Ciò che possiamo licenziare

martedì 29 aprile 2014

Brunetta, l’utopia e il capitano Achab.

Renato Brunetta, genietto dell’italica economia, lancia il suo ultimo saggio dall’emblematico titolo “La mia economia”. Se non fosse termine abusato lui parlerebbe di capitalismo 2.0, ma il termine è stucchevole. Per questo si rifà al pathos del capitano Achab che gli sembra più consono.

E così Renato Brunetta, genietto della scienza economica italiana, ha deciso di dare alle stampe la sua utopia e per non correre il rischio di essere confuso con Tommaso Moro ha voluto specificare nel titolo che l’utopia di cui parla è proprio la sua. 
L’utopia di Renato Brunetta. E per essere ancor più certo che nessuno gli porti via la paternità delle idee, se così le si vuol chiamare, che stanno dentro, magari un po’ strettine, nelle 160 pagine che compongono il saggio l’ha intitolato: “La mia utopia”. Che tutto sommato ci sta, ognuno è libero di sognare la sua propria utopia. Che è solo sua. Il che poi equivale a dire che vivendo in Paese libero ognuno può scrivere le pazzate che gli giran per la testa. Se poi si trova qualcheduno che gliele pubblica e magari pure chi è disposto a spendere 18 eurini per leggerle per esteso allora si fa bingo. Che poi la casa editrice sia la Mondadori che guarda caso è di proprietà del presidente del suo partito, il domiciliato di Arcore, è un semplice accidente della storia.

In buona sostanza il professor Renato Brunetta, che sotto sotto aspirerebbe al premio nobel per l’economia, e qualche volta questo suo desiderio deve essergli anche scappato di bocca per garantire il buon umore dei suoi amici, sostiene una tesi, lui dice del tutto nuova, che parte dal più grave male che affligge l’Italia e buona parte del mondo occidentale: la disoccupazione. Sconfiggere la disoccupazione è nobile obiettivo e come si fa? Semplicissimo: si ribaltano formule vecchie e stantie. Il concetto di lavoro nell’economia capitalistica è, nella sostanza, formato da due variabili che sono l’occupazione e il salario di cui la seconda, il salario, risulta essere fissa mentre l’altra, l’occupazione, risulta essere variabile. Ovvero come lo stesso Brunetta dice in una intervista al Corsera (20 aprile 2014) : « Se va giù l’economia, aumenta la disoccupazione. Non si tagliano i salari ma si licenzia. Ribaltiamo la prospettiva e invece di tener fisso il salario e mobile il rapporto tra occupati e disoccupati invertiamo la priorità» Bellissimo quindi basta invertire l’ordine dei fattori e, contrariamente a quanto si è pensato per qualche secolo, il risultato cambia. Eccome se cambia. 

Con questo piccolo e semplice pensiero, ma le grandi idee con il senno di poi sono quasi sempre delle banalità e spesso i geni sono incompresi,  la paura che affligge i lavoratori del mondo capitalistico di perdere il lavoro è cosa risolta. Tutti saranno occupati ed avranno un lavoro. È splendido.
In realtà l’idea, almeno in parte, non è del tutto nuova ci avevano già pensato anche altri utopisti: i ragazzi del ’68. Infatti quei giovani scriteriati gridavano qualcosa di simile: «lavorare meno lavorare tutti.» Brunetta in gioventù deve aver incrociato quella pazza idea, ci ha ponzato sopra per quarantasei anni e ha scoperto dove stava l’errore. I sessantottini non dicevano di voler ridurre contemporaneamente anche il salario. A questo piccolo errore pone rimedio l’ormai maturo economista Brunetta.  Come non averci pensato prima? Questa infatti è la prima parte del succulento ragionamento brunettiamo: tutti al lavoro ma con meno salario.

Però, se c’è poca domanda si fanno pochi prodotti e quindi come si concilia un gran numero di lavoratori, ancorché scarsamente pagati, con i pochi manufatti su cui lavorare? Mistero. O meglio: «Il mercato resta con la sua scopa. - dice il Brunetta - La piena occupazione è da intendersi nel sistema nel suo complesso.». Elementare Watson. Che poi è come sperare che chiusa un’azienda se ne apra subito un’altra. Ma qui più che ragionare di utopia sembra si debba contare sui miracoli che in tempi di stagnazione o quasi deflazione scarseggiano anch’essi.
E se quindi anche sui miracoli si può far poco conto non resta che appoggiarsi sulla «Buona globalizzazione economica da intendersi nel senso della interconnessione universale. – e qui c’è il cambio di passo che fa la differenza tra un semplice economista e un genietto ancorché non riconosciuto dall’accademia di Stoccolma – Questo tipo di economia non tollera rigidità , esige partecipazione, flessibilità e intelligenza, perché esige e determina sentimento di appartenenza, pathos. Lo stesso pathos che animava la Pequod , il veliaro del capitano Achab.» Insomma tutto sta nel pathos.

Un paio di dettagli sfuggono al genietto aspirante nobel. Il primo è che il pathos è sentimento da uomini e non da cose e quindi più che al veliero andrebbe meglio riferito al capitano Achab. Il secondo è che forse il Brunetta o non ha letto il libro per intero o non l’ha capito. Infatti il capitano Achab, proprio perché trasportato da quel suo pathos muore. Che non è propriamente una bella né auspicabile fine.

I paralleli letterari vanno scelti cum grano salis, che a un aspirante nobel non dovrebbe mancare, altrimenti si corre il rischio di far emergere quelle parti del proprio inconscio che sarebbe forse meglio sanare o alla peggio tener nascoste. E l’esempio di D’Alema che battezza le sue barche Ikarus qualcosa avrebbe dovuto insegnare.


Quattro simpatiche ragazze. Storie di vita vera.

A Roma ci sono due nuovi santi ma il mondo va avanti lo stesso. Quattro ragazze, che sono il doppio di due si danno da fare ciascuna per la sua parte. C’è chi si ribella agli orrori della vita, chi cerca di aiutare la famiglia, chi denuncia il razzismo e le ipocrisie che gli girano attorno e chi inventa nuove eliche.

Charlotte Bell e Michelle Obama
Mentre Roma si preparava a celebrare e celebrava l’ascesa agli altari di due nuovi santi, che già ce ne sono pochi , il mondo ha continuato la sua quotidiana rotazione su sé stesso e contemporaneamente intorno al sole. Per fortuna. E quattro (che è il doppio di due) simpatiche ragazze con le loro azioni sono riuscite a farlo un po’ più bello e, nonostante tutto, ad ottenere un po’ di spazio sui media. Non certo proporzionato al loro merito ma d’altra parte non sono sostenute da potenti uffici stampa. Ma quel poco che è arrivato fa ben sperare per il futuro.

