Ciò che possiamo licenziare

venerdì 29 aprile 2022

Che noia la guerra in TV

 A forza di malamente parlarne un fatto tragico sta diventando noioso. Quando si cerca di portare la questione su un piano storico, Luciano Canfora, c’è subito un altro, Sinibaldi Marino, che la butta in caciara. Avere incapaci ai vertici dell’Europa per gli europei è una iattura, per gli americani una manna.


A mo’ di premessa, prima che qualche idiota si scateni in accuse di putinismo, ribadisco quanto già detto e scritto in diverse occasioni: la Russia è l’aggressore e considero l’invasione della Ucraina un atto quanto mai spregevole. E questo è un fatto. Un altro fatto è dato dalle migliaia di morti civili. Un altro fatto ancora è che questa guerra, poiché  di guerra si tratta, può avere dei risvolti devastanti se non si trova in tempi rapidi una soluzione. E fin qui  siamo nel semplice buon senso. Dopo di che ci sono tutti i talk show, ce n’è praticamente uno al giorno, anzi uno a tutte le ore e qui iniziano i problemi. A forza di malamente parlarne da oltre sessanta giorni un fatto gravissimo sta diventando noioso. Noioso e banale. Si pensi alla maratona del Mentana Enrico con il Fabbri Dario a far da spalla: tutti i giorni, da due mesi a questa parte deve occupare ben tre ore di palinsesto o alla Gruber Lilli, anche lei a gestire il salottiero salotto di otto e mezzo dove ogni sera deve invitare ospiti diversi per sentirsi dire sempre le solite cose, dove al buon senso di Lucio Caracciolo (guerra per procura) fan da contraltare le tifoserie alla Severgnini Beppe o consimili (viva la Nato a prescindere). Quando poi qualche storico, Luciano Canfora, tenta di portare la conversazione su un piano storico inserendo la questione degli antefatti che, come insegnano Ernest Bloch e Fernand Braudel, spiegano la vicenda politica del momento ecco sgusciar fuori un Sinibaldi Marino che, come uno della curva, la butta in caciara dicendo: «Gli antefatti sono talmente tanti che ci paralizzano, non si può invocare la complessità per evitare di vedere la realtà. Io guarderei quello che sta accadendo». Come guardare le ultime due inquadrature di un film e dire di avere capito tutto. Una idiozia col botto. A volerci girare attorno. Chi assiste a una lite ha due possibilità: dividere i contendenti, bloccando a entrambi le mani, o incitarli e godersi lo spettacolo. La seconda situazione è quella a cui stiamo assistendo. Le continue minacce alla Russia non aiutano e pensare che tutto dipenda da una sola persona è una semplice ipocrita stupidità. L’uomo solo al comando non esiste e non è storicamente mai esistito, Alessandro Barbero docet. Intorno al cosiddetto leader c’è sempre un ricco corollario a suo  supporto, finché lo supportano. Anche Cesare aveva bisogno del supporto dei comandanti delle legioni come Napoleone dei generali e degli altri del suo governo, ad esempio Taillerand. Quindi dare la colpa a uno solo è stupido. Ovviamente. Mai qualcuno nel dotto cenacolo dell’Europa ha pensato ad una soluzione avente per lo meno la possibilità di fermare la mattanza. La minaccia di cercare fonti alternative al gas russo e di non volerlo più comprare, sbandierata ai quattro venti, è stata un’ottima idea, passata al Putin Vladimir. E quando il Putin Vladimir ha comunicato di volerla mettere in pratica chiudendo il rubinetto a Polonia e Bulgaria alti lai si sono innalzati al cielo.  E adesso si vedrà. Certo che avere una banda di incapaci e incompetenti al vertice dell’Europa per gli europei é imbarazzante, per gli americani una manna.

Buona settimana e buona fortuna.  


venerdì 15 aprile 2022

Settimana di passione.

Nel mondo le guerre impazzano, da noi solo bisogni prosaici come avere forniture di gas e le si va a cercare in Paesi di specchiata democrazia come l’Algeria e l’Egitto. La revisione del catasto è fatta per sfizio. Il caffé costa fino a 1,50€. Solo a un esperto in recita a soggetto sarebbe venuto in mente di multare chi non accetta bancomat e carta di credito. Incrociare i dati invece no.


