Ciò che possiamo licenziare

venerdì 28 maggio 2021

Pecunia non olet

 Non sempre i detti dei romani ci prendono. I morti non sono tutti uguali: ci sono quelli mediatici e quelli no. C'è lo sterco del demonio , ma anche la giusta mercede e il giusto profitto.

 Pecunia non olet dicevano i romani, con questo tentando di mettere una fogliolina di fico alle pudenda  di certe ricchezze dalla madre ignota. Termine quest’ultimo che per contrazione diventa, guarda il caso mignotta. Col tempo la saggezza romana s’è dimostrata fallace e di debole conio, giusto per rimanere in tema, poiché la pecunia non solo olet, ma ha per sopramercato un nauseabondo odore di morte. Che non è un bell’odore. Fino a qualche tempo fa piaceva un po’ a tutti quell’idea anfibia che proteggeva la moneta dividendola dall’origine. Invece negli ultimi anni e anche negli ultimi giorni questo fetore è diventato di olfatto pubblico: adesso lo sanno anche i bambini quanto può puzzare di morte certo denaro e certa ricchezza. Nell’ultima settimana s’è scoperto che la vita, casualmente di quattordici persone,  vale poche centinaia di euro, forse qualche migliaio, che avrebbero voluto andare a sommarsi a tanti altri eurini che hanno avuto fortuna di apparire innocenti:  solo perché alcunché è accaduto durante l’operazione di accumulo. Il fatto è che solo un paio di settimane prima sia morta una giovane operaia perché la macchina con cui lavorava pare fosse sprovvista delle opportune sicurezze. Anche qui la miseria di poche centinaia di euro risparmiate a fronte di una vita. E circa tre anni prima un’altra bella operazione risparmio, «le spese di manutenzione sono scese del 98% da quando Autostrade sono diventate private» scriveva Andrea Pasqualetto sul Corriere della Sera il 22 aprile 2021 e aggiunse che «gli azionisti hanno intascato tra l’80 e il 100% degli utili.» Che a toccare le mani che hanno maneggiato quel denaro c’è da fare un bagno nell’ammoniaca. Ma non è tutto ci sono quasi altri centoventimila morti attribuiti a malattia, Ma il terribile Covid è solo l’ultimo gradino del processo: quei morti sono figli ancora una volta dell’avidità. Dell’avidità di chi ha distrutto la sanità pubblica intascando tangenti e tagliando anno dopo anno fondi, posti letto e dipendenti,  e anche di chi ha impedito la chiusura delle zone a maggior contagio imponendo la forte legge della produzione e della consegna ad ogni costo su quella ben più debole della salute. Tanto non si tratta della loro. Ogni giorno cadono 80-90-100-110 morti che passano, come dire, per essere quasi fisiologici tanto poco riscontro gli viene dato. Perché esistono morti mediatici ed altri che non lo sono più. E tuttavia questi miserabili intascatori di denaro puzzolente di morte non hanno alcuna difficoltà a guardarsi allo specchio ogni mattina mentre si radono o stendono un velo di rossetto sulle labbra. E tutto questo non ha nulla a che vedere con l’ipocrisia del denaro come sterco del demonio. Esiste anche il denaro buono, la giusta mercede e il giusto profitto. Almeno questa è la speranza.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 21 maggio 2021

Non vogliono che gli sia chiesto, vogliono solo che si provveda

La storia è vecchia come il mondo, ma tutti fanno finta di noj ricordarsela. Fu detta a tutta voce nel 1975 in un film: I tre giorni del Condor. Se ci si pensa solo un pochino si capiscono meglio le distanze tra libertà di salute e libertà di business.

