Gli italiani hanno
sempre amato i partiti e ne hanno sempre voluti e avuti tanti. Sarà
perché gli è sempre rimasta appiccicata addosso la voglia dei
Comuni o perché averne a disposizione un ampio numero gli dà la
sensazione di essere liberi nella scelta. Un po' come succede in
gelateria: più gusti ci sono più ci si sente felici anche se poi
alla fine si scelgono sempre i soliti due.
La prima repubblica è
stata prodiga di partiti, si è riusciti ad averne in Parlamento
anche tredici, contando i tre partiti autonomisti, i due monarchici
e i quattro di matrice socialista con due che stavano sempre
all'opposizione (Pci e Psiup) uno ci stava a fasi alterne (Psi) e
un altro che era in pianta stabile al governo anche quando perdeva le
elezioni (Psdi). L'unico vantaggio era che già dal nome si capiva
grosso modo l'ideologia e quello che avevano intenzione di fare.
L'avvento della seconda
repubblica avrebbe dovuto far piazza pulita delle vecchie ideologie
(chissà poi perché) è rendere tutto più snello (che a riuscirci
non sarebbe stato male). Il fatto è che gli schieramenti sono
rimasti due, come prima peraltro, mentre il numero dei partiti è
raddoppiato. Uniche innovazioni di rilievo sono stati i nomi cambiati
a ripetizione e l'idea di partito: da territoriale a liquido, qualche
signora ha proposto anche quello di plastica in attesa di quello al
silicone, a poi ultimo nato quello della rete. Per il resto
confusione piena. Anzi, andando per parafrasi, si può dire che la
confusione regna sotto il cielo ma la situazione non è affatto
eccellente.
Non c'è un partito che sia in salute ed abbia idee chiare. E questo se in potenza è un buon segno, ché la loro implosione potrebbe lasciar spazio al nuovo, che pure non si vede, dall'altro li spinge all'arrocco. E questo non è bello.
Non c'è un partito che sia in salute ed abbia idee chiare. E questo se in potenza è un buon segno, ché la loro implosione potrebbe lasciar spazio al nuovo, che pure non si vede, dall'altro li spinge all'arrocco. E questo non è bello.
Il Pd è arrivato primo
alle elezione ma non le ha vinte. Il fatto ha comportato le
dimissioni del vecchio segretario e la nomina di un facente funzioni
che deve indire il congresso. Parrebbe semplice ma così non è. I
dubbi che agitavano il principe di Danimarca sono bazzecole al
confronto con quelli che scuotono il Pd. O meglio i suoi maggiorenti.
Che poi di questi e della loro collocazione futura, purtroppo, si sta
trattando. Il segretario dev'essere anche il leader di coalizione? Se
l'ultima volta il segretario è stato eletto dal partito mentre il
leader di coalizione, forzando lo statuto, è uscito da primarie
aperte a doppio turno questa volta come deve andare? E le primarie
quando vanno fatte? Prima, durante o dopo il congresso? E poi a
quando il congresso? Il segretario non eletto Guglielmo Epifani, che
pare nutra ambizioni non ancora espresse, traccheggia perché «Voglio
tenere le feste dell'Unità al riparo dalle tensioni.»
Come se dire che si litigherà più tardi metta i contendenti
tranquilli. Beata innocenza. Al confronto Biancaneve sembra una
smaliziata intrigante. E giusto per non perdere il vizio, il gioco
degli organigrammi è in pieno svolgimento. La lezione della ultima
tornata nazionale evidentemente non è bastata.
Il
Pdl invece una cosa l'ha chiara ovvero chi è il capo, almeno di
facciata, anche se poi questo deve quotidianamente fare i conti con i
capi bastone sparsi qua e là che se gli mancano anche pochi voti va
sotto.. Comunque tra avere una leadership di facciata o non averla è
meglio averla. Che già è un passo avanti. Ciò nonostante fischiano
i venti di tempesta tra falchi e colombe, dove i falchi sono
scommettitori compulsivi e le colombe giocatori metodici e di
mediazione. Anche qui la poltrona ha un peso non indifferente
nonostante l'abilità di Berlusconi nel saper accontentare quasi
tutti con titoli che alla resa dei conti sono più onorifici che di
sostanza. E qualcuno se ne è accorto. Quando il futuro è incerto
non c'è di meglio che rifuggiarsi nella tradizione e quindi
ritornare allo spirito degli albori. Lo dicevano anche quelli di
Salò, che volevano tornare allo spirito del '20 che, guarda caso,
assomiglia nella forma e nei simboli all'idea di Forza Italia 2.0. Ci
fosse assonanza anche nel risultato non ci sarebbe da piangere. Ciò
che è certo è che chi ha capito in cosa esattamente si differenzi
la nuova FI 2.0 dal vecchio Pdl custodisce il segreto gelosamente.
Sotto
gli occhi di tutti, invece, è lo sgocciolamento continuo che
affligge il Movimento 5 Stelle. L'obiettivo era di ottenere un
piazzamento onorevole e si è trovato a vincere anzi a stravincere.
