Ciò che possiamo licenziare

martedì 27 dicembre 2022

Torna il nonno al servizio delle istituzioni.

Nell’intervista, rasenta tratti di surrealtà, il Draghi Mario racconta che avrebbe voluto continuare a stare al governo. Però con il M5S, che detestava. Se a questa intervista si allega quella di novembre del Renzi Matteo il quadro è diverso dalla vulgata: il M5S non ha colpe.   Il nonno ha quattro nipoti: se lo godano con tranquillità e lungo tempo.


E così, dopo un paio di mesi o poco più, torna alla ribalta l'apotropaico Draghi Mario. Questa volta per raccontare, Corriere della Sera 24 dicembre 2022, che lui al governo ci sarebbe stato fino alla fine della legislatura, ma i partiti, come sempre cattivi soggetti, glielo hanno impedito. Nel suo racconto tutto latte e miele il Draghi Mario ha dimenticato di citare il  suo discorso del 22 dicembre cui è stato assegnato l’emblematico titolo di Il nonno al servizio delle istituzioni. Tutti , anche i più tarlucchi, ma non il Draghi Mario speaker di sé stesso, hanno inteso in quel discorso non solo la disponibilità, ma addirittura il desiderio di essere il candidato unico per la carica di Presidente della Repubblica. E mancavano un bel po’ di mesi alla fine della legislatura. Quella auto candidatura non piacque ad alcuno dei partiti seduto in parlamento, neanche al Pd e a Italia Viva paladini indefessi (da leggersi tutto intero e non in due pezzi) dell’allora Presidente del Consiglio. Al dunque fu rieletto il Mattarella Sergio. Racconta nell’intervista il Draghi Mario la sua non disponibilità a governare senza il supporto del partito di maggioranza relativa, cioè il M5S. In altre parole, per dirla come va detta, è stato proprio lui, il Draghi Mario, a porre l’aut aut, a nessuno venga in mente di chiamarlo ricatto, di avere il supporto del cattivo Conte Giuseppe altrimenti si sarebbe dimesso. Oplà. Allora era lui a volersene andare. L’ha detto. In ciò sostenuto dal Renzi Matteo, lo scorso 21 novembre: c’erano le condizioni, ovvero i numeri, per un Draghi bis anche senza il M5S, ma ci si misero i geni del PD. Speravano, in questo sostenuti dal Draghi medesimo, nel progressivo indebolimento elettorale del M5S grazie alla scissione dimaiana, una vera farsa.Com’è come non è la situazione, degna della penna di Franz Kafka, si compone così: il Draghi vuole al governo i cinque stelle, ma li detesta tanto da chiedere al GrilloBeppe di far fuori il Conte Giuseppe, il Pd, anche lui detesta il partito stellato, ma non è disposto a stare al governo senza di loro. I Cinque Stelle gli garantiscono una sorta di verginità nell’alleanza con Forza Italia e Lega. Tirando quindi la riga tra il dare e l’avere ne risulta quanto segue: il Draghi voleva correre alla carica di Presidente della Repubblica, il PD voleva mantenere il M5S come foglia di fico per coprire la vergogna dell’essere paladino di un governo orientato a destra. Quindi il M5S non ha avuto colpe nella caduta del Draghi Mario. Adesso il Draghi Mario ritira fuori la storia del nonno e ci aggiorna sul numero dei nipoti: sono quattro. Aggiunge: finalmente come nonno può fare quel che vuole e soprattutto non è alla ricerca di altri incarichi siano essi nazionali o internazionali. Assomiglia molto ad una excusatio non petita. Evvabbé. Si tratterà solo di attendere, nel frattempo auguriamo ai quattro nipoti di godersi il nonno e di angariarlo così come devono fare i buoni nipoti e si divertano: gli accartoccino le orecchie, gli tirino i capelli e gli scompiglino le carte, tempus fugit. Alle prossime, certe, future rivelazioni.

Buona settimana e Buona fortuna.

mercoledì 21 dicembre 2022

Più Italia in Europa

In Europa l’Italia si fa notare per via del Panzeri Pier Antonio e i suoi amici. Se la ride la Commissione europea per le misure, bocciate, sul Pos e i contanti. L’avvocato di Silvia Panzeri vuol sapere se nelle carceri belghe si osservino i principi dei diritti dell’uomo.


«Più Italia in Europa!» ha detto la Meloni Giorgia, Presidente del Consiglio, con intenzione di scuotere l’Italia e magari anche un po’ terrorizzare l’’Europa. In verità questo grido di dolore è arrivato fuori tempo massimo: in Europa e in Italia. In verità di Italia in Europa ce n’è un bel po’, anzi, anche troppa. Sono stati esportati alcuni manufatti made in Italy di tutto rispetto: il buon umore e un pizzico di cialtroneria. Ora negli ultimi tempi in cialtroneria si è andati un po’ oltre, ma comunque ci sta. Un ex parlamentare europeo, tre legislature, prima si è fatto corrompere e poi ha indossato i panni del corruttore. Così dicono gli inquirenti del Belgio. Alti pianti e indignazione e arrabbiatura sesquipedale si sono levati dalla base di sinistra colpita nell’onore, mentre il vertice s’è dichiarato, con tutta la capacità burocratica di cui è capace; parte lesa. La base s’è messa a recriminare sui bei tempi, quando la moralità era (quasi) di moda, dimenticando un fatto: il Panzeri Pier Antonio è nato nel 1955 è diventato segretario della Camera del Lavoro Metropolitana quando aveva quarant’anni, anno di grazia 2005, quindi ha fatto tutta la gavetta nel vecchio PCI, Enrico Berlinguer è morto nel 1984, ma non deve aver imparato granché e se ha imparato qualcosa l’ha dimenticato presto e tutto. Così va il mondo. Se questa vicenda fa lacrimare, la base, altro fa  invece ridere, e nella Commissione Europea lo stanno ancora facendo. Dopo le sparate sull’andare in Europa a testa alta e con la schiena dritta e a sistemare le cose la Commissione ha bocciato tutte le misure identitarie prese dal governo di destra a partire dal Pos e dall’innalzamento ai contanti. Per dirne due. E ci vorrà poco quando saranno bocciate anche le risibili misure strombazzate sulle giustizia dal neo ministro Nordio Carlo. In attesa di questo nuovo show ecco pronto a coprire l’intervallo l’avvocato delle signore Maria Dolores Colleoni e Silvia Panzeri, rispettivamente moglie e figlia di quel Panzeri Pier Antonio collezionista di bancanote. L’avvocato De Riso (si legge De-Riso e non Deriso come potrebbero ironizzare alcuni maligni) s’è opposto alla richiesta di estradizione della signora Silvia Panzeri in Belgio dichiarandosi, tg3 della Lombardia del 20 gennaio, in attesa acciocché:«il Ministero (della Giustizia italiano) possa accertare se nelle carceri belghe vengano osservati i principi generali della convenzione europea dei diritti dell’uomo e cioè un trattamento equo». Lo scompiscio è d’obbligo. Come del resto la ricerca del senso del ridicolo. Forse è meglio l’augurio affinché in Europa ci sia sempre meno Italia, con buona pace della Meloni Giorgia, Presidente del Consiglio. E ancora non s’è parlato esplicitamente di pizza e mandolino, ma è nelle cose.