La prima a cui si vuol rendere merito è una ragazzina, giusto per essere chiari una minorenne, a malapena arriva ai sedici anni, che ha sulle spalle esperienze così vergognose e turpi che forse ci vogliono dieci vite malavitose per riuscire ad eguagliarle. Si tratta di una delle due piccole dei Parioli che ha trovato il coraggio nell’ambito del processo (rito abbreviato con conseguente sconto di pena che pure questa si spera giustamente massima) di costituirsi parte civile   sia nei confronti degli sfruttatori e dei vergognosi clienti che senz’altro tenteranno d’infangarla, sia contro la madre. Sempre che si possa definire madre la donna che l’ha partorita. S’immagina il lacerante dolore di una simile scelta che tuttavia doveva essere fatta sia per sé stessa sia per senso ed impegno civile. Fra breve tempo, auspicabilmente, la cronaca si dimenticherà di lei e della sua compagna di sventura. Si spera che entrambe possano cancellare il più possibile e magari anche in tempi non lunghi  la loro tragica storia.

Dall’altra parte del mondo Charlotte Bell, appena dieci anni, ha cercato di dare una mano alla famiglia. L’ha fatto durante la festa organizzata per i figli dei dipendenti della Casa Bianca consegnando il curriculum vitae del suo papà, disoccupato da tre anni, a Michelle Obama. L’ha fatto di fronte a tutti gli altri bambini, con semplicità. Forse Charlotte non otterrà niente, sembra che da quelle parti le lettere di raccomandazione non funzionino tanto, ma ha avuto il coraggio di manifestare alla Fist Lady una situazione di forte disagio, e di rendergliela tangibile e concreta. Sono problemi che chi sta al centro del potere conosce ma forse, perché non li vive sulla sua pelle, non capisce compiutamente.  Non deve essere stato facile. Un gesto innocente e magari un po’ goffo può smuovere più di tanti discorsi.

«Puoi dormire con i negri, puoi fare quello che vuoi con loro, l’unica cosa che ti chiedo è di non portarli alle mie partite. In Israele vengono trattati peggio dei cani» Autore del virgolettato è Donald Sterling un arzillo ottantunenne, ovviamente miliardario, e già che c’è anche proprietario di una squadra di pallacanestro, i Clippers, che gioca nel campionato Nba e che ha diversi giocatori neri.  Destinataria del delicato messaggio è stata Vanessa Stiviano, che spesso accompagna mister Sterling alle partite del suo team. Lei di anni ne ha solo 38 e si definisce messicana ed afroamericana. La risposta che Vanessa ha girato a mister Sterling è stata breve ma precisa:«Io sono nera e la cosa non ti dispiace quando mi stendo accanto a te.»  Il razzismo riesce sempre a ramazzare degli idioti e forse dovrebbe stupire che a farne parte questa volta sia uno che appartiene al popolo che nello scorso secolo a questa aberrazione ha pagato il tributo più alto. Vanessa forse non ha tutti i numeri per essere una santa ma senz’altro non è una ipocrita. E questo, visti i tempi, aiuta.

Katia Bertoli ha 36 anni, viene da Trento,da quattro anni insegna ingegneria meccanica applicata ad Harvard. Una bazzecola. Con il gruppo di ricercatori che dirige ha creato una figura geometrica totalmente nuova che non esiste in natura. È stata battezzata «emi-elica». In verità stavano lavorando ad un altro progetto ma come spesso capita quando si fa ricerca si è aperta una variante che ha portato a questa nuova elica.  «Ora– dice Katia con modestia - si tratta di capire in quali proprietà si traduce.» Grazie alla «emi-elica» ha ottenuto un finanziamento di 400mila dollari che impiegherà per assumere 2 ricercatori per 5 anni. Sembra di stare in Italia dove Katia Bertoli tornerà giusto per le vacanze. Forse.

P.S. Certo l’evento Vaticano ha lasciato vari segni: alcuni, ma poi neanche tanti, sui media del mondo e altri più cospicui sotto i ponti del Tevere Ma di questi ultimi, per pudore, è meglio non parlare anche per il costo che il Comune di Roma dovrà sostenere per il loro ritorno alla decenza. Che non sarà l’unico costo dovendo sommarsi a questo anche lo smaltimento di quattro milioni di bottigliette d’acqua, il pagamento di straordinari a operatori ecologici, autisti Atac nonché servizi di sicurezza che fa un bel gruzzoletto di euro.  Gli organizzatori della festa se la son cavata con un semplice ringraziamento che le italiche autorità hanno molto apprezzato. Ci mancherebbe. E la storia è finita lì. D’altra parte duemila anni di storia e di retorica hanno ben lasciato una qualche traccia 

giovedì 24 aprile 2014

Aprile in Vaticano: un libro, due papi diventano santi e due cardinali inaugurano casa. Tanto c’è chi paga

Il 24 uscita del libro di Bergoglio, il 27 due papi assurgono agli altari. In più si ha notizia di cardinali che inaugurano spaziosi appartamenti che per spazzarli e spolverarli per intero ci vuole un’impresa di pulizie. Le chiacchiere stanno a mille e i fatti, come sempre, stanno a zero.

La fine di questo aprile in Vaticano si nostra ricca di avvenimenti non s’è fatto in tempo a festeggiar la pasqua che già vengon avanti altri epocali eventi. 
Il 24 del mese esce il primo libro di di Jorge Mario Bergoglio, che per professione porta anche il nome di Francesco. Che un papa, soprattutto se di origine gesuita, scriva molto ci sta. E a quanto pare Francesco non vuol essere da meno. Questo probabilmente è solo l’inizio poiché seguiranno lettere, che da quelle parti si chiamano epistole, e discorsi, che poi soprannominano qualche volta omelie e talaltra prediche, e  quindi anche encicliche e nei momenti di stanca o di poco tempo si fa la raccolta dei discorsi e delle prediche e si lancia un libro. Che è anche un bel business perché  verrà venduto alle parrocchie e da queste ai fedeli nonché alle biblioteche di tutto lo stivale. L’editore è Rizzoli Libri  che notoriamente non è un’opera pia ed anzi con autori di gran fama , come il papa per l’appunto, risistema qualche parte del bilancio. Non male.

Questo di Bergoglio per l’appunto è una raccolta di cose già dette, pure se in qualche parte un po’ rimaneggiate, anche perché in questo primo periodo di pontificato Francesco s’è dato un gran daffare a lanciare proclami e soprattutto a far telefonate. Che la bolletta vaticana è andata alle stelle. In ogni caso di tempo per scritti nuovi ed originali ce ne è stato pochino. Comunque sia come sia il titolo del libro non è male anzi ha un che di quasi rivoluzionario che richiama alla mente il grande timoniere Mao Tze Tung, e infatti recita: “La verità è un incontro. Omelie da santa Marta.” Mao diceva che la verità è rivoluzionaria ma tra incontro e rivoluzione lo spazio è breve. Tra le anticipazioni che sono state mandate ai giormali dall’efficiente ufficio stampa vaticano si legge che il pontefice esorta al coraggio (e dagli con la rivoluzione) e scrive: «abbiate il coraggio di chiedere.» E in effetti a chiedere un lavoro, e una pensione dignitosa e magari anche una casa ce ne  vuole del coraggio. Per chi ce l’ha ancora, il coraggio. E non se l’è venduto per arrivare a fine mese.

