Ciò che possiamo licenziare

venerdì 24 marzo 2023

Italo Bocchino: la vittima sacrificale

Novello Daniele nella fossa dei leoni. Talvolta sembra si diverta e ne spara di grosse. Anche se proditoriamente attaccato mantiene un aplomb britannico. Giustifica l’ingiustificabile. La partecipazione a otto.e.ezzo è la catarsi per aver favorito la scissione dal Polo delle Libertà.


Anche ieri sera, come oramai capita da mesi il Bocchino Italo, direttore editoriale del Secolo d’Italia, entra nello studio di Otto-e-Mezzo come Daniele nella fossa dei leoni e, come Daniele, si sottopone con rassegnata pazienza al martirio. Lo fa con eleganza e stile, il nodo della cravatta impeccabile e il vestito di ottimo taglio. Quasi mai interrompe gli altri contendenti o perde le staffe, dimostra il massimo della sua alterazione dicemdo “voi” a cui la Gruber Lilli subito ribatte con “chi sono questi voi” e in questo è patetica. Perché lo capisce chiunque chi sono i “voi”. D’altra parte è solo a battagliare contro altri tre mentre l’arbitro, la suddetta Gruber Lilli, di tanto in tanto gli piazza un colpetto,figurativamente parlando, tra le costole. Il caso pare si accanisca contro di lui poiché lo invitano ogni qualvolta la Meloni Giorgia o il governo o la coalizione di destra o tutti e tre insieme hanno combinato qualche marachella o schiacciato qualche buccia di banana (dico banana solo per circumnavigare francesismi) è il caso dell’immigrazione con conseguente annegamento di infelici, dell’urlante Donzelli, dei rave party o delle cianchette tra alleati tanto per dirne alcune e lui, il Bocchino Italo è lì pronto e proprio per giustificare l’ingiustificabile ai telespettatori. Talvolta dadaisticamente ne spara di grosse come dire: “l’umanità è fermezza” o “la Meloni sarà la prossima Merkel” o come il cuore di retrogradi clericali integralisti batta per il movimento femminista. E anche quando le spara grosse lo fa con l’aplomb di un britannico. Talvolta dà la sensazione di divertirsi come un matto:  lui con quattro legislature alle spalle, vice di Fini Gianfranco e, per un quarto d’ora ago della bilancia della politica del Paese. Deve essere questa la sua catarsi per aver abbandonato il Berlusconi Silvio, e aver fomentato una scissione mentre la Meloni Giorgia giurava fedeltà ad Arcore.   Ora è nel limbo in attesa di essere ripescato perché l’esperienza non va buttata via e anche la Meloni se ne sta rendendo conto. Peraltro ognuno è libero d avere i parametri che più gli piacciono.

Buona Settimana e Buona Fortuna.


domenica 19 marzo 2023

Elly Schlein: la Fata Turchina del PD.

Pensare che la Fata Turchina sia svizzera richiede un bello sforzo di immaginazione e quando la fantasia va al potere son faville. Un fatto è certo: la bacchetta magica della Fata Turchina targata CH ha già funzionato quattro volte perché non cinque o sei o sette?