Buona settimana e Buona fortuna

giovedì 15 dicembre 2022

Alice fa la pendolare tra Bruxelles e Strasburgo

Alice sa credere a cose incredibili prima di mezzogiorno e cosa meglio di fare un salto nell’istituzione che si occupa della lunghezza delle zucchine e alla circonferenza delle vongole. I dirigenti, quelli lontani dalla realtà, dei partiti, di sinistra si sentono parte lesa. Quelli di destra non l’hanno mai detto.


Mai Lewis Carroll avrebbe immaginato che Alice, nella sua gioiosa voglia di trovare meraviglie, si sarebbe messa a fare la pendolare tra la casa nella palude e la città delle strade, origini dei toponimi di Bruxelles e Strasburgo, dove allegramente giocano i parlamentari europei. Ma si sa, come diceva Luigi Pirandello, i personaggi prendono la mano agli autori e se ne vanno gironzolando nel mondo a loro piacimento. Alice ha pensato bene, dopo la Brexit, di soddisfare la sua voglia di cose impossibili da credere andando a sbirciare cosa mai succede nel Parlamento europeo. È talmente allenata a credere cose impossibili entro mezzogiorno da voler toccare con mano quanto limpida e trasparente sia quell’istituzione alacremente impegnata a misurare la lunghezza delle zucchine e la circonferenza delle vongole. E poi a credere che dove circolano miliardi e miliardi tutto sia pulito e senza contaminazione alcuna  ci vuole fantasia, Ma le cose incredibili da credere sono tali perché non credibili alla prova dei fatti e non funziona così quando denaro e potere si incontrano, ma lei, Alice, ci prova lo stesso. Ovviamente la totalità dei componenti di quell’istituzione inflessibile, per rigore morale ed etica, sono ben più che trasparenti ed onesti tanto da votare quasi alla unanimità, solo un contrario e due astenuti, una risoluzione sull’esecranda questione qatariota. In contemporanea i media europei e del mondo intero, quelli italici inclusi, propalano la notizia che, forse, ma con ogni probabilità è quasi certo, altri sessanta o giù di lì, deputati europei sarebbero coinvolti nell’inchiesta e la passionaria Manon Aubry della Sinistra Radicale francese dichiara: «Quanto è emerso è solo la punta dell’iceberg».  Cosa incredibile da credere. Così, una sessantina di deputati europei ha votato contro sé stessi ritenendo, con ingenuità, di ripristinare con quel voticchio una verginità ormai da tempo perduta e magari portarlo come prova a discarico in un futuro procedimento. E l’innocente Alice, standosene nella casa della palude (come è fantasiosamente ironica la realtà) crede e crederà con tutta sé stessa che chi ha truffato lo Stato italiano, magari per quarantanove milioni, o abbia nel proprio partito e gruppo parlamentare indagati e condannati in via definitiva, non avrà il coraggio né alcuna voglia di mettersi a fare la morale mentre invece dovrebbe festeggiare l’ingresso di nuovi farabutti nel loro esclusivo circolo dei cialtroni. È questa un’altra di quelle cose incredibili a cui ci si sforza di credere. Così come, altra cosa incredibile da crede entro mezzogiorno è che nessun compagno di partito abbia saputo o sospettato o avuto qualche dubbio nel sentire di lussuose vacanze e di acquististosi e nel constatare stili di vita molto oltre lo standard del normale. Certo questi non sono argomenti politici, ma una qualche battutina senz’altro ci sarà scappata, soprattutto da quelli che salivavano vedendo quella tavola imbandita a cui non erano invitati. Perché non è vero il detto del Formica Rino che la politica sia sangue e merda. C’è il sangue di chi la fa onestamente mentre la merda la portano da casa i delinquenti ed è tutta roba loro. Fa tristezza vedere chi ha iniziato la carriera con le pezza ai pantaloni ritenere  poi di ripulirsi con l’avere scarpe fatte su misura e vestiti griffati e  ... ognuno ha i suoi rifermenti. Ma tant’è. Anche questa è un’altra cosa incredibile da credersi entro mezzogiorno. Ora i gruppi dirigenti  (quelli che vivono ben lontani dalla realtà e dai bisogni correnti delle persone comuni) dei partiti di sinistra lanciano alti lai e si dicono parte lesa. Chissà se adesso i limpidi dirigenti vorranno darsi un’occhiatina tra loro e magari avviare una bella seduta di auto scienza. Di quelle di una volta, quando tutti in circolo facevano emergere le magagne. È un’altra delle cose incredibili da credere. By the way i dirigenti dei partiti di centrodestra non si sono mai sentiti parte lesa. Chissà cosa vorrà dire.

Buona settimana e Buona fortuna

domenica 11 dicembre 2022

Renziani di tutto il PD unitevi!

Bonaccini fa incetta di renziani d’antan e lavora per allargare il perimetro storico. Mette nel carniere anche l’Emiliano Michele e De Luca Vincenzo. Cosa vuol dire l’afflato ideale.


Questo è il grido che percorre lo stivale e fa fremere di passione: Renziani del PD unitevi! A questo va aggiunto un modesto corollario: …e finite di distruggere questo martoriato partito. La fine è meglio della tortura. Un po’ di storia: a distruggere il partito della sinistra hanno iniziato ex comunisti come il D’Alema Massimo, innamorato di Tony Blair, il Veltroni Walter, inventore del partito liquido e poi il neo-liberismo e via destrorseggiando con le ridicole liberalizzazioni fatte a favore di pochi e, come ovvio, a svantaggio di molti. Poi è arrivato il Renzi Matteo e ci ha pensato lui: da rottamatore si è trasformato in demolitore lasciando poche pietre una sull’altra. Era partito con buone intenzioni, ma ha avuto compagni di viaggio poco raccomandabili e, come si sa, chi va con lo zoppo impara a zoppicare. I segretari successivi hanno avuto come faro l’inanità, incistati nelle aree ztl e soprattutto incappaci di prendere alcuna decisione dirimente e siamo ad adesso. Un gran brutto adesso poiché i renziani del PD stanno dando l’assalto alla segreteria per trasformare quello che una volta era un partito di centrosinistra in un partito di centro e basta. E magari, visto quanto stanno combinando il Renzi Matteo e il Calenda Carlo in un partito di neocentrodestra. Il candidato all’apparenza più gettonato è il Bonaccini Stefano, ex comunista convertito al neoliberismo e al renzismo, come noto i convertiti sono i più intransigenti tra gli integralisti. Devono farsi perdonare il peccato originale. Partito con il supporto di base riformista, la corrente del Guerini Lorenzo, renziana che più renziana non si può, poco alla volta il Bonaccini sembra raggranellare consensi un po’ qua e un po’ là. Prima quello del Nardella Dario, renziano della prima ora e poi quello del Ricci Matteo da Pesaro. Emblematica la sua storia: parte da sinistra, ma si colora di renzismo e con l’uscita del Renzi sembra spostarsi a sinistra fino a parere intenzionato a correre per la segreteria nazionale, sempre da sinistra, ma ci ripensa e appoggia il Bonaccini e i suoi occhiali a goccia. Salto della quaglia? Ma gli acquisti del Bonaccini non si fermano a quel perimetro storico ed ecco mettere nel carniere l’Emiliano Michele, mal contati una quindicina d’anni in magistratura e circa una decina in aspettativa. Con il Renzi l’Emiliano diceva di avere poco da spartire, ma la politica è l’arte del possibile e anche oltre. Il prossimo arruolato pare, pare, sarà il De Luca Vincenzo. Anche lui ha avuto rapporti burrascosi con il Renzi, ma si è rappacificato e il figlio maggiore è entrato in Parlamento. Non che ci sia rapporto di causa effetto, ovviamente. E magari altri arriveranno. A questo punto la domanda è: che ci stanno a fare i renziani nel PD? Non potranno certo parlare di amore per il brand della ditta: più squalificato di così… L’attuale legislatura ha tutta l’aria di voler durare i cinque canonici anni e quindi potrebbero allegramente traslocare nel gruppo Azione-ItaliaViva e avranno tutto il tempo di organizzarsi per le prossime elezioni. Se non se ne vanno viene il dubbio sappiano di non avere in portafoglio tutti i voti incomprensibilmente accreditati e per molti ritornare in Parlamento potrà diventare difficile: la Bellanova Teresa docet. Esperienza confermata dal caso dei due Andrea. il Marcucci e il Romano. Al dunque: renziani del PD unitevi e finite di distruggere questo martoriato partito così magari se ne fa uno nuovo, magari anche bello sporco di periferia e di sinistra. Come alternativa andate a… esibirvi altrove. Qui avete già fatto.