 


Questa volta non parlerò di Draghi e dei suoi miracoli. Non mi farò tirar dentro dagli ultimi fatti: la rivoltante decisione di elargire elemosine a delinquenti comprovati, i ricoveri ospedalieri ad orologeria, i  coprifuoco, le aperture, il rischio calcolato, l’inanità di chi non sa trovare un candidato, il numero dei vaccinati, le dosi che arriveranno e che si moltiplicano con il passare delle ore e paccottiglie varie. Tutto già detto, già sentito, già sghignazzato, già ammorbato. Propongo quindi un salto della quaglia: parliamo di umanità e dunque facciamoci aiutare da un film. Giusto qualche sera fa è stato trasmesso I tre giorni del condor. Si tratta di un thriller con annessa storia d’amore, una splendida Faye Dunaway, che vede l’eroe solitario, Robert Redford, sconfiggere il Moloch di turno. Questa volta si tratta della CIA La storia è nota: una CIA deviata (sai che novità per gli italici che tra servizi segreti e massonerie deviate ne hanno da insegnare) fa assassinare i membri di un suo dipartimento perché inopinatamente si sono avvicinati troppo ad un’operazione segretissima. Solo uno si salva da quella carneficina, il Condor appunto, e sarà lui a far crollare il castello. Nel 1975 quando il film uscì, regia Sydney Pollack; fu un vero successo e il pubblico, intellettuali inclusi, si esaltò, ma per le ragioni sbagliate. Quando Robert Redford scandisce una battuta banale e oltre a tutto copiata: “c’è del marcio nella CIA”, il pubblico di allora se ne andò in deliquio e forse qualcuno anche oggi. Così si ha un altro sdilinquimento quando lo stesso dice: “È per il petrolio tutta questa sporca storia,  non è vero?” . E al povero tecnocrate della Central Agency, Cliff Robertson, non resta che scusarsi: “Sono esperimenti, quasi un gioco: quanti uomini servono, quante risorse, quanto costa far cadere un  governo”. Così sdegnosa e nobile la risposta del Condor , nostro eroe, che non merita di essere riportata. Al che il cattivo della CIA contrattacca con reazionario (?) buon senso: “Oggi è il petrolio, poi il cibo o il plutonio. Cosa credi che la gente chiederà allora?” Ma l’intemerato non demorde e sfida: “Chiediglielo!” dice indicando la folla che assiepa i marciapiedi di una New York indaffaratissima. E qui esce la battuta epocale poco ascoltata e ancor meno capita: “Non ora, ma quando fa freddo e manca il petrolio, quando hanno fame e non c’è cibo. Gente che ha sempre avuto tutto e ora non ha niente. Non vuole che glielo chiediamo, vogliono che noi provvediamo”. E su questa battuta gira il mondo, dove la verità scivola sul tavolo così, senza parere, come dire te l’abbiamo detto, ma non ci hai badato. Di Franco Battiato non ho detto nulla, se ne sono appropriati tutti, da destra a sinistra, compresi quelli che lui, pubblicamente, ha dichiarato di disprezzare sommamente, ma ancora una volta non vogliono che gli sia chiesto, ma solo che si provveda. Costi quel che costi. Whatever it takes.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 14 maggio 2021

Un sogno o un incubo?

 Ancora un mesetto e Draghi potrà liberarsi di Salvini, poi tutto di corsa. Se entro dicembre non si faranno le leggi di delegazione  si perderanno 218mld. Di Draghi ne vorrebbero due: uno a Palazzo Chigi e l’altro al Quirinale. E se si unificassero le due cariche?

 

