Ciò che possiamo licenziare

venerdì 27 agosto 2021

Tutta colpa degli americani.

 

Anche l’Italia lascerà a Kabul la sua bella striscia di collaborati. Anche l’Italia sapeva dell’accordo firmato a Doha il 29 febbraio del 2020, ma si è ridotta all’ultimo per la sua parte di evacuazione. Il governo dei migliori come quello di Joe Biden. Tra qualche settimana ce ne saremo fatta una ragione.

La domanda è retorica il giusto, ma fidando sull’abilità nel tacere del Draghi Mario, la si può fare impunemente. E quindi: chi fa la peggior informazione in Italia? Risposta: tutti i network televisivi, a partire da quello statale, senza dimenticare le radio e, a seguire, le testate della carta stampata i cosidetti “giornaloni” a cui però la definizione di giornalini meglio si attaglia. Sono ormai settimane che si irride la disgraziata America ed il suo Presidente, Joe Biden, per la disastrosa ritirata dall’Afghanistan. Sul povero Joe vengono scaricate tutte le colpe del mondo, con ciò stesso mallevando tutti gli altri che gli stanno/stavano attorno. Si dice e si scrive della impreparazione americana a salvare tutti gli afghani che con gli apparati USA hanno collaborato mollandoli alla mercé dei talebani. E noi? Noi, italiani brava gente, sempre forti coi deboli e deboli coi forti come ce la stiamo cavando? Male. Ça va sans dire. Anche noi lasceremo una bella striscia di collaboratori, come si sul dire, all’umido. E il nostro governo dei migliori non è esente da critiche, come quello del povero Joe, ma non c’è nessuno che abbia voglia di fargliele. E non ne hanno avuto voglia neanche al noioso meeting di Rimini, passerella bolsa per cacciatori di voti: le amministrative sono alle porte.  Anche noi, come tutte le forze operanti in Afghanistan sapevamo che il 29 febbraio 2020, alla presenza dei leader di Pakistan, India, Indonesia, Uzbekistan e Tagikistan, in quel di Doha, americani e talebani avevano firmato l’accordo di pace. E che l’accordo prevedeva di ritirare tutte le truppe entro 14 mesi, cioè a dire entro aprile 2021. Il governo Biden ha poi rinegoziato spostando un po’ più in là la data del ritiro. Prima fissandola per l’11 settembre, bel colpo da piccioni, visto che la lettura chiara per ogni persona di buon senso suonava: hanno vinto i terroristi e lo confermiamo nel ventesimo anniversario delle Torri Gemelle. Poi, forse, qualcuno tra le teste d’uovo della comunicazione americana s’è accorto della scempiaggine e ha anticipato la data al 31 agosto. Ecco, questo lo sapevano anche i nostri vertici politici, militari e anche quelli delle Ong, diciamolo chiaramente una volte per tutte. Ebbene tutti questi cos’hanno fatto? A quanto pare nulla. Hanno atteso lo scadere del tempo per organizzare l’evacuazione quando se ne aveva a bizzeffe. E adesso tutti a santificare il console Tommaso Claudi che salirà per ultimo sull’ultimo aereo con destinazione Italia. Lasciando a terra molti a cui avevano promesso la salvezza e che avrebbero dovuto essere già qui.  Che poi adesso si organizzino uno dei tanti G dai numeri improbabili per discettare di Afghanistan, di donne, di scuole, di microcredito e di bambini suona solo drammaticamente ridicolo. Ma di tutto ciò fra qualche giorno ce ne faremo una ragione. E passeremo ad altro.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 20 agosto 2021

I talebani sono cattivi, gli occidentali buoni e fessi.

Afghanistan: l’ultimo errore degli occidentali, ma presto altri seguiranno. Nud Mohammad Taraki, presidente nel 1978, stava portando l’Afghanistan nella modernità, ma è stato ucciso. Si dice dalla CIA. In oltre un mese di tempo non si è saputo organizzare l’evacuazione. La democrazia non si esporta.