Buona settimana e Buona fortuna.

giovedì 8 dicembre 2022

Renzi Matteo il fine umorista e gli altri.

La settimana è iniziata con una barzelletta del Renzi Matteo,  proseguita con quella della Meloni Giorgia poi ci si è messo il Nordio Carlo  e si sta concludendo con il Rosato Ettore. Una settimana tutta da ridere e l’Italia non è il Paese delle banane. Ancora.


 
Tutto si può dire del Renzi Matteo, ma non si può negare abbia senso dell’umorismo e le barzellette come le racconta lui neanche il Berlusconi Silvio ci riesce. Forse per questo il royal baby (de noartri), così lo ha  definito il Ferrara l'apostata Giuliano, guarda-ammicca-aspira-sospira verso i banchi di Forza Italia. Nella appena trascorsa domenica ha lanciato la sua ultima barzelletta: «Majorino deve presentarsi come vice della Moratti e così in Lombardia si vince». Lo scompiscio è ammesso. Naturalmente il Sala Beppe, city manager della Moratti, s’è subito affrettato ad appoggiare la proposta. Cosa vuol dire avere l’animo del famiglio. I sondaggi, per quanto valgono qualche volta quasi niente, raccontano che Mestizia Moratti gode di un ipotetico 15% mentre il Majorino Pierfrancesco ruota intorno al 30%. Come dire: quella con meno chance di vittoria comanda su chi vale il doppio. Chissà se gli americani accetterebbero di lasciare il loro posto nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU al Lussemburgo? Ops! non vorrei aver bruciato la prossima battuta al royal baby. Naturalmente una settimana  iniziata così  poteva solo migliorare e subito sulla pista aperta dal Renzi Matteo si è messa nientepopodimeno che la Presidente del Consiglio Meloni Giorgia: «Liberalizzare l’uso del contante è una misura contro l’evasione fiscale». Avesse aggiunto anche fa crescere i capelli e rende tutte callipige  avrebbe fatto bingo! Lo scompiscio doppio è largamente autorizzato. Neanche un giorno ed ecco il guardasigilli Nordio Carlo, ex magistrato inquirente, lanciarsi in crociata contro le più banali ed evidenti misure di indagine della magistratura. In articolare s’è messo di punta contro le intercettazioni telefoniche. Non sarà, come sospettato dai più maligni dei maligni, che così tanto ardore sia da mettersi in relazione al privato incontro avvenuto, il 19 ottobre, tra l’allora aspirante ministro e il pregiudicato Berlusconi Silvio? Ovviamente a far poker ci si è messo il Rosato Ettore, renziano più di Renzi, nonché padre della legge elettorale definita rosatellum, così vergognosa da far concorrenza al porcellum del leghista Calderoli. Per avere la certezza di essere ben compreso e per significare quanto il calendiano avvio d’inciucio vada speditamente avanti, ha detto di condividere completamente gli intendimenti del Nordio e, se la cosa andrà avanti, lui e il suo gruppo la appoggerà, entusiasticamente, in parlamento. Più che un’opposizione-stampella questa sembra una dichiarazione d’amorosi sensi cui è ben connotata una pietosa richiesta di ingresso.  Settimane fa la Meloni Giorgia affermò con tono perentorio:«L’Italia non è il Paese delle banane». Ha dimenticato di aggiungere: ancora.

Buona settimana e Buona fortuna


giovedì 1 dicembre 2022

Piccoli inciucisti crescono.

Una volta gli inciuci si facevano nell’ombra ora in televisione. Calenda sculaccia i berluscones e li invita a essere più amici del governo. La Meloni Giorgia ha i suoi bei problemi con Salvini e Berlusconi, ma saranno meno se si porta in casa il duo Calenda-Renzi?

Una volta c’erano i grandi inciucisti (i maligni vedono in D’Alema Massimo il più grande di tutti, ma forse è fama usurpata), questi zitti-zitti e quatti-quatti,combinavano accordi nell’ombra delle sacrestie o più prosaicamente nelle cucine. Accordi barattati per alte strategie o almeno dignitosi compromessi, ma così non erano né mai sono stati. L’inciucio¹ è per definizione vergognoso e nulla ha di nobile. Ora i tempi sono cambiati, si è nell’era della comunicazione e tutto deve essere comunicato e così il Calenda Carlo l’idea dell’inciucio l’ha resa pubblica. Raggranellata alla bell’e meglio una manciata di deputati e senatori, in tutto sono 30, ha deciso di mettersi all’opposizione del governo di destra, ma opposizione responsabile. Il senso di opposizione responsabile il Calenda Carlo l’ha chiarito in un battito di ciglia: ha chiesto pubblicamente alla Presidente del Consiglio un appuntamento (i maligni penseranno preceduto da chissà quante telefonate segrete avente a oggetto un qualche do ut des) per presentarle una contromanovra, così il Calenda Carlo l’ha definita, alla legge di bilancio. Ottenuto l’appuntamento s’è presentato con trentacinque pagine suddivise in otto punti e ne ha fatto grazioso dono. Quando se n’è uscito, con l'aria paffutella del bimbo di buona famiglia ha dichiarato di essere soddisfatto e ha aggiunto: «Giorgia Meloni è preparatissima e intelligente: ha apprezzato». Poi per essere sicuro di far ben passare il messaggio ha sculacciato pubblicamente Forza Italia e tutti i berluscones invitandoli ad appoggiare con più energia il Governo e non mettersi a fare un’opposizione strisciante. E così si arriva al paradosso: un partito di opposizione incita un partito di governo ad essere più amico del governo. E questa volta il  Calenda Carlo non era sotto cortisone. L’inciucetto è ben visibile: il Calenda Carlo ed il suo federando amico Renzi Matteo, lontano dalla ribalta non ci stanno bene e dunque si dicono disponibili. I numeri non sono dalla loro: hanno la metà dei parlamentari di Forza Italia, ma probabilmente stanno avviando altri inciucetti, questa volta nella tradizione cioè nascosti, per portare dalla loro forzisti di scarsa fede. Così come ritengono, ahinoi con qualche ragione, di avere l’appoggio dei renziani del PD. Quei renziani di cui il Letta  Enrico, ci è o ci fa?, non s’è voluto disfare. Per fortuna alcuni a lasciali fuori dal Parlamento hanno pensato gli elettori. Però, però, però conviene alla Meloni Giorgia fare il cambio: Caleda al posto di Forza Italia? Deve la Presidente del Consiglio ricordare le recenti performance del Calenda Carlo, su tutte il bacio dato al Letta Enrico, i precedenti non dicono bene e anche quelle del Renzi Matteo, orgogliosamente rivendicante la sua capacità di far cadere un governo ogni due anni. Un’aspide in seno forse è meno pericolosa. Certo la Presidente Meloni Giorgia potrà agitare questo spauracchio con i riottosi alleati, ma il rischio di cadere  dalla padella nella brace è dietro l’angolo. Fidarsi del duo, ammesso che duri, Calenda-Renzi è un bell’azzardo. A meno che il retro pensiero della Presidente non ricattabile non sia per altre elezioni anticipate vista la crescita di cui i sondaggi la accreditano. Magari spera in un plebiscito con un Parlamento tutta dello stesso colore. Ma non sono più quei tempi. Dovrà farsene una ragione.