Nel mondo settimana di passione: per gli ucraini che hanno i russi in casa, per i russi che si vedono affondare un’ammiraglia, per le guerre dimenticate in Africa e nel medio oriente, per Biden che deve fare il guerriero ad oltranza per difendersi dal redivivo Donald Trump che: “se ci fossi stato io…” e lo è stata  anche per il nostro camminatore sulle acque. Dopo essersi travestito da guerrigliero e da inflessibile nemico dei condizionatori d’aria (degli altri, tanto lui li avrà in funzione a prescindere), in questa settimana  ha indossato vari panni. Prima si è messo a fare il questuante poi il mediatore e infine anche l’anima bella. Nella sua versione da guerrigliero s’è messo addirittura a minacciare il Putin Vladimir di non comprargli più il gas per ridurlo sul lastrico. Gli sono arrivate due risposte: una sottovoce da parte di industriali-commercianti-agricoltori timidamente suggerenti di non esagerare poiché “a noi il gas ci serve”. Una invece tonante, seppur con un lungo giro di parole da parte del Putin stesso, in soldoni questi ha detto: “caro Occidente il mio gas non ve lo vendo più. Lo mando in Asia, in Africa, magari anche in Sud America. Anzi, comincio subito a costruire dei gasdotti e voi continuate a comprarlo dagli americani che ve lo fanno pagare di più. Mancava solo dicesse: “mi aspettavo foste dei capitalisti intelligenti” e avrebbe chiuso il cerchio. Comunque, per non finire come l’Aretino Pietro, il nostro mandato dalla provvidenza s’è messo a fare il questuante, deve aver visto uno dei migliori film di Pasolini, e così trotterella tra Algeria ed Egitto, due bei campioni di democrazia. Lui alla democrazia ci tiene e in Egitto senz’altro ce n’è: infatti dopo aver ammazzato Giulio Regeni e sequestrato Patrick Zachi si fa burla della nostra giustizia non fornendo gli indirizzi dei torturatori. Chissà se così si diventa capitalisti intelligenti.  Dopo di che il Draghi Mario è stato un po’ strattonato da Salvini&co sulla questione catasto. Si è scusato dicendo che sì vuol fare la riforma del catasto, non per mettere tasse sulla casa, ma così, solo per sfizio. Magari per vedere quanto valgono le case degli amici che abitano in centro. Sempre gli stessi l’hanno anche pizzicato sulla delega fiscale, Qui la giustificazione è stata un po’ meglio: "voglio solo beccare gli evasori". Progetto ambizioso da non ridicolizzare, non ci aveva mai pensato nessuno. A coprirsi di ridicolo ci pensa da solo: chi non accetterà bancomat o carta di credito verrà multato con 30€ e il 4% del valore della transazione. Ve l’immaginate una signora/signore chiamare il 113, Finanza-Polizia di Stato-Carabinieri-Polizia Locale  (arriveranno a babbo morto ovviamente), per denunciare il pizzaiolo-idraulico-salumiere-taxista-e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta perché non vuole accettare la carta? Nel frattempo farà tardi in ufficio, i bambini rimarranno fuori dalla scuola con il rischio di essere affidati ai servizi sociali, perderà l’aereo, sarà in ritardo per la cena e rischierà il divorzio. In tutto questo bailamme il caffè al bar, bevuto in piedi al bancone, costa anche 1,50€, mentre il conto per pranzare al ristorante è salito del 5%, e farlo a casa del 10%. Si tratta di aumenti non giustificati, dicono dal Ministero dell’Economia. Che se ne siano accorti non è male. Ma ovviamente non hanno un rimedio. Confcommercio si lamenta delle potenziali multe e chiede, come ti sbagli, incentivi. In verità basterebbe aumentare i controlli, per esempio incrociare il fatturato dichiarato da pizzaiolo-idraulico-salumiere-taxista-e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta con la cilindrata dell’auto, la dimensione della casa, le altre proprietà immobiliari, le spese della carta di credito e gli investimenti mobiliari, tanto per dire. Ma queste sono idee che a un rinomato banchiere e alla sua congrega di tecnocrati mai verrebbero in mente. Ma anche questa settimana passerà e ce ne toccheranno altre. E non saranno belle.