Tanto da essere, almeno nella teoria, l'ago della bilancia. Tutto
sembrava molto chiaro sia per i comportamenti da tenersi all'interno
del gruppo sia quello verso gli altri partiti ma evidentemente non
era così. Da un lato Grillo e Casaleggio, forse colti in
contropiede, non hanno avuto la flessibilità di adattarsi al cambio
di situazione. Avrebbero potuto sparigliare i giochi assumendosi
tutti i meriti e lasciando agli altri il cerino in mano. Perché è
ovvio che se avessero offerto un appoggio esterno e sui singoli punti
a Bersani/Gargamella nel Pd si sarebbe replicata anzi anticipata la
tragicommedia, poi andata in scena, di “Prodi presidente”. Ma
tant'è. Essere tetragoni è più facile che essere plastici.
Stupisce il fatto che chi è abituato a cogliere gli umori del
pubblico ed a cambiare registro in un fiat quando è sul palcoscenico non
abbia colto
l'opportunità. Sarà stata la stanchezza che subentra dopo la
vittoria. Dall'altro, il versante interno, lasciano interdetti le improvvise
critiche e gli abbandoni volontari. Non avevano capito chi era il
leader del loro movimento e quali i sui convincimenti? Comodo
paragonarlo prima ad un megafono e poi a un dittatore. Anche se ora
con il M5S che assomiglia sempre più ad un rubinetto sgocciolante
lo costringeranno a fare l'idraulico. Che vedere quello che si è presentato come il nuovo che
assomiglia sempre di più al vecchio certo non solleva il morale.
Scelta
civica o, come ricorda con amarezza un suo dirigente sotto lo
pseudonimo di Civicus (1),
Sciolta Civica si sta, per l'appunto, sciogliendo. L'Udc, alleato mai
amato che aveva steso tappeti rossi per Mario Monti se ne va, ed è
probabile che si porti via una bella fetta di voti. Casini
Pierferdinando sa come si fa politica. Futuro e Libertà è ridotto
ad un niente e in Parlamento può contare solo sull'ex radicale
Benedetto Della Vedova. Sempre che rimanga attaccato alla bandiera.
Italia Futura, il gruppo di Montezzemolo, non ha ancora deciso quel
che vuol fare da grande. Ammesso che ci arrivi a raggiungere la
maggiore età. E in tutto questo bel guazzabuglio Mario Monti se ne
va in giro a piagnucolare. Fare il professore e dare bacchettare
avendo tutto il potere sugli studenti nel chiuso di un'aula d'esami è
facile, altro è correre rischi e prendersi responsabilità e gestire
squaletti la cui vita non dipende da un diciotto o da un trenta. E
qui s'è visto che il prof. non c'è proprio. Peraltro il professor
Mario Monti, già nominato senatore è ritornato in Bocconi, si goda
le due poltrone e stia attento a non farsi sottrarre la seconda che
oramai la prima ce l'ha a vita. Stipendio incluso.
Niki
Vendola con Sel non sta facendo granché e la fa da spettatore
stretto com'è da un lato dal Pd e dall'altro dal M5S. In giro non si
vedono tanti vasi di ferro ma il suo senz'altro è di coccio.
Rimane
la Lega con il duo Bossi-Maroni che assomigliano sempre di più alle
comari che la compagnia dei
Legnanesi
porta in giro da decenni
(2). la
prima volta sono divertenti e poi son sempre uguali.
Di
questi giorni è anche il tentativo di Di Pietro di ritornare sulla
scena. Anche lui con lo spirito degli inizi. Ma dopo gli inizi ci
sono state le donazioni, il podere e la Gabanelli. Perché non
mettersi un po' quieti.
Ma
quanti bei partiti.
Magari
ora gli italiani potrebbero cominciare a pensare che la libertà non
passa attraverso la quantità dei prodotti da scegliere, come in
gelateria, ma dalla capacità di determinarne gli ingredienti.
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(1) I quattro mesi
terribili ed un addio al veleno – Civicus – Corriere della Sera
22 giugno 2013
Peccato che ormai siamo nel mondo globale e tutte queste sigle rappresentano soltanto delle stupidaggini e delle perdite di tempo. Forse siamo un popolo dall'età media troppo elevata per rendercene pienamente conto
RispondiEliminagià ci ridevano dietro quando ne avevamo venti,ora...duecento...
RispondiEliminamai come adesso sarebbe possibile elaborare le più fantasiose ed interessanti leggi elettorali; forse i giovini tendono alle semplificazioni, ma è proprio vero che non sia possibile far coesistere pluralità di simboli e funzionalità di sistema ? Non credo che il problema siano i troppi partiti, ma la loro nascita unicamente per far da ascari ai partiti maggiori. Ed anche per madama Dorè , è meglio che abbia tante figlie piuttosto che solo due o tre, meglio tante figlie per tanti mariti , che tanti mar, l'un contro l'altri armati, per la difficile convivenza con la stessa figlia
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