E così stiamo scoprendo che i Talebani sono cattivi e gli occidentali sono buoni. E anche un po’ fessi. Forse un po’ è riduttivo, diciamo molto: decisamente molto fessi. Si dirà che in entrambi i casi s’è scoperto l’ombrello. Che gli occidentali siano i buoni per antonomasia e che con il 7° Cavalleggeri, i paracadutisti della Raf, la Legione Straniera e la Nato tutta intera arrivino a salvare pulzelle indifese e poveri orfani è cosa risaputa da sempre, a parte le incommensurabili schifezze commesse negli ultimi due secoli e prima ancora, ai quattro angoli del mondo. Che poi gli occidentali siano anche un bel po’ stupidi non c’è ombra di dubbio data la pervicacia con cui insistono nel commettere gli stessi errori. L’Afghanistan è solo l’ultimo in ordine di tempo, ed è certo che a stretto giro ne seguiranno altri. Che l’Afghanistan sia un boccone indigesto per tutti i suoi occupanti si sa da tempo immemorabile: neppure Alessandro Magno riuscì a far mettere giudizio alle  popolazioni di quelle terre e se non c’è riuscito lui figurarsi quelli che sono venuti dopo. Che infatti non ce l’hanno fatta e si parla di Gengis Khan, Tamerlano e anche dell’impero britannico. Tanto per dire. Anche se le occupazioni duravano decenni non sono mai state occupazioni tranquille. Da sempre. Nel 1978 pareva che il Paese avesse intrapreso la via della modernità. Diventa Presidente Nur MohammadTaraki, ovviamente con un colpo di stato. Taraki distribuisce le terre ai contadini, vieta i matrimoni forzati, dà il voto alle donne, statalizza i servizi sociali, bandisce l’usura, regola i prezzi dei prodotti base, legalizza i sindacati, rende pubblica l’istruzione a tutti, anche alle bambine e sostituisce leggi tradizionali e religiose con altre laiche. Però come tutti i bei sogni dura poco: ci mettono lo zampino gli americani e la CIA, si dice, aiuta Taraki a passar a miglior vita. E la cosa non è così difficile da credere. Segue l’invasione da parte dell’URSS, che deve comunque mollare il colpo e ritirarsi sconfitta dai Mujaheddin. Il fronte che ha cacciato i russi, è stato finanziato dagli americani che però non si sono resi conto che in quel gruppo ci sta pure la fazione dei Talebani che di loro sono un bel po’ integralisti e come talvolta succede sono proprio loro a prendere il potere con le armi che gli yankee hanno graziosamente fornito. E si arriva al 2001 quando tutto l’occidente, ci risiamo, decide di invadere il Paese. Dopo vent’anni e qualche migliaia di morti i “buoni” stabiliscono che il lavoro per il quale erano arrivati fin lì è finito e si possono ritirare. Come ovvio se i “buoni” se ne vanno arrivano i “cattivi”. Il che è naturale. Ovviamente a quelli che hanno dato una mano agli invasori viene paura e vogliono scappare. Peccato che con oltre un mese di tempo non si sia preparato alcun piano quindi il caos. E poi l’esercito afghano che si squaglia e il capo del governo fantoccio invece pure e allora non rimane che dire che la democrazia non si esporta, bella scoperta. Mentre la corruzione invece sì. Altra bella scoperta. E di corruzione se n’è esportata parecchia.  Allora non resta che dire che i Talebani sono cattivi pure si danno da fare per mostrare un volto umano, Adesso un po’ di afghani, dicono le televisioni occidentali, pare non abbiano voglia di essere governati dai Talebani, e si fanno manifestazioni con la bandiera nazionale. Fosse vero sarebbe una buona notizia. Ma, come si sa, non sempre quel che trasmette la tv è verità. Il fatto è che dai tiranni ci si libera da soli e con una salda coscienza collettiva. I liberatori che vengono da fuori  non sono un buon sostituto della coscienza collettiva. Nella storia recente il fatto è successo solo tre volte : in Germania, Giappone e Italia. Con la fine della seconda guerra mondiale. Ma nei tre casi la voglia di cambiamento partiva dal basso. Chissà se anche in Afghanistan.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 13 agosto 2021

Non siamo razzisti. Siamo italiani

Il CONI vuole lo jus soli per vincere di più non per etica o senso civico. E gli altri: chi se ne frega. C’è un bel manipolo di atleti “nazionali” nati all’estero, sono: figli di italiani emigrati, maritati, adottati, oriundi, per via del nonno. Il leghista Nicola Molteni parla della cittadinanza come status e non come diritto, e non vuole automatismi. E lui perché è italiano?

