suo partito girasse l’illegalità come poteva difendere la legalità nello stivale? Un altro dei misteri per i quali il Belpaese è famoso nel mondo. E allora viva la Lamorgese Luciana, almeno lei, si spera conosca bene le razzola attorno. Dopo di che il Morisi Luca ha sfatato un’altra inopinata leggenda. Qualcuno ha detto e scritto che il Morisi Luca sia stato un genio, ancorché del male, del marketing politico e dei social media. Merito suo aver trascinato, arpionandoli per il colletto, donne e uomini a votare per la Lega. Per merito suo la Lega ha raggiunto la fantasmagorica vetta del 34,6% alle elezioni europee del 2019. Non è vero: quelli che affollavano l'incredibile percentuale erano già lì, aspettavano solo che qualcuno, becero come loro, gli raccontasse quel che volevano sentirsi dire. In quel momento. Poiché la coscienza collettiva è volubile e cambia idea. Intatti le capacità taumaturgiche del Morisi Luca, il genio del marketing, tutte le sue abilità nella gestione dei social media dove sono finite quando i consensi per la Lega hanno cominciato a scemare e poi sono scesi a palla e in brevissimo lasso di tempo, 17 settembre, fonte Ipsos, sono arrivati al 20,5%? Meno 14,1% in poco più di un anno. Al dunque: non era il genio a portare in alto la Lega anzi, era il genio, poco genio, a seguire pedissequamente il volere del popolazzo bue. Ché in fondo è proprio lui, il popolazzo bue, che comanda le scelte e le direttrici della politica e alla fine il genio svolge solo la miserrima funzione di megafono: un pezzo di latta arrotolata. E più il popolo è privo di scuola, di cultura, di conoscenza più è popolazzo. E di questo non ce ne si farà mai una ragione. Ancora grazie Morisi Luca per avercelo mostrato. Ma, come al solito, faremo finta di non averlo capito.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 17 settembre 2021

Berlusconi: non sono matto.

Sul Ruby Ter converge tanta parte dell’italico sentire: le furbizie degli avvocati di Berlusconi, la legge ad personam del legittimo impedimento, la corsa al Quirinale, la corruzione come atto di generosità, la legge Cartabbia, le capacità dei magistrati di coniugare e legalità e giustizia. E poi c’è l’onnipresente Comma 22. Alla fine tutto si tiene.


Certe volte per far il bene si fa il male e certe altre nel far il male si fa il bene. Il caso del processo definito Ruby Ter ruota, in sostanza, attorno a questo apoftegma. Il fatto formale dice invece che il processo sia iniziato per banali reati di corruzioni in atti giudiziari e di falsa testimonianza. La tesi dell’accusa è che l’imputato Berlusconi Silvio abbia pagato, e a sentire i maligni non sarebbe stata la prima volta, dei testimoni. Il processo va avanti da anni. Con la riforma Cartabbia sarebbe già finito da un pezzo. Da ridere. In verità il reato, la dazione, è in qualche modo ammesso dall’avvocato Federico Cecconi che se n’è uscito a dire:«Il rischio concreto è che, per la prima volta, si processi il reato di generosità». Che se questa teoria fosse stata ideata prima,  Tangentopoli, somma infinita di reati di generosità, non ci sarebbe mai stata. Comunque per tirare alla lunga il Ruby Ter in attesa della salvifica prescrizione gli avvocati del Berlusconi Silvio si sono avvalsi dell’istituto del legittimo impedimento,  il cui disegno di legge fu approvato dalla Camera il 3 febbraio 2010 e dal Senato il 10 marzo 2010, mai si vide nei due rami del Parlamento tanta efficienza. Ma tant’è. Ora l’istituto del legittimo impedimento per essere usato va motivato e così gli avvocati hanno dato fondo alla enciclopedia medica delle giovani marmotte.  Nel certificato del 7 settembre si parla di problemi cardiaci, ma il certificato pare non sia firmato da un cardiologo, e di una spruzzatina di depressione.  «È un quadro non soltanto importante, ma ci sono una serie di condizioni invalidanti, - ha detto l’avvocato Federico Cecconi - che rendono oggettivamente impossibile partecipare all'udienza almeno oggi, almeno ieri, almeno domani». Che per un aspirante alla Presidenza della Repubblica non è certo un buon viatico. La risposta dei magistrati è stata rapida: una bella perizia con commissione composta da medico legale, cardiologo e psichiatra. Neanche la bacchetta magica della Fata Turchina, abituata a trasformare zucche in eleganti cocchi avrebbe potuto far di meglio: il legittimo impedimento come per incanto sparisce. Il Berlusconi Silvio scrive ai magistrati per dire che rifiuta di sottoporsi  «ad una ampia ed illimitata perizia psichiatrica» che considera un pregiudizio dei giudici, quando invece si tratta di una semplice visita e gli altri due medici vengono snobbati. Come dire che i problemi cardiaci e altri ammennicoli sono scavallati e non così rilevanti. Con poco sforzo di fantasia viene facile parafrasare il famoso Comma 22*: chi è sano può essere esonerato dalla perizia psichiatrica, ma chi chiede di essere esonerato dalla perizia psichiatrica non è sano. Dopo di che il Berlusconi Silvio magnanimamente aggiunge: «Si proceda, dunque, in mia assenza alla celebrazione del processo» scrive l’ imputato dando il suo placet. Come se fosse lui il padrone del processo. Che per fortuna non è. Aver sdegnosamente rifiutato la perizia non è stata una bella mossa: dice implicitamente di paura. Eh già: chissà che avrebbe scoperto lo psichiatra. A parte una personalità megalomane, che è cosa nota, ci sarebbe stato materiale da leccarsi i baffi. Forse. E così per seguire la legge (ancorché ingiusta) si faceva del male alla giustizia, mentre furbate di bassa lega hanno fatto scaturire buone risposte. In tempo di politica pasticciata una eccellente notizia. Per ora.

