Apple
evade tasse per 880 milioni di euro e ne paga 318 in Italia si esulta ma anche a
Cupertino. Se non ti chiami Apple e non fai parte dello star
system invece sono dolori. Un conto è evadere milioni un altro poche migliaia o
addirittura centesimi di euro. A evadere un centesimo si paga oltre seicento
volte di più. Sui grandi evasori la differenza tra Letta e Renzi non è poi così
tanta.
In realtà il titolo può
essere letto anche in maniera speculare, quasi fosse un palindromo: come farsi
fregare e vivere felici. In questo caso il fregato è lo Stato italiano. Che
evidentemente ci gode a stare in questa situazione di allegro buggerato dato
che l’ha già sperimentata non poche volte: con i produttori di slot machine e
con diversi versi personaggi dello star system.
La trama di questa farsa è sempre la stessa e le parti in commedia invece pure. Si parte con un bel accertamento fiscale dove si scopre che l’attenzionato, pare sia questo il gergo burocratico con cui si definisce l’azienda o il privato cittadino sospettato evasore, non sia in regola con il pagamento delle tasse. Per solito si tratta di evasioni importanti, di molte centinaia di milioni, quando si tratta di poche migliaia di euro la trama e i ruoli cambiano radicalmente. Si passa dalla farsa alla tragedia. Dalla fessaggine al sadismo e talvolta alla stupidità. Nel caso di Apple si recita la farsa che segue il normale copione. L’agenzia delle Entrate, accertata l’evasione, fa partire il contenzioso che in genere dura anni e viene condotto in punta di diritto da importanti e agguerriti legali. Da questo stadio in avanti la strada per l’evasore si fa in discesa e sono rose e fiori mentre per l’italico Stato allegre fregature spacciate per esaltanti successi. Questo accadeva ancor prima che emergesse il vezzo del renziano storytelling. Ci cascò anche quel fantasioso asceta di Enrico Letta che tentò di far apparire un successo lo smacco subito con dieci concessionarie di slot machine.
L’Agenzia delle Entrate, nello specifico di Apple, scopre che l’evasione, nei soli anni che vanno dal 2008 al 2013, è di 880 milioni che, con la media del pollo, suona circa 176 milioni all’anno. Di discussione in discussione si arriva alla fine del 2015 quando, gioia gaudioque, finalmente i legulei di Apple gettano la spugna e si arrendono: l’azienda pagherà. Già, ma quanto? La bellezza di 318 milioni si affrettano a dire con entusiasmo quelli dell’Agenzia delle Entrate e altrettanto fanno i giornaloni e le gazzette di tutto il Belpaese. Bhé 318 milioni di euro non sono bruscolini e magari ci si sovvenziona una parte dell’abolizione della tassa sulla prima casa, deve aver pensato qualche testa d’uovo del governo. Pensiero non nuovo perché fu fatto anche dal governo Letta nell’agosto del 2013 quando si proponeva di abolire l’Imu. Alla fine tra Letta e Renzi la differenza non è poi così tanta.
Comunque, tornando alla arida logica dei numeri risulta che Apple ha pagato solo, e si sottolinea solo, il 36% dell’evaso. Senza mora e sanzioni. Dite un po’ se questo non è un business. A Cupertino al momento dell’accordo si saranno fregati le mani contando di aver risparmiato 562 milioni di euro. Butta via. Con in più un dettaglio, magari trascurabile, ma chissà?, che dai 318 milioni Incassati dallo Stato italico dovranno essere detratte tutte le spese sostenute. Questo sì che è un business. Ora leggendo di Apple non saranno stati pochi i contribuenti che avranno pensato che se lo Stato è così tarlucco da accontentarsi del 36% dell’importo evaso allora converrà evadere anche a loro. Errore. Grave errore. Perché se l’evasione è piccola o addirittura ininfluente il Moloch dell’Agenzia delle Entrate si scatena e dà il meglio di sé.
Ne sa qualcosa il signor Graziano Damiani di Tavullia, lo stesso paese di Valentino Rossi, guarda il caso, che per aver mal compilato un bollettino postale è stato accusato di aver evaso centesimi uno. Diconsi centesimi uno. Su di lui si è abbattuta implacabile la scure della giustizia fiscale: dopo tre anni dal fattaccio è arrivata una raccomandata di 17 pagine che ha illustrato nei dettagli il grave illecito e la richiesta del rimborso del centesimo evaso più altri nove di interessi maturati e in aggiunta la sanzione di 18,99€. In altre parole mille-e-novento-volte la posta. Fate il conto di quel che avrebbe voluto dire per Apple moltiplicare 880 milioni per mille-e-novecento-volte. Ma poiché anche su questa terra esiste un surrogato di giustizia l’Agenzia delle Entrate si è accontentata di ricevere, previo pagamento immediato, solo 6,33€. Come dire seicentotrenta volte l’evasione. Un bello sconto non c’è che dire. Che se la stessa logica, incluso lo sconto, fosse stata applicata a Apple questa avrebbe dovuto pagare 557.040.000.000€. Cioè a dire 880milioni evasi per seicentotrentatre volte. Mica male vero. Altro che abolizione della tassa sulla prima casa, in quel conto ci sarebbero rientrati anche gli esodati e l’abolizione della legge Fornero e magari pure un aumento delle pensioni minime e il riacquisto delle auto blu e il ripristino del ristorante a prezzi popolari del Parlamento. Ma questo è un sognare ad occhi aperti.