Buona settimana e Buona fortuna

-------------------------

https://ilvicarioimperiale.blogspot.com/2013/04/linciucio-cose-come-quando-e-chi-lo-fa.html




mercoledì 23 novembre 2022

Maroni Roberto è morto.

I soliti peana con poca memoria della storia e delle sue più significative azioni politiche. Fu il primo ministro dell’Interno pregiudicato. Parlò della omosessualità come malattia, spostò, per due volte, le date delle elezioni per favorire gli interessi di partito.


Come sempre accade quando muore un politico alti peana si alzano e si buttano parole come leale, sincero, simpatico, generoso, al servizio delle istituzioni con onore, dedizione e serietà. Così ha scritto il Fassino Piero ben seguito da moltissimi altri. Tutti con bei larghi vuoti di memoria. Pochi ricordano come nel 1994, suo annus horribilis, in qualità di ministro dell’Interno il Maroni Roberto firmò il decreto salva ladri: scarcerava gli imputati di Tangentopoli. Poi fece ammuina di pentirsi in televisione dicendo di aver firmato un decreto diverso da quello presentatogli in bozza. Come dire: firmava senza leggere, fidarsi di uno così? Nel 2008 gettò letteralmente dalla finestra quattrocento milioni con il non accorpare alle elezioni amministrative (quattromila comuni su ottomila e settantatre province su centodieci) ed europee il referendum sul porcellum, la legge elettorale porcata.  Quindi il voto sul referendum cadde tra il primo e secondo turno delle amministrative. Si giustificò dicendo: gli elettori con tutte quelle schede si sarebbero confusi. Per uno leale e al servizio delle istituzioni non c’è che dire. L’esperienza gli piacque così tanto da ripetere l’esperienza nel 2011 quando disgiunse i referendum sul nucleare e sull’acqua pubblica, ancora una volta dalle amministrative. Come tutto ciò non bastasse vale la pena di ricordare quando nel 2015, come presidente della regione Lombardia, partecipò e sponsorizzò il convegno Difendere la famiglia per difendere la società una delle cui tesi era: l’omosessualità è una malattia e si può curare. Quindi si presentava come i re taumaturghi, quelli del medio evo, capaci, con la sola imposizione delle mani di guarire le scrofole. Evviva. Per essere uno con una passato in Democrazia Proletaria, marxista-leninista, non c’è male. Forse lì c’era capitato per caso. Comunque il suo vero capolavoro fu, nel 2001, il primo a fare il ministro dell’Interno da pregiudicato. Fu condannato a otto mesi in primo grado e poi in appello alla metà e in cassazione a una pena pecuniaria. Tra la sentenza di primo grado e la cassazione il reato è stato abolito. Che bello. Alcuni nel commemorarlo hanno evidenziato la sua abilità di tastierista e di velista. Nel 2016 omaggiò Janis Joplins, definendola rock star trasgressiva e potente. Evidentemente non aveva capito un’acca di quanto la Joplins diceva. Meglio sarebbe stato se si fosse occupato solo di musica e di vela. Per il bene del Paese.

Buona settimana e Buona fortuna

sabato 19 novembre 2022

Moratti Letizia: prima triste uscita a la7

Ambientazione melanconica, tono di voce monocorde, entusiasmo zero. Rivendica profferte da centrodestra e centrosinistra, ma non specifica. Si definisce liberale e popolare e si riconosce nella dottrina sociale della Chiesa. Elenca le tematiche buone per tutte le stagioni, ma neanche un accenno al come fare. E poi la solita tomella de “amo la mia regione”. Banalità.

Venerdì 18 novembre la Briccheto Arnaboldi Letizia, in arte Moratti, ha iniziato la sua campagna elettorale con uno spottone su la7. Poteva essere una buona opportunità è apparsa invece una mesta rappresentazione. Tutto le ha girato male. I suoi consulenti di comunicazione hanno sbagliato lo sbagliabile a partire dall’ambientazione, ecru-beige-marroncino, dal trucco, troppo carico, pareva la riedizione di quello del Berlusconi,  abituccio scialbo e soprattutto dal tono di voce monocorde e melanconico. Entusiasmo: zero. Ha avvalorato con perfezione l’equazione: moderato uguale tristanzuolo. Non ce n’era la necessità, già lo si sapeva. Ha tentato di instaurare un rapporto personale con Lilli Gruber, ma è stata respinta con un gelido ritorno alla formalità: «Moratti ci dica».  Ha buttato là pretese profferte da parte del centrodestra di prestigiose cariche, ma alla domanda di quali fossero non ha risposto se non dicendo quanto sarebbe stato inelegante farne l’elenco. Se si solleva un argomento si deve essere in grado di sostenerlo e magari anche svilupparlo per farlo diventare un punto di forza: non ne è stata capace. Alla domanda:«Lei è ancora di centrodestra? Poiché ha detto che è curioso definirla di centrodestra». Ha risposto di essersi sempre definita una persona liberale e popolare e se proprio ci deve avere una etichetta: la dottrina sociale della Chiesa. Là dove stanno, don Sturzo, don Milani ed altri devono avere fatto più di una piroetta. Cosa ci sia di dottrina sociale della Chiesa nella sua recentissima riforma ultraliberista della sanità lombarda o nell’aver chiesto la distribuzione dei vaccini anti Covid in base al pil lo sa soltanto lei. E dunque ha fornito il destro al sottile Giuli per chiosare:«Questa è una novità». Ha scaricato millant’anni di  berlusconismo e di centrodestra dicendo di essere sempre stata chiamata, come tecnico ha tenuto a ribadire, a risolvere situazioni di crisi. Una sorta di madonna pellegrina. Ma di queste ce ne sono già a sufficienza e di ben altro conio. Per restare nell’ambito della Chiesa. Giusto per sottolineare la sua vicinanza al Renzi Matteo, ha lasciato cadere un «Anche presidenti di centrosinistra mi hanno chiesto di far parte del loro governo». Questa volta Gruber-Giannini-Giuli l’hanno graziata. S’è lanciata anche nell’usuale: destra e sinistra sono solo gabbie perché alle persone interessano le persone competenti. Per questa un modesto Pisapia Giuliano l’ha battuta. A richiesta su come si aspetti di smuovere blocchi elettorali, avendo fatto il salto della quaglia in soli dieci giorni ha risposto con la solita mestizia elencando l’usuale refrain alla viva la mamma: il territorio, il digitale, le infrastrutture, il rilancio delle medie e piccole imprese. E ha rivendicato di avere visione-metodo-competenza-esperienza e soprattutto di averlo dimostrato. Ognuno si inganna come crede. Dimentica la Bricchetto Letizia che un tombino non è solo un tombino: dipende dove lo si  mette e in quale contesto. Questo lo fa diventare di destra o di sinistra. Ovviamente in ogni spot ci vuole anche un po’ di umorismo ecco sparsi come il prezzemolo i temi della transizione ambientale, della crescita inclusiva e degli investimenti nella competitività. Temi con i quali pare non avere tanta confidenza dalle occhiate lanciare ai foglietti degli appunti. Ma tant’è. Infine domanda trappola di Giuli: «Se perderà rimarrà a fare l’opposizione in regione Lombardia o cercherà una dimensione nazionale?» Ci casca in pieno e dopo un flebile «Vincerò» aggiunge:«Il mio progetto va oltre la regione Lombardia …».  Renzi, Calenda, ma anche Gelmini e Carfagna sono avvisati. Nel pollaio di Azione-ItaliaViva i pennuti e le pennute si moltiplicano. E con mestizia si finisce.

