Sugli stipendi dei dipendenti del Pd a fare un paio di conti si scopre che i conti non tornano. Ciò che manca non sono i denari ma la politica: quella che smuove le coscienze, riempie le sezioni e fa partecipare ai comizi. Giuseppe Mazzini, Aurelio Saffi, Andrea Costa, Filippo Turati hanno fatto politica senza i soldi dello Stato. Le casse di mutuo soccorso, le cooperative e le case del popolo sono sorte senza i denari dei contribuenti.
E così ieri (30 maggio), grazie al
dottor Antonio Misiani, laureato in economia e commercio alla Bocconi
come Mario Monti del resto, si è scoperto che il Pd, ma anche tutti
gli altri partiti, sono alla canna del gas.
Antonio Misiani, sorridente tesoriere Pd, due legislature da deputato, vitalizio garantito, non ha problemi |
No, non per questioni di
politica: ancora non si sono resi conto di quanto poco siano
rispettati dagli elettori e a quanto pare non c'è proprio modo che
lo capiscano, ma per banali e volgari e sordide questioni di
quattrini. Che, di deafult, non sanno amministrare.
Di qui la domanda: ma se
non sono capaci di amministrare i loro denari, che sono tanti in
assoluto, ma tutto sommato pochini in relazione al bilancio dello
Stato, come possono essere capaci di amministrare la cosa pubblica?
Già, non sono capaci e i risultati si vedono.
Rimanendo sulla questione
soldi, quelli che servono per pagare i dipendenti del Pd, si scoprono
cosette interessanti. Così come le si scoprì quando la tenera
Marina Sereni, vice presidente del Pd, raccontò in dettaglio del suo
stipendio (1).
Il dottor
Misiani, laureato in economia e commercio alla Bocconi come Mario
Monti del resto, racconta che 13 milioni sono il fabbisogno per
pagare 180 dipendenti.(2)
E che quindi se verrà tolto il finanziamento ai partiti, per inciso
quest'anno per il Pd si tratterà di 42 milioni di euro, si dovrà
mettere mano alla cassa integrazione. Subito corre in suo aiuto il
prode Ugo Sposetti (3),
segretario amministrativo dei Ds: «si
tratterà di mettere sul lastrico chi si occupa delle pulizie o di
modesti lavori di segreteria o fattorini»
dice. Roba da straziare il cuore anche al più duro dei capitalisti
e degli speculatori. Siano essi immobiliari o finanziari.
Bene, si
faccia qualche conto, tanto così, per non perderci la mano e per il
gusto del non-sense.
Se il costo company, come si direbbe in qualsiasi azienda di servizi,
è di 13 milioni di euro per 180 dipendenti se ne ne evince che il
costo medio per ogni dipendente, quindi rievocando il famoso pollo di
Trilussa è di: 72.000 euro. Importo che trasformato in stipendio
netto diventa di circa 36.000 euro netti anno. E per amor di
maniacale precisione si aggiunga che si tratta di 2.800 euro netti
mese per tredici mensilità. Tombola.
Ché se questo è lo stipendio
che il Pd paga a chi fa piccoli lavori amministrativi e le pulizie e
il fattorinaggio è ovvio che la ditta, come la chiamava Bersani, non
sta in piedi. Ma su questo non si avevano dubbi. È allora forse
viene il sospetto che molti, moltissimi di quei 180 dipendenti
abbiano stipendi che si aggireranno tra i 1.200/1.500 € mese e forse anche meno, che
alcuni, magari pochi o addirittura pochissimi se la passino veramente
grassa. I deputati del Pd chiamati a raccolta dal dottor Misiani,
laureato in economia e commercio alla Bocconi come Mario Monti del
resto, forse farebbero bene a farsi dire come sono inquadrati quei
centoottanta: quanti dirigenti, quanti quadri quanti di primo,
secondo, terzo e pure quarto livello ecc, e così pure la Cgil
dovrebbe dare un'occhiatina a quei conti. Che se non lo fa il
sindacato della Camusso forse converrebbe chiamare quelli dell'Ugl.
E poi volendo
essere ancor più precisi c'è da domandarsi che fine fanno i 29
milioni di euro che mancano per arrivare ai famosi 42 milioni di euro
di cui sopra. Ah, saperlo..
In un'azienda
di servizi e un partito è assolutamente equiparabile (con buona pace
dei farisei e degli scribi che da quelle parti circolano ad
abundantiam) ad un'azienda di servizi, il
bilancio di solito si ripartisce in 55% spese per il personale 30%
spese di gestione (affitti, luce, gas, telefono, viaggi ecc) , 15%
profit. Dato che il partito non deve fare profitti ecco che il Pd si
trova ad avere un polmoncino di riserva di tutto rispetto.
Certo che la
politica costa come ogni tre per due racconta Piero Fassino e lui di
costi della politica se ne intende visto che per anni con la moglie,
signora Anna Maria Serafini, anch'essa deputata, ha avuto entrate
familiari decisamente cospicue. Ma Andrea Costa e poi Filippo Turati
crearono il partito socialista senza sovvenzioni dello Stato così
come senza sovvenzioni dello Stato è nato il partito repubblicano in
un'epoca in cui i deputati della sinistra venivano bastonati
dalla forza pubblica e poi sbattuti in galera solo per aver organizzato
manifestazioni di popolo. Che erano dette sediziose, E senza
sovvenzioni dallo Stato è nata la Società Umanitaria a Milano nel
1893. Magari ripassare di tanto in tanto i libri di storia del
movimento operaio ai dirigenti del Pd non farebbe male. Ma d'altra
parte Piero Fassino è quello che che disse: «
Grillo fondi un partito, prenda i voti e poi ne parliamo.» E Grillo
ha seguito il consiglio e l'ha fatto. Anche lui senza finanziamenti
statali.
La
qual cosa, ovviamente, non cancella e neppure giustifica le
incommensurabili belinate
che il genovese sta mettendo in scena giorno dopo giorno.
Si
racconta che Riccardo Lombardi chiese a Pietro Nenni il permesso di
ridurre la quota di stipendio da parlamentare che girava al partito
per potersi curare e affrontare una delicata operazione chirurgica. Quando mai è accaduto un fatto simile ai parlamentari di Pds e poi Ds
e quindi Pd che da qualche decennio scaldano senza costrutto gli
scranni di Camera e Senato. Anzi i deputati residenti a Roma ed
eletti in quel collegio percepivano (e magari accade ancora oggi) la
diaria per trasferta. Che il tragitto da casa a Montecitorio o palazzo Madama dev'essere lungo e faticoso. E si devono fermare a mezza strada per rifocillarsi.
Quando
la politica è cosa seria i fondi li trova facilmente. E smuove le
coscienze e la gente frequenta le sezioni e partecipa ai comizi. E
la politica non diventa cosa da miliardari. È quando la politica
viene gestita da apparatiniki che iniziano con le pezze ai pantaloni
e poi si fanno eleganti a poco a poco e quando finalmente se ne
escono dal parlamento si portano appresso un premio di consolazione
di centinaia di migliaia di euro che i conti non tornano. Come
dovrebbe ben sapere il dottor Antonio Misiani, laureato alla Bocconi
come Mario Monti del resto.
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