Buona settimana e buona fortuna.


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*Chi è pazzo può chiedere di essere esonerato dalle operazioni di volo, ma chi chiede di essere esonerato dalle missioni di volo non è pazzo.

venerdì 10 settembre 2021

Un Paese tutto da ridere.

 Ogni giorno L’italico popolo e le italiche istituzioni mettono in scena un nuovo spettacolo, di solito tragicomico. Succede anche altrove, ma semel in saeculo o semel in anno. Chissà se la ministra Cartabbia Marta spiegherà all’Europa cos’è il legittimo impedimento e perché non l’ha abolito.


Il motivo per cui tanti stranieri amano l’Italia e qualcuno addirittura ci vive, come Sting, o ha comprato casa come Mick Jagger, Madonna, Francis Ford Coppola per dire di alcuni, è che per loro è come andare tutti i giorni al cinema senza pagare il biglietto. Infatti ogni giorno l’italico popolo e le italiche istituzioni, mettono in scena uno spettacolo, ogni tanto comico qualche volta tragico quasi sempre tragicomico e soprattutto fuori dal comune. Fuori dal comune, non perché analoghi fatti non possano accadere anche in altri Paesi, solo che là, qualsiasi sia il là, accadono
semel in saeculo o semel in anno mentre qui sono all’ordine del giorno. La storia del tabaccaio di Napoli che, ben ripreso dalle telecamere, scappa in motorino con il biglietto gratta e vinci della cliente sta facendo ridere l’universo mondo. Ridono tutti: dagli yankee del Nebraska agli allevatori di pecore Merinos della Nuova Zelanda. E dove lo si trova un leader di un partito che cannoneggia continuamente, anche votandogli contro, il governo di cui fa parte? E poi c’è l’apoteosi: un tipetto che scavalla regolarmente le udienze del processo in cui è imputato, facendole slittare, con la semplice scusa del legittimo impedimento. Sarebbe carino che la Signora Ministra Cartabbia Marta, aspirante alla presidenza della Repubblica, spiegasse alle sue omologhe e ai suoi omologhi dell’intero mondo cosa significhi legittimo impedimento, così da portare un po’ di buon umore in quelle noiose assise.  E soprattutto raccontasse come mai questo non sia stato abolito per sveltire i processi penali. Da sganasciarsi. Senza contare che lui, il tipetto, prima è stato definito dal suo medico personale come quasi immortale per la tempra del fisico e la saldezza dello spirito mentre ora pare soffra di crisi depressive e abbia pure qualche malanno al cuore. Da sottolineare che il Pubblico Ministero ha notato che il certificato prontamente esibito non è firmato da un cardiologo. Altre risate. Addirittura incapaci di architettare per bene il marchingegno che hanno messo in piedi. Se non fosse offensivo per Totò e Peppino si potrebbe raffrontarli alla Banda degli onesti. E poi che dire degli avvocati che confermano il fatto: elargizione di denaro a testimoni in altro processo, ma non lo definiscono corruzione bensì elargizione liberale a ragazze bisognose. Così stiamo scoprendo a distanza di decenni che Tangentopoli avrebbe dovuto chiamarsi Elargiziopoli. Certo corruttori e corrotti stanno anche in UK o in USA o in Giappone o in Francia, (Sarkozy e l’amico di Bokassa il Giscard d’Estaing insegnano)  ma da noi sono più pittoreschi.. Dopo di che, il tipetto ambirebbe alla carica agognata dalla Cartabbia. E in quale Paese si prenderebbe in considerazione la candidatura di un ultra ottuagenario sofferente di cuore e soggetto a crisi depressive? Pantagruelica risata.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 3 settembre 2021