Buona settimana e Buona fortuna

giovedì 17 novembre 2022

Il gettone, Calenda, Letta e altre amenità.

Il Calenda e il Letta si lanciano sui missili caduti in Polonia prima dei più feroci guerrafondai: a far gli eroi con la pelle degli altri costa nulla. Il Severgnini per fare real politik pecca di umanità. L’ing. De Benedetti  benedice la Moratti. Crede che combatterà le disuguaglianze e la distruzione del pianeta.

Il Renzi Matteo per ironizzare sulla vecchia nomenclatura del PD disse: «se gli mettessimo in mano un telefono cellulare chiederebbero dove va inserito il gettone». Il suo socio politico Calenda Carlo senz’altro mai avrebbe rivolto si peregrina domanda sapendo far funzionare alla perfezione non solo il telefono cellulare, ma anche i social. Quello che tuttavia il Calenda Carlo sembra non aver chiaro, quando si balocca con il suo i-Phone, è un semplice concetto: il cellulare va innanzitutto connesso al cervello. Forse per questo collegamento serve il gettone. E infatti appena avuta notizia del missile caduto in Polonia subito l’anima guerrigliera del Calenda si è scatenata e collegato a twitter ha digitato: La follia russa generata dalle pesanti sconfitte continua. Siamo con la Polonia, con l’Ucraina e con la NATO. La Russia deve trovare davanti a se un fronte compatto. I dittatori non si fermano con le carezze e gli appelli alla pace. Nessuno dei grandi del mondo aveva ancora spiccicato parola e anzi tutti, per intenderci quelli con gli organi stabilmente collegati tra loro, prendevano tempo e cercavano di indagare, di analizzare, di  soppesare e infine di capire. Ma non l’impulsivo e reattivissimo Calenda di cui probabilmente né i polacchi, né gli ucraini sanno alcunché. In questo anticipato nientepopodimeno che da occhi-di-tigre Letta Enrico, noto per essere una scheggia. Infatti, l’Enrico anticipava di qualche miniuto il Carlo twittando: a fianco dei nostri amici polacchi in questo momento drammatico, carico di tensione e di paure. Quel che succede alla #Polonia succede a noi. E anche qui i polacchi, dopo aver considerato come sia usuale fare gli eroi con la pelle degli altri, si saranno chiesti per un breve istante chi sia costui per poi tornare ad occuparsi delle cose importanti della vita. Anche in questo caso il gettone sarebbe servito. Come sarebbe servito al Severgnini Beppe quando se ne è uscito con: «io credo che prima di considerare i due missili, caduti tra l’altro su una fattoria e centrato due essicatoi del grano e ucciso due agricoltori polacchi e dire che applichiamo l’articolo 5 e ci consideriamo in guerra con la Russia ce ne corre.» Un po’ di rispetto per i due polacchi morti non avrebbe guastato. E poi c’è l’ing. De Benedetti Carlo, parte bene : « Un partito progressista che non metta in cima al suo programma le disuguaglianze e la distruzione del pianeta non serve a niente – e aggiunge - il PD ha conquistato la borghesia e perso il popolo - giusto giustissimo e poi la perla – Moratti può farcela. Se il PD la appoggiasse, secondo me ce la farebbe.» Come dire che la Bricchetto Letizia, in arte Moratti, stia con il popolo e soprattutto sia contro le disuguaglianze e la distruzione del pianeta. Essendo rampolla e moglie di petrolieri potrebbe anche starci. Però per crederci spassionatamente il gettone non va inserito, ma tolto.

Buona settimana e buona fortuna.

giovedì 10 novembre 2022

Perché i renziani del PD non vanno con il Renzi?

Andarsene con Renzi  nel 2019 era un azzardo, dei quaranta che  lo seguirono solo quattordici sono rientrati in Parlamento. I renziani restano nel PD: gli manca il coraggio o sanno di non contare nel Paese. La passionaria Rosy Bindi propone lo scioglimento: la destra con la destra  e la sinistra con la sinistra.


I renziani del PD assomigliano ai tedeschi del Volga. Sono tedeschi, ma non gli sconfinfera l’idea di andare a vivere in Germania. O come i rumeni di Moldavia: hanno anche il passaporto della Romania, ma preferiscono starsene in Moldavia. Quando il Renzi Matteo se ne andò, insalutato ospite, decise di lasciare nel Nazzareno la gran parte dei suoi guastatori e si portò dietro solo i più fidati-affidabili-disperati e qualche caso umano. Covava l’idea di condizionare comunque il partito di cui era, inopinatamente e sciaguratamente, diventato segretario. Come suggestione ci poteva pure stare. C’era poi d’aggiungere la non garanzia di tornare sui nobili scranni in caso di elezioni e già questa era una buona scusa. Infatti dei quaranta che lasciarono il PD nel 2019 solo quattordici sono rientrati in Parlamento. E già, perché i renziani erano maggioranza, o giù di lì, negli organismi di partito, ma nella base e tra l’elettorato contavano e contano un po’ meno del niente. E anche questo ci stava. Infatti il partitucolo renziano se non fosse inciampato nel Calenda Carlo, incapace di raccogliere le firme per presentare in autonomia le sue liste, con grande probabilità non sarebbe tornato in Parlamento. E tutti se ne sarebbero dimenticati in un batter di ciglia e forse solo il Berlusconi Silvio l’avrebbe rimpianto. Quindi ci sta che il grosso dei renziani se ne sia rimasto quatto quatto dentro le calde e confortevoli stanze del Nazzareno. Anche in considerazione che il Letta-Cromwell, a parte il Lotti, la Morani e pochi altri per fortuna cancellati dal risultato elettorale come il Marcucci e il Romano, la gran parte se li è tenuti temendo chissà cosa. E così Guerini, Del Rio, Ascani e quelli autodefinitisi riformisti, senza dimenticare Franceschini e Fassino, sono ancora lì a giocare di sponda con il Renzi, Adesso invece la situazione è cambiata. La maggioranza, nonostante tutto è ben salda, la legislatura promette di durare cinque anni e dunque c’è il tempo, e la speranza, tutta teorica, di abbindolare qualche elettore e magari liberarsi del Calenda Carlo. Detto tra noi la convivenza non durerà. E allora perché i renziani del PD, disposti già da adesso ad abbracciare la Bricchetto Letizia in arte Moratti nonché mamma di Batman (si veda l’articolo del Gramellini Massimo su La Stampa 4 marzo 2011, nel quale si faceva riferimento a una inchiesta di cui si son perse le tracce) se ne stanno rintanati dentro un partito alla deriva e non se ne vanno?  Gli manca il coraggio? Ne hanno mai avuto, c’è da chiedersi. Gli manca la fiducia in Renzi? Ad averne. La coscienza di non essere in grado di portarsi dietro neppure il portaborse? La paura di perdere lo stipendio? Forse sperano di lucrare sul brand PD: partito di sinistra fuori e democristiano dentro? La passionaria Rosy Bindi, guarda un po’ chi tocca definire passionaria, suggerisce al PD di sciogliersi: la destra con la destra e la sinistra con la sinistra, tertium non datur  E questa sembra la soluzione più confacente. I pretesi riformisti da una parte e vadano ad allearsi con la destra: si parte dalla Bricchetto Moratti e si ritornerà in quattro-e-quattro-otto alla giunta Milazzo del 1958. Dall’altra parte quelli di sinistra, senza gli elefanti del passato, hanno già fatto danno a sufficienza, focalizzata sul progresso e non sullo sviluppo, magari impegnata dalla parte dei precari, della sanità pubblica e delle periferie, poco interessata alle privatizzazioni e molto all’efficienza sociale. Un’utopia? Forse, ma magari anche no.   