Quando nel 2014 la Schlein Elly si candidò al Parlamento Europeo, nessuno avrebbe mai immaginato che sarebbe diventata la Fata Turchina del PD. Al contrario, già allora, del PD si potevano vedere sicuramente le sue affinità con il Pinocchio del paese dei balocchi. Per intenderci quello con le orecchie da asino, l’amico di Lucignolo. Eppure è quanto è successo. In quella elezione fu eletta nonostante si fosse  in piena era renziana e lei di quella era antagonista. Col senno di poi si può dire: quello fu il suo primo colpo di bacchetta magica. E in quel Parlamento fu una delle più assidue ed operativa, forse perché svizzera. Nel 2020 la bacchetta magica si è messa di nuovo in moto e la Elly, con una sua lista autonoma, è stata eletta al Consiglio della regione Emilia Romagna, ma non solo: la bacchetta ha funzionato al punto di portarsi dietro un bel po’ di piazza, tanto da far eleggere il Bonaccini Stefano su cui non tutti erano disposti a scommettere e a diventare la sua vice. Sempre la Elly-Fata-Turchina con la sua bacchetta ha scavallato con facilità le elezioni al Parlamento Italiano, pur presentandosi come indipendente. Per il raggiungere la posizione di segretaria del PD la bacchetta avrebbe potuto non usarla, bastava il buon senso, ma come si sa non sempre questo ha libera circolazione, per cui persa l’andata nei circoli s’è rifatta con il ritorno giocato nei gazebo. Ed è bastato un ulteriore piccolo colpetto per incanalare diecimila nuovi adepti nel PD. Adesso però la novella Fata Turchina dovrà mettersi ad utilizzare la bacchetta a mulinello visto l’ambizioso programma che si è data: eliminare i capobastone e i cacicchi. La sua idea è di convincerli a non usare beceramente il loro burocratico potere: come insegnare ad un asino a non ragliare e a non scalciare. Peraltro chi se ne va, il primo è stato tal Fioroni (per creanza nessuno si chieda Fioroni chi?) e chi minaccia di farlo, tal Marcucci (idem come prima),  in soldoni sono inunflueni nelle urne, quelle vere e porteranno via, forse, solo sé stessi.  In realtà farebbe prima a far sparire dal partito i capobastone e i cacicchi: sa chi sono e dove abitano, quindi un gioco da ragazzi. E questo si sarebbe un bel colpo da Fata Turchina. Peraltro a perseguire questa ipotesi non è improbabile l’arrivo nuovi iscritti tanto da far parere noccioline i primi diecimila. La gran parte dei capi correnti  non hanno salpato l’ancora con il Renzi solo perché ben consci della pochezza delle forze (voti) e di quello e delle loro. Non è da credersi sia nuovo un simile atto: anche la prima Fata Turchina lo fece e il burattino diventò un diligente scolaro. A rileggere certi vecchi libri dispensatori di leggera saggezza possono venire idee bizzarre come quella di avere un partito con l’aspirazione di cambiare, almeno un poco, questo disgraziato paese. Quanto poi al fatto che una svizzera possa essere Fata Turchina: beh e la prova provata che la bacchetta magica funziona. Se la bacchetta non funzionerà per la Schlein non ci sarà un gran futuro.

Buona settimana e buona fortuna.  

venerdì 10 marzo 2023

Cutro: la Meloni Giorgia parla i giornalisti tacciono

 Ancora il solito giochino “sul non penserete che il governo ….” E poi la proposta di reato universale. Basta pensare all’Italia che va alla ricerca dei migranti nel Mediterraneo si darà la caccia ai trafficanti di essere umani su tutto il globo terracqueo. Nessuno ha riso.


Alla fine la Presidente Meloni Giorgia a Cutro ci è andata e, per essere sicura, si è portata dietro tutti i ministri e poi già che c’era ha pensato bene di organizzarci pure un consiglio dei ministri. Cui è seguita l’usuale conferenza stampa. A quel che si è visto sui social questa è stata divisa in due parti: la prima per ripetere il solito refrain sulle non responsabilità del governo e la seconda per dar conto sulle decisioni prese.  In entrambi i casi i giornalisti hanno dimostrato plasticamente come la pusillanimità sia tangibile. La Meloni Giorgia ha ripetuto il solito giochino: «non accetto l’idea che ci siamo voltati dall’altra parte.» Nessun giornalista ha osato contraddire l’affermazione, anzi quasi si sono scusati anche solo di averla pensata, pure se tutta la storia politica della Meloni Giorgia, dalla sciocchezza del blocco navale, significa l’affondamento delle barche, ai porti sicuri per le ong individuati in capo al mondo, porta a pensare esattamente questo. Ha avuto più coraggio l’Ammiraglio Vittorio Alessandro, a Piazza Pulita dove ha tranquillamente parlato di «un cambiamento di clima [con questo governo] che porta prima a pensare alle operazioni di polizia e poi al salvataggio.» Lo dice l’Ammiraglio e non lo fanno i giornalisti? Perché? Il secondo tempo della conferenza stampa è stato dedicato alla lotta agli scafisti. In verità si sono un po’ mischiati gli scafisti, che tanto assomigliano ai kapò dei lager nazisti, con i veri gestori, dell’organizzazione. Questi ultimi probabilmente vivono ben tranquilli e in bei palazzi a Berlino o Zurigo o Parigi o anche Roma: è come prendersela con la cassiera del supermercato per i prezzi troppo alti. Ma il ridicolo non è solo qui quanto nella proposta successiva: se ci scappa il morto la pena per gli scafisti potrà arrivare fino a trent’anni di reclusione. Ma non è tutto: «il reato verrà perseguito dell’Italia anche se commesso fuori dai confini nazionali. Cioè per noi chi si rende responsabile di lesioni gravi o di morte mentre organizza la tratta di esseri umani è perseguibile con un reato che noi consideriamo u-ni-ver-sa-le. Significa non colpire solamente quei trafficanti che noi troviamo sulle barche, ma anche i trafficanti che ci sono dietro. Questo cambia completamente l’approccio del governo italiano rispetto a quello che abbiamo visto negli ultimi anni. Noi siamo abituati a un’Italia che si occupa soprattutto di andare a cercare i migranti attraverso tutto il Mediterraneo, quello che vuole fare questo governo è andare a cercare gli scafisti lungo tutto il globo terraqueo.» E qui nessuno ha riso: in trent’anni non si è stati capaci di catturare uno che viveva a casa sua figurarsi fare qualcosa di più impegnativo. E poi se si traffica senza morti? Ci fosse stato il mio amico Serse avrebbe detto: chi non sa montare una canadese di solito progetta una cattedrale. E questo è il caso. Comunque i giornalisti muti come pesci. Nel mondo anglosassone si usa definire la stampa come il cane da guardia del potere. In Italia non è certo cane da guardia, tutt’al più da riporto.

