Ciò che possiamo licenziare

domenica 27 febbraio 2022

Le sanzioni eunuche.

 Vecchie di centodue anni le sanzioni non hanno mai raggiunto lo scopo, a partire da quelle imposte all’Italia nel 1935. Le triangolazioni per le merci sono la regola e se non funzionano danneggiano chi le mette in opera, come il famoso marito che per far dispetto alla moglie …


Una vecchia storiella racconta che un uomo in lite con la moglie decise di farle un grande dispetto e preso un rasoio si evirò. Ottenne così due risultati: lui si fece del male (masochista) e la moglie per il grave dispetto soffrì poco e si può immaginare, che in breve se ne fece una ragione. Le sanzioni economiche rivolte agli Stati furono codificate (art. 16) con il Trattato di Versailles (entrato in vigore il 10 gennaio del 1920) e nel corso di questi centodue anni furono applicate otto volte, e prima a sperimentarle nel 1935 fu proprio l’Italia. Poi per molti decenni lo strumento è stato accantonato, ma rimesso in funzione per Iran, Siria, Sudan,  Corea del Nord, Cuba, Venezuela e naturalmente Russia che peraltro le patisce da otto anni per via dei fatti di Crimea. Il risultato è sempre stato quello che fu per la signora l’evirazione del marito: tutti gli Stati che le hanno patite, e questo è il primo corollario, se ne sono fatta una ragione e hanno continuato come prima. In altre parole uno strumento, per dirla con delicatezza, un po’ spuntato. A spuntarlo e questo è il secondo corollario, sono le aziende dei Paesi che le sanzioni impongono che con banali triangolazioni mantengono le vendite e i conseguenti profitti. Ora la sciagurata guerra portata da Vladimir Putin contro l’Ucraina ha riportato il tema all’ordine del giorno.  E le sanzioni, per il momento minacciate, sembrano essere particolarmente dure: come ad esempio l’esclusione della Russia dal SWIFT che, per dirla con semplicità, è la cooperativa che sovrintende a tutti i pagamenti internazionali.  Ovvero la Russia non potrebbe ricevere pagamenti e neppure farli. Praticamente la morte. Il che da adito al terzo corollario: più le sanzioni sono draconiane e meno funzionano. Tanto per dire esistono altre piattaforme simili a SWIFT gestite da altri Paesi e quindi …. E poi già gli economisti, categoria di cui si fa fatica a comprendere il ruolo, stanno mettendo le mani avanti dicendo che i primi a pagare le spese delle sanzioni saranno le imprese dei Paesi che le imporranno, effetto bumerang. E a seguire, le reazioni che la Russia potrebbe mettere in campo: fermare le forniture di gas e petrolio, lasciando l’Europa al freddo e con poca possibilità di cucinare e lavarsi con l’acqua calda. I pasdaran delle sanzioni, di solito i politici più imbelli, quelli del armiamoci e partite, diranno che si troveranno alternative, il che è vero, ma ci vorranno molti anni, dettaglio semi-nascosto ai più. E allora che fare? Alcuni, come il filosofo Luciano Canfora, hanno indicato nella comprensione delle ragioni di entrambi i fronti il punto di partenza. Perché non sempre chi ha ragione ha tutta la ragione e chi ha torto ha tutto il torto.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 18 febbraio 2022

Abolire la Severino.

Evasori fiscali, truffatori dello Stato e corruttori non siamo gli unici ad averli. Li hanno anche in Svizzera, ma quando li pescano li mettono dentro. Anche gli svizzeri hanno i referendum e ne fanno uno alla settimana, ma non potranno mai abolire una legge come la Severino. Non ce l'hanno.