Buona settimana e buona fortuna

venerdì 8 aprile 2022

Dopo 42 giorni: la pace o il condizionatore.

Lucio Caracciolo, con classe e tatto, sbertuccia il camminatore sulle acque. Il sillogismo pace verso sanzioni non s’è mai visto funzionare. Magari cambiare il consulente di comunicazione. Magari ascoltare il Paese e magari non coprirsi di ridicolo. Chi può credere che a ferragosto il condizionatore di palazzo Chigi sarà spento?

Dopo la vivida metafora del nonno al servizio delle istituzioni, detto per inciso il nonno che aspirava alla presidenza della Repubblica è stato così ampiamente trombato che neppure il Presidente Sergio Mattarella ha potuto dar corso a vere? immaginate? mai fatte? promesse, il Draghi Mario ne ha tirata fuori un’altra. Questa è, se possibile ancora più iperbolica e nel caso dannosa, infatti il Draghi Mario, in conferenza stampa, se ne è uscito dicendo che dobbiamo scegliere tra la pace e il condizionatore acceso. L’amletico dilemma in neanche un paio d’ore è stato sbertucciato da Lucio Caracciolo che difficilmente, ma tutto è possibile, si può accusare di filo putinismo. Il Caracciolo Lucio, durante la trasmissione otto e mezzo del 6 aprile, ha testualmente detto: «Mi parrebbe un’alternativa piuttosto discutibile. Innanzi tutto spero che non venga sottoposto a referendum popolare un quesito di questo genere perché temo che inclinerebbe più verso il condizionatore e non solo in Italia. In secondo luogo non credo ci sia un’alternativa pace versus gas, o vogliamo dire più precisamente pace versus sanzioni. Nel senso che io non ricordo, con tutto lo sforzo, un conflitto di un qualche rilievo che sia stato interrotto causa sanzioni. Immaginiamo che questo possa funzionare, io sottoscrivo a quattro mani: niente condizionamento e rinunciamo al riscaldamento per un certo periodo, ma cosa ci spiega questo legame, perché debbiamo credere che le sanzioni facciano cambiare idea ai russi? Francamente non riesco a capirlo.» E se non lo capisce il direttore di Limes, come possono capirlo quelli che nell’acqua ci nuotano e non ci camminano sopra? Una cosa tuttavia appare chiara: c’è un evidente scollamento tra chi governa e chi è governato se in un ipotetico referendum si da per scontato che vinca il condizionatore. Quindi ben lontani dalle scelte che, a breve, il governo vorrà imporre alla nazione. E se lo farà per davvero? Quali reazioni potrà avere il Paese? E a queste, non voglia il cielo, come si risponderà? Va bene contare come il due di picche, al di là delle smisurate ambizioni, ma avere un minimo di dignità nei confronti degli alleati aiuta l’autostima e il rispetto dei non amici. Però almeno tre possibilità il Draghi Mario ce l’ha: innanzitutto cambiare il consulente di comunicazione. Magari scegliendo qualcuno con i piedi ben piantati per terra e senza l’ambizione di voler essere il più creativo del bigoncio. La seconda è porgere l’orecchio a quel che il Paese, magari, sottovoce sta dicendo da  42 giorni. La terza opzione: non coprirsi di ridicolo. L’ipotesi che in piena estate i condizionatori di palazzo Chigi, del Senato, della Camera, del Quirinale e di tutti gli altri palazzi con la P maiuscola saranno spenti non se la beve proprio nessuno. Ve lo immaginate il Draghi Mario in maniche di camicia, sudato e pezzato seduto alla scrivania? L’italica logica del armiamoci e partite è sempre lì.

Buona settimana e buona fortuna.

lunedì 4 aprile 2022

Papa Francesco: un diversamente putiniano.

