Ciò che possiamo licenziare

venerdì 30 luglio 2021

La riforma della giustizia.

Ridurre i tempi dei processi non deve ledere la legalità e la giustizia.  Si può fare in modo strutturale o con le forbici. Il fatto è che nè il Draghi Mario né la Cartabia Marta hanno mai messo piede in un tribunale.


Molto spesso le metafore spiegano più di dotti e voluminosi tomi. Magari quei tomi sui quali probabilmente la Cartabia Marta, attuale ministra della giustizia, ha consumato la sua vita. Nelle metafore sta il buon senso, nei tomi, che possono essere scritti da chiunque, questo talvolta latita. Se poi i tomoni li si legge acriticamente allora è ancora peggio. Un amico ha paragonato la giustizia italica alle autostrade italiche.  Non vi stupite, capirete. La richiesta delle Unione Europea è di ridurre la durata dei processi (ma non hanno citato, si sono dimenticati, la certezza della pena e la qualità delle leggi: quelle ad personam e sul legittimo impedimento, ad esempio) quindi l’hardweare del sistema. Ha detto il mio amico, ecco la metafora: « Se vuoi ridurre drasticamente i tempi di percorrenza tra Milano e Bologna, rispettando i limiti di velocità si hanno due possibilità: si aggiunge una o magari anche due corsie oppure si sposta il casello a Parma». Il camminatore sulle acque, il Draghi Mario e la Cartabia Marta sua ministra, nessuno dei due con esperienza di tribunali, hanno scelto la seconda ipotesi: spostare il casello più vicino al punto di partenza.  Le verità, palesi a magistrati, personale amministrativo, avvocati e, soprattutto, utenti, sono poche ed evidenti: mancano strutture, cioè, tribunali e anche personale. Se non si aumentano gli organici e si consente a magistrati di baloccarsi con la politica, Finocchiaro, Santapaola, Emiliano e molti altri, mantenendo il posto in pianta organica è ovvio che manchino magistrati e che i processi si allunghino. Se poi si chiudono i piccoli tribunali di provincia, fino al 2012, ultimo dato reperibile, in origine ne sono stati serrati 37 poi, considerando il tasso di mafiosità della zona, “solo” 31, tra cui quelli di Vigevano, Voghera, San  Remo, Bassano del Grappa, Urbino, Melfi, Sala Consilina e via dicendo. È evidente che in questo modo aumenta il carico di lavoro di quelli più grandi, intasandoli. Probabilmente questo lo capisce anche la casalinga di Voghera che purtroppo non sta né in Parlamento né al Governo. Occasione mancata. I corollari della riduzione dei giudici in appello, da tre a uno, mette dubbi sulla imparzialità e sottolinea la soggettività del giudizio, così come la non procedibilità fa venire l’orticaria. E chissà se è costituzionale. È come se un medico dicesse al paziente «O guarisci in due mesi o non ti curo più». Altra vivida metafora del mio amico. E dunque vi immaginate che il processo di appello per il ponte Morandi duri solo due o tre anni? Che dargli la possibilità di allungarsi con ragionevoli motivazioni suona più come una presa in giro che non ha una mediazione. In altre parole i grandi delinquenti, tipo i truffatori dello Stato e i corruttori di testimoni, la faranno franca e in galera finiranno, come al solito, i poveracci.

Buona settimana e buona fortuna.  


venerdì 23 luglio 2021

Una settimana esilarante, se non fosse tragica.

Primo record alle Olimpiadi di Tokio: le dimissioni. Draghi resuscita la Fornero: se non son miracoli questi? La Cartabia racconta il nulla e lancia le azioni concrete ignorando che non esistono azioni non concrete. Carlo Giugliani: un atto di difesa preventiva, come a Voghera. Arriva l’inflazione buona.