Donne che non amano le donne.

I talebani disprezzano le donne e lo fanno racchiudendole nei burqa. Ci sono donne che disprezzano altre donne offendendo il loro lavoro, la loro classe sociale. Chissà che ne direbbe il dottor Freud? I casi di Carfagna Mara, Mussolini Alessandra, Guidi Federica, Cirinnà Monica. E altri ne verranno.

Sembra strano che in questo periodo ci siano donne che non amano le donne , eppure così è. Ogni giorno i media ci raccontano che i talebani rappresentano la peggior iattura per le donne afghane e in prospettiva per tutte le donne del mondo. I talebani odiano le donne e lo dimostrano tenendole in uno stato di completo analfabetismo, il 95% delle donne, dicono fonti ong, non sanno leggere e scrivere. Se non sai né leggere né scrivere difficilmente conoscerai la libertà. Ora  donne condannate a non aver alcun tipo di istruzione sono destinate ai lavori più umili all’interno della famiglia e della società. Questi lavori, cosiddetti umili sono tuttavia fondamentali, nel senso che rappresentano le fondamenta, per la famiglia e per la società. Diventano dunque, per contrappasso, lavori tra i più nobili e degni del massimo rispetto proprio perché su questi la famiglia e la società si poggiano. Accade tuttavia che donne di preteso potere o intorno a questo naviganti, quando si insultano o vogliono dipingersi al peggio non trovano di meglio che evocare i lavori umili di quelle donne umili che a loro dire dovrebbero essere liberate. La mia giovane età mi porta solo a ricordi recenti, come quando, correva l’anno 2010: l’onorevole Garfagna Mara definì vaiassa. la sua collega Mussolini Alessandra Termine che tra i vari significati sta per serva, fantesca, abitante dei bassi, che nei bassi di solito si nasce per caso e non per merito o per demerito. All’epoca la Carfagna Mara era Ministra per le Pari Opportunità. Che caso. Nel 2016 accadde che la Guidi Federica, Ministra dello Sviluppo Economico, accusò l’allora compagno di trattarla come una sguattera del Guatemala. Dove l’autoinsulto, sguattera uguale lavapiatti, viene connotato anche da una larvata nota razzista: del Guatemala, come se essere guatemalteca sia un’aggravante. E anche nascere in Guatemala è solo un caso. Infine la storia arriva alle settimane nostre quando la senatrice Cirinnà Monica si butta giù dicendo che negli ultimi giorni  sta facendo «la lavandaia, l’ortolana e la cuoca» sottintendendo che siano tre lavori infami e magari anche infamanti. Lamentando inoltre che la cameriera «strapagata e messa in  regola con tutti i contributi Inps» s’è licenziata.  Come dire aver toccato il fondo della scala sociale nonostante il grande atto di liberalità di aver messo in regola la cameriera, che di norma è un diritto del lavoratore e un dovere del datore di lavoro. A proposito la Cirinnà Monica è Segretaria della Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani, del Senato e questo dal novembre 2018. Accipicchia. A margine, e giusto per divertirsi un po’ sarebbe bello sapere a quanto ammontava il suddetto strasalario. In tutti e tre i casi il dottor Freud avrebbe molto da dire. Per farla semplice la morale è: le donne di potere disprezzano le donne “normali”. Quindi il consiglio è: donne “normali” emancipatevi da sole e non aspettatevi aiuto da quelle che stanno in alto. È questione di classe. Di classe sociale, si intende: alle borghesi, specialmente se arricchite, le lavoratrici non piacciono, non sono chic. Se intimamente non vi rispettano saranno sempre pronte ad affossarvi.

