A furia di
dichiarazioni e poi smentite con Berlusconi Silvio non ci si raccapezza
più. Non ci riesce neanche il suo cuoco. I direttori dei carceri se
lo scaricherebbero l'un l'altro come fosse la peppatencia. Però per
i carcerati potrebbe essere un diversivo. Di breve periodo.
Silvio Berlusconi in tenuta da sabato sera |
Si è alle solite: prima
la dichiarazione e poi la smentita.
Questa volta anziché smentire
giornalisti comunisti o di ispirazione casiniana il Berlusconi Silvio
s'è messo a sbugiardare uno dei suoi: nientepopodimeno che Maurizio
Belpietro. Che è come dire smentire sé stesso. Poiché neanche la
Santanché, quella che gode nel farsi chiamare pitonessa, è tanto
berlusconiana quanto Belpietro Maurizio che dice le cose prima ancora
che Berlusconi le pensi. Il
quotidiano Libero, libero
più di forma che non di
sostanza, pubblica la notiziona: «Se
condannato vado in carcere. Niente esilio alla Craxi, niente servizi
sociali come fossi un delinquente da rieducare, niente domiciliari. »
e poi a stretto giro da palazzo Grazioli ecco giungere la smentita:
«Era un colloquio informale. Una libera interpretazione di
Belpietro.» Smentito uno che, senza arrossire, ancora adesso crede
ai gradi di parentela tra marocchini ed egiziani e che se Berlusconi
gli dicesse che gli asini volano ci crederebbe e ci vedrebbe in
groppa pure Gasparri e Capezzone. Ma così va il mondo. E non
è certo la prima volta che un padrone smentisce il suo reggipanza.
Comunque di smentita in
smentita sono passati quasi vent'anni e i più ci hanno fatto il
callo. Chi forse non ci si è ancora abituato e impazzisce almeno due
volte al giorno dev'essere il cuoco di Arcore. Quello che zitto zitto
guardava le trasmissioni di Santoro e quando questi attaccava il
principale andava subito a fare la spia. Per un cuoco avere un
padrone dalla smentita facile è un disastro. C'è da immaginarsi
quante volte il Silvio cambia idea sul menù. Prima la pasta con le
sarde, poi no meglio lo stinco di maiale, poi no meglio la pizza, poi
no forse la purea della nonna, poi no la carbonara e via a cambiare
opinione. Che forse le pietanze gli vengono a seconda che gli passino
per la mente Dell'Utri o Calderoli o Apiciella o Alfano o Cicchitto.
Però, prendendo per buono
quello che scrive Belpietro, che dopo il suo preteso attentato ci
vuole un bel po' di fantasia a dargli retta, il Berlusconi Silvio in
caso di condanna non vuole essere rieducato come accadde al suo amico
Cesare Previti e non vuol neanche stare in casa come è accaduto a
Sallusti, altro suo direttore. Par di capire che preferisca, come il
suo amico Lavitola, andarsene dritto in cella. Forse bisognerebbe
spiegargli che: uno, non tocca a lui decidere dove si scconta la pena
e due, che il gabbio di solito si chiude alle ore 20,00 e non sono
previste, da regolamento, cene eleganti e pali di lap dance.
E, come non bastasse di celle singole ce ne sono pochine e di
matrimoniali ancora meno.
Certo che se per davvero
il Berlusconi Silvio, ammessa e non concessa la condanna, si
decidesse a questo passo i direttori delle carceri farebbero a gara a
scaricarlo, neanche fosse la peppatencia. Chi lo vorrebbe un
simile mal di pancia, nel proprio proprio albergo con le sbarre? Ci
si immagina le visite degli avvocati, che vanno in giro a plotoni e
poi dei deputati e poi dei senatori, che magari si metterebbero pure
a cantare come hanno già fatto sulla scalinata del palazzo di
giustizia di Milano, e poi dei radicali che non sono né alla Camera
e neppure Senato ma nelle carceri ci sono sempre. E magari tocca pure
fare entrare Giuliano Ferrara che chissà con che mise si
presenta vestito e con che make up e pure Adriano Sofri che
così hanno qualche cosa in comune da dirsi. No. Altro che
peppatencia, nessuno lo vorrebbe.
Anzi, i direttori
darebbero ordine alla sezione nuovi giunti di rispedirlo al mittente.
Accampando la scusa che di solito prendono gli ospedali: «Non
abbiamo posti letto disponibili .» Anche se si sa che in
carcere un posto letto lo si trova sempre. Si aggiunge un piano al
letto a castello ed il gioco è fatto.
Però, per essere
obbiettivi, bisogna dare un'occhiata all'altra faccia della medaglia:
i detenuti magari ne sarebbero entusiasti e pure se lo litigherebbero
tra le celle. Finalmente arriva uno che non è un poveraccio, uno con
il libretto di risparmio sempre pieno che quindi non deve essere
mantenuto dai concellini (come accade ai poveracci) ma sopratutto un
uomo di spettacolo: barzellettiere e chansonnier.
Vuoi mettere. La sommatoria tra Gino Bramieri e Pippo Baudo.
Barzellette a gogò e di tutti i tipi e canzoni, anche in napoletano,
come se piovesse. Finalmente un modo per evadere, metaforicamente
parlando, dalla monotonia di tutti i giorni.
Tutte le battute che hanno
scandalizzato la Merkel e Obama ed erano indigeste anche al suo amico
Sarko le smercerebbe in carcere. E poi potrebbe raccontare delle sue
avventure: dalla dacia di Putin alle cene eleganti passando per
quando suonava il piano sulle navi a quando prendeva in giro gli
italiani dicendo che la crisi non c'era e che i ristoranti erano
pieni o quando stancamente imitava Mussolini con le solite domande
retoriche.
In fondo nelle carceri
italiane non c'è il cinema e questo sarebbe un bel diversivo.
Ma magari anche i
carcerati dopo un po' ne avrebbero a noia che alla fine a sentir
balle ci si stanca e tornerebbe ad essere la peppatencia che
nessuno vuole.
Forse meglio i
domiciliari. Almeno il personale di servizio è pagato per
sopportarlo.