Settimana ricca di fatti, fattacci e fatterelli dove il comun denominatore è l’involontario (si spera) macabro umorismo. Ovviamente non si può che partire dalle Olimpiadi di Tokio. Passeranno alla storia come le Olimpiadi delle dimissioni e dei licenziamenti. In quattro-e-quattrotto hanno fatto le valige: Yoshito Mori, che le ha organizzate, per commenti sessisti, seguito da Hiroshi Sasaki, direttore creativo, insulti a una intrattenitrice over size, Kentaro Kobayashi, direttore della cerimonia di inaugurazione, licenziato per frasi scherzose sull’Olocausto pronunciate oltre venti anni fa e ultimo, al momento, Cornelius, musicista, per essere stato un bullo da bambino, oggi ha 52 anni. La domanda è come mai non se ne siano accorti prima? Comunque: meglio tardi che mai. Da noi cose del genere non succedono. Nel senso che nessuno viene licenziato o si dimette per le corbellerie fatte. In compenso c’è chi ritorna. Draghi sentiva che alla sua margherita di migliori mancava un petalo: qualcuno che gli spiegasse bene bene cos’è la questione pensioni e quindi chi meglio della Fornero? Risate a crepapelle. Qualcuno vagheggia l’obbligo di vaccinazione per tutto il personale della scuola, i tre sindacati: “sia l’ultima arma” dicono. Magari spiegassero quali sono quelle precedenti. Si saranno mica alleati con la Lega? Sempre in tema governo: Salvini sta con Draghi, dice, e ci mancherebbe, e la salute, e ci ri-mancherebbe. Poi aggiunge che sta anche con la libertà. E ci ri-ri-mancherebbe. Il fatto è che a sentirglielo dire sembra che le tre cose non vadano affatto d’accordo. Evvabbé.  La ministra Cartabia, alla Camera per dire dei fatti del carcere di Santa Maria Capua Vetere, scomoda addirittura il nulla che in queste occasioni non si fa pregare. Quindi in un impeto di generosità afferma che ci vogliono azioni concrete. Bene, brava, bis.  Dovrà un domani, con calma, dopo un ripasso sulla grammatica delle elementari, spiegare come possa essere un’azione non-concreta. Solo allora potrà candidarsi alla carica di Presidentessa della Repubblica. Non contenta ha cercato di mettere una pezza alla sua scalchignante riforma dicendo che il processo breve, chiamiamolo così, non si applica ai reati che prevedono la pena dell’ergastolo. La gran parte dei reati commessi dai mafiosi non rientra in quella fattispecie e poi siamo sicuri che non si prefiguri anticostituzionalità nell’avere differenze di trattamento nel metodo? Magari un passaggio alla Corte Costituzionale, prima di mettere la fiducia, gioverebbe. Corre l’anniversario dei fatti di Genova 2001: documentari e rievocazioni a go-go. Si parla ovviamente anche di Carlo Giugliani. Il padre, Giuliano Giugliani, sostiene che il figlio stava lanciando l’estintore contro il mezzo dei carabinieri come atto di preventiva difesa. Evvabbé Corsi e ricorsi storici, magari la mette così anche lo sparatore di Voghera che ancor prima di cadere già impugnava la pistola. Infine un po’ di economia: l’inflazione al 2%, dicono, rafforza la fiducia delle famiglie e dei consumatori. Tradotto saremo tutti più felici sapendo che il nostro denaro vale il 2% di meno. La chiamano inflazione buona, poi magari gli scappadi mano come il Covid. Alleluia e risate a crepapelle.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 16 luglio 2021

Ricatti, ricattini e ricattoni.

Il ricatto: il miglior sistema per far prendere la decisione a quell’altro. Ricatto di Draghi ai pischelli del M5S, ricattino di Bonucci Leonardo al governo, ricattone di Macron ai francesi. Ma quello di Macron forse non è un ricatto, ma semplice buon senso.


Si avvicinano le vacanze agostane e contemporaneamente la variante Delta sembra muoversi con disinvoltura in tutti i Paesi dell’Unione. La si vuol combattere, ma con moderazione: nessun atto di imperio verso chi non si vuole vaccinare. La libertà è sacra, dicono soprattutto quelli che della stessa hanno fatto strame nei secoli. E quindi cosa c’è di meglio per evitare di prendere una decisione che un bel ricatto? Il senso del ricatto è di far cadere la responsabilità della scelta su quell’altro. Infatti la ricattatrice (o ricattatore in omaggio alla parità di genere) può sempre giustificarsi sostenendo: «l’ha deciso lei»  (o lui, sempre in omaggio alla parità di cui sopra). Naturalmente in questa nuova serie tragicomica il primo non poteva essere che il novello camminatore sulle acque, nonché aspirante palombaro, mentore di qualsiasi miracolo italico ivi compresa la vittoria dell’Europeo di calcio: il Draghi professor Mario.