Chi invece è riuscito a mettere insieme il coraggio per chiedere pare sia stato il Cardinal Bertone. Ha fatto fatica, poveretto, questo lo si immagina tra croci d’oro e bei gemelli per le camicie su misura e le berette di fine seta, ma alla fine ce l’ha fatta,: ha chiesto un appartamentino da 700 metri quadri ed è stato esaudito. Anche il cardinal Sodano ha raccolto tutte le sue forze ed è riuscito a mettere insieme 400 metri quadri. Ha ragione papa Francesco, bisogna avere il coraggio (o la faccia tosta) di chiedere. Questi due hanno avuto e il coraggio e la faccia tosta, hanno chiesto ed hanno ottenuto. Chissà se c’è qualcuno che avrà il coraggio di chiedere che questi due siano se non proprio buttati fuori almeno spinti un po’ di lato perché non siano di danno alla Chiesa e magari anche al buon gusto per non dire al buon senso. E magari che questo qualcuno sia pure esaudito.

Domenica 27 aprile verranno canonizzati due nuovi santi: san Giovanni XXIII e san Giovanni  Paolo II. Il primo ci ha messo decenni per arrivare sugli altari e ancora adesso tra i porporati c’è qualcuno che storce il naso, mentre per il secondo è stata questione di pochi anni, che nei tempi della Chiesa sono minuti se non addirittura secondi. Ma G.P. secondo s’intendeva un po’ più di marketing e poi in qualche modo fa da bilanciere con quell’altro. Quindi tutto in regola , che non si scontenta nessuno. Comunque sarà una gran festa a Roma. Dalle valli bergamasche e dalla Polonia caleranno nella città eterna milioni di turisti che sommati a  quelli che già si trovano lì faranno un bel numero. È un fatto della Chiesa ma la Città del Vaticano sta nel bel mezzo di Roma e il Comune dovrà in ogni caso, e pure obtorto collo, partecipare all’organizzazione. 

Già si stanno predisponendo maxi schermi per quelli che non potranno arrivare in piazza san Pietro, neanche si trattasse dei mondiali di calcio. E poi per garantire almeno un poco il traffico dei torpedoni e mobiliterà la polizia locale, che poi sono i pizzardoni, e si aumenteranno le corse dell’Atac. Che già di suo quest’ultimo fatto ha del miracoloso e quindi è prevista la distribuzione di generi di conforto:acqua, cappellini per il sole ombrelli per la pioggia e ambulanze. Ovviamente i chiamati in servizio dovranno esser pagati, capita ai lavoratori, e poiché son fuori orario questi saranno straordinari.   Pare che il tutto costerà qualche milionata.
La stima, ad andar cauti pare si aggiri sui 7 e briscola milioni. Le spese saranno a totale carico del Comune di Roma ce come si sa è già indebitato fino al collo e per dirla chiara nun cià manco gli occhi pe’ piagne. Il Vaticano spenderà zero. Come ti sbagli!

Forse qualcuno dovrebbe trovare il coraggio, come si ritorna sempre al punto, di telefonare al papa e, se trova la linea libera e lui risponde, rivolgergli questa piccola preghiera:  

«A Francé, santità, ce semo armati de coraggio coraggio                                    
e per questo stamo qui a chiederte st’omaggio.                                           
Méttete una mano sur core l’artra in ta saccoccia                                                                              
e tira quarche sòrdo per ripagà la generosità de Roma capoccia.                              
Santità, a Francé, a fa’ discorsi e tirar fori paroloni                                          
alla fine chi più chi meno son tutti bboni                                                              
che ne diresti de cambià sta storia                                                                                                        e caccia' a gente che c'ha tutta stà bboria»

Che il tutto,  poi volendo, può essere tradotto anche in spagnolo.


martedì 15 aprile 2014

Pena a Berlusconi: Pigeonrights e altre associazioni umanitarie si ribellano. Previste manifestazioni di piazza.

Il Tribunale di Sorveglianza, su sollecitazione di Ghedini,  commina una pena esemplare a Berlusconi. Pigeonrights, ong per i diritti dei piccioni, protesta con vigore e si appresta a scendere in piazza. Inaccettabile non poter uscire di sera.

Il tribunale di Sorveglianza di Milano, allo scadere del quinto giorno, si è espresso. Meno male. La difesa di Berlusconi già paventava l’ennesimo rinvio che forse, diconsi forse, avrebbe potuto far cadere in prescrizione anche la pena. E loro no, questo non  potevano accettarlo. La pena la volevano tutta e tutta intera. Perché qui si vuole dimostrare all’Europa, inglesi e tedeschi innanzitutto, che quando una pena è giusta la si accetta anzi la si sollecita. Uomini dal retto sentire.

Silvio Berlusconi, ex cavaliere, ex senatore, ex presidente del consiglio nonché ex puritano ed ex di un sacco di altre cose,  ha scavallato i domiciliari anche da lui ritenuti troppo blandi per avere l’affidamento in prova ai servizi sociali per un anno.  Pena dura senza paura.

Infatti che pena sarebbe stata quella di starsene tutto il giorno in casa con Dudù e la Pascale o gironzolare nel vasto parco o andare a visitare le scuderie dove il povero amico Mangano aveva passato gli anni migliori della sua vita? E poi magari anche far qualche tuffo in piscina o andare a rivisitare il dancing con il palo della lap dance? Bei ricordi di un tempo. Roba da straziare il cuore. E poi tutti quei confort, che levati. No, ci voleva qualcosa di più duro. Qualcosa che ancora facesse spillare sudore da quella fronte spaziosa e fremiti lungo quella schiena.

Quindi sono stati gli stessi difensori a pretendere una pena esemplare. Hanno chiesto ed hanno ottenuto.  Da non si sa quando, una volta alla settimana, il vecchio e mai domo chançonier metterà la sua verve al servizio di coetanei, magari meno fortunati di lui. E perché la pena non si trasferisca da Berlusconi Silvio ai vecchietti si è stabilito che questa permanenza sarà solo di quattro ore consecutive. Insomma un po’ di giustizia anche per i deboli. Hanno vinto questo privilegio gli ospiti della Sacra Famiglia di Cesano Boscone. La struttura dista ben 38 kilometri da Arcore. Praticamente un viaggio, come se si andasse al santuario di Santiago de Compostela.  Ma la pena non è finita qui.

Il Berlusconi Silvio potrà dal martedì al giovedì andare a Roma e rimettersi sulle spalle l’intero peso del paese o almeno quella parte che Renzi e Napolitano, uomini senza cuore,  con cattiveria gli appiopperanno.  D’altra parte i giovani d’oggi sono sfaticati e soprattutto non sono più come quelli di una volta. Terzo capitolo della condanna: il Berlusconi Silvio non potrà incontrare pregiudicati che è come dire togliergli la vicinanza degli amici più cari. Ma una pena dev’essere pena altrimenti che pena è? Infine e qui la condanna, detto con il massimo del rispetto per i giudici rasenta il sadismo, il condannato Berlusconi Silvio non potrà uscire la sera: dalle ore 23,00 fino alle 06,00 del mattino successivo dovrà starsene a casa. Ad Arcore. Un ergastolo. Pena dura  anzi duvissima

A questo punto i falchi, le colombe e i piccioni (come ha detto Giovanni Toti) e i gatti e i cani di Forza Italia  non ci hanno visto più e si stanno organizzando per fare dimostrazioni di protesta che il G8 di Genova parrà una passeggiata. Sono stati chiamati a raccolta da tutta Europa in primis i volontari di Pigeonrights ma in secundis e in terzis ed in quartis anche quelli di tutte le altre associazioni umanitarie compresa la neonata “più bocconcini per Dudù” e si stanno già attrezzando per scendere in piazza e portare la loro vibrante protesta contro questa ignominiosa pena. Tutto si poteva sopportare meno che la restrizione notturna un vero insulto al senso umanitario.

