La
storia vista a ritroso. Fra cinquant’anni i nonni racconteranno ai nipoti la
storia del sindaco Marino che inventò il giochino “dai e ritira”. Il gioco
divenne popolarissimo e i bookmakers di Londra accettavano scommesse. A Marino
fu eretta una statua.
«Lo vedi, là c’è
Marino.» Diranno i nonni «La sagra c’è dell’uva» risponderanno i nipoti e
si beccheranno uno scappellotto. «No – ripeteranno i nonni – Là c’è Marino» e indicheranno la statua piazzata nel
centro del Campidoglio. I nipoti estasiati guardando la statua e chiederanno ai
nonni di raccontare la storia del sindaco Marino e i nonni li accontenteranno. Spiegheranno della venuta a Roma di un genovese che di professione faceva il
trapiantatore di fegato e che, un po’ per sfizio e un po’ per follia, decise di
mettersi in politica. La sua ultima follia, che neanche Mel Brooks avrebbe
immaginato, fu di essere il sindaco di Roma. E aveva la voglia di risanare la
vecchia caput mundi che da oltre
duemila anni si barcamena tra palazzinari, briganti, trattorie, cialtronaggine
e turismo. Come una bella fetta del Belpaese, d'altronde. Solo che gli altri, del Belpaese,
non se ne fanno quasi accorgere.
Era un po’ ingenuo e un
po’ furbastro, il sindaco Ignazio Marino, non aveva dimestichezza con le carte di credito e lasciava le auto dove gli capitava, però e mise nel sacco, spesso senza volerlo, politici
ben più scaltri.
La statua, che in realtà è un gigantesco gruppo marmoreo, lo
rappresenta in bicicletta arrancante in salita con uno zainetto sulle spalle mentre
due gli stanno addosso. Uno lo tira per farlo cadere e l’altro non si capisce
bene cosa faccia. Perché visto da destra sembra che lo spinga, visto da
sinistra invece pare che dia man forte a quell’altro. I due sono chiamati
genericamente i «due Mattei.» Chi siano stati, in effetti nessuno se lo ricorda
più, E poi nel gruppo c’è pure un altro
che pare gli stia sgonfiando una gomma. Questo è detto «l’esposito» che ormai è
diventata parola d’uso comune per dire di uno che con la scusa di darti una
mano fa di tutto per affossarti.
Marino divenne sindaco
su istigazione di alcuni uomini de panza
del suo partito che pensavano di piazzare in quel posto un citrullo da
manovrare a piacimento. Ma come spesso accade ai troppo furbi quando si mettono
con gi ingenui il gioco della strumentalizzazione gli si ritorse contro. Anzi,
in quell’epoca, gli si avvitò in mano e mentre quelli tentavano di
strumentalizzare il genovese questi strumentalizzava loro e venne eletto con
percentuali da sbornia. Poi come gli ingenui che non sanno quel che fanno cominciò
a raddrizzare qualche quadro storto a mandare a lavare qualche tappeto sporco a
spostare qualche ninnolo a mettere in piedi statue che stavano coricate e nel
farlo scoprì che tutte quelle cose fuori posto non lo erano per caso ma stavano
così a bell’apposta a coprire chi un buco, chi una macchia, chi a nascondere la
polvere. E questa fu la goccia che fece tracimare l’acqua, si fa per dire, dal
vaso
Apriti cielo a questo
punto tutti si misero a guardare le buche nelle strade anziché quelle nei
bilanci e a discutere sui ritardi dei bus anziché su quelli delle delibere e a
dire della sporcizia sulle strade piuttosto che di quelle sugli appalti. Fu
allora che venne in mente ad alcuni di fare il gioco delle dimissioni. Che poi
è il motivo per cui fu eretta l’equestre statua a Marino. Il giochino
consisteva in questo: trovare come far dimettere il sindaco Marino. Una specie
di caccia al tesoro. Si partì da funerali, poi ci si spostò sui viaggi fino ad
arrivare agli scontrini. E alla fine quasi ci riuscirono, nel senso che Marino
dette le dimissioni. Ma c’era un ma. Anche Marino spizzicando tra le carte
inventò un giochino che assomigliava al vecchio rimpiattino: dare le dimissioni
e poi ritirarle a due giorni dalla scadenza loro esecuzione. Il gioco ebbe
risonanza planetaria ed i bookmakers di Londra accettavano scommesse sul tempo
tra la consegna delle dimissioni e la loro revoca. Ci fu chi divenne ricco con
questo sistema.
Marino governò la capitale per cinque anni e poi per altri
cinque e ancora altri cinque. Nessuno si ricorderà più se con lui sindaco le
strade furono asfaltate o la burocrazia fu più spedita o le gare d’appalto
furono più pulite. Tutti ricordaranno il suo giochino e ci sarà chi avrà
nostalgia di quei tempi e si commuoverà guardando i bambini giocare a a"dai e ritira". Le
dimissioni del sindaco Marino".
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