Mentre andava in scena la pasticciata riforma della riforma Bonafede, affossata su il Giornale con un lapidario: «a questo punto era meglio tenersi la riforma Bonafede», dichiarato nientepopodimenochè dall’avvocato Coppi, già legale degli esimii Berlusconi Silvio,  Andreotti Giulio, Savoia Vittorio Emanuele e da non dimenticare Lotti Luca, clientela di livello, partiva il primo ricatto: «Se non si vota la Cartabia così com’è mi dimetto». Pare abbia detto il Draghi prof. Mario. Ovviamente avendo a che fare con i pischelli del M5S ha avuto gioco facile. Ma sarebbe stato mooolto divertente se uno di quei fanciullini avesse risposto con lo spirito del fanciullino di Andersen: « Bene, fallo».  Il Draghi professor Mario si sarebbe trovato con le braghe in mano. Chissà come avrebbe spiegato al Presidente Mattarella e all’italico popolo e alla UE che si dimetteva per essere contrario ad una legge che impedisce ai ladri con il colletto bianco di scavallare la galera per sopraggiunti termini di prescrizione. E gli esempi di prescritti nella storia patria non mancano e non sono belli a vedersi. Il Draghi professor Mario ha fatto un favore, come scrive il Travaglio Marco a indagati, genitori di indagati e figli di indagati. Magari il Presidente Mattarella prima di firmare questa insanità cartabiana potrebbe chiedere un parere alla Suprema Corte. I suoi predecessori mai lo fecero e così abbiamo votato per anni con un sistema elettorale anticostituzionale e visto delinquenti conclamati non entrare in galera per altre vergognose leggi.

Il secondo ricatto (s)degno di nota è stato di un calciatore, tale Bonucci Leonardo da Viterbo che, credendosi Giulio Cesare di ritorno dalla Britannia, di capa sua ha deciso di voler celebrare un sontuoso trionfo per le strade di Roma. Ha trattato con il prefetto e magari anche con qualcuno del governo dei “migliori”: ricattandolo. Ha minacciato di non andare da Draghi con tutta la squadra se non gli avessero consentito di fare il suo giretto. Sai che minaccia. E nessuno, omini, ominicchi, quaquaraquà che fossero, ha avuto l’ardire di ribattere: «Non ci andare». E sarebbe stato bello vedere questo rodomonte tornarsene a casa a piedi.

Il terzo ricatto è più fine e si direbbe anche intelligente. Viene dalla Francia, il cui Presidente ha stabilito che se non si è vaccinati non si può far questo o non si può far quello. Come dire che senza patente non si può guidare e senza pagare il biglietto non si può entrare a teatro. Quindi forse non è neanche un ricatto, ma solo un’operazione di buon senso. Ecco perché i francesi sono francesi e gli italiani sono italiani. Post scriptum: il 14 luglio in Francia hanno festeggiato il 232 anni da che i sans-culottes presero la Bastiglia. Gliene siamo grati, anche se non ne abbiamo capito il perché.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 9 luglio 2021

Sgarbi vs Fedez = 0 a 3

Mentre nel palazzo quatti quatti si disfano riforme già fatte sui quotidiani si da spazio a esagitazioni sgarbiane. Fedez il più americano degli artisti italiani. È social e anche sociale. Come Clooney e Bill Gates: business e charity

In questi giorni di politica gioiosamente carsica, dove tutto succede senza che succeda, dalla questione giustizia allo sblocco dei licenziamenti agli aumenti delle tariffe, gas-luce-autostrade, fa bello sapere che esiste ancora la vivida polemica politica. Aiuta in questo il plurideputato Sgarbi Vittorio che in accappatoio, sistemato in un balconcino, si immagina di un albergo,  posta un video dove in punta di fioretto attacca il rapper Fedez. Lo fa con il garbo solito suo e testuale dice: «Fedez non hai mai fatto la pipì sulla testa della Ferragni, siamo sicuri che non hai mai fatto cose che hanno a che fare con la meraviglia della pipì? Ecco, la pipì in fondo può essere meglio della pioggia. Vaffa’n c..o Fedez, vaffa’n c..o Fedez. Ti piace? È giusto. Vaffa’n c..o». Eh beh, non c’è che dire questa è classe al cui confronto la polemica tra Proudhon e Marx su filosofia e miseria, poi ripresa tra Craxi e Berlinguer, risulta essere di spessore infinitesimale. La risposta del rapper non si è fatta attendere e recita: «Leggendo i titoli di oggi pensavo seriamente di essere stato io ad aver abbassato il livello del dibattito politico italiano. Poi  su “Ma Fedez la fa la pipì in testa alla Ferragni del deputato Sgarbi ho tirato un sospiro di sollievo». Beh, come sciabolata non è male. In un sol colpo vengono messi insieme l’attenzione della stampa per le cose che contano, il livello dello scontro politico, e la susseguente qualità del personale politico.  Che in due righe non è poco.