Buona settimana e buona fortuna.

 

venerdì 27 agosto 2021

Tutta colpa degli americani.

 

Anche l’Italia lascerà a Kabul la sua bella striscia di collaborati. Anche l’Italia sapeva dell’accordo firmato a Doha il 29 febbraio del 2020, ma si è ridotta all’ultimo per la sua parte di evacuazione. Il governo dei migliori come quello di Joe Biden. Tra qualche settimana ce ne saremo fatta una ragione.

La domanda è retorica il giusto, ma fidando sull’abilità nel tacere del Draghi Mario, la si può fare impunemente. E quindi: chi fa la peggior informazione in Italia? Risposta: tutti i network televisivi, a partire da quello statale, senza dimenticare le radio e, a seguire, le testate della carta stampata i cosidetti “giornaloni” a cui però la definizione di giornalini meglio si attaglia. Sono ormai settimane che si irride la disgraziata America ed il suo Presidente, Joe Biden, per la disastrosa ritirata dall’Afghanistan. Sul povero Joe vengono scaricate tutte le colpe del mondo, con ciò stesso mallevando tutti gli altri che gli stanno/stavano attorno. Si dice e si scrive della impreparazione americana a salvare tutti gli afghani che con gli apparati USA hanno collaborato mollandoli alla mercé dei talebani. E noi? Noi, italiani brava gente, sempre forti coi deboli e deboli coi forti come ce la stiamo cavando? Male. Ça va sans dire. Anche noi lasceremo una bella striscia di collaboratori, come si sul dire, all’umido. E il nostro governo dei migliori non è esente da critiche, come quello del povero Joe, ma non c’è nessuno che abbia voglia di fargliele. E non ne hanno avuto voglia neanche al noioso meeting di Rimini, passerella bolsa per cacciatori di voti: le amministrative sono alle porte.  Anche noi, come tutte le forze operanti in Afghanistan sapevamo che il 29 febbraio 2020, alla presenza dei leader di Pakistan, India, Indonesia, Uzbekistan e Tagikistan, in quel di Doha, americani e talebani avevano firmato l’accordo di pace. E che l’accordo prevedeva di ritirare tutte le truppe entro 14 mesi, cioè a dire entro aprile 2021. Il governo Biden ha poi rinegoziato spostando un po’ più in là la data del ritiro. Prima fissandola per l’11 settembre, bel colpo da piccioni, visto che la lettura chiara per ogni persona di buon senso suonava: hanno vinto i terroristi e lo confermiamo nel ventesimo anniversario delle Torri Gemelle. Poi, forse, qualcuno tra le teste d’uovo della comunicazione americana s’è accorto della scempiaggine e ha anticipato la data al 31 agosto. Ecco, questo lo sapevano anche i nostri vertici politici, militari e anche quelli delle Ong, diciamolo chiaramente una volte per tutte. Ebbene tutti questi cos’hanno fatto? A quanto pare nulla. Hanno atteso lo scadere del tempo per organizzare l’evacuazione quando se ne aveva a bizzeffe. E adesso tutti a santificare il console Tommaso Claudi che salirà per ultimo sull’ultimo aereo con destinazione Italia. Lasciando a terra molti a cui avevano promesso la salvezza e che avrebbero dovuto essere già qui.  Che poi adesso si organizzino uno dei tanti G dai numeri improbabili per discettare di Afghanistan, di donne, di scuole, di microcredito e di bambini suona solo drammaticamente ridicolo. Ma di tutto ciò fra qualche giorno ce ne faremo una ragione. E passeremo ad altro.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 20 agosto 2021

I talebani sono cattivi, gli occidentali buoni e fessi.

Afghanistan: l’ultimo errore degli occidentali, ma presto altri seguiranno. Nud Mohammad Taraki, presidente nel 1978, stava portando l’Afghanistan nella modernità, ma è stato ucciso. Si dice dalla CIA. In oltre un mese di tempo non si è saputo organizzare l’evacuazione. La democrazia non si esporta.


