Ciò che possiamo licenziare

giovedì 11 maggio 2017

Macron non assomiglia a Renzi. Per ora.

Tre o quattro punti in comune non fanno una somiglianza. Le differenze ci sono e sono profonde, a cominciare dalla scelta degli amici e degli alleati. A Macron non piace riciclare Renzi invece per il riciclo ed il pallottoliere ci va matto. Se Macron non si guasta difficilmente assomiglierà a Renzi.



A seguire il senso del titolo non si può che aggiungere:«per fortuna» e poi concludere con «sperando che non si guasti, nel tempo. Cioè che non prenda la piega renziana.»
Apparentemente tra i due qualche somiglianza sembra esserci: la stessa voglia di cambiamento, lo stesso ottimismo, la stessa generazione, l’essere,i più giovani nel ruolo, la (quasi) stessa inesperienza. Ma il tutto finisce qui. Le differenze invece sono molte ma molte di più e senz’altro sostanziali e non formali.

La prima differenza sta sul versante del gusto. Renzi ha commentato la vittoria di quello che definisce “il mio amico Emmanuel” – chissà se Macron lo sa e soprattutto se condivide – dicendo: «Rosico perché lui ha vinto con il 20% mentre io ho perso con il 40%.» Caduta di stile che a Emmanuel Macron mai sarebbe venuta in mente. Anche perché essendo un nipote di Cartesio, dunque razionalista, mai metterebbe in parallelo due competizioni elettorali completamente diverse. Una cosa è un referendum e altro il primo turno per le presidenziali di Francia. Dopo di che, e questa è la seconda, anche i risultati non sono esattamente quelli che racconta il Renzi Matteo, ma a queste sviste oramai lo stivale ci ha fatta l’abitudine. Infatti: vero è che il Renzi ha raggiunto il 40% dei voti nel referendum ma ha dimenticato di ricordarsi che ha avuto contro il 60% dei votanti. Così come è vero che Macron ha avuto il 23,8% dei consensi ma si trattava solo della prima tornata mentre al ballottaggio ha raccolto il 66%. Quando anche il Renzi otterrà gli stessi risultati potrà, forse, tracciare paralleli. Anche se è sconsigliato.

La terza differenza, non solo di stile ma di politica pura, il Presidente di Francia l’ha marcata a soli tre giorni dall’elezione: a Manuel Carlos Valls i Galfetti che si offriva come candidato per la lista La France En Marche ha fatto rispondere: «no, grazie. Non corrisponde ai criteri. – con l’aggiunta di – Non abbiamo la vocazione a riciclare.» Ben altra la storia di Renzi: per lui la corrispondenza ai criteri non è la discriminante essendo più interessato ai voti. Come dire la logica del pallottoliere. Oddio, c’è da dire che i rottamatori, come si era qualificato, alla fin della fiera, sono dei riclatori: da loro escono i pezzi di seconda mano per chi vuol riparare in economia. E infatti il Renzi fu ben felice quando il 2 settembre del 2013 Francescini Dario a Otto e Mezzo comunicò coram populo che avrebbe sostenuto la sua candidatura a segretario del Pd. Franceschini Dario, già sottosegretario alla presidenza con Massimo D’Alema e già tre legislatura sulle spalle, nonché una bella carriera all’interno della vecchia Democrazia Cristiana certo non rientrava tra l’avanzante nuovo. Così come del nuovo non facevano (e non fanno) parte Piero Fassino, Luigi Lusi (l’ex tesoriere della Margherita), Sergio Chiamparino, Marina Sereni,Vincenzo De Luca, Marco Minnniti e via transfugando da ogni tipo di corrente e spiffero di partito. La corrente di Renzi dovrebbe chiamarsi:l’asilo politico.

Quarta differenza: Emmanuel Macron può vantare una carriera lavorativa, nel pubblico (ispettore delle finanze) e nel privato di tutto rispetto. Come dirigente della banca d’affari Rothschild & Cie Banque condusse nel 2010 una transazione da 11,9 miliardi di euro con le commissioni della quale è diventato milionario. Renzi ha lavorato, ammesso e non concesso, solo presso l’azienda di famiglia che coordinava gli strilloni della Nazione in Toscana. Non esattamente due esperienze paragonabili. Infine, ed è la quinta differenza: Emmanuel Macron arriva alla Presidenza della Repubblica Francese, dopo essere stato vice-segretario generale della presidenza della repubblica e poi, per due anni, Ministro dell’economia, dell’industria e del digitale. Noblesse oblige.

Come dire: se Emmanuel Macron non si guasta difficilmente potrà assomigliare a Renzi Matteo.

8 commenti:

  1. meglio se non gli somiglia

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    1. Almeno in cinque punti non gli assomiglia proprio. Per ora.

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    2. Vedremo. A pelle non lo trovo tanto male, a differenza del "nostro", che non mi è mai piaciuto anche in tempi meno sospetti.

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  2. Sinceramente non capisco perche perdiamo sempre tanto tempo a dare commenti .....chi se ne frega se macron assomiglia a Renzi o meno. Sicuramente tutti e due non aiueranno la sinistra contro il neoliberismo. Quindi costriuamoci l'alternativa! L'energia dovremmo convogliarla là secondo me

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  3. Marco Fernando Capodaglio11 maggio 2017 alle ore 16:35

    Il curriculum di Macron caso mai assomiglia di più a quello di Monti , anche se ovviamente più corto

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    1. diciamo che rispetto al nostro può esibire in più prove di tenacia, creatività e spregiudicatezza politiche: a naso dal punto di vista degli skill personali ha qualche marcia in più della media. Probabilmente analoghe le competenze scientifiche, in Monti dimostrate, come anche le sue leggibili ambizioni, con una sorta di sincerità ingenua da professore nel volgarissimo tumulto della nostra vita politica

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  4. Non dimentichiamo, però, che 1 francese su 3 ha votato x un partito fascita che esalta Vichy

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  5. https://www.politicalcompass.org/france2017 Dice tutto( secondo me esagera un pochino su Macron, che oggettivamente è meno liberista di Fillon, ma in linea di massima, e anche di media, ci prende in pieno)

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