Papa Francesco: pazzi quelli che vogliono spendere il 2% del Pil in armamenti (occidente). La guerra è stata a lungo preparata (Russia). Alcuni giornalisti, inviati di guerra, non sono contenti della narrazione mainstream. Il sindaco di Kiev vuole il Papa in città. La Chiesa non si fa strumentalizzare di solito succede il contrario.


Parafrasando quel che diceva Winston Churchill: gli italiani partecipano alle guerre degli altri come fossero le partite dei mondiali a cui non partecipano. E quindi tifoserie a cui non si appartiene, ma alle quali si aderisce con entusiasmo ancora maggiore. Tanto che ci frega se si perde, mica sono i nostri. Ovviamente la guerra Ucraina Russia, dove la Russia è l’aggressore e l’Ucraina l’aggredito, bisogna ripeterlo altrimenti c’è sempre qualche cretino, si può dire cretino?, che ti accusa di essere fascista. Il tutto almeno da 37 giorni a questa parte, il prima ovviamente non conta e neanche si considera. Ora tra i putiniani, almeno per qualche ora e detto a mezza bocca, c’è finito anche Papa Francesco. E questo nel momento in cui ha detto che bisogna essere pazzi per ipotizzare di spendere il 2% del Pil in armamenti. Ha detto proprio pazzi, ma forse intendeva dire qualcosa di più ficcante e preciso. Tuttavia anche ai Papi non sempre è concesso di dire chiaro chiaro quello che pensano. Siccome Francesco di lavoro fa il Papa nessuno ha osato dargli del putiniano fascista. Qualcuno ha azzardato «il Papa fa il Papa» con in sottoimpressione:  ha detto la sua e adesso ci lasci lavorare. Come direbbe Carlo Maria Cipolla: ogni categoria ha il suo stupido. E magari qualcuno di più. Dopo di che in quel di Malta, sempre Francesco, ha detto: « questa guerra (come tutte del resto ndr), era preparata da tempo». Non ha specificato da chi e i sinceri democratici locali hanno subito capito che il complemento d’agente era/è Vladimir Putin. A nessuno è passato neanche nell’anticamera del cervello, ad avercelo, che il soggetto potesse essere anche e sottolineo anche, l’occidente. L’occidente buono che ha scatenato guerre come piovesse e fabbricato prove false come neanche la Stasi. Questo detto senza partigianeria, la Stasi non mi è mai piaciuta, ma solo per mettere qualche sassolino anche sull’altro piatto della bilancia. Poi accade che alcuni giornalisti, tutti inviati di guerra, nell’ordine Massimo Alberizzi, Remigio Benni, Toni Capuozzo, Renzo Cianfanelli, Cristiano Laruffa, Alberto Negri, Giovanni Porzio, Amedeo Ricucci, Claudia Svampa, Vanna Vannuccini e Angela Virdò, tutti putiniani fascisti?, scrivono per Corriere, Rai, Ansa, Tg5, Repubblica, Panorama, Sole 24 Ore, lancino un appello che inizia così: “Osservando le televisioni e leggendo i giornali che parlano della guerra in Ucraina ci siamo resi conto che qualcosa non funziona, che qualcosa si sta muovendo piuttosto male”. E aggiungono: “Non ci piace come oggi viene rappresentato il conflitto in Ucraina, il primo di vasta portata dell’era web avanzata. Siamo inondati di notizie, ma nella rappresentazione mediatica i belligeranti vengono divisi acriticamente in buoni e cattivi. Anzi buonissimi e cattivissimi”. Un piccolo campanello per chi vorrà ascoltarlo. Ma forse Papa Francesco è d’accordo. Oggi tutti siamo pieni d’orrore per i fatti di Bucha. Chi il colpevole? Per gli Ucraini i Russi i quali sostengono di essersene andati dal villaggio tre giorni fa e quindi per loro è viceversa. E dunque? Per i manichei che stanno dalla parte dei buonissimi non ci sono dubbi. A nessuno però è venuto in mente di chiedere di visionare i messaggi e le immagini dei satelliti spia, quelli che riescono a leggere addirittura le targhe delle auto, per cercare di capire/vedere cosa è effettivamente successo. Come finale: Vitalij Klyčko, sindaco di Kiev, ha invitato il Papa a fare un salto in città con l’evidente intento di strumentalizzarlo. Occorre ricordare a Vitalij che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana ha alle spalle duemila e briscola anni di storia e nessuno è mai riuscito ad infinocchiarla. Caso mai può succedere il contrario. E neanche questa ipotesi mi lascia tranquillo. Sono un ghibellino.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 1 aprile 2022