Buona Settimana e Buona Fortuna.

domenica 5 marzo 2023

Una risposta per Giorgia

Dagli Emirati Arabi la Meloni Giorgia lancia agli italiani tutti una sfida sulla strage di Cutro. Il tono e il merito ricordano il discorso del 3 gennaio 1925. Per essere fascisti non è necessario salutare romanamente, portare il fez o collezionare busti del duce.


L’antefatto: nella notte del 26 febbraio a Cutro, Calabria, un caicco con a bordo 160 o 250 persone va a battere contro alcune rocce e va in mille pezzi. Effetti collaterali: 81 migranti si salvano, ad oggi vengono raccolti i cadaveri di 70 persone  e quelli che mancano per arrivare a 160 o 250 sono dati per dispersi. Chissà se il mare ne restituirà i corpi e quando. Fino a ieri, 3  marzo, la Presidente del Consiglio Meloni Giorgia sul fatto non ha spiccicato parola. Oggi finalmente, 4 marzo, dagli Emirati Arabi, la Meloni Giorgia, Presidente del Consiglio si è decisa a parlare, l’ha fatto davanti alle telecamere, e ha posto la domanda dirimente: «Davvero qualcuno ritiene che il governo volutamente abbia fatto morire i migranti?» E poi ha aggiunto «C’è qualcuno che in coscienza pensi questo?». Naturalmente ha sostenuto che il governo si è occupato del caso: sia il ministro Piantedosi Matteo sia il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano Alfredo, sono stati a Cutro e tanto basta. Meglio se il Piantedosi Matteo non ci fosse andato o fosse stato zitto. Infine ha aggiunto «Frontex non ci ha informato del pericolo». Scusa più puerile non era facile trovare. Dalla Meloni Giorgia ci si aspettava qualcosa di più. Molto di più. Comunque alla Meloni Giorgia, visto che ha fatto una domanda precisa: «Davvero qualcuno ritiene che il governo volutamente abbia fatto morire i migranti?» va data una risposta ugualmente chiara e precisa: «Sì». Meloni Giorgia, io ritengo di sì. D’altra parte tutta la sua storia dice di sì. Ricorda onorevole Meloni Giorgia quando voleva il blocco navale, che sostanzialmente significava far affogare i migranti o ricacciarli nei lager nazisti dei libici? Ricorda quando diceva che l’immigrazione era uno, se non il principale, problema della nazione? Ricorda onorevole Meloni Giorgia quando sbraitava io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma, sono cristiana, lo faceva a Roma e l’ha fatto  all’adunata dei fascisti di Vox? Ricorda quando diceva prima gli italiani? Ricorda della sua legge sulle navi delle ong di poter fare un solo salvataggio a viaggio e se nel percorso per andare a sbarcare il carico residuale, parole di Piantedosi, avesse caricato altri migranti ecco arrivare multe e sequestro? E ricorda come le destinazioni delle navi delle ong sia sempre più lontana? Ricorda le destinazioni di Ancona e Livorno? Giusto per dirne due. Proprio dietro l’angolo rispetto al canale di Sicilia. Quindi onorevole Meloni Giorgia, sì ritengo in coscienza e guardandola dritta negli occhi che il governo abbia voluto far morire i migranti. Magari non proprio quelli, ma i migranti in genere. La sua ultima dichiarazione riecheggia nella forma e anche nella sostanza, un discorso sciagurato pronunciato il 3 gennaio 1925. Per essere fascisti non è necessario alzare il braccio nel saluto romano, calzare il fez, collezionare busti del duce. Magari essere intolleranti, discriminare i diversi per religione, sesso e colore della pelle è più che sufficiente. Programmare il Consiglio dei Ministri a Cutro suona solo beffardo. Magari in coscienza potrà rispondere a sé stessa.

