Il
gossipparo Chi pubblica alcune foto di Veronica Lario e, a sua insaputa,
solleva un grosso tema: come invecchiare. Ben 26 donne scrivo a papa Francesco
rivendicando il diritto all’amore. Che per Francesco va bene basta che il bene
concupito non sia un prete.
Qualcuno ha voluto
vedere un nesso tra la dura (e anche un bel po’ sgangherata) lotta politica del
momento e un paio di notiziole che sotto la sottile patina del gossip celano
questioni vere che hanno a che fare con il senso della vita.
Una tratta del
modo di invecchiare e l’altra del diritto all’amore. Temi intorno ai quali la
filosofia teoretica occidentale ma anche quella orientale che è assai più vasta
della prima ha consumato e sta consumando i migliori cervelli. Soltanto con l’enunciazione
ce n’è a sufficienza per dar modo a Emanuele Severino di scrivere un nuovo
libro e tenere dottissimi seminari a cui invitare belle teste pensanti oltre
che qualche liftata giornalista (pretesa intellettuale) e Roberto D’Agostino
che liftato non è e, per parità, neppure intellettuale.
Ma d’altra parte anche
il più serio dei seminari può permettersi un pizzico di dadaismo. Purché non
sporchi troppo.
Come casus belli sono emerse alcune fotografie di Miriam
Raffaella Bartolini, in arte Veronica Lario, e una lettera inviata a papa
Francesco da un gruppetto di donne. Le fotografie ritraggono la signora Bartolini
in tenuta da cavallerizza e sono, come si sul dire, “rubate”. Che mai termine
ebbe uso più proprio. Comunque la signora è in un maneggio, allo stato nature, cioè senza trucco e senza
inganno e con le sue forme ben evidenti. Il che è logico: i cavalli non amano
belletti e profumi e, in anticipo sugli uomini hanno suggerito l’uso di
pantaloni aderenti anche per le signore. Ma, forse, Signorini Alfonso,
direttore di Chi, su un cavallo non è
mai salito anche se, magari di qualche maneggio ha pratica. In ogni caso il
punto era di mostrare (forse per sbertucciarla e magari con alle spalle un ignoto
mandante) una signora di quasi sessanta anni con qualche ruga in viso, un giro
vita che richiede proprio un giro per misurarlo tutto e un lato b in abbondanza
su quello di Pippa Middleton.. E fin qui non c’è nulla di veramente
interessante salvo che per circa trecentomila e briscola, tra maschi e femmine
italiani, che settimanalmente versano un obolo a Mondadori per cacciare il naso
nei fatti altrui. Contenti loro di vivere la vita per procura.
La cosa degna di nota è
invece la risposta che Miriam Bartolini, aiutata dall’amica Latella, ha dato passando
per il Messaggero, quotidiano romano:
ognuno invecchia come crede e come vuole. E talvolta come può. Che a dire che
la vecchiaia non sia una malattia (come peraltro la gioventù) ma solo uno
stadio della vita si è tanto veritieri da risultar banali. C’è chi convive con
rughe ben in vista e chi con riporti di pelle dietro le orecchie. A ciascuno il suo. Ci sono le super
liftatc (anche maschi) e quelle che a farsi liposuzzurre o tagliuzzare non ci
stanno. E fanno bene. Perché un conto è invecchiare con la propria faccia e un
conto è assomigliare alle altre che han subito lo stesso trattamento e poi
tutte insieme, taglio dopo taglio, prendere sempre più le fattezze di Joker, il
cattivo interpretato da Jack Nicholson
in Batman. Che vederlo al cinema diverte trovarselo in ascensore, magari travestito
da donna, spaventa. Quindi questione di libertà e anche, almeno un po’, di buon
gusto e soprattutto di lungimiranza. Le rifatte si riconoscono ad occhio nudo e
più che sollevare ammirazione, che gli piacerebbe, s’avviliscono nel ridicolo:
stessi occhi da cinesi, stessi labbroni formato canotto che tirano all’insù e stessi pomelli a palla da biliardo. Insomma
stesso Joker.