Ho avuto un sogno, anzi no, ho avuto un incubo. La visione è consistita di tre passaggi: il primo ha avuto come limite il 30 giugno il secondo, scavallato i successivi mesi, mi ha portato in pieno dicembre 2021. E il terzo nel 2022. Superata la fine di giugno non potranno aver luogo per i sei mesi a venire elezioni anticipate e finalmente il Draghi Mario potrà adempiere al suo ruolo di manager duro e puro e smetterà di farsi sballottare da Salvini. Il Salvini che in fondo, non è fondamentale per la tenuta del governo, e se pure i berlusconiani, ammesso e non concesso esistano ancora, decidessero di seguire il leghista a Draghi non sarà difficile raccogliere un ampio gruppo di responsabili. Per adesso deve fingere evvabbene. Scavallato questo primo traguardo si comincerà a fare sul serio e a correre per davvero. Quindi, secondo passaggio, si arriva a dicembre mese topico poiché in quei trenta giorni succede che caschino scadenze estremamente importanti: quella più tosta, come ha detto la ministra Marta Cartabia, è che vadano definite e “approvate le leggi di delegazione per la riforma del processo civile, penale e del csm” . Tanto per dire di quelle della sola giustizia. E poi ci sono le altre.  Perché se questo non avvenisse sarebbero a rischio per “l’Italia non solo i 2,7 mld del pnrr destinati alla giustizia, ma i 191 mld destinati a tutta la rinascita economica e sociale italiana”.  E questo, per dirla con il D’alema Massimo, senz’altro non piacerebbe ai poteri forti. Poi la seconda: l’elezione del Presidente della Repubblica. Tostina anche questa, ma non in sé quanto per sé. Infatti questa è prodromica al terzo fondamentale passaggio il 2022. La scelta del prossimo Presidente della Repubblica, cade male poiché da un lato non dà al Vescovo Draghi di finire il suo lavoro, che va ben oltre anche il prossimo anno, e dall’altro di salire al soglio della Repubblica. E quindi? L’ideale, secondo alcuni, sarebbe avere due Draghi: uno alla Presidenza del Consiglio e un altro alla Presidenza della Repubblica. Il fatto è che due Draghi non ci sono però una soluzione potrebbe esserci:  unire le due posizioni. Si chiama presidenzialismo Questo è stato l’incubo. Per arrivare a una simile soluzione, che attenzione non è propriamente antidemocratica, Francia e Stati Uniti, per dirne due, la applicano e non sono dittature, ci vuole tempo e molto consenso. Allora le ipotesi potrebbero essere due: un secondo mandato a Sergio Mattarella, l’elezione di un “bollito” di lungo corso e in Parlamento c’è solo l’imbarazzo della scelta. In ogni caso chiunque sia il prescelto dovrà essere pronto a farsi da parte quando super Mario dovrà unificare le due cariche. C’è la questione del consenso, cosa non facile , ma non impossibile: i soldi non mancano. E, come ha mostrato la cronaca di qualche settimana fa, se basta la vittoria di uno scudetto per vedere scendere in piazza masse osannanti, masse fatte non solo da popolazzo bue, ma anche da non pochi sedicenti intellettuali sedicenti di sininistra,  Dunque se ai circensem aggiungiamo il panem il gioco è fatto. E il Covid? È in calo e comunque ce ne si farà una ragione soprattutto se si potrà andare al ristorante di sera, i centri commerciali saranno aperti nelle fine settimana e il coprifuoco o sarà diluito fino alle 24h. By the way il presidenzialismo piace a tutte le destre e temo anche a qualcuno del centrosinistra.

Come incubo non c’è male. L’importante è non farlo diventare realtà

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 7 maggio 2021

Semplificazioni: dal basso o dall'alto?

Dice un adagio che chi non sa montare una tenda canadese di solito progetta cattedrali. Vale anche per le semplificazioni di Draghi? Per semplificare si deve partire dal basso o dall’alto? Dopo il falò di Calderoli non è cambiato nulla. Se la semplificazione non tocca i cittadini non serve.