Buona settimana e Buona fortuna.

sabato 5 novembre 2022

Il discorso di Giorgia


Il vero discorso di presentazione del governo alla Camera e al Senato Giorgia Meloni non l’ha mai recitato, è rimasto nel cassetto. Avrebbe voluto cominciarlo con: «Avrei voluto fare di quest’aura resa sordida e moralmente buia….» Ma non ha potuto. È studiosa, ambiziosa, intelligente e furba. Per questo è pericolosa.



Quello che abbiamo ascoltato il 25 ottobre alla Camera, poi replicato il 26 al Senato è stata la copia b del discorso preparato e tenuto in serbo per anni e anni. Giorgia Meloni avrebbe voluto esordire alla Presidenza del Consiglio con ben altre parole e ben altri concetti. Avrebbe ambito dire: «Avrei voluto fare di quest’aula resa sordida e moralmente buia da peracottari, creduloni, corrotti, condannati, inquisiti, amici di mafiosi, inciucisti, doppiogiochisti e voltagabbana,un posto pulito, dove gruppi  di brave persone, vogliamo chiamarli manipoli?, lavorano al servizio del Paese. Avrei voluto, ma non ho potuto.» Eh, sì, a chi non piacerebbe, al netto dei signori di cui sopra e di una serie di ignavi e inetti, lavorare per il bene della comunità (Patria-Nazione-Famiglia) e sapere che ogni atto lì dentro compiuto è destinato ad essere un moltiplicatore di progresso, innanzitutto morale e culturale e infine economico. A chi non piacerebbe? Domanda retorica il giusto con risposta scontata: a nessuno. Altrimenti non saremmo arrivati al punto in cui siamo. Ecco, sì, Giorgia Meloni avrebbe voluto, ma non ha potuto. Non ha potuto perché la compagnia di giro che si porta appresso, nella più parte, è gretta, rozza e ignorante e fanatica oltre ogni ragionevole dubbio. Basta scorrere la lista dei membri del governo e del sottogoverno per rendersene conto. Chi ieri era stato costretto alle dimissioni (sacrosante) oggi ritorna tronfio e gaudente: nessun governo al mondo se lo permetterebbe. È duro essere un’aquila quando si è circondata da gallinacci. E allora eccola recitare diligentemente la parte della reazionaria stupida capace di difendere l’indifendibile ed arrampicarsi sugli specchi per dare senso a ciò che un senso non ce l’ha. E poi indossare, metaforicamente, il ben spazzolato doppio petto una volta dell’Almirante Giorgio  e ancor più, oggi, il monopetto del Draghi Mario, con l’aggravante di avere un inglese fluente- Non si fa fatica a immaginare le matte risate, una volta ritornata in famiglia con madre, compagno, sorella e cognato mentre commenta i fatti del giorno. Giorgia Meloni è definita, coram populo come studiosa, intelligente, ambiziosa e soprattutto furba. Per questo è massimamente pericolosa.

Buona settimana e Buona fortuna   


giovedì 27 ottobre 2022

Povera Serracchiani. Povero PD.

Dibattito alla Camera: la Serracchiani viene ridicolizzata. “Le sembra che io stia un passo dietro agli uomini” dice Meloni. Non sono le polemichette a dare egemonia culturale, ma il saper cosa fare e il come fare. Il PD non lo sa e nemmeno la Serracchiani.


L’intervento della Serracchiani Debora, capogruppo del PD alla Camera dei Deputati, è stato scialbo il giusto. Come la sua lettura del resto. Ha giocato su banalità: il numero delle donne nel governo, non ha notato di quanto siano diminuite nel suo gruppo, è scivolata sul passo dietro gli uomini e ha tentennato dicendo di timori, ripeto timori. Evidentemente non si rende conto di quanto lei e il PD siano lontano dalla realtà. Frase questa da lei pronunciata, rivolgendosi alla allora dirigenza del PD, nel marzo 2009, frase fortunata: nell’aprile il Franceschini Dario la candidò, eletta, al Parlamento europeo. Nelle primarie dello stesso anno lei sostenne il Franceschini Dario nella corsa alla segreteria del partito, non eletto. Ecco, se la Serracchiani Debora fosse vicino alla realtà per non dire dentro la realtà, avrebbe dato ben altre motivazioni al voto di sfiducia. Avrebbe, per esempio, dovuto incalzare, la Presidente del Governo sul come fare, visto quanto piace a Meloni Giorgia il verbo fare, a mettere in pratica il suo ampio programma. E allora sarebbe piaciuto sentire la Serracchiani Debora e magari anche tutto il PD chiedere alla Meloni Giorgia come intenda spendere con efficacia i denari del Pnrr, e come intenda cambiarlo e come voglia modificare il reddito di cittadinanza, tenendo conto che, dati Inps alla mano, la gran parte dei percettori non può oggettivamente lavorare. Sarebbe piaciuto sentirla chiedere come fare perché una donna non debba rinunciare a lavorare per avere un bimbo e come fare a che molti immigrati non debbano lavorare a condizioni non accettabili per gli italiani. Perché a fare un bel discorso sono buoni tutti, ma come dicevano le nostre nonne e bisnonne: tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E, soprattutto, per saper far domande intelligenti e non polemichette da strapazzo bisogna conoscere le risposte. Ma le risposte la Serracchiani Debora e il PD non le conoscono.

Buona settimana e Buona fortuna

sabato 22 ottobre 2022

Perché loro sì e gli altri no?

L’on. Meloni Giorgia, dopo il 31 ottobre 1922 o il 26 marzo 1960, per la prima volta formerà un governo di destra. Perché la destra può esprimere una simile leader. Evidentemente la provvidenza preferisce la destra. Il metodo togliattiano della cooptazione ha clamorosamente fallito sia sul versante sia su quello femminile. E la gggente dorme.