Questa volta si inizia con una buona notizia. Siamo quasi svizzeri. Mi spiego. Evasori fiscali, truffatori dello Stato, corruttori, giusto per fermassi a tre categorie, ci sono anche in Svizzera. Me l’ha confermato un amico cittadino della confederazione da millanta generazioni. Poi ha aggiunto: è nell’animo dell’uomo di tentare di raggiungere la ricchezza, il potere, in tutti i modi e quelli indicati sono tra i prescelti. Di solito. Quindi italici ed elvetici hanno qualcosa in comune. Certo non si sta parlando di premi Nobel, ma almeno non ci fa sentire dei paria. Tuttavia, poiché non tutte le ciambelle escono con il buco, c’è un piccolo dettaglio che fa la differenza tra noi e loro. Loro, gli svizzeri, quando pescano evasori fiscali, truffatori di Stato e corruttori che fanno? Niente di particolare: li mettono dentro e, se proprio non buttano la chiave, senz’altro la tengono  ben nascosta. E noi invece? Beh, semplice, cinquecentomila o giù di lì dei nostri si sono messi d’accordo per  promuovere nientepopodimenoché un referendum. Anche gli svizzeri promuovono referendum, in verità, addirittura quasi uno alla settimana, ma non gli è ancora venuto di abolire una legge che impedisca a evasori fiscali, truffatori di Stato e corruttori di poter appoggiare le loro maleodoranti terga sui sacri scranni del Parlamento. Per inciso  in Svizzera non hanno una legge come la Severino, gli basta un po’ di moralità, per non dire di etica, sparsa come il sale nell’insalata. Beh, mica bruscoli. È questo che fa la differenza, il risultato finale, non la materia prima che è ben distribuita nel genere umano. E comunque ci ha metacomunicato la Consulta tramite il suo Presidente, tal Amato Giuliano, ex Psiup, ex anticraxiano, ex craxiano, ex … ex … ex …, gli aspiranti abolitori della Severino hanno avuto il buon senso di scrivere bene il quesito referendario contrariamente a quei boccaloni della cannabis e del suicidio assistito che se li sono visti bocciare. Quel che è certo è che di un organizzatore di cene eleganti gli svizzeri non avrebbero saputo che farsene mentre invece noi …

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 11 febbraio 2022

Tre scoop: Sanremo, Marinella e Roma

Tre fatterelli  che tanto dicono del Paese. Il record  non è un record: il 74% degli italiani se ne frega di Sanremo. Con Marinella si è capito che se non ci vai non ti notano. E così è risolto il dilemma di Ecce bombo. Di Roma non si parla più: tutto è stato risolto. Se non ne parli nulla esiste: come per i cinghiali.



Per quattro giorni tutti i media hanno dedicato le aperture agli ascolti del festival di Sanremo. L’elezione del Presidente della Repubblica se l’è cavata per un pelo, se la bagarre elettorale fosse andata avanti ancora un po’ sarebbe stata cannibalizzata dall’evento canoro che tutto si pappa. Però c’è un però: il tanto strombazzato record di 15.660.000 spettatori ha dimostrato che gli italici, nella misura del 74%, se ne fregano di Sanremo e dei suoi ammennicoli. Ben 44milioni e briscola hanno avuto altro e di meglio da fare in quelle serate piuttosto che seguire l’Amadeus e la sua banda. I numeri, chiosava Pirandello, sono sacchi vuoti, se non sono riempiti di senso e di ragione non stanno in piedi. Per l’appunto.

Quella di Marinella è una storia vera, va in scena in quel di Como, ma potrebbe benissimo essere stata rappresentata in una qualsiasi altra città. Marinella non scivolò in un fiume a primavera. Più prosaicamente si è addormentata in cucina, seduta al tavolo e lì è rimasta per due anni. Immobile. Nessuno, nei due anni, si è accorto della sua assenza, non i parenti, non i vicini di casa, non i negozianti, non il portinaio. In un colpo ha sciolto l’amletico dilemma: non la si è notata di più se non è uscita di casa. Non la si è notata proprio. I giornali e le televisioni, come ti sbagli, hanno fatto i soliti titoli sulla società egoista e non attenta al prossimo, come d’uso un po’ di ipocrisia sparpagliata qua e là. E infatti due giorni dopo la notizia è scomparsa. Tuttavia s’era fatto in tempo a trovare una modesta excusatio nella  prima chiusura causa Covid. Che però è durata solo pochi mesi. Il Sindaco di  Como ha detto che salderà il conto del funerale e auspica che, compatibilmente con le regole Covid, molti partecipino alla funzione. Si spera senza il solito nauseabondo applauso. Che poi nessuno ha mai spiegato che cosa significhi applaudire una bara: l’omaggiato di quell’insulso sbattachiar di mani neanche lo sente e tanto meno si disporrà ad un inchino di ringraziamento.