Fedez è il più “americano” degli artisti italici: è social e anche sociale. Non ha difficoltà ad esporre le sue opinioni politiche, nel 2014 manifestò simpatia per il M5S, nel 2020 ha lanciato una raccolta fondi per costruire un reparto di terapia intensiva che è stato finito in sole due settimane. È stata definita la raccolta fondi  più grande d’Europa e tra le 10 campagne più ricche nel mondo (Repubblica, 9 marzo 2021) ed è stata di stimolo alla raccolta per ospedali, associazioni e organizzazioni. Attualmente sostiene, con qualche scivolone, nessuno è perfetto, il ddl Zan. Di topiche nel passato  ne ha prese non poche, dalle sgommate in Lamborghini al compleanno al supermercato con lancio di frtutta e verdura e anche sulla questione gay: noto l’attacco a Tiziano Ferro di cui si è detto pentito e comunque adesso lavora a favore del mondo lgbt. E il mondo vive di presente. Ha sostenuto i lavoratori dello spettacolo e sta pensando ad una fondazione ovviamente con fini sociali. Naturalmente  continua a lavorare cioè a cantare l’ultima esibizione con Orietta Berti e Achille Lauro. È anche spiritoso. Come è spiritosa Orietta Berti a cantare con lui. In altre parole fa quello che fanno George Clooney e Bill e Melinda Gates e tanti altri: business e charity, in grande. In Italia non si usa. Per concludere: ha abbandonato la scuola al quarto anno del liceo artistico, non è laureato e neanche conduce programmi dedicati all’arte. E vista la differenza è meglio così.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 2 luglio 2021

Grillo, Crono e la malafemmena.

Grillo s'è pappato deputati italici ed europei, consiglieri regionali e comunali, gli mancava un Presidente del Consiglio.  In pectore porta sfiga a Conte. Grillo dovrebbe ripassare un po' di mitologia greca

Sembra il titolo di un film comico e invece si tratta, pateticamente, di una farsa d’avanspettacolo .  Anche troppo lunga,  considerando i tempi veloci e stringati del genere. Ogni volta che appare in video il buon Grillo Giuseppe, in arte Beppe, richiama sempre più alla mente il Crono di Francisco Goya. Sarà per quelle sue faccette che sembrano esercizi di kamasutra per tonificare i muscoli del viso, sarà per quegli occhi spiritati, sarà per quella voce chioccia di cui per Crono non abbiamo sonoro. Sarà che sono brutti uguale. Come Crono il Grillo Beppe dopo essersi pappato un numero sterminato di deputati nazionali ed europei, consiglieri regionali e comunali e magari anche qualche ignoto militante di base s’è lanciato per il suo ultimo pasto sull’ultimo figlio quel tal Conte autor d’un romanzetto ove si tratta dei promessi statuti. Questo Conte che è trattato come un marziano catapultato a Roma chissà da dove mentre invece è una conoscenza vecchia: fu portato per la prima volta agli onori della cronaca nazionale nell’ormai giurassico febbraio 2018. L’ineffabile Di Maio Luigi lo presentò come ministro in pectore, e dagli con questo in pectore, alla Pubblica Amministrazione. Fu durante la trasmissione del Floris Giovanni datata 27 febbraio, In quella il Conte Giuseppe disse che il suo cuore “è sempre stato a sinistra”. Che se fu una banalità sul versante della fisiologia fu una specie di eresia per uno che avrebbe dovuto essere il ministro di un governo che né di destra né di sinistra voleva essere. Chi l’avesse trovato e chi l’avesse proposto è sempre rimasto avvolto nel mistero.  Comunque,  com’è come non è, il Conte Giuseppe ministro della Pubblica Amministrazione non lo divenne mai. Forse perché era in pectore. Mentre invece non essendo in pectore diventò Presidente del Consiglio. In Italia una bazzecola. Prima con la destra e poi con la sinistra, che ci sta essendo il movimento né di qua né di là.  Con la caduta del governo di simil sinistra il Conte è tornato allo stato di in pectore. Ruolo che a lui porta una certa qual sfiga. Parola ammessa dal vocabolario Treccani. Ed è proprio vedendolo nel ruolo di leader in pectore del Movimento 5 Stelle che al Grillo Giuseppe deve essere venuta l’acquolina in bocca e quindi la decisione di papparselo. E qui torna in ballo il Crono perché a lui, mangiatore di figli, la moglie Rea non consegnò Zeus, l’ultimo nato, ma una pietra che il giuggiolo si slappò al volo senza neanche rendersene conto. Il mito racconta che Zeus, cresciuto forte e bello, sconfisse Crono e lo obbligò a rigurgitare tutti i figli precedentemente inghiottiti. Magari al Grillo Giuseppe, in arte Beppe, e ai suoi consiglieri converrebbe dare un ripasso alla mitologia greca che per Freud fu fonte di tanta ispirazione. E se lo fu per Freud… Resta da capire chi potrebbe essere la malafemmena novella Rea. Ma forse non è importante.

Buona settimana e buona fortuna.