La professoressa Braidotti o della confusione

 Di solito i ragionamenti della professoressa sono di buon senso, non questa volta. Mischiare gli aiuti in armi alla Ucraina con i 24 miliardi di incremento del bilancio della Difesa è un grave errore. Sono due fatti separati. La guerra non è un’attività che si faccia in guanti bianchi.


A premessa devo dire che la professoressa Braidotti a me piace  e in genere apprezzo i suoi interventi a otto e mezzo. Mi piace perché è un’attivista LGBT, perché oltre a essere professoressa di filosofia in Utrecht si definisce filosofa, e ci vuole del coraggio a farlo, perché parla chiaramente e i suoi sono ragionamenti di buon senso.  In genere. Nella puntata di otto e mezzo di mercoledì 30 marzo la mia convinzione sul suo buon senso ha vacillato. Per la prima volta la professoressa Braidotti ha cucinato un gran minestrone. Con un certo cinismo, direi. Il casus belli, come al solito, riguarda le armi. La professoressa ha confuso il fornire armi agli ucraini con la decisione del Draghi Mario di aumentare il bilancio del ministero della Difesa, in due anni, di 28 miliardi, mica bruscoli. Si tratta di due fatti ben distinti tra loro. Un conto sono le armi agli ucraini e un conto spendere miliardi per la difesa quando l’inflazione galoppa, le famiglie sono in difficoltà e le disuguaglianze aumentano.  Se il mischiare i due fatti è concesso a Letta, Marcucci, Taiani, Renzi o Rosato e altri che bazzicano la politica, mediamente non sanno di cosa parlano, a una filosofa sì grave errore non è concesso. Soprattutto non è concesso a una filosofa fare della demagogia spicciola inventandosi un irrealistico «statuto morale», così ha detto, degli italiani che consentirebbe di fornire solo cibo e medicine ma non armi, in virtù della «purezza dei valori». Questo sarebbe il paravento italico per non aiutare gli ucraini contro l’invasore russo e allora la filosofa chiede «empatia verso la sofferenza», chissà che vuol dire. Empatia che ricollega ai valori della Resistenza e lei di Resistenza se ne intende avendo avuto, afferma, un nonno partigiano. Ironizza la filosofa dicendo cinicamente quello che per lei è il pensiero degli italiani: «I miliardi ci sarebbero, ma ci servono per altre cose. Quindi, cari ucraini, arrangiatevi». È ovvio si tratti di un pensiero surreale che nulla a che fare con la realtà. E se la filosofia non aiuta la realtà non è filosofia vero professoressa Braidotti? La realtà dice che gli armamenti sono nulla se non si poggiano su una cultura strategica e l’Italia una cultura strategica della difesa non ce l’ha. E non ce l’ha neppure la Ue. Tanto è vero che solo 10 dei 30 Paesi hanno aderito alla richiesta di destinare il 2%  del Pil agli armamenti. Ed è bene ricordare che non c’è un trattato internazionale che sancisca quest’obbligo, si tratta di una semplice intesa. Al dunque poco condivisa. E a poco giova ricordare demagogicamente feriti, morti, bambini e stupri o mostrare soldati ucraini sparare nelle ginocchia dei russi prigionieri. Tutti gli eserciti fanno le stesse cose, cioè commettono le stesse atrocità. La guerra non è una attività che si faccia con i guanti bianchi. Neanche questa. La pace è la soluzione, ma per farla bisogna costruire il contesto ed essere in due e soprattutto ci vuole uno che cominci. Chi comincia?

Buona settimana e buona fortuna.