Come
diavolo le era venuto in mente di cacciarsi in quel ginepraio adesso non sapeva
proprio spiegarselo. E cominciò a pensare all’inizio di questa storia.
Houshmand,
uno dei suoi informatori, le aveva fatto sapere che in un minuscolo villaggio
del nord si trovava uno dei capi della rivolta, il più pericoloso, il più
feroce. Nessuno l’aveva mai fotografato e solo pochi tra i suoi l’aveva visto
in volto. La leggenda popolare diceva che Jahandar era bellissimo e che aveva
gli occhi chiari come il cielo per via della madre che era un’occidentale e che
la barba scura come il carbone gli veniva da suo padre, un capo pashtun. E
dicevano anche che era buono e generoso e che rispettava i nemici ma era
crudele con i traditori. E considerava traditori tutti i soldati del
governo. Per questi finire suoi
prigionieri era più terribile della morte e non erano pochi quelli che si
sparavano piuttosto che arrendersi. Si diceva anche che avrebbe vinto la guerra
perché il suo nome significa ‘padrone del mondo’. L’informatore le aveva anche
detto che la valle era un budello che terminava contro una montagna dalle
pareti lisce come quelle di uno specchio e che era senza via d’uscita. Da una
parte si entrava e da quella stessa parte si usciva. Potendo. Qualcuno diceva
che c’erano forse uno o due sentieri in grado di portare al di là del confine,
ma solo un paio di guide li conoscevano. E queste avevano giurato fedeltà a
Jahandar e mai l’avrebbero tradito.
«Se entri
laggiù – aggiunse Houshmand – non sarai sicura di esserne uscita fino a quando
non vedrai il mare.»
«Ma qui
non c’è il mare.» commentò Marcella
«Appunto.
– ribatte pronto l’uomo – Non ci andare, ti prego.» Era così pentito di aver
fornito quell’informazione che non volle essere pagato, che per uno come lui
era il più grande sacrificio che potesse fare. Marcella e Ilenia discussero a
lungo sul da farsi. Tutte e due volevano andarci e ciascuna si sforzava di
convincere ancora di più l’altra. Erano elettrizzate all’idea di essere le
prime fotografe al mondo a fare un servizio su Jahandar il terribile. Per
depistare eventuali concorrenti cominciarono con lo spargere la voce di un loro
possibile rientro in Europa e fecero diversi giri nelle zone più tranquille del
Paese. Poi convinsero Houshmand a procurar loro una guida. Per qualche
settimana l’uomo traccheggiò, inventava scuse per non incontrarle, faceva dire
di essere in viaggio, arrivò a inventarsi di essere ammalato di vaiolo ma più
lui faceva passare il tempo più le due donne si eccitavano.
Un nuovo
movimento ed un gemito distrassero Marcella dai suoi ricordi. Ilenia a denti
stretti mormorò: «Freddo.» e si riaccasciò. Marcella cercò in qualche modo di
coprirla al meglio e le mise addosso quello dei sacchi a pelo che con sforzo
riuscì ad afferrare dallo spazio posteriore e anche uno straccio lurido di
grasso. Provò ancora a mettere in moto l’automobile ma senza risultato. Il
motorino di avviamento girava a vuoto. «Questo catorcio non vuole saperne di
partire e se non si mette in moto niente riscaldamento. – disse tra sé Marcella
- Povera Ilenia. Conviene aspettare che smetta di piovere. Poi, chi può mai
raggiungerci qui. Quasi sulla cima del mondo e sull’orlo di un burrone. Tanto,
finché piove, quei maledetti non ci inseguiranno.» lanciò un’occhiata allo
specchietto retrovisore interno e poi ai due esterni. Non vide nulla di
sospetto. Controllò la sua ferita, non sanguinava più. Tossì piano per non
svegliare Ilenia. Per precauzione estrasse il caricatore dalla sua Beretta M9 e
si accertò che fosse ben pieno poi lo reinserì, mise un colpo in canna e appoggiò delicatamente
l’arma tra le gambe. Quindi riprese a ricordare.
«Siete due
pazze – ripeteva Houshmand – morirete laggiù. Sempre che non vi capiti di
peggio. Avete letto troppo Kipling ma
non l’avete capito. Farete la fine dell’uomo che volle farsi re. »
«Nessuno
ci taglierà la testa – rispose Ilenia che era la più determinata
«Ce la
caveremo e diventeremo le più importanti fotografe del mondo. – aggiunse
Marcella - Con questo servizio batteremo i fotografi di guerra di tutti i
tempi. Faremo meglio degli uomini. E ti faremo ricco. »
«Che io non
sia più saggio (gioco di parole Houshmand significa ‘saggio’) se
accetterò i vostri soldi. Spero solo che il vostro sangue non ricada su di me.»
«Sarai
salvo vecchio» ribatté ancora Ilenia.
Alla fine
Houshmand si convinse e procurò una guida. Tuttavia prima di presentarla alle
due donne fece un ultimo tentativo. Le invitò a casa sua e offrì loro tè afgano
e i pasticcini chiamati 'orecchie d’elefante'. Per un’ora se ne stettero a
parlare di sciocchezze fino a che Marcella ruppe l’incantesimo.
«Allora
Houshmand, ci hai procurato la guida? Non ci avrai fatto venire qui solo per
bere tè e mangiare dolci?»
«Sì, vi ho
procurato una guida, come mi avete chiesto – esordì Houshmand – È una donna,
non ho trovato niente di meglio. Però devo dirvi una cosa molto importante: non
mi fido di lei. Come non mi fiderei di nessuno che volesse andare laggiù.»
«Questo ce
lo hai già detto mille volte – disse Ilenia –Avanti falla entrare. Tanto lo
sappiamo che è da qualche parte, qui dietro.»
«Come
volete – rispose – Houshmand – Si chiama Boosah»
«Bene, è
di buon auspicio, partire con un bacio (Boosah significa bacio))»
commentò Marcella
«Sempre
che non sia il bacio della morte – commentò Houshand
«Non ci
spaventi Houshmand» ribattè stizzita Ilenia
«Come
volete.» rispose Houshmand e nel dire questo batté le mani tre volte, una tenda
alle sue spalle si sollevò ed apparve Boosah.
Boosah era
di piccola statura, le si intravvedeva appena il viso coperto dal velo. Teneva
gli occhi bassi, braccia e mani cadevano inerti lungo il corpo. Marcella prima
le chiese se conosceva una strada sicura per arrivare nella valle di Jahandar e Boosah assentì con il capo, poi
quanto denaro volesse per portale laggiù, e la donna rispose a gesti che per
lei andava bene anche un piccolo importo.
«Accetta
quello che le vorrete dare.» disse Houshmand.
«Perché
non parla.» chiese Ilenia
«Perché
gli uomini di Jahandar le hanno strappato la lingua» fu la risposta di
Houshmand.
Si
accordarono di vedersi due giorni dopo, all’alba, all’ingresso di un altro
villaggio più a est distante una cinquantina di chilometri. (continua, 16 agosto)
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