Nell'intervista rilasciata al
Corsera (15 agosto) monsignor Galantino cardinaleggia (che talvolta è
sinonimo di giogioneggia) sui temi politici del giorno con frasi
fatte e, come ovvio, evita accuratamente di toccare i punti di chiara
pertinenza della Chiesa. Forse perché non ha da mettere sul tavolo
esempi di buon agire, cioè fatti concreti, che abbiano fatto seguito
ai roboanti proclami d'occasione. Che quelli son capaci tutti di
farli: magari anche Gasparri e pure Razzi e pure D'Alema. Come dire:
massima omertà (nel senso letterale del termine: conservare il
silenzio su un fatto per interesse) sulle cose sue e ditino puntato
su quelle degli altri. Questa volta nel mirino del segretario della
Cei (Conferenza episcopale italiana) sono finite nell'ordine: i casi
medio orientali, la politica estera italiana, le riforme (sempre
italiane) e poi l'ecomomia e le lobby, con una spolveratina su mafia
e n'drangheta. Naturalmente non manca il passaggio d'obbligo sulla
famiglia e per finire una fumosa frasetta sul ruolo della Chiesa.
D'altra parte come potrebbe essere diversamente?
Sulle questioni di politica estera
se la cava con il più classico dei “... ma anche” mentre sulle
cose di casa Italia, d'altra parte anche la Cei è italiana, ha idee
più precise. Per quanto possano essere precise le idee di un
cardinale. Per lui, due sono i fatti paradigmatici: «lo
scandalo dei mancati pagamenti dei debiti della Pubblica
amministrazione»
e «che
troppe riforme si bloccano per l'ostilità di singole lobby.»
Roba forte che se non l'avesse raccontata chiara-chiara il segretario
della Cei difficilmente ci si sarebbe arrivarti.
Dal
neo segretario sui due temi oltre all'enunciazione del problema ci si
sarebbe aspettati un qualche suggerimento di soluzione. Invece
niente. E dire che da quelle vaticane parti una qualche
esperienziaccia in merito ce l'hanno non foss'altro per l'abilità
con cui riescono a non pagare le tasse sugli esercizi commerciali,
che sono tanti e di norma ben remunerativi e su come siano riusciti a
farsi costruire un brillante marchingegno sulla ripartizione del 8
per mille che li vede risucchiare come un'idrovora la stragrande
maggioranza del denaro disponibile ivi incluso quello di chi decide
di non stabilire a chi dare il proprio obolo. E anche sulle lobby una
qualche idea di come debellarle dovrebbero avercela dato che sanno
tenerne in piedi di vigorose. Una per tutte quella che difende le
scuole parificate, che dire private pare sia poco fine. Sono quelle
belle scuoline dove si paga per entrarci e frequentarle. Il caso
recente di Bologna è stato emblematico: si organizza un referendum
cittadino per stabilire se il Comune debba sovvenzionare le scuole
private e poi se ne ignora il risultato. Aveva vinto la mozione
contro l'esborso pubblico. Guarda il caso. E sempre, il caso ha voluto
che l'elargizione (non era un debito) della Pubblica amministrazione
avvenisse pronta cassa grazie all'intervento delle lobby. Che poi è
come vedere la pagliuzza nell'occhio del vicino e non la trave nel
proprio. Ma tutto questo monsignor Galantino non lo sa e magari un
ripasso non gli farebbe male. Lui e con lui la Chiesa tutta, è
interessato a «chiedere
responsabilità, trasparenza, onestà»
e aggiunge «bisogna
riformare anche la burocrazia della mente e del cuore.»
Ma come parla bene monsignor Galantino. E i fatti?
Forse
al prelato sfugge che responsabilità, trasparenza ed onestà è
quella che praticano la gran parte dei contribuenti italici, come ad
esempio tutti i dipendenti sia privati sia pubblici. La Chiesa, Ior a
parte che lì sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, può dire
altrettanto?
L'intervista
finisce, come d'altra parte tutto il suo sviluppo, con la più
classica delle fumosità. Alla domanda sull'attuale poco interventismo della Chiesa sulle italiche cose (si fa per dire) la risposta
suona così: «Semplicemente
cambiano le condizioni sociali e politiche, nella Chiesa stessa
cresce una consapevolezza nuova della sua missione: il bello della
Chiesa è che non va avanti per schemi ma, appunto, per crescita.» Bello. Ma che vor dì? Nulla di trascendentale. Semplicemente che la
Chiesa è sempre la Chiesa: pragmatica sui fatti terreni, di cui per
statuto dovrebbe poco occuparsi e dogmatica su quelli spirituali,
dato che hanno poco tempo da dedicarci.
Da
non dimenticare: monsignor Galantino è lo stesso Galantino che
sostenne: «non
tocca al vescovo denunciare il prete pedofilo perché il vescovo non
è né un pubblico ufficiale né un pubblico ministero»
e a lui, il vescovo, spetta «far
emergere la verità in campo ecclesiale».
Come frase quest'ultima, al solito, suona bene, ma non significa
granché. Se questa è la nuova Chiesa tanto valeva tenersi la
vecchia. Per una questione di economia.
le cose stanno andando bene per loro; perchè star ad impegnarsi in discorsi di un qualche significato preciso?
RispondiEliminaha anche espresso molto chiaramente la sua nostalgia per la DC: quelli che son venuti dopo da una parte e dall'altra han cercato più o meno bene di accontentarci su punti singoli, ma la loro visione è molto diversa dalla nostra. Un democristiano - cioè non più un ruiniano bertoniano eccetera, con la strategia dei due o tre valori irrinunciabili che sono i soli che coincidano con le idee di (una parte della) destra. magari gli andrebbe bene un premier scout
RispondiElimina