E così stiamo scoprendo che i Talebani sono cattivi e gli occidentali sono buoni. E anche un po’ fessi. Forse un po’ è riduttivo, diciamo molto: decisamente molto fessi. Si dirà che in entrambi i casi s’è scoperto l’ombrello. Che gli occidentali siano i buoni per antonomasia e che con il 7° Cavalleggeri, i paracadutisti della Raf, la Legione Straniera e la Nato tutta intera arrivino a salvare pulzelle indifese e poveri orfani è cosa risaputa da sempre, a parte le incommensurabili schifezze commesse negli ultimi due secoli e prima ancora, ai quattro angoli del mondo. Che poi gli occidentali siano anche un bel po’ stupidi non c’è ombra di dubbio data la pervicacia con cui insistono nel commettere gli stessi errori. L’Afghanistan è solo l’ultimo in ordine di tempo, ed è certo che a stretto giro ne seguiranno altri. Che l’Afghanistan sia un boccone indigesto per tutti i suoi occupanti si sa da tempo immemorabile: neppure Alessandro Magno riuscì a far mettere giudizio alle  popolazioni di quelle terre e se non c’è riuscito lui figurarsi quelli che sono venuti dopo. Che infatti non ce l’hanno fatta e si parla di Gengis Khan, Tamerlano e anche dell’impero britannico. Tanto per dire. Anche se le occupazioni duravano decenni non sono mai state occupazioni tranquille. Da sempre. Nel 1978 pareva che il Paese avesse intrapreso la via della modernità. Diventa Presidente Nur MohammadTaraki, ovviamente con un colpo di stato. Taraki distribuisce le terre ai contadini, vieta i matrimoni forzati, dà il voto alle donne, statalizza i servizi sociali, bandisce l’usura, regola i prezzi dei prodotti base, legalizza i sindacati, rende pubblica l’istruzione a tutti, anche alle bambine e sostituisce leggi tradizionali e religiose con altre laiche. Però come tutti i bei sogni dura poco: ci mettono lo zampino gli americani e la CIA, si dice, aiuta Taraki a passar a miglior vita. E la cosa non è così difficile da credere. Segue l’invasione da parte dell’URSS, che deve comunque mollare il colpo e ritirarsi sconfitta dai Mujaheddin. Il fronte che ha cacciato i russi, è stato finanziato dagli americani che però non si sono resi conto che in quel gruppo ci sta pure la fazione dei Talebani che di loro sono un bel po’ integralisti e come talvolta succede sono proprio loro a prendere il potere con le armi che gli yankee hanno graziosamente fornito. E si arriva al 2001 quando tutto l’occidente, ci risiamo, decide di invadere il Paese. Dopo vent’anni e qualche migliaia di morti i “buoni” stabiliscono che il lavoro per il quale erano arrivati fin lì è finito e si possono ritirare. Come ovvio se i “buoni” se ne vanno arrivano i “cattivi”. Il che è naturale. Ovviamente a quelli che hanno dato una mano agli invasori viene paura e vogliono scappare. Peccato che con oltre un mese di tempo non si sia preparato alcun piano quindi il caos. E poi l’esercito afghano che si squaglia e il capo del governo fantoccio invece pure e allora non rimane che dire che la democrazia non si esporta, bella scoperta. Mentre la corruzione invece sì. Altra bella scoperta. E di corruzione se n’è esportata parecchia.  Allora non resta che dire che i Talebani sono cattivi pure si danno da fare per mostrare un volto umano, Adesso un po’ di afghani, dicono le televisioni occidentali, pare non abbiano voglia di essere governati dai Talebani, e si fanno manifestazioni con la bandiera nazionale. Fosse vero sarebbe una buona notizia. Ma, come si sa, non sempre quel che trasmette la tv è verità. Il fatto è che dai tiranni ci si libera da soli e con una salda coscienza collettiva. I liberatori che vengono da fuori  non sono un buon sostituto della coscienza collettiva. Nella storia recente il fatto è successo solo tre volte : in Germania, Giappone e Italia. Con la fine della seconda guerra mondiale. Ma nei tre casi la voglia di cambiamento partiva dal basso. Chissà se anche in Afghanistan.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 13 agosto 2021

Non siamo razzisti. Siamo italiani

Il CONI vuole lo jus soli per vincere di più non per etica o senso civico. E gli altri: chi se ne frega. C’è un bel manipolo di atleti “nazionali” nati all’estero, sono: figli di italiani emigrati, maritati, adottati, oriundi, per via del nonno. Il leghista Nicola Molteni parla della cittadinanza come status e non come diritto, e non vuole automatismi. E lui perché è italiano?