In soli 7 minuti il Presidente Sergio Mattarella ha ricevuto, salutato, fatto due domande, ascoltate le risposte, affidato l’incarico a Giorgia Meloni e congedato i 12 componenti della delegazione del centro destra. Il Presidente Mattarella dopo cinque, tante ne ha fatte, consultazioni per la formazione del governo, per la sesta ha voluto stringere i tempi perché anche questa volta sapeva già come sarebbe andata a finire. È come leggere lo stesso giallo con cinque titoli diversi e sapere fin dall’inizio che l’assassino è sempre lo stesso. Quindi cotta e mangiata. Le novità sono due: il presidente del consiglio (citazione da Giorgia Meloni) è una donna e il governo che si sta formando è di vera destra. È la prima volta dopo il 31 ottobre 1922 o, se si preferisce, il 26 marzo 1960. Però in entrambe le occasioni il presidente era un uomo. La donna in questione è Giorgia Meloni e lei , l’onorevole Giorgia Meloni nelle ultime settimane ha dimostrato di essere dura più di quanto ci si possa aspettare da un uomo. Ha schiaffeggiato senza timore reverenziale il fondatore del centro destra e messo a tacere senza troppo clamore il pierino  padano. E, sempre senza tanto chiasso, ha formato il governo voluto; agli agée, maschi o femmine pari sono, ha lasciato briciole dichiarando e facendo dichiarare di non temere eventuali prossime elezioni anticipate invece temute dagli altri. Tutti gli altri. Alla gggente i “no” dell’on. Meloni piacciono e l’on. Meloni nella parte della dura piace ancora di più, perché la gggente ha un debole per la provvidenza e i suoi mandati. Domanda: possibile che la provvidenza guardi solo a destra? E poi ancora: è immaginabile nella sinistra, lasciando perdere l’ameboso centro di nulla capace e col popol mendace, veder sbocciare e soprattutto svilupparsi una personalità come l’on. Giorgia Maloni? I segretari del PD degli ultimi dieci anni, dieci anni fa nasceva FdI con tre fuoriusciti dal Popolo delle Libertà : Meloni, La Russa e Crosetto, sono stati più allenati ai tentennamenti e alle cosiddette mediazioni e mai hanno dimostrato neppure per un minuto la stessa determinazione e lo stesso chiaro disegno strategico. E si sta parlando solo di metodo e non di merito. E per di più l’on. Meloni è donna. Basta buttare un occhio distratto alle personalità al femminile espresse dal PD per avere un giramento di capo.  Quindi dov’è il baco nella sinistra? Sia nella selezione di leader (maschi o femmine) sia nella parità di genere? La togliattiana politica della cooptazione è degradata generazione dopo generazione: un mediocre potrà cooptare solo uno ancor più mediocre di lui. Così è. Con un punto in più: l’on. Meloni può dichiarare pubblicamente di non essere ricattabile. Chi può dire altrettanto? E la gggente, plaudente Berlusconi, Monti, Renzi,il M5s e Salvini e Draghi e oggi Meloni, sempre più si allontana dalla politica e dorme. Quando si sveglierà?

Buona settimana e Buona fortuna,

 

mercoledì 19 ottobre 2022

Berlusconi tra Freud e Totò

Giornata dadaista quella del 18 ottobre con protagonista assoluto il Berlusconi Silvio. Due soluzioni: studiarlo e scompisciarsi. Ognuno scelga la sua. Ma c’è sempre la responsabilità dei cittadini.

Freud, Jung e persino Lacan se avessero avuto sentore della giornata di ieri avrebbero chiesto al cielo di ritardare il loro ritorno alla casa del padre. E l’avrebbero fatto anche Groucho Marx, Buster Keaton e Totò. Mai si sarebbero perse le performance del Berlusconi Silvio. I primi l’avrebbero fatto per studio mentre i secondi per scompisciarsi. Il dubbio su quale delle due posizioni scegliere è più che amletico e quindi non resta che godersi l’evolversi della situazione. Il Berlusconi Silvio, dopo aver insultato politicamente (votazione per la presidenza del Senato) e poi personalmente /prepotente, arrogante, supponente …) la leader del suo schieramento, in poche ore è passato dal biascicare scuse per il ritardo all’appuntamento in via della Scrofa, al ribaltare quanto appena (apparentemente) condiviso con la “Signora Meloni”. E così ha riassunto la sua andata alla sede di FdI in fasi. Fase uno: non mi ci ha spinto nessuno, ci sono venuto di mia spontanea volontà, siamo d’accordo su tutto, la “Signora Meloni” mi ha chiesto di essere il suo consigliere. Scompiscio o studio? Fase due: anche la “Signora Meloni” è d’accordo sul nome di Maria Elisabetta Alberti (Casellati è il cognome del marito)  al Ministero della Giustizia, vedrò (chissà quando) il senatore Nordio solo per conoscerlo,. Scompiscio o studio? Fase tre: “sono stato il fondatore del centrodestra” e racconta di un dolcissimo scambio alcolico con Vladimir Putin: vodka contro lambrusco. Scompiscio o studio? Fase quattro: presenta l’elenco dei ministri del prossimo governo senza aver avuto ancora l’incarico.  Se mai l’avrà. Scompiscio o studio? Fase cinque: ricorda alla “Signora Meloni che “il suo uomo lavora per Mediaset”. Ha voluto sottolineare alla “Signora Meloni” che nessuno è non ricattabile al 100%. Se questo è il ricatto c’è di che scompisciarsi, non si sta parlando di un oscuro dipendente, ma di un personaggio, suo malgrado, ormai diventato pubblico. Andrea Giambruno, il compagno di Giorgia Meloni, è un giornalista e se il Berlusconi Silvio decidesse di licenziarlo troverebbe, con molta probabilità,  un'altra collocazione in meno d’un battito d’ali. Comunque tutto ciò posto: l’inflazione avanza, l’economia dimostra tutta la sa fragilità, la povertà e le differenze invece pure, la guerra tra Ucraina e Russia continua e dimostra una volta di più di non essere un pranzo di gala. Ma per saperlo non era necessaria anche questa prova. E dulcis in fundo il Lollobrigida Francesco Capogruppo di FdI alla Camera, nonché cognato della Meloni Giorgia, dichiara di non temere nuove elezioni. E i cittadini? Al di là delle scuse (banali) nella realtà dei fatti se ne fregano e hanno quel che si meritano. Scompiscio o studio?.

Buona settimana. Buona fortuna.

domenica 16 ottobre 2022

Giorgia Meloni: comincia con un atto di sinistra

Senza dirlo la Meloni Giorgia non si fa complice del conflitto di interessi. Toglie al Berlusconi Silvio la possibilità di manipolare le leggi della giustizia e del mercato. Il Letta Enrico mendica all’estero solidarietà per la sua inanità, lo fece anche il Berlusconi Silvio con Obama e fu vergognoso. Chissà se la Meloni Giorgia fermerà la sua pulsione di sinistra a solo questo episodio.


