Matteo
e Gianni sono in lotta continua e cercano di primeggiare l'uno sull'altro a tutti i costi
alzando continuamente la posta. Appena uno dice di voler fare una riforma quell’altro
la spiattella sul tavolo del governo. E se alla fine tra i due litiganti fosse
il paese a godere? Berlusconi dice che se lo arresteranno scoppierà la
rivoluzione, ma non è vero.
Enrico guarda in basso, Matteo in alto si tengono le mani in modo bizzarro, si vede che sono fatti l'uno per l'altro. |
Sembra di vedere Paul Newman e Lonegan nel film La stangata mentre giocano a poker sul treno. Ognuno dei due è
lestissimo a dire «piatto» (che nel gergo del pocker significa punto tutto
quanto è nel piatto in questo momento) appena quell’altro accenna a rilanciare
la puntata.
E così Matteo non fa in tempo a dire che vuol ragionare sui
costi della politica e pensa alla montagna di soldi che i partiti ingurgitano che
zac l'Enrico ti riunisce il
consiglio dei ministri ed in un battibaleno presenta il decreto legge che
abolisce il finanziamento ai partiti e lo fa approvare. Viene il sospetto che
quel documento se lo tenesse nel cassetto da un bel po’ di mesi ma se non ci sono
prove questa diventa una maldicenza gratuita. E magari Pierluigi Battista se ne
adombra. Lungi quest’idea da qualsiasi benpensante.
Oddio gli italiani alla decisione che i partiti si finanziassero da fonti non statali c’erano già arrivati vent’anni addietro, nel 1993 ma non è che ci sia sempre immediata corrispondenza tra quanto vuole il popolo e quanto fanno i suoi rappresentanti. E’ un po’ come la differenza che passa tra la giustizia e la legalità. Una cosa è giusta ma non legale e un’altra e legale ma non giusta. Così va il mondo. Almeno da queste parti.
Oddio gli italiani alla decisione che i partiti si finanziassero da fonti non statali c’erano già arrivati vent’anni addietro, nel 1993 ma non è che ci sia sempre immediata corrispondenza tra quanto vuole il popolo e quanto fanno i suoi rappresentanti. E’ un po’ come la differenza che passa tra la giustizia e la legalità. Una cosa è giusta ma non legale e un’altra e legale ma non giusta. Così va il mondo. Almeno da queste parti.
Peraltro non è che il decreto legge proposto ed approvato dal governo
sia proprio cristallino, qualche alea la lascia ma, come dicevano i vecchi,
piuttosto che niente è meglio piuttosto. Infatti l’abolizione vera e propria del finanziamento scatterà solo nel 2017, quindi
fra tre anni e a questa data ci si avvicinerà per gradi. E qui occhio alla
penna perché tre anni sono lunghi, poi c’è da dire che quelli che poggiano i
loro deretani sugli scranni del Parlamento non saranno intelligenti ma astuti
come faine questo certo sì. E quindi il rischio che quello tessuto oggi venga
disfatto domani non è poi così lontano. E quindi un’altra volta occhio alla
penna anche perché Ugo Sposetti e i suoi consimili girano sempre nei paraggi. E
sono pericolosetti.
Comunque è già bello constatare che appena il Renzi
dichiara di avere in testa una riforma che quell’altro, il Letta, si butti a farla per
togliere ogni vantaggio al primo. E allora ecco che subito Matteo rilancia: subito
il taglio delle spese inutili, subito l’abolizione delle province, subito la nuova
legge elettorale e subito la riduzione dei parlamentari, e subito il taglio
delle tasse. E magari anche, perché no, subito la restituzione dei soldi già ricevuti
dal partito. E poi chissà che altro. Certo che se tanto dà tanto il popolo
potrebbe pure trovarsi a stropicciarsi le mani per la contentezza. Vuoi mai
vedere che quei due nel tentativo di fregarsi l’un con l’altro si trovano
inopinatamente a fare gli interessi del Paese? E’ sì perché a furia di rilanci
in questa continua ed infinita campagna elettorale a due dove pure qualche cosa
bisogna farla, magari ne escono, se non tutte, almeno una buona parte di quelle
riforme che il ventennio berlusconiano un po’ ha promesso e mai ha realizzato.