La principale caratteristica dell’italico popolo, tanto raccontata da Alberto Sordi e dai mille film della commedia all’italiana, è la furbizia. Furbizia con corollario di creatività, speranze di genialità ma, soprattutto, certezza di cialtroneria. Chiedo venia ai pochi italici non praticanti. Naturalmente ogni occasione è buona per provarci e anche le Olimpiadi 2020, targate ’21, non hanno mancato di portare il loro obolo alla tradizione. Questa volta, nell’arduo compito, si è cimentato il Malagò Giovanni, Presidente del CONI, che dall’alto delle quaranta medaglie conquistate, ha chiesto l’introduzione dello jus soli, ma solo sportivo. Che tradotto significa diamo l’italica cittadinanza agli atleti che non hanno avuto il bene d’essere italiani per nascita, come la gran parte dei nazionali, o genitorialità, come Sandro Condorelli, o matrimonio, come Kiri Tontodonati,  o adozione, come Wladimir Aceti, o con il nonno italiano come Zane Weir. Quest’ultimo fa tanto oriundi anni ’60, allora era prerogativa del solo calcio, ricordate i tre angeli dalla faccia sporca: Sivori-Angelillo-Maschio e per essere classificati tali bastava anche avere la donna di servizio italiana. Giusto per citare alcuni casi noti. Il Malagò Giovanni prendendo l’iniziativa ha dichiarato: «Se tu aspetti i 18 anni per fare la pratica per ottenere la cittadinanza rischi di perdere la persona, va anticipato l’iter burocratico che è infernale». Bello che il Malagò Giovanni se ne accorga adesso che gli stranieri-italiani o gli italiani-stranieri vincono. E poi ha aggiunto: «Altrimenti il rischio è che o l’atleta smette, o si tessera con il Paese d’origine o arrivano altri Paesi che studiano la pratica e lo tesserano loro». Come si vede una chiara impostazione di pura civiltà, per nulla utilitaristica. Avrebbe fatto prima a dire: « Diamogli la cittadinanza, si sa mai che nella massa ci sia qualcuno che vince qualcosa». Perché  non aver portato a Tokyo la lanciatrice del peso Danielle Madam un pochino brucia. Magari ne usciva un’altra medaglia. Danielle Madam ha avuto la cittadinanza italiana solo nel giugno 2021 perché la stupida legge prevede la si possa chiedere vantando 10 anni di residenza e lei che ne ha passati undici in una casa famiglia che però è classificata solo come domicilio. Altro che semplificazioni. Danielle Madam per ottenere la cittadinanza ha dovuto attendere l’interessamento del sindaco leghista di Pavia. Come dire un po’ di nepotismo invece del sacrosanto diritto. Per il Molteni Nicola, bonzo della Lega, per intenderci uno che plaudiva a secessione,  il tricolore lo metta nel cesso, la puzza dei napoletani, Roma ladrona, ladroni, pardon, padroni a casa nostra, cui di tanto in tanto fa difetto la logica ed il buon senso dice: «La cittadinanza è uno status non un diritto, deve essere una scelta e non un automatismo». Giusto: togliamolo allora, lo status di cittadinanza, a quegli analfabeti che siedono in Parlamento a quelli che vanno in giro con le corna di bue non accontentandosi di quelle metaforiche ottenute in regalo, che non hanno scelto di essere italiani, ma che ci toccano, maledizione divina e di cui faremmo volentieri a meno. E poi, lui, il Molteni Nicola, perché è italiano? Per finire: gli stranieri in Italia sono circa il 10% della popolazione e le medaglie vinte da stranieri e non nati in Italia sono il 12%, guarda il caso come si diverte, ma con un’aggiunta: le medaglie d’oro vinte da questi sono il 20%. A questo punto la domanda è: e degli stranieri non atleti nati in Italia? Ma chi se ne frega.

Buona settimana e buona fortuna.