La Meloni Giorgia, donna.madre-cristiana, non è ancora al governo e già comincia a sparigliare commettendo un atto di sinistra.  Le differenze tra destra e sinistra ci sono e sono tante. La sinistra ama le regole, la destra il laissez faire, la sinistra ha come obiettivo l’uomo, la destra i soldi, la sinistra è inclusiva, la destra è escludente, la sinistra pensa ai beni comuni, la destra alle privatizzazioni, la sinistra detesta  (almeno dovrebbe)  il conflitto d’interessi, la destra se ne frega ed è naturale. Ora riportiamo gli elementi del breve pistolotto a Giorgia Meloni e, un per l’altro, lo schema corrisponde eccetto che per l’ultimo punto: il conflitto d’interessi. Questo è il motivo per cui il Berlusconi Silvio è così seccato, anzi molto seccato, anzi veramente fuori dai gangheri. La Meloni Giorgia ha deciso che non gli metterà a disposizione né il ministero della giustizia e neppure quello dell’industria con diramazione alle telecomunicazioni. La Meloni Giorgia non vuole certo giocarsi credibilità e reputazione per difendere uno capace di scavallare processi e, verosimilmente, condanne con leggi ad personam e prescrizioni. Per chi ha ottenuto rinvii processuali, accampando le più puerili scuse e avvalendosi della perizia di un brillante avvocato (per salvarlo lo ha definito utilizzatore finale e nell’aula di un tribunale, dove campeggia la scritta La Legge è Uguale per Tutti, se ne è uscito con l’affermare, più o meno: Certo, la legge è uguale per tutti, ma la sua applicazione va adattata all’imputato) e soprattutto non suole macchiarsi per un condannato in via definitiva per truffa ai danni dello Stato. Quello Stato che il Presidente del Consiglio deve rappresentare nei consessi internazionali. Ecco, per impedire al Berlusconi Silvio di ancora una volta manipolare le leggi della giustizia e quelle del mercato la Meloni Giorgia si è decisa a fare una cosa di sinistra. Quella cosa tanto di sinistra, ma così incapace di far breccia nei governi di centrosinistra (Prodi, D’Alema, Amato e poi ancora Prodi, Letta, Renzi e Conte) figurarsi poi nei due pessimi governi dei migliori (Monti e Draghi) dove proprio non c’è stata storia.  Ecco, la Meloni Giorgia ha in mano un atout formidabile e l’ha subito dichiarato: non sono ricattabile. Chissà quanti dei facenti parte i passati governi di centrosinistra possono dire altrettanto. Certo fu illuminante l’intervento del Violante Luciano, era febbraio 2003, Camera dei deputati¹, quando rivendicò al suo partito di aver dato, nel 1994,  garanzia piena che non sarebbero state toccate le televisioni e poi, di non aver sollevato la questione del conflitto di interessi, di aver dichiarato il Berlusconi Silvio eleggibile nonostante avesse concessioni, ecc.  In altre parole è solo grazie al centrosinistra se la parola inciucio ha acquisito notorietà². Forse la Meloni Giorgia ha deciso di tirarsi fuori da questo pantano: decisione decisamente di sinistra. Nel frattempo il Letta Enrico, va mendicando solidarietà dai partiti socialisti esteri imitando il Berlusconi del 25 maggio 2011 quando biascicò a Obama della dittatura dei giudici italiani. Penoso il Berlusconi, ancor più penoso il Letta, con l’aggravante di aver già visto la scena oltre undici anni fa. A questo punto rimane un solo, unico disperato, angoscioso timore: che la Meloni Giorgia continui a fare cose di sinistra. Si capovolgerebbe il mondo. Ma non accadrà. E forse, allora, nascerà una nuova sinistra. Pulita.

Buona settimana e Buona fortuna.

¹) https://www.youtube.com/watch?v=R1ayeOvurxE

²) https://ilvicarioimperiale.blogspot.com/2013/04/linciucio-cose-come-quando-e-chi-lo-fa.html

venerdì 14 ottobre 2022

Giorgia Meloni è al lavoro.

Ormai è diventato un mantra. Il primo frutto del suo lavoro è l’elezione di Ignazio Benito Larussa. Il secondo: aver dimostrato di poter fare a meno di Forza Italia. L'ha soppianta con truppe reclutate nell’opposizione, Non è una novità sarà da vederne il costo. Non vuole cedere il Ministero della Giustizia a Berlusconi. E questa è una prova di dignità. E se al suo posto ci fosse stato il Letta Enrico?


Giorgia Meloni è al lavoro. Questo il mantra ripetuto, ormai da qualche settimana, ogni giorno da tutti telegiornali. Giorgia Meloni è al lavoro, dicono. E lo dicono con sottili sfaccettature di tono. Talora obiettive: la Meloni Giorgia ha avuto una riunione, Talaltra apparentemente ossequiose, come dire già istituzionale. Talvolta sembrano invece vagamente irridenti e di quasi stupore, come dire non l’ha mai fatto. Altra affermazione ricorrente è definire la Meloni Giorgia come Presidente del Consiglio in pectore , ma fino alla conclusione delle consultazioni vale il detto del Trapattoni Giovanni: non dire gatto finché non l’hai nel sacco. D’altra parte i due accompagnatori della Meloni Giorgia saranno anche compagni di strada, ma è difficile considerarli amici-amici. Anzi sono ben pronti a sgambettarla, non tanto per farla cadere quanto per acciaccarla e metterla sotto tutela anche se la somma dei loro voti è di gran lunga lontana da quelli piovuti addosso alla Giorgia-donna-madre. Comunque giovedì13 ottobre un risultato apprezzabilissimo si è visto: ha messo in crisi il suo schieramento. Il casus belli sembra sia il non volere al Ministero della Giustizia la mandata di un condannato per truffa ai danni dello Stato e neppure un’altra sua inviata in un qualsiasi altro ministero di peso. Come darle torto. Un po’ di dignità. Ve l'immaginate il Letta Enrico nella stessa situazione? Però il suo lavoro, qualche frutto l’ha dato: ha dimostrato di avere amici anche nella minoranza, chiamarla opposizione sembra caricarla di eccessive responsabilità. Comunque è lecito pensare, e non si è nel regno della fantascienza, che i soccorritori si aspettino (o abbiano già contrattato, più probabile) una qualche forma di risarcimento. Ça va sans dire. La chiamano politica. Solo con l’intento di nobilitare la cialtronaggine, ma è storia antica. Attenzione però: i mercenari sono al soldo del miglior offerente, come i centoeuno che affossarono il Prodi Romano. Alcuni politologi sostengono che così facendo la Meloni Giorgia si sia indebolita, ma non è vero. Ha dimostrato di poter fare a meno di Forza Italia:, ha buoni rimpiazzi. E  contestualmente, ha metacomunicato al Berlusconi Silvio di darsi una calmata e di stare al suo posto. Al dunque, il collezionista principe dei busti di Benito Mu. nonché quello che disse: mi iscriverò ad Alleanza Nazionale un minuto prima di morire, così a morire sarà uno dei loro, adesso è la seconda carica dello Stato. Cosa vuol dire saper cambiare idea. Auguri a Ignazio Benito La Russa.  In ogni caso la Meloni Giorgia deve attendersi una qualche rappresaglia. Potrebbe succedere che durante le consultazioni i suoi amichetti propongano in sua vece qualcun altro. Magari in un impeto di dadaismo potrebbero proporre Lando Buzzanca, il merlo maschio,  o Claudia Gerini rigorosamente o Enrico Beruschi, una brutta fazenda o il cipollino Massimo Boldi. Anche questi sanno organizzare spettacoli e anche loro, a volte, riescono a far ridere.

Buona settimana e Buona fortuna.