Se i truffatori e gli evasori d’Italia tremano come fossero foglie d’acero in gennaio i benpensanti sono felici.  Se questa sentenza farà giurisprudenza chi mai più oserà truffare lo Stato? Chi vorrà incorrere in questa duvissima punizione e trovarsi a non poter uscire la sera, a dover raccontar barzellette ad anziani magari un po’ duri d’orecchio che non rideranno alla prima battuta? E poi non incontrare i cari amici d’un tempo e tutte le settimane, compresa quella di ferragosto, andare a Roma dal martedì al giovedì? Nessuno oserà più. Infatti le prime proiezioni dopo il pronunciamento del tribunale dicono già di un drastico calo tendenziale dell a propensione a questo reato.

Però non tutto è perduto. Se il pregiudicato Berlusconi Silvio trovasse questa pena troppo dura e volesse riposarsi un po’ nella magione che acquistò con l’aiuto del fido Cesare Previti (che non può frequentare per i motivi di cui sopra) potrà sempre dire quel che pensa della magistratura e svergognarla di fronte all’intero mondo. Se lo farà si guadagnerà la meritata pace che Ghedini fa presto a fare il grande con con le pene degli altri.

lunedì 14 aprile 2014

Olimpiadi delle neuroscienze: si applica lo jus soli

La gara è giunta alla sua quinta edizione. Ha vinto Anna Pan, 17 anni di Bellinzago Novarese. È figlia di ambulanti e sarà lei a rappresentare l’Italia all’International Brain Bee Competition che si terrà a Washington, il prossimo agosto. Anche senza volerlo si applica lo jus soli.

Le prime due peculiarità che caratterizzano Anna Pan sono l’accento piemontese, e questo ci sta poiché è nata e abita e studia a Bellinzago Novarese, e gli occhi a mandorla e anche questo ci sta poiché è figlia di immigrati cinesi. A parte queste due, che date le circostanze sono non-stranezze, è una ragazza di 17 anni, assolutamente normale con la passione per la neurologia e le neuroscienze. Frequenta il liceo scientifico e a sua detta non è neanche la prima della classe.  Tutto ciò posto però per poter essere a Trento dove si sono svolte le ultime prove ha superato una dura selezione composta da tre passaggi. Si è infatti classificata a livello di istituto e poi a livello regionale e quindi tra i primi cinque sui cinquantaquattro finalisti nazionali. E tra i cinque è risultata essere la prima. Brava e complimenti.

Sarà quindi lei a rappresentare l’Italia all’International Brain Bee Competition che nel prossimo agosto si terrà a Washington. La qual cosa poi è come dire che, anche senza volerlo, si sta applicando lo jus soli.  Cosa vuol dire il buon senso. Con molta probabilità nessuno tra gli altri partecipanti e i giudici farà caso alle sue due stranezze. La prima, l’accento novarese, non la capiranno affatto e anche sull’altra, essere un’italiana con gli occhi a mandorla, non la coglieranno poiché con simili fattezze ne hanno viste (e anche visti) di americane, di francesi di inglesi e magari pure di tedesche. Quindi tutto regolare e ci si concentrerà sulle capacità dei finalisti mondiali  di dare risposte sensate e magari pure giuste ai test ed ai problemi che saranno posti.

Mentre invece in Italia, purtroppo, qualcuno si meraviglierà (e rosicherà) che la figlia di due venditori ambulanti di stoffe possa essere arrivata fino a questo prestigioso risultato. Ma d’altra parte nessun Paese ha il monopolio dei fessi così come nessuno ne è esente. Saranno quelli che fino all’altro ieri inneggiavano a figli di politici sgrammaticati e anche un po’ volgari che per passare la maturità ci hanno messo tre anni e poi una laurea hanno cercato di comprargliela che altri mezzi non ce n’erano. O quelli che negli Usa ci andavano solo per comprare mutande verdi che forse, se le avessero chieste ai genitori di Anna le gliele procuravano senza farli andare fin là. E con meno costi per la Regione.

Comunque, tanto per la cronaca, anche chi ha rappresentato l’Italia alla prima edizione dell’IBB, quella del 2010, ha nome e cognome esotici e si chiama: Klajdi Zeneja. Origini albanesi e studi a Brescia. Capita. Poi nelle successive edizioni sono risultati vincitori nel 2011 Rita Di Cenzo da Sulmona, Flavio Morandi da Rovereto nel 2012 e nel 2013 Giulio Deangeli da Este, provincia di Padova che ai mondiali si è classificato secondo. Gli ultimi due Morandi e Deangeli hanno fatto parte della giuria di questa quinta edizione.

Anna Pan, il cognome deriva dall’ideogramma e non ha nulla a che vedere con il Peter della favola, da grande vuol studiare medicina, sempre che riesca a superare gli sbarellati test di ammissione alla facoltà che a mancarli c’è stato anche un professore ordinario e possibilmente diventare una ricercatrice. Probabilmente ce la farà per la sua determinazione e il suo essere normale. Che di normali così ce n’è un gran bisogno. In tutta questa positività c’è un solo piccolo neo, dice che tra un’ora di palestra e un libro sceglie il libro. Che ci può anche stare ma senza farne un'abitudine perché anche fare un’ora di palestra fa bene alla testa. E fa capire meglio il libro. 

venerdì 11 aprile 2014

Magistratura: Berlusconi scherzava. Ora tacerà.

Una veloce spigolatura di quel che Berlusconi ha detto sui giudici. Ma non era vero niente. Adesso chi glielo va a dire alla Gelmini, alla Santanché, a Brunetta, ma anche a Cicchitto ed Alfano e pure alla De Gregorio e alla Comi e a qualche milione di italiani che era solo uno scherzo. Chissà se un redivivo D’Annunzio rileggendo la vicenda rispolvererebbe il vecchio grido:«Cagoia!»

Il rodomonte Berlusconi Silvio è uno che ha sempre parlato tanto e di tutto. Nei suoi comizi ha sfoggiato una grinta che levati. Uno dei suoi temi preferiti, su molti altri è meglio non dire poiché anche i minori hanno libero accesso alla rete, è senz’altro stato quello della la magistratura. Un chiodo fisso.  Peraltro un tantinello noioso e ripetitivo nelle argomentazioni. Nulla di originale. Sulla figura del giudice anche Fabrizio De André e Roberto Vecchioni si sono esercitati dando però prova di maggior  sarcasmo e cattiveria condita tuttavia da una buona dose di poesia. E soprattutto mai hanno ritrattato. Berlusconi Silvio evidentemente non è come loro. Né per poesia né per disponibilità alla ritrattazione.
Quelle che seguono sono citazioni autentiche di Berlusconi Silvio riportate in ordine sparso.
                    