Il governo del Vescovo Draghi (copywriting del Volo Fabio, ospite della Gruber Lilli nella puntata di OttoeMezzo del 6 maggio) ogni settimana tira fuori dal cilindro del Grillo Parlante una parola nuova che deva fungere da stella polare, per almeno i successivi sette giorni. La parola della settimana è turismo per la gioia e la tasca di albergatori, ristoratori, baristi e collateral, taxisti, guide turistiche, venditori di souvenir e paccottiglie varie. In altre parole una parte degli italici. Quindi, tutto sommato, banale. La parolina magica della settimana precedente era assai più intrigante e impegnativa, suonava: semplificazione. Questa sì che è una parola magica che ha anche il pregio di essere pressoché universale: interessa tutti gli italiani. Compresi quelli di cui sopra. Magari a quelli di cui sopra la semplificazione, se si tratta di controlli, non è detto che piaccia veramente. Comunque, non c’è che dire, semplificazione è una gran bella parola. Basta che ogni lettore pensi a quanto la sua vita ogni giorno sia complicata da stupide facezie burocratiche che anche un bambino capirebbe quanto siano profondamente inadeguate, per non dire altamente stupide. Naturalmente quando il Vescovo Draghi e i suoi chierici parlano di semplificazione si riferiscono ai massimi sistemi della storia dell’umanità o, fatto più complicato, ancora alla storia dell’italico Paese. Uno dei primi che parlò di semplificazione fu il leghista padre della porcata, elettorale: Per lui fu creato addirittura un ministero ad hoc: quello della Semplificazione Normativa, appunto. Il Calderoli Roberto, otto legislature tra Camera e Senato, lavorò alacremente tanto da potersi vantare di aver bruciato, letteralmente bruciato, in un cortile dei Vigili del Fuoco, tempo e benzina sprecati, un serpentone di faldoni lungo diciassette metri, largo uno e alto due  contenenti nientepopodimenoche ben duecentomila leggi. Ma che Paese è uno che può bruciare duecentomila leggi e vivere felice? Che poi erano leggi minori, già decadute e che comunque avevano poco e nullo peso nella vita quotidiana della gente comune. La solita buffonata. Ma d’altra parte che aspettarsi da celtici con tanto di corna.? Ora ci riprova anche il governo del Vescovo Draghi cui suggeriamo di incominciare dal basso, magari da una sciocchezza chiamato modello 730. Modello che nella sua compilazione mostra chiaramente come lo Stato, tramite la sua longa manus, il fisco, complichi inutilmente la vita dei contribuenti. Si potrebbe cominciare dalle detrazioni che vengono calcolate in modalità da far impallidire un bizantino. Per esempio le spese veterinarie. Sono detraibili fino ad un massimo di 500€. Bene, quindi 500€ da mettere nella colonna detrazione: no, non è così semplice. Innanzitutto per raggiungere i 500€ bisogna averne spesi di più: all’incirca di 650€ o giù di lì. E’ già perché 150€ iniziali sono una franchigia, così come tutti quelli che vanno oltre i 500€. Bah! Dopo di che ecco fatture e scontrini per 500€. Ok adesso il contribuente avrà detrazioni per 500€. No, non è così, il contribuente avrà diritto alla detrazione del 19% di 500€ , in altre parole a 95€. Si è partiti da 500€ e si arriva a 95€. Ridicolo. Il tempo speso per conservare, ordinare, controllare e fare i conteggi del caso di scontrini e fatture di due persone, contribuente più commercialista, vale indubbiamente di più della ridicola detrazione. La stessa situazione si verifica per le spese sostenute nel malaugurato caso di onoranze funebri. Anche qui c’è un importo massimo: 1.500€. Ovviamente con il trucco: ogni euro speso oltre quell’importo va semplicemente perso. Quindi 1.500€ da detrarre, no. Anche in questo caso va in detrazione il 19% di 1.500€ ovvero 285€. Lo stesso vale per le spese mediche e così di seguito. Per non parlare di anagrafe, di disposizioni ministeriali che vengono ribaltate dalla Cassazione a distanza di anni, gettando nello sconforto il malcapitato contribuente che si è fidato delle circolari ministeriali, e via dicendo. Che sono proprio queste le semplificazioni che servono ai normali cittadini e che dimostrerebbero l’attenzione dei governanti per i governati. Ma così non è. Per non dire che quando si parla di semplificazioni i mandarini del Vescovo Draghi e probabilmente, anche lui stesso, pensano solo al codice degli appalti e alle grandi opere. Che poi è come dire un giochino per pochi intimi. Comunque, così è.

Buona settimana e buona fortuna.