Buona Settimana e Buona Fortuna.

mercoledì 1 marzo 2023

Piantedosi il Kennedy 2.0

 Nel 1961 John Fitzegarld Kennedy incitava i giovani americani a gettare il cuore oltre l’ostacolo e ad impegnarsi per il proprio paese. Oggi, più modestamente, il Piantedosi Matteo lo dice ai migranti. Chissà se capiranno.


Quando John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente degli Stati Uniti, il più giovane, entrò alla Casa Bianca il cuore del suo discorso fu:«Non chiedete al vostro Paese cosa deve fare per voi, chiedevi cosa voi potete fare per lui». Era l’inizio della nuova frontiera. Era il 1961. A sessantadue anni di distanza la stessa frase ha avuto nuovamente gli onori della cronaca. Questa volta non a proposito di una nuova frontiera, non a proposito di giovani idealisti con l’ambizioso sogno di far diventare il proprio paese più ricco, più giusto, più vicino alla felicità. Questa volta la famosa frase, mal compresa, mal digerita e mal riportata, è stata ripetuta dal Piantedosi Matteo, ministro degli Interni della Repubblica Italiana, per biasimare chi scappa dalla guerra, dalla fame, dalle persecuzioni etniche e religiose e dalla miseria ed è alla ricerca di briciole di felicità. Briciole per raggiungere le quali mette in conto di passare anni per avvicinarsici e magari finire in un lager sul modello di quelli nazisti e, se tutto va bene, imbarcarsi su una bagnarola con la 
buona probabilità andare a fare compagnia ai pesci. Questi fuggitivi, vengono Iraq e Iran e Afganistan e Siria e anche Turchia, sono dei vili. Pusillanimi e anche egoisti, capaci solo di arraffare qualsiasi cosa possano dalla scarna carne viva dei loro paesi. Invece di scappare, lui, il Piantedosi Matteo, ministro degli Interni dell’Italia, se fosse nato in Afganistan lì sarebbe rimasto, se fosse nato in Iraq lì sarebbe stato, se fosse nato in Iran lì sarebbe stato, se fosse nato in Siria lì sarebbe stato e se fosse nato in Turchia lì sarebbe stato. Lì sarebbe stato a fare cosa? A domandarsi cosa avrebbe potuto fare lui, il Piantedosi Matteo, per il proprio paese. E, senz’altro in un battibaleno avrebbe avuto la risposta: solida, forte, folgorante, adamantina e salvifica. Lui il Piantedosi Matteo si sarebbe messo a combattere la guerra, la fame, la miseria, le malattie, le persecuzioni e, già che c’era , anche i terremoti. E naturalmente in quattro e quattro otto ne sarebbe uscito vincitore. Come facciano quei miserabili dei profughi a non capirlo è domanda filosofica su cui si stanno scervellando i migliori crani d’Europa. Il Piantedosi Matteo tra questi. Una domanda: ma perché il Piantedosi Matteo non si trasferisce là, magari in tour, paese dopo paese, a lanciare la sua parola d’ordine e a guidare la vittoriosa rivolta proletaria? E poi una piccola considerazione: tra le tante cose che un cittadino può fare per il suo paese, qualsiasi esso sia, ce n’è una che non costa niente, è facilissima da mettere in pratica e comporta nessuna fatica: non dire bischerate.  Già questo sarebbe un bell’aiuto al paese. 

Buona Settimana e Buona Fortuna