 «Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana.»  
 «Ahimè, sono sicuro che hanno idee radicate nel passato, nella scuola di Mosca e se andassero a Cuba sono sicuro che tornerebbero solo dopo aver fatto turismo sessuale e senza avere imparato niente.»     
«La magistratura è una malattia della nostra democrazia, dobbiamo assolutamente cambiare l'ordine giudiziario, non lascerò la politica finché un cittadino non potrà andare davanti a un giudice che sia veramente imparziale.»     
«Il pubblico accusatore dovrebbe essere sottoposto periodicamente a esami che ne attestino la sanità mentale
«Io non ho mai attaccato i giudici, anzi il contrario.» 
«Assistiamo a questa vergogna, ormai siamo una Repubblica giudiziaria, commissariata dalle procure.» 
«Abbiamo presentato la riforma della giustizia e per noi è fondamentale, perché in questo momento abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra. »                                                             
«I magistrati vivono in un Olimpo, sono persone che semplicemente hanno vinto un concorso eppure sono incontrollabili e irresponsabili»

E si potrebbe andare avanti per pagine e pagine poiché ci son i «giudici comunisti», i «giudici cancro della democrazia» e via sproloquiando fino all’ultima dichiarazione pubblica del 9 aprile: «La sinistra avvalendosi del suo braccio giudiziario vuole impedirmi di condurre la campagna elettorale.» Tutto coerente. Non fa una grinza. All’apparenza.

Eh, sì perché anche il più feroce dei rodomonti quando poi si trova davanti al redde rationem qualche dubbietto se lo fa venire. E allora ecco il Berlusconi Silvio fare diventare i suoi dioscuri legali , senatore Nicolò Ghedini alla sua quarta legislatura, e Franco Coppi, al momento non parlamentare, latori di una memoria nella quale rassicura i giudici sul fatto che lui tutte quelle cose nel corso degli anni le ha dette per burla. Per far colpo su quell’uditorio di gonzi che quegli insulti voleva sentir dire. Insomma roba politica per raccattare qualche voto straccione ma che nulla aveva ed ha a che vedere con il suo vero sentimento. Perché lui il Berlusconi Silvio dei giudici ha grande rispetto. E pure anche una na ‘nticchia di fifa. Anche se un po’ rodomonte si credeva tanto da dire:«Sì è vero la legge è uguale per tutti ma per me è più uguale che per gli altri perché mi ha votato la maggioranza degli italiani.»

Adesso il problema che poi non è un problema serio si tratterà di spiegare alla Gelmini, alla Santanché e a tutte le altre valchirie così come a Brunetta e Schifani ai berlusconiani autentici e ai falchi, alle colombe, ai piccioni, a Dudù e agli altri cani e gatti nonché ai diversamente berlusconiani insomma a tutti quelli che si sono sgolati a ripetere le fesserie di cui prima che era solo uno scherzo. E che anche loro ci sono cascati. Prosit.
Chissà se un redivivo Gabriele D’Annunzio leggendo la vicenda troverebbe il modo per rispolverare quel che disse di Nitti: «Cagoia!»

Questa volta però il giudice un paletto al Berluconi Silvio l’ha messo: ancora una esternazione offensiva e i servizi sociali vengono ritirati e si va dritti dritti  agli arresti domiciliari. Chissà che ora della fine la giustizia non trionfi. Come nei film .                                                                                                                                                                



mercoledì 9 aprile 2014

Arrestato don Giovanni Desio detto Johnny ed altre storie.

In Curia nessuno si accorge mai di nulla neanche davanti all’evidenza. L’arma segreta è una fissazione dei perdenti. Il posto in banca non è più tranquillo come una volta. Lo stile è tutto, come le raccomandazioni delle vecchie zie. Anche la politica a volte è precaria. Gianna Nannini: presunte evasioni. Il talento giustifica tutto?

Giovanni Desio detto Johnny.  
Di nome fa Giovanni, Giovanni Desio ma si faceva chiamare Johnny. Di professione faceva il parroco a Casal Borsetti in provincia di Ravenna. Che fosse un po’ bizzarro lo si vedeva ad occhio nudo: guidava un suv da 35.000€, si vestiva casual-tamarro con la camicia sbottonata e dopo un incidente d’auto hanno trovato il suo tasso alcolico 4 volte oltre il limite. Era anche direttore del settimanale diocesano. E scriveva poesie sexy. Tutto normale per la Curia di Ravenna. Bisogna essere moderni. Qualche giorno fa Johnny ha ricevuto la visita della polizia. L’hanno portato dentro, Johnny. L’accusa è di sodomia. Avrebbe abusato di adolescenti maschi di 14/15 anni. Adesso in Curia cadono dalle nuvole. Ma come? Il servizio segreto più efficiente della storia non si è reso conto di nulla? Allora è meglio che cambino mestiere. Si prevedono quarti d’ora amari per il vescovo di Ravenna. Francesco, il papa, non ha l’aria di essere tenero su simili questioni.

Dudù non è un cane, è un’arma
Domandone: chi è Dudù? Il cane della Pascale state per rispondere. No, sbagliato è la nuova arma segreta di Berlusconi per vincere le prossime elezioni europee. Per intero il nome della nuova proposta è Dudù act. Anche un po’ per fare il verso a “rullo compressore” Renzi. Il domiciliato di Arcore ha pensato che chi ama i cani e un poco anche i gatti non può non votare Forza Italia. Evidentemente ci vede delle affinità.
Ambasciatore del Dudù pensiero è stato naturalmente Brunetta Renato il bulldog di Forza Italia. Lui in verità vorrebbe essere un alano ma gli hanno spiegato che non è cosa. Brunetta ha subito rilasciato una intervista a Uno Mattina e ovviamente come nelle più belle favole non poteva mancare il pezzo strappa core: Brunetta si è commosso quasi fino alle lacrime raccontando di quando ha perso il suo cane e della sua felicità quando l’ha ritrovato.  Però non si è sentita la versione del cane.

Il banchiere è un mestiere pericoloso.
I banchieri in questo momento non godono di grande popolarità e senz’altro nel mondo qualche accidente gli è stato mandato. Ma adesso si sta esagerando almeno come efficacia: nei primi 3 mesi dell’anno sono già morti 13 banchieri. Nessuno per malattia. Sono tutti deceduti per incidenti o suicidi o drammi familiari che non si sa cosa voglia dire ma suona bene. Ben 6 di questi hanno lavorato in JP Morgan. Da quelle parti evidentemente non deve tirare una buon aria. I soliti complottari diranno che c’è sotto qualcosa che senz’altro non sarà ma anche i giornali inglesi cominciano ad essere preoccupati. Che sia la sindrome dei 10 piccoli indiani di Agatha Christie?

Lo stile è tutto
«In Italia si chiudono molte aziende perché non hanno stile. Le tasse sono solo una scusa.» Chi l’ha detto? Lapo Elkan. Probabilmente stava pensando a Marchionne e ai suoi maglioncini con tanto di forfora sul collo. In effetti come stile è piuttosto down. E anche suo fratello John è scarsuccio in fatto di stile. Forse è per questo che Fiat riduce la produzione e chiude stabilimenti. Mancano di stile.  A saperlo gli si potevano proporre le lezioni in dvd di donna Letizia.

