Da
Fassino a Chiamparino passando per La Torre. E poi Moretti, Speranza e financo
Stumpo, Zoggia e D’Attorre. Tutti renziani. Poi a rivendicare paternità ci si
mettono anche Letta Enrico e Monti Mario. Ultimo arriva anche Fassina Stefano. Renzi
si può guardare dai nemici ma dagli amici chi lo guarda?
Zoggia e D'Attorre: due new entry tra i renziani |
Non c’è come vincere
per scoprire di essere molto popolari e soprattutto di avere degli insospettati
estimatori. E di averne anche in quantità industriale. Amici, poi? Come se
piovesse. Anzi quelli che fino a ieri erano più nemici che non si può si stanno scoprendo oggi,
a vittoria raggiunta, tra i più amici. Che poi amici è parola riduttiva sono
amicissimi. E da quando? Praticamente da sempre. Anzi a ben pensarci
addirittura da prima che il bravissimo Matteo partecipasse alla Ruota della Fortuna. Eh sì, perché gli
amici veri quelli dei quali ti puoi fidare ad occhi chiusi, come disse
Cleopatra accarezzando l’aspide, sono lungimiranti e possono dimostrare con
chiarissima evidenza di quanto vedessero lontano. Sensazione irripetibile per i
più, ma non per Renzi.
Già dopo il trionfetto delle primarie, Matteo aveva
scoperto che vecchi elefanti del Pd gli si erano accodati. Roba da non
credersi. Prima l’avevano tacciato di tutto e adesso lì a scodinzolare. Prendi
uno come Fassino e capisci come gira il mondo. Uomo dall’occhio lungo il
longilineo Piero che in tempi per nulla sospetti aveva detto: «la politica del
tutti a casa non serve, è un atteggiamento populista e una manifestazione di
rabbia.» E si stava riferendo non al canuto Grillo Beppe ma al giovane
rampante Renzi Matteo. E da abile stratega qual è lo faceva solo per
nascondere le sue vere intenzioni. E con lui anche Latorre, ex fedelissimo dalemiano
doc, Chiamparino e poi Veltroni e compagnia cantante e suonante. Alcuni dell’ormai sparuto
gruppo di minoranza, all’interno del Pd speravano in un tonfetto (piccolo tonfo)
alle europee ma ahiloro non c’è stato. Così dopo l’eclatante vittoria anche D’Attorre
e Zoggia sono diventati neorenziani che a dire della Moretti (ex portavoce di Bersani)
e di Speranza (ex bersaniano ma tuttora capogruppo alla Camera) si cade nel
banale. Loro avevano già annusato l’aria.
La sera dei risultati elettorali si è
visto in bilico anche il prode Stumpo (che più bersaniano non si poteva). D’Alema,
che è sempre stato per la doppia linea, se ne sta schiscio (espressione
dialettale per dire tranquillo ma rende più efficacemente il concetto) perché
spera in una nomina alla Commissione Europea. Posto peraltro
ambito anche da Letta Enrico che qualche settimana addietro ha timidamente
rivendicato che alcune impostazioni dell’attuale governo altro non sono che il
proseguimento del suo lavoro. Più sfacciato il loden che cammina in arte Monti
Mario, anche perché garantito da un posto da senatore a vita. Il Monti, che non dichiarava da lunga pezza,
né d’altra parte se ne è sentita la mancanza, finalmente ha fatto conoscere il suo pensiero,
debole, e senza arrossire ha dichiarato:«Matteo Renzi sta riaffermando la linea
politica del mio governo.» e poiché le
bischerate sono come le ciliege e viaggiano in coppia ha aggiunto: «Non è di sinistra né di destra.» Perché
se è vero che un tombino è un tombino il dove lo si mette e a vantaggio di chi
fa la differenza e questa si chiama politica. Che è fatta da una destra e da una sinistra. Ma spiegarlo a lui è tempo sprecato.
Le sorprese migliori
sono quelle (teoricamente) inaspettate è a questo ha posto rimedio Fassina
Sterfano dichiarando:«Su Matteo ho sbagliato è l’uomo giusto al posto giusto.»
e poi ha aggiunto: «Non salgo sul carro del vincitore e non voglio poltrone.» Excusation non petita accusatio manifesta, i
romani in materia la sapevano lunga.
Unico a difendere la
posizione di un tempo è rimasto Bersani Pierluigi che durante una di quelle
pippose trasmissioni del mattino s’è posto retoricamente l’amletica domanda: «Cosa
sarebbe Renzi senza il Pd?» Dimostrando una volta di non aver capito una cippa.
Espressione dialettale (questa è la seconda nel pezzo) che tradotta in inglese
suona: «you can’t teach an old dog new tricks». Così la capisce anche
Severgnini. Perché la domanda vera è: cosa sarebbe oggi il Pd senza Renzi?
A Renzi un solo
suggerimento, ripassi il vecchio adagio: dagli amici (soprattutto quelli nuovi)
mi guardi iddio che dai nemici mi guardo io. A capirlo, aiuta.