Anche Roma, la caput mundi è plasticamente scomparsa da giornali,  televisioni e radio. Dato che non c’è più l’ossessione per la Sindaca Virginia Raggi. Al dunque si deve intendere che tutto quel che prima non funzionava sia stato risolto e non se ne parli solo per la modestia che contraddistingue il neo Sindaco, Gualtieri Roberto. Quindi si immagina che non ci siano più buche, che gli autobus non prendano più fuoco ed anzi arrivino puntuali ad ogni fermata e ce ne siano così tanti e nuovi da non essere assolutamente affollati e che la viabilità sia scorrevole come l’olio. Si sono evaporati anche i cinghiali, erano a Roma solo come vacanzieri e finite le ferie se ne sono tornati nei boschi. Questo anche perché i loro selfservice preferiti: i cassoni traboccanti  immondizia hanno chiuso i battenti e sono lindi e asettici come sale operatorie. Avessero detto alla Raggi Virginia che bastava così poco, come mettere il Gualtieri sullo scranno alto del Campidoglio, per risolvere tutti i problemi della Capitale avrebbe ceduto il posto un minuto dopo essere stata eletta.. L’unico neo in tanto nitore l’hanno regalato i pargoli del Ruberti Albino, Capo di Gabinetto del Gualtieri, che alla richiesta da parte di carabinieri di mostrare i documenti si sono vantati dei genitoriali lombi e, non contenti hanno fatto seguire la minaccia di farli trasferire. Buon sangue non mente, anche l’Albino era stato beccato, lui da poliziotti, a partecipare ad una grigliata in quel del Pigneto. Ah, si era in pieno lockdown. Evvabbé.

Buona settimana e buona fortuna

martedì 1 febbraio 2022

Un nonno al servizio delle istituzioni.

Finalmente abbiamo il nostro nonno al servizio delle istituzioni. Ma non è quello che si era proposto. La settimana dedicata alla elezione del Presidente della Repubblica ha insegnato che i peones non sono così peones, che i leader non sono così leader e altro ancora.


E così, dopo neanche una settimana le istituzioni hanno avuto il loro nonno. In verità non si tratta del nonno che si era prefissato, apertis verbi et ore rotundo, di salire al colle Quirinale, in vece sua c’è andato, anzi ritornato o meglio rimasto il nonno che già c’era. Così talvolta vanno le cose nel mondo. Quindi il Presidente Sergio Mattarella, che peraltro mai si è definito nonno al servizio delle istituzioni, è rimasto al posto che ha occupato negli ultimi sette anni e adesso, suo malgrado, gliene toccano altri sette. Anche il Draghi Mario, pure lui suo malgrado, deve starsene a palazzo Chigi dato che nessuno l’ha voluto alla presidenza della Repubblica. Non si fa fatica a immaginare che i partiti pagheranno, in un modo o nell’altro, questo sgarbo. Il giornalista Cazzullo Aldo ha pronosticato che il Draghi Mario tornerà come il conte di Montecristo  ricco, perché ritenuto indispensabile, e spietato, per lo stesso motivo di cui prima. E non si stenta a credere che nei prossimi consigli dei ministri il Draghi accentuerà l’ironia e il disprezzo già palesato con cui guarda i partiti. Al dunque però il migliore dei migliori non ci ha comunque fatto una bella figura: trombato da chi non conta. Giornali e televisioni, che l’hanno fino ad ora osannato, non cessano l’opera di beatificazione e si sono inventati un pannicello caldo: che il Mattarella Sergio abbia accettato la presidenza non in omaggio ai settecento e briscola voti del Parlamento, espressione della volontà popolare, ma per la mediazione del Draghi Mario.  A riprova narrano di un colloquio privatissimo, durato circa trenta minuti, tra il Draghi e il Mattarella, dove il primo ci ha messo del bello e del buono per convincere il secondo ad accettare l’elezione già avvenuta. Ma in realtà s’ha il dubbio che le cose siano andate proprio così. Ovviamente non ci sono evidenze, però, pur non avendo le prove, ma ben sapendo come direbbe Pier Paolo Pasolini, si ritiene sia stato il Mattarella a consolare il Draghi e a fargli balenare o magari anche promettergli chissà che. Forse la presidenza della Repubblica, al prossimo e non troppo lontano giro, questo per impedirgli di andarsene con il pallone. Cioè a dire che dia le dimissioni prima della scadenza naturale della legislatura e lasci i soliti peracottari in braghe di tela. Evvabbé. Se questa è stata la prima lezione delle settimana la seconda è che i leader non leadereggiano proprio per niente, con buona pace dei teorici delle élite. A parte la Meloni, gli altri hanno dimostrato di contare meno dei peones. Anzi sono stati i peones che più peones non si può, prima timidamente e poi sempre più esplicitamente, a decidere chi volevano come Presidente. Adesso al fenomeno dei fenomeni non resta che mettere a terra il pnrr e a farlo funzionare. Teoricamente da quanto s’è capito ci potrebbe riuscire anche un cretino. Vedremo se ci riesce lui. Che farlo non è come dirlo

Buona settimana e buona fortuna.