Le raccomandazioni di Ferrara                                                                                
Avanti con le frasi epocali Questa l’ha detta Giuliano l’apostata Ferrara con il suo stile da lord inglese:  «Siccome voglio bene al cavaliere gli dico di non fare cazzate. Di riflettere sulla sua situazione e mantenere il sangue freddo.» Ormai  Giulianone si comporta nei confronti di Berlusconi come se fosse sua zia. Ma non poteva darglielo nel ’94 questo consiglio? Ci saremmo risparmiati 20 anni di trituramento e, per dirla alla Ferrara, una montagna di cazzate di meno.

Tonino cerca un posto.                                                                                         
Antonio Di Pietro è disoccupato e allora che fa? Come tutti manda in giro il suo curriculum . L’ultimo l’ha mandato a Infrastrutture Lombarde la società che si deve occupare per l’appunto delle infrastrutture per l’Expo. Il vecchio direttore generale è finito in galera per maneggi vari. Di Pietro vuole disperatamente rientrare nel giro. Adesso non se lo fila nessuno e oggettivamente fa un po’ pena. Ma poi si ripensa a quando, all’inviata di Report, disse:«Ma tu un podere non ce l’hai?» E allora viene la mosca la naso. No, Di Pietro, si è in tanti a non avere un podere. Lei e D’Alema ce l’avete, perché non ve ne occupate e lasciate in pace gli italiani. Avete già dato. Accontentatevi.

Presunte evasioni                                                                                                    
Alla lista degli evasori eccellenti, dopo Valentino Rossi (ha patteggiato 43 milioni) Tiziano Ferro (3 milioni) e Pavarotti (25 milioni)  si aggiunge la presunta evasione di Gianna Nannini, quasi 4 milioni di €. Lei dice di essere innocente, ma tutti sono innocenti fino a condanna, come ben si sa. L’avvocato Bongiorno, che spazia da casi di divorzio ad omicidi fino all’evasione fiscale, dice che ci sono degli errori. Si vedrà. Per ora alla Nannini hanno sequestrato preventivamente la villa con magazzini e stalle. Si spera che non sia il solito giochino: belli e buoni sul palco e truffaldini nella vita.

Il talento e l’abilità possono giustificare tutto?                                                            
In Mozilla, che è un’impresa liberal e filantropica nonché proprietaria del browser Firefox, c’è stato un licenziamento eccellente. Hanno costretto alle dimissioni Brendan Eich che ne è stato il co-fondatore e ora ne era l’amministratore delegato. Brendan è un genietto del software anzi molto di più: ha disegnato Java script.  E’ stato cacciato perché 5 anni fa ha dato un contributo 1000$ a sostegno di una campagna anti-gay. In passato nel 1993 era stato supporter di  Pat Buchanan un isolazionista conservatore e antisemita che ambiva alla presidenza degli Usa. In Mozilla pensano che uno così non possa stare con loro che sono liberal e progressisti. Hanno fatto bene a cacciarlo? I convincimenti personali, vengono prima delle abilità tecniche o queste giustificano tutto?

martedì 8 aprile 2014

Lilli Gruber si diverte con la Massoneria.

Intervistato il Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia. Lui non ci ha fatto una gran figura ma Lilli Gruber è apparsa assai disinformata e molto ironica. L’atteggiamento che riserva a D’Alema e Scalfari è assai diverso. La Gruber fa parte del gruppo Bilderberg che è detto la loggia massonica mondiale. O magari c'è a sua nsaputa.

Una Lilli Gruber in gran spolvero quella che ha intervistato, lunedì 7 aprile il dottor Stefano Bisi appena eletto Gran Maestro del Goi, sigla che sta per Grande Oriente d’Italia. 
In questa intervista è stata spalleggiata da un dilagante Roberto D’Agostino che, a parte la solita logorrea, ha dimostrato di avere una qualche infarinatura di storia patria. Infatti, il D’Agostino, pizzetto debordante, come la sua voglia di dimostrare d’esserci e soprattutto d’aver studiato ha ricordato che Cavour, Mazzini e Garibaldi erano massoni. Che per i più deve essere stata una rivelazione. E che la massoneria è stata  parte fondamentale se non addirittura unica nella costruzione dello Stato unitario. 

Non ha citato come massone Vittorio Emanuele II,  ma poco male visti i danni che i Savoia hanno arrecato al Paese, e tanti altri ma non ce n’era il tempo e neppure era il luogo adatto. Ha omesso anche, il D’Agostino, di dire che a tutt’ora molti elementi massonici sono presenti nell’iconografia repubblicana a partire dal colore verde della bandiera. Il verde per il massoni, fino dai tempi napoleonici simboleggia tanto i diritti dell’uomo quanto la natura. Per non dire dell’inno nazionale, il cui attacco «fratelli d’Italia» fa per l’appunto riferimento ai fratelli massoni dell’epoca, essendo anche Goffredo Mameli un massone. Ma tutte queste cose Lillyi Gruber non le sa. E neppure le ha cercate. Ma tant’é.

In effetti la conduttrice di otto e mezzo aveva l’aria ridanciana e furbetta del gatto che gioca con il topo e sembrava divertirsi molto a mettere in imbarazzo il povero dottor Bisi con ironie e battutine. Ha esordito dicendo:«Abbiamo con noi Stefano Bisi nuovo Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia più noto come la massoneria.» e, tra un risolino e l’altro ha proseguito dicendo  «come la devo chiamare: Gran Maestro, Venerabile,  Fratello, dottore …». Ignorando, e questo significa scarsa documentazione, che i titoli succitati, a parte quello di dottore, hanno senso soltanto all’interno della loggia e soprattutto che la Massoneria in Italia come nel resto del mondo è suddivisa in molte correnti, dette obbedienze, che si rifanno a principi talvolta diversi. E quindi nessuna obbedienza, neanche il Goi si può definire come la Massoneria tout court. Evvabbé.

Era tanto in palla Lilli Gruber da dimostrare una verve fuori dal comune che mai s’è vista nelle millanta volte in cui ha intervistato D’Alema o Scalfari ed altri pari a questi due. Anzi in quelle occasioni sempre è parsa particolarmente gentile e pure un tantinello sussiegosa, facendo sfoggio di quel bon ton che impedisce al giornalista di far rimarcare le scempiaggini o le non risposte dell’intervistato. È da dire anche che Stefano Bisi s’è dimostrato particolarmente modesto e senz’altro non all’altezza della situazione. Che se questo è il Gran Maestro c’è veramente poco da temere.