C’è però da dire che a confrontare
le foto d’antan di Miriam Bartolini e quelle attuali par di cogliere che un qualche interventino,
magari di anni non recenti, pur c’è stato. E sarebbe carino se oltre alla
petizione di principio ci fosse pure un pizzico di palese rincrescimento. Il che
aiuterebbe a meglio contestualizzare il fatto e a far capire che l’essere
farlocco e senza sostanza non solo si vede ma neppure aiuta. Che rinsavire dichiarandolo, come direbbe Antonio Razzi, è bello.
Di altra fatta la
storia della lettera delle ventisei amanti-fidanzate-compagne di altrettanti
preti che rivendicano il diritto all’amore. Anche qui essere contro viene
difficile. Ma c’è in questa storia un non so che di bruciato e olfattivamente
sgradevole. Il contesto suona strano e sembra studiato apposta per essere
giocato di sponda: una sorta di birillo tirato tra i piedi di Francesco. Magari
per distrarlo da altro. Innanzi tutto il
fatto che la lettera sia diventata di dominio pubblico. Va bene che i servizi
di sicurezza del Vaticano fanno più acqua di uno scolapasta ma adesso si
esagera, tanto da far apparire Paolo Gabriele (il cameriere traditore di Ratzinger)
una specie di sfinge omertosa.. Il fatto che non riescano
a mantenere, non si dice segreta, ma almeno riservata una lettera inviata al
Papa fa pensar male. La qual cosa, come noto, non aiuta per il paradiso ma dà
una mano a far si che, in terra ,ci si pigli.
Poi c’è il fatto che le 26 signore in questione siano
sparse su tutto il territorio nazionale e addirittura all’estero. Chissà la fatica a raccogliere le firme. E poi chissà come
si sono incontrate dato che una pagina su facebook ancora non ce l’hanno. E forse
ci vuole fantasia, ma magari anche no, ad immaginare che fossero al seguito dei
loro amati convocati per gli annuali esercizi spirituali in qualche sperduto
monastero. Così mentre i maschietti discutevano sull’amor divino nelle cappelle loro, le signore, come le mamme del doposcuola, magari al bar della parrocchia, trattavano
lo stesso ma in chiave profana. Tesi ardita ma le vie della provvidenza, si sa,
sono infinite. E neanche sempre molto chiare.
Anche il numero delle firmatarie fa
pensare: o troppo esiguo, solo 26 o troppo alto.. Visto che c’è chi conta in più
di mille l’anno i preti che se ne vanno e senz’altro quello dell’amore è la
causa principale. Oppure come dice l’Annuarium Statisticun Ecclesiae quelli che
hanno abbandonato in Italia sono stati 31, dato però però che risale al 1998
che con i numeri a volte la Chiesa ci va stretta. E lenta. E comunque qualche già sposato nella Chiesa
cattolica già c’è sono i cosiddetti anglicani-cattolici e i preti della Chiesa
d’oriente. L’ipocrisia sta nel dire che si accettano solo quelli che
(convertiti) erano già sposati. Come se la legge possa essere plasmata sui singoli
casi.
Per chi vorrebbe il matrimonio il motivo è chiaro. Per chi invece no si arzigogola sul
vago. La differenza sta tutta tra scelta teologica, principio di derivazione
divina, e scelta culturale che un po’, forse ha a che fare col trascendente ma
anche molto con il concreto pragmatismo e lo stare nella società.
Il pensiero di
Francesco al riguardo è molto chiaro (al di là di ogni condivisione) e recita
così: se sei diventato padre devi stare con tuo figlio e quindi lascia l'abito talare. Se non sei padre ma solo innamorato devi scegliere: o la donna o la
Chiesa. Le due cose insieme, no. Che a parlar d’amore son tutti buoni quanto poi a
metterlo in pratica il numero si assottiglia. Comunque bene che si sia formata
la prima cellula dell’internazionale delle concubine del cler: ha un che di
catarchico. Anche se non sarà una fidanzata-moglie-compagna a cambiare lo
spirito della Chiesa. A proposito la politica con queste due notizie non c’entra
nulla.
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