Magari ci si sarebbe accontentati, appurata la mala fede, di ricevere l’evaso più gli interessi e la sanzione. Come succede ai normali cittadini di questo (aggiungete l’aggettivo che più vi pare pertinente) Paese. Diceva Pietro Nenni che lo Stato italiano è forte coi deboli e debole coi forti. E anche questo è il caso.
La trama di questa farsa è sempre la stessa e le parti in commedia invece pure. Si parte con un bel accertamento fiscale dove si scopre che l’attenzionato, pare sia questo il gergo burocratico con cui si definisce l’azienda o il privato cittadino sospettato evasore, non sia in regola con il pagamento delle tasse. Per solito si tratta di evasioni importanti, di molte centinaia di milioni, quando si tratta di poche migliaia di euro la trama e i ruoli cambiano radicalmente. Si passa dalla farsa alla tragedia. Dalla fessaggine al sadismo e talvolta alla stupidità. Nel caso di Apple si recita la farsa che segue il normale copione. L’agenzia delle Entrate, accertata l’evasione, fa partire il contenzioso che in genere dura anni e viene condotto in punta di diritto da importanti e agguerriti legali. Da questo stadio in avanti la strada per l’evasore si fa in discesa e sono rose e fiori mentre per l’italico Stato allegre fregature spacciate per esaltanti successi. Questo accadeva ancor prima che emergesse il vezzo del renziano storytelling. Ci cascò anche quel fantasioso asceta di Enrico Letta che tentò di far apparire un successo lo smacco subito con dieci concessionarie di slot machine.
L’Agenzia delle Entrate, nello specifico di Apple, scopre che l’evasione, nei soli anni che vanno dal 2008 al 2013, è di 880 milioni che, con la media del pollo, suona circa 176 milioni all’anno. Di discussione in discussione si arriva alla fine del 2015 quando, gioia gaudioque, finalmente i legulei di Apple gettano la spugna e si arrendono: l’azienda pagherà. Già, ma quanto? La bellezza di 318 milioni si affrettano a dire con entusiasmo quelli dell’Agenzia delle Entrate e altrettanto fanno i giornaloni e le gazzette di tutto il Belpaese. Bhé 318 milioni di euro non sono bruscolini e magari ci si sovvenziona una parte dell’abolizione della tassa sulla prima casa, deve aver pensato qualche testa d’uovo del governo. Pensiero non nuovo perché fu fatto anche dal governo Letta nell’agosto del 2013 quando si proponeva di abolire l’Imu. Alla fine tra Letta e Renzi la differenza non è poi così tanta.
Comunque, tornando alla arida logica dei numeri risulta che Apple ha pagato solo, e si sottolinea solo, il 36% dell’evaso. Senza mora e sanzioni. Dite un po’ se questo non è un business. A Cupertino al momento dell’accordo si saranno fregati le mani contando di aver risparmiato 562 milioni di euro. Butta via. Con in più un dettaglio, magari trascurabile, ma chissà?, che dai 318 milioni Incassati dallo Stato italico dovranno essere detratte tutte le spese sostenute. Questo sì che è un business. Ora leggendo di Apple non saranno stati pochi i contribuenti che avranno pensato che se lo Stato è così tarlucco da accontentarsi del 36% dell’importo evaso allora converrà evadere anche a loro. Errore. Grave errore. Perché se l’evasione è piccola o addirittura ininfluente il Moloch dell’Agenzia delle Entrate si scatena e dà il meglio di sé.
Ne sa qualcosa il signor Graziano Damiani di Tavullia, lo stesso paese di Valentino Rossi, guarda il caso, che per aver mal compilato un bollettino postale è stato accusato di aver evaso centesimi uno. Diconsi centesimi uno. Su di lui si è abbattuta implacabile la scure della giustizia fiscale: dopo tre anni dal fattaccio è arrivata una raccomandata di 17 pagine che ha illustrato nei dettagli il grave illecito e la richiesta del rimborso del centesimo evaso più altri nove di interessi maturati e in aggiunta la sanzione di 18,99€. In altre parole mille-e-novento-volte la posta. Fate il conto di quel che avrebbe voluto dire per Apple moltiplicare 880 milioni per mille-e-novecento-volte. Ma poiché anche su questa terra esiste un surrogato di giustizia l’Agenzia delle Entrate si è accontentata di ricevere, previo pagamento immediato, solo 6,33€. Come dire seicentotrenta volte l’evasione. Un bello sconto non c’è che dire. Che se la stessa logica, incluso lo sconto, fosse stata applicata a Apple questa avrebbe dovuto pagare 557.040.000.000€. Cioè a dire 880milioni evasi per seicentotrentatre volte. Mica male vero. Altro che abolizione della tassa sulla prima casa, in quel conto ci sarebbero rientrati anche gli esodati e l’abolizione della legge Fornero e magari pure un aumento delle pensioni minime e il riacquisto delle auto blu e il ripristino del ristorante a prezzi popolari del Parlamento. Ma questo è un sognare ad occhi aperti.
Magari ci si sarebbe accontentati, appurata la mala fede, di ricevere l’evaso più gli interessi e la sanzione. Come succede ai normali cittadini di questo (aggiungete l’aggettivo che più vi pare pertinente) Paese. Diceva Pietro Nenni che lo Stato italiano è forte coi deboli e debole coi forti. E anche questo è il caso.