Il Bisi infatti non ha avuto la prontezza di rintuzzare le banalità sgorgate a gogò e neppure la capacità di puntualizzare e smentire taluni luoghi comuni che la vulgata attribuisce alla Massoneria. Innanzitutto la segretezza. Le sedi della Massoneria si trovano sulle pagine gialle. Provare per credere. I nominativi degli aderenti sono regolarmente consegnati alla Questura. E certo non resi pubblici così come non sono resi pubblici i nomi degli iscritti ai partiti. Bersani si trincerò dietro la motivazione della privacy per non fornirli a Renzi, in occasione delle primarie, E la Gruber questo dovrebbe saperlo. Quindi è una segretezza tanto per dire. Per entrare in Massoneria basta riempire un modulo e sostenere tre o quattro colloqui, detti tegolature, che devono accertare il reale interesse del neofita. Inoltre bisogna presentare vari documenti tra cui, molto importante, il certificato dei carichi pendenti. Se questo non è immacolato non si può far parte della Massoneria. 

Il Grande Oriente d’Italia come detto è solo una delle obbedienze, forse quella numericamente più importante, Un’altra obbedienza è la Gran Loggia d’Italia, si dice sia la seconda per consistenza, nata nel 1908 da una scissione dal Goi. Il tema del contendere fu la diversa posizione nei confronti della Chiesa, più conciliante e in politica più conservatrice quella della Gran Loggia più radicale quella del Goi. By the way i quadrunviri della marcia su Roma e gran parte dell’establishment fascista appartenevamo alla prima.  Come anche D’Annunzio e come anche il principe De Curtis, in arte Totò e come pure Aldo Fabrizi.

La questione delle donne in Massoneria. Se Bisi fosse stato meno modesto avrebbe potuto dire che il Goi riconosce l’Ordine delle Stelle d’Oriente che accoglie donne e uomini. E se non fosse stato timoroso avrebbe potuto aggiungere che la Gran Loggia d’Italia, obbedienza concorrente alla sua ma pur sempre  parte della Massoneria di rito Scozzese, dagli anni cinquanta ha aperto le porte delle officine (altro modo con cui si chiamano le logge) alle donne. A qualcuno piace aver le donne come socie del club ed ad altri no. Questione di gusti. Tutto semplice e chiaro. Visto che anche a Roma diversi circoli esclusivi non ammettono le donne. Come ad esempio il circolo Aniene e questo la Gruber dovrebbe saperlo e magari pure scandalizzarsi.

Per avere queste informazioni non è necessario essere massoni, in circolazione ci sono abbastanza testi che raccontano della Massoneria, della sua organizzazione e dei suoi scopi. Se poi non si vuol spendere c’è sempre wikipedia che non sarà il massimo della scientificità ma qualche infarinatura senz’altro la dà.  Anche ai giornalisti ed alle giornaliste che vogliano affrontare temi poco noti anche se assai chiacchierati.

Ultimo punto a proposito di segretezza e similia: Lilli Gruber insieme ad una manciata di altri italici da qualche anno fa parte del gruppo Bilderberg. Anche questo è un gruppo “segreto” che si riunisce una volta all’anno e non si sa di cosa discuta. Anzi  le conferenze del gruppo non sono registrate e, a quanto si dice, visto che da quelle parti la segretezza impera, non vengono stesi neppure verbali. Ovviamente i media non sono invitati. Qualcuno ha definito il gruppo Bilderberg come la loggia massonica mondiale. Quindi Lilli Gruber è anch’essa in qualche modo parte della grande famiglia di Bisi. Complimenti. 
Quindi quando si parla di segretezza e occulti maneggi dovrebbe sapere di che si tratta. A meno che non sia finita li dentro a sua insaputa. Anche lei.

giovedì 3 aprile 2014

Il Colosseo lavato con l’acqua è d’oro. Una bella metafora.

Se Matteo Renzi facesse come i restauratori del Colosseo magari caverebbe qualche ragno dal buco. C’è chi pensa che una risposta semplice ad un problema complesso sia stupida, ma non è vero. Le risposte e le soluzioni complicate sono più stupide e richiedono più tempo. Con il Colosseo d’oro sarà contento Claudio Scajola.

Giallo, nelle sue varie sfumature,  sembra essere il vero colore del Colosseo. Il colore dell’oro. Ai romani dell’epoca pareva di imbattersi in un sogno quando svoltando dalle varie strade che in questo confluivano e se lo trovavano davanti. E lo stesso accadrà, moltiplicato per cento, ai contemporanei, appena sarà finito il restauro. Per portare alla luce questa meraviglia di colori è bastato solo lavarlo. A riprova che non sempre le risposte semplici sono sbagliate. O stupide.

Per essere sporco il Colosseo sporco lo era per davvero (e lo è ancora nella parte ancora da sistemare), tutta colpa dell’aria inquinata e degli scarichi delle auto.  Per portarlo a nuovo, ma lasciandogli la patina del tempo. lo stanno pulendo con l’acqua. Acqua semplice, neppure quella con le bollicine e pure pubblica, come da referendum, che quindi dovrebbe pure costare poco. Non sono all’opera macchine sofisticate o studiate alla bisogna, non si stanno usando materiali intrusivi, quindi niente solventi, nessun additivo chimico o detersivo e a quanto pare neppure uno spazzolone che tutto sommato almeno lui, lo spazzolone della nonna, ce lo si poteva pure aspettare. E invece niente. Solo acqua. Oddio, l’hanno incanalata in una bella e tutto sommato semplice ragnatela di tubi costellati da tantissimi semplici ugelli dotati di altrettanto semplici rubinetti per poter regolare l’intensità del getto, ma sempre di acqua si tratta.  E poi ci lavorano anche in pochi: dieci restauratori laureati e specializzati. Più ovviamente il direttore ai lavori che il caso vuole sia una donna. Il che è detto non tanto per fare l’ennesimo e noioso panegirico della produttività e neppure della ormai frusta questione delle quote rose, ma solo per evidenziare un dato di fatto.

Certo che se anche Matteo Renzi, qui nell’accezione di sineddoche per il totale mondo della politica, si accompagnasse a ragionamenti semplici e proponesse altrettanto semplici soluzioni il Belpaese se la caverebbe anche bene e pure velocemente. Visto questo suo inopinato amore per il mito della velocità futurista. Quello che frega i bene intenzionati sono i patteggiamenti, le mediazioni e i compromessi. Magari un po’ di semplice intransigenza farebbe bene. La legge elettorale e gli stipendi pubblici milionari o le pensioni doppie, triple e quadruple, alla Giuliano Amato per non dire di altri in più alto grado che si corre il rischio del vilipendio, con saldi a tre zeri, minimo, sono delle belle prove che però partono quasi (già) perse. Quando si comincia con l’inserire complicati sistemi di calcolo ci si mette da subito nella parte degli sconfitti. E il caso di Moretti e poi quello di Scaroni (già condannato in primo grado che sulla sua prossima nomina ci sarebbe non poco da dire) sono bei banchi di prova. O bei trabocchetti. Diventerà difficile dire che non è stato possibile fare perché i poteri forti sono troppo forti. Ché se un potere non è forte che potere è?  Comunque questa scusa frustra è già stata usata da Berlusconi che nell’evocarla non si rendeva conto, quando mai, di coprirsi di ridicolo. Che fare del vittimismo non aiuta. E mette tristezza.