La principale caratteristica dell’italico popolo, tanto raccontata da Alberto Sordi e dai mille film della commedia all’italiana, è la furbizia. Furbizia con corollario di creatività, speranze di genialità ma, soprattutto, certezza di cialtroneria. Chiedo venia ai pochi italici non praticanti. Naturalmente ogni occasione è buona per provarci e anche le Olimpiadi 2020, targate ’21, non hanno mancato di portare il loro obolo alla tradizione. Questa volta, nell’arduo compito, si è cimentato il Malagò Giovanni, Presidente del CONI, che dall’alto delle quaranta medaglie conquistate, ha chiesto l’introduzione dello jus soli, ma solo sportivo. Che tradotto significa diamo l’italica cittadinanza agli atleti che non hanno avuto il bene d’essere italiani per nascita, come la gran parte dei nazionali, o genitorialità, come Sandro Condorelli, o matrimonio, come Kiri Tontodonati,  o adozione, come Wladimir Aceti, o con il nonno italiano come Zane Weir. Quest’ultimo fa tanto oriundi anni ’60, allora era prerogativa del solo calcio, ricordate i tre angeli dalla faccia sporca: Sivori-Angelillo-Maschio e per essere classificati tali bastava anche avere la donna di servizio italiana. Giusto per citare alcuni casi noti. Il Malagò Giovanni prendendo l’iniziativa ha dichiarato: «Se tu aspetti i 18 anni per fare la pratica per ottenere la cittadinanza rischi di perdere la persona, va anticipato l’iter burocratico che è infernale». Bello che il Malagò Giovanni se ne accorga adesso che gli stranieri-italiani o gli italiani-stranieri vincono. E poi ha aggiunto: «Altrimenti il rischio è che o l’atleta smette, o si tessera con il Paese d’origine o arrivano altri Paesi che studiano la pratica e lo tesserano loro». Come si vede una chiara impostazione di pura civiltà, per nulla utilitaristica. Avrebbe fatto prima a dire: « Diamogli la cittadinanza, si sa mai che nella massa ci sia qualcuno che vince qualcosa». Perché  non aver portato a Tokyo la lanciatrice del peso Danielle Madam un pochino brucia. Magari ne usciva un’altra medaglia. Danielle Madam ha avuto la cittadinanza italiana solo nel giugno 2021 perché la stupida legge prevede la si possa chiedere vantando 10 anni di residenza e lei che ne ha passati undici in una casa famiglia che però è classificata solo come domicilio. Altro che semplificazioni. Danielle Madam per ottenere la cittadinanza ha dovuto attendere l’interessamento del sindaco leghista di Pavia. Come dire un po’ di nepotismo invece del sacrosanto diritto. Per il Molteni Nicola, bonzo della Lega, per intenderci uno che plaudiva a secessione,  il tricolore lo metta nel cesso, la puzza dei napoletani, Roma ladrona, ladroni, pardon, padroni a casa nostra, cui di tanto in tanto fa difetto la logica ed il buon senso dice: «La cittadinanza è uno status non un diritto, deve essere una scelta e non un automatismo». Giusto: togliamolo allora, lo status di cittadinanza, a quegli analfabeti che siedono in Parlamento a quelli che vanno in giro con le corna di bue non accontentandosi di quelle metaforiche ottenute in regalo, che non hanno scelto di essere italiani, ma che ci toccano, maledizione divina e di cui faremmo volentieri a meno. E poi, lui, il Molteni Nicola, perché è italiano? Per finire: gli stranieri in Italia sono circa il 10% della popolazione e le medaglie vinte da stranieri e non nati in Italia sono il 12%, guarda il caso come si diverte, ma con un’aggiunta: le medaglie d’oro vinte da questi sono il 20%. A questo punto la domanda è: e degli stranieri non atleti nati in Italia? Ma chi se ne frega.

Buona settimana e buona fortuna.