È
una sindrome che attanaglia molti quando raggiungono posizioni di potere. La
causa strutturale sta nella non compiuta relazione con il padre.Alcuni la
esprimono in modo rozzo, altri con metafore, altri dicendo qui comando io. Può
capitare che celodurismo e inconscio desiderio di autoevirazione vadano a
braccetto.
La voglia di dimostrare
di essere il padrone della situazione e di essere quello che comanda attanaglia
molti, ma non tutti, tra quelli che raggiungono una qualche posizione di
potere. Da qualche anno la manifestazione di questa voglia è stata definita
come la sindrome del celodurismo.
Alla base di questa
sindrome, come ti sbagli, sta la non
compiuta e neppure maturata relazione con il padre. Quindi il desiderio, per
lungo tempo represso di poter finalmente gridare all’universo mondo: «qui
comando io e non lui» e per dimostrarlo ecco il richiamo al totem della virilità nella
sua forma più gagliarda. Va da sé che questa manifestazione ha da essere ovviamente
simbolica, meglio non correre rischi tra l’in potenza e l’in atto.
Le cause scatenanti la
manifestazione di questa sindrome possono essere le più varie. In genere sono
fatti occasionali e, per dirla tutta, una vale l’altra: da chi vuole eccitare
la folla in un comizio a chi vuole irridere i compagni di tavola, a chi sgomita
per cercare ancora maggiore visibilità e magari attirarsi qualche simpatizzante fuori mazzo.
C’è chi nella sua dichiarazione
si è espresso rozzamente (ce l’abbiamo duro), chi ha usato metafore (il capo
tavola è dove mi siedo io) , altri ancora come l’attuale Presidente del
Consiglio cercandosi ad ogni piè sospinto degli sparring partners a cui dire di
no. A muso duro. Aggiungendo come nell’ultimo caso, il richiamo della UE al
senso di realismo, «sulle tasse degli italiani decido io»
Mentre negli altri casi
si è trattato di manifestazioni simboliche senza reali ripercussioni pratiche
sulla vita della nazione in questo caso il «decido io» opposto da Renzi ad un
suggerimento di buon senso, almeno apparente, suona non solo come una
riaffermazione di celodurismo ma anche come un dispetto. Che l’abolizione della
tassa sulla prima casa per tutti sia una bischerata, per dirlo alla fiorentina,
lo sanno tutti. L’esercizio è già stato fatto e non ha portato risultato. Anche
perché a guadagnarci effettivamente saranno solo i veri ricchi che si ritroveranno
qualche migliaia di euro di in più in
tasca. E non sapranno come spenderli. I
loro consumi non aumenteranno di certo in maniera significativa. Chi ha già due
camerieri non assumerò il terzo.. Per i medi proprietari il risparmio sarà di
qualche centinaio di euro all’anno, poche decine al mese e non è con questi che
si sosterrà la ripresina in atto. Per quelli con le case più modeste l'avanzo sarà di poche decine di euro all’anno, spiccioli su base mensile.
Qualche caffè in più al bar. Senza contare che si allargherà il divario tra
poveri e ricchi, e di questo non c’è certo bisogno. E poi dopo questa bella
pensata da dove salteranno fuori le risorse per coprire questo mancato gettito?
Magari l’idea di ridurre la tassazione sui redditi bassi ed innalzarla su
quelli alti, no? E quell’altra idea bislacca di far confluire nella
dichiarazione dei redditi tutti i ricavi,personali inclusi quelli finanziari,
no? E si potrebbe andare avanti di buon senso in buon senso., Quel senso che Renzi Matteo
sembra avere smarrito nel momento in cui si reso conto di essere per davvero il
Presidente del Consiglio e che non stava sognando.
Sì, questo «le tasse in
Italia le decido io» sembra più un dispetto. Ma di quei dispetti un po’
sciocchi e molto autolesionistici. Come quei mariti che per far dispetto alla
moglie decidono di evirarsi.
Magari un inconscio
desiderio di auto evirazione.Come dire: il celodurismo a braccetto con l'evirazione. Con un piccolo dettaglio: gli “attributi” in
gioco non sono i suoi ma sono quelli del Paese.