Che sia la volta buona in cui tra i due litiganti il terzo goda e questa volta
il terzo sia il Paese?
In tutto questo il giovane Renzi ha pure trovato il tempo
di fare un passaggio dal vecchio Napolitano per dirgli chiaro-chiaro che lui di tutori
non ha bisogno. Il Presidente dal monito facile ha incassato e taciuto d’altra
parte non si può sempre avere a che fare con uno stuoino alla Enrico Letta
che dice sempre di sì e che è lì solo perché in gioventù è stato il compagno di
giochi del figlio. Giocavano a subbuteo. Alta strategia.
Di Berlusconi si sente dire meno. Oramai sui giornali, a
parte quelli di sua proprietà, occupa spazio da pagina otto in avanti e se non
spara berlusconate sempre più roboanti nessuno se lo fila più. D’altra parte
non serve al governo e dall’opposizione può fare proprio poco. E Grillo è decisamente più divertente. L’ultima
che ha scaricato suona più o meno così: «Se mi arrestano scopia la rivoluzione»
E l’ha detto alla tv di Francia che da quelle parti di rivoluzione un po’ se ne
intendono.Però tranquilli: non succederà nulla.
Innanzi tutto l’idea di arrestarlo non gira nella testa di alcuno. E poi nessun direttore o direttrice di carcere lo vorrebbe tra i piedi, hanno già abbastanza problemi per conto loro senza volerli aggravare con un altro rompiscatole, invadente e presuntuoso. In secondo luogo ha talmente paura di finire al gabbio che senz’altro prima di entrare gli scappa un’altra uveite e comunque ha sottomano sia il numero di cellulare della Cancellieri e, se gli mancasse, quello dei Ligresti. Quindi anche entrasse uscirebbe subito: un passaggio sulla porta girevole. Ma ciò che impedirà la rivoluzione sarà ben altra e assai più importante questione. Quale? Un guardaroba non adeguato.
Infatti più d’una tra le valchirie, amazzoni e pitonesse varie, compresa qualche falchetta dell'ultima ora ha dichiarato in privato e con una certa disperazione che: «Se scoppia la rivoluzione non ho niente da mettermi».
Innanzi tutto l’idea di arrestarlo non gira nella testa di alcuno. E poi nessun direttore o direttrice di carcere lo vorrebbe tra i piedi, hanno già abbastanza problemi per conto loro senza volerli aggravare con un altro rompiscatole, invadente e presuntuoso. In secondo luogo ha talmente paura di finire al gabbio che senz’altro prima di entrare gli scappa un’altra uveite e comunque ha sottomano sia il numero di cellulare della Cancellieri e, se gli mancasse, quello dei Ligresti. Quindi anche entrasse uscirebbe subito: un passaggio sulla porta girevole. Ma ciò che impedirà la rivoluzione sarà ben altra e assai più importante questione. Quale? Un guardaroba non adeguato.
Infatti più d’una tra le valchirie, amazzoni e pitonesse varie, compresa qualche falchetta dell'ultima ora ha dichiarato in privato e con una certa disperazione che: «Se scoppia la rivoluzione non ho niente da mettermi».
Eh, già fare la rivoluzione non è come dirlo, ci vogliono i
vestiti giusti, gli abbinamenti giusti, le scarpe giuste, gli accessori
giusti. Una rivoluzione tacco venti non
si può fare e le prove dalla sarta portano via un sacco di tempo. E poi
camminare con gli anfibi è un’arte tutta nuova da imparare. Quindi, con buona
pace di Berlusconi prima si sistemano i guardaroba e poi si può parlare di
rivoluzione. Ma se tagliano i finanziamenti ai partiti il guardaroba queste
come se lo rinnovano?