Indichi Renzi, questa volta nell’accezione di lui-sé-medesimo, cosa vuole fare, bello chiaro e tondo. E magari pure come conta di arrivarci senza tirare in ballo gli obiettivi epocali che quelli li sa dire anche D’Alema. E poi detta chiara tutti gli obiettivi sono buoni che viene raro trovare esplicitato un obiettivo palesemente malintenzionato.  I contribuenti sopra i 300.000€ anno non soffriranno tanto se dovranno pagare un po’ di più di tasse e poi sono, mal contati, solo 28.000. Elettoralmente non rappresentano un granché. Così come sono tutto sommato pochi e ben controllabili gli imprenditori che guadagnano meno dei loro fattorini. Poi si faccia entrare il privato dove il pubblico scalchigna e non il contrario. Della Valle per il Colosseo spende 25milioni€ ne dovrà spendere almeno altrettanti per far sapere al mondo che lo sta facendo e ne avrà un ritorno di immagine. Bene. Se lo merita. Lo stesso si potrebbe fare con Pompei e con il resto del patrimonio archeologico ed artistico che si sta sgretolando o finendo ad ammuffire nelle cantine. E magari così potrebbero venire anche degli stranieri ad investire in sponsorizzazioni. Perché no?  Tutti se ne avvantaggerebbero e ne sarebbero contenti.


Così come senz’altro sarà contento Scajola Claudio. Magari adesso che il Colosseo è ripulito e sembra d’oro, che anche questo l’hanno fatto a sua insaputa, si terrà l’appartamento pagato solo per due terzi. O forse aumenterà il prezzo di vendita. In ogni caso sarà contento.

martedì 1 aprile 2014

Primo aprile: “i pesci” si sprecano.

Il primo giorno d’aprile è sempre ricco di scherzi. Qualche volta surreali ma talvolta anche tragicamente veri. Quest’anno ci sono messi d’impegno in molti. L’ex ministra Fornero, Antonio Razzi, il caso delle baby squillo dei Parioli, i segretari generali della Cgil di Lazio e Lombardia e l’immancabile Berlusconi.

Quando sia nata l’usanza di fare scherzi il primo di aprile nessuno lo sa con precisione, in compenso ha preso piede in tutto il mondo o quasi. Ovviamente gli italiani non possono fare eccezione, quando mai, e i politici in particolare. Per cui sui giornali si può leggere un’ampia rassegna di “pesci” che, a seconda dei punti di vista, sono andati a buon fine.

Antonio Razzi, incredibile dictu, ha presentato una proposta di legge. Per l’esattezza questa porta il numero 1370 e si intitola «disciplina dell’esercizio professionale della prostituzione.» In verità si occupa anche di traffico. Propone infatti che questa, la prostituzione non possa più essere esercitata per strada per evitare, soprattutto ai minori, di assistere a scene disdicevoli ma anche per permettere un miglior scorrimento della viabilità. Chi eserciterà la professione avrà la qualifica di Operatore Assistenza Sessuale (OAS) e trimestralmente dovrà sottoporsi a controlli sanitari. In più è fatto obbligo di utilizzare il condom per « per qualsiasi tipo di prestazione».  E si introduce (è proprio il caso di dirlo) il reato di «danneggiamento di profilattico» Se questo accade «durante una prestazione deve essere denunciato da parte dell'OAS alle autorità sanitarie competenti, entro il primo giorno feriale successivo all'evento, con indicazione delle generalità del cliente.»È ammessa la pubblicità su riviste e quotidiani ma non rivolta ai minori. Anche radio e tv sono mezzi accettati ma solo nelle fasce orarie notturne. I manifesti stradali sono vietati. Pesce d’aprile?. No, vero!

Elsa Fornero, la ministra che si dichiarò «non ferratissima» per il ruolo, ha inviato una autoassolutoria lettera a La Stampa.  Tutte le colpe-imperfezioni-errori della legge che porta il suo nome sono state causate dal poco tempo, dalla fretta, dalle informazioni non pervenute. Che ci fosse pressapochismo neanche a parlarne. Ovvio.  Comunque il punto clou della lettera consiste nella rivendicare «che non c’è alcuna vergogna nella riforma del 2011, bensì severità accompagnata da un forte riequilibrio a favore dei giovani nei rapporti tra le generazioni.» Ognuno si fa del male con i mezzi e la fantasia che ha a disposizione. E lei, la Fornero, l'ha fatto con un tempismo che lascia esterrefatti. Infatti i dati Istat di oggi, 1 aprile, dicono che la disoccupazione giovanile è al 42,3% e in aumento del 3,6% su base annua. Pesce d’aprile? No, vero!

Drammatica l’evoluzione della vicenda delle baby squillo dei Parioli. Molti dei gentiluomini che hanno frequentate Aurora e Azzurra se la caveranno a buon mercato. Anzi alcuni l’hanno già fatto: con il patteggiamento. Bella invenzione questa che tuttavia qualche volta lascia l’amaro in bocca. Pare che i gentiluomini di cui sopra possano scegliere tra tre alternative: cinque messi e dieci giorni di galera, alternativamente 40.000€ di pena pecuniaria oppure la libertà controllata. Il terzo caso prevede il ritiro di patente, passaporto, il divieto di allontanarsi dal comune di residenza e l’obbligo di firma. Probabilmente tutti sceglieranno la busta “b”. Con il pagamento di 40mila€ si eviteranno spiegazioni a mogli, fidanzate, compagne e magari anche ai figli. Alla fine come al solito saranno le vittime a rimetterci. Pesce d’Aprile? No, vero!

Pubblicità compartiva in casa Cgil. I segretari regionali della Cgil di Lazio e Lombardia comprano un a pagina sull’unità per attaccare Maurizio Landini della Fiom. Lo accusano di essere poco democratico, In particolare gli imputano una eccessiva presenza su giornali e televisioni. E per non farsi mancare nulla aggiungono l’accusa di «personalizzazione e scimmiottamento dei politici». Accuse vecchie nei modi e nei contenuti che ricordano la baffone Stalin e la rivoluzione culturale cinese di Mao. Poi per non farsi mancare nulla aggiungono, con scarsa originalità, il rimbrotto di eccessiva «timidezza nell’attaccare il governo.» Mica come loro. La pubblicità comparativa non serve per dire che si è meglio del concorrente ma solo che lui è peggio. Bel colpo compagni. Il tutto a pagamento: su l’Unità.  Pesce d’aprile? No, vero!

Naturalmente non poteva mancare Berlusconi Silvio, ex cavaliere del lavoro. Lui il pesce d’aprile l’ha anticipato. È uno che arriva sempre prima, come piace a Giuliano l’apostata Ferrara. Quindi con due giorni d’anticipo ha lanciato le nuove parole d’ordine della nuova, si fa per dire Forza Italia. Da adesso sarà il partito dei cani e dei gatti: falchi, colombe e piccioni non gli piacciono più. Che dire di essere come cani e gatti non è proprio un’incitazione alla pace ed alla serenità. Ma tant’è. Con cani e gatti il buon Silvio spera di vincere le elezioni europee e di recuperare almeno 10milioni di voti. Tanti paiono essere i possessori di cani e gatti. Per questo ha ordinato ad ogni militante dei circoli a lui intitolati di adottare un cane. Non gli dovrebbe essere difficile. Pesce d’aprile? No, vero!