Oggi
si celebra l’Europa, ennesima giornata dedicata ad una festa che festa non è. Nei
prossimi giorni il popolo tutto potrà visitare le stanze dove si è discettato
della curvatura dei cetrioli, del calibro dei piselli e dei millimetri quadrati
delle vongole. Napoleone, 1813, sull’Europa aveva ben altre idee.
A seguire il
titolo verrà spontaneo ad alcune lettrici e ad alcui lettori di proseguire
recitando, sottovoce o magari solo mentalmente:
dato il mortal sospiro,
stette la spoglia immemore
orba di tanti spiro,
così percossa attonita
la terra al nunzio sta.
E già, perché c’è proprio da
rimanere attoniti a guardare questa povera Europa così ben disegnata sulle
carte e così inefficiente ed inefficace nel concreto.
Oggi 9 maggio si
celebra la festa dell’Europa. Bell’Europa, che se avesse una faccia sarebbe
ricoperta dal rossore. Però da qualche tempo a questa parte ci son più giorni
dedicati a memorie e feste poco feste che tasselli nel calendario. Non che le
intenzioni siano men che nobili, tutt’altro, ma è la retorica ed i discorsi di
dozzina che in genere fan triste l’evento. E anche quello dell’Europa sotto
questo penoso profilo non si farà mancare nulla. Inclusa la feroce e del tutto involontaria autoironia.
Il primo colpo,
autolesionistico, se lo danno le stesse istituzioni europee aprendo le porte
delle loro sedi, Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo, al grande pubblico. Così
il popolo tutto, composto da scolaresche in gita, pensionati e sfaccendati (i
disoccupati saranno troppo impegnati per andarci) potrà aggirarsi per le stanze
nelle quali politici trombati, o avidi di ogni Paese stanno a disquisire su
tempi fondamentali per la vita degli europei tutti.
E’ in quelle
stanze che si è discettato sulla curvatura del cetriolo, fosse dritto sarebbe
meno gustoso o sul calibro dei piselli, troppo piccoli o troppo grandi sarebbero
indigesti o ancora sui millimetri quadrati delle vongole. Tutti temi epocali ,
giustamente appuntiti, come il gambo delle trottole, e sui quali
inequivocabilmente gira la vita della vergognosa Europa.
Di temi da
trattare i settecentocinquantuno membri del Parlamento europeo ne avrebbero a
iosa ma probabilmente difficilotti o peggio ancora ritenuti ormai demodè.
Con la brexit pare che torni
in auge il francese l’ha fatto capire Monsieur Juncker. Temi vecchi sì, poiché quelli
di cui varrebbe la pena di parlare in quegli enormi e smisurati emicicli, già
diceva il Bonaparte Napoleone che la mamma, Maria Letizia, chiamava
affettuosamente Napolione.
L’idea di
unificare l’Europa e farne un unico popolo era proprio una fissazione per il
Napoleone che in qualche modo portava le stigmate di questo suo desiderio di
unificazione. Lui che, dagli austriaci era chiamato “francese” dai francesi
“italiano”, dagli italiani "corso" e dai corsi "francese". Quel che è certo è che Lui, il
franco-italo-corso, non vagheggiava di verdure e mitili: gli giravano per la
testa temi decisamente più concreti.
Come ebbe a dire
in una conversazione con il pessimo Fouché: « Abbiamo bisogno di una legge
europea, di una Corte di Cassazione europea,di un sistema monetario unico, di
pesi e misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta l’Europa.
Voglio fare di tutti i popoli un unico popolo…» E non parlava di migranti e disoccupazione solo perché all'epoca non erano questioni all'ordine del giorno. Correva, salvo errori od
omissioni, l’anno 1813. Un niente ad arrivare ad oggi. Solo 137 anni per
raggiungere la dichiarazione di Schuman, 175 per definire la curvatura del
cetriolo e 189 per avere una moneta unica. Per il resto ci sarà tempo a
venire.
Dall’Alpi alle Piramidi
dal Manzanarre al Reno
di quel seguro il fulmine
tenea dietro al baleno.
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