Ciò che possiamo licenziare

giovedì 21 agosto 2014

Piazza di Siena: domenica pomeriggio - 2#puntata

Piazza di Siena: il campo di gara
Ero nelle scuderie, pronto per la sessione di allenamento, quando lei apparve all'ingresso. Dapprima in controluce, solo una massa nera stagliata contro un chiarore accecante. Avanzava con decisione eppure senza fretta. Teneva il cap tra il busto e il braccio sinistro che lo fasciava e nella mano destra il frustino. Il suoi passi risuonavano sul cemento senza essere pesanti. Solo quando fu abbastanza vicina mi resi conto che era una donna. Alta un po' più di un metro e settanta, indossava una polo verde pantaloni color kaki e stivali marroni con speroni a goccia. «Deve avere gambe forti» mi dissi poi notai che erano lunghe e sottili. Ricordo che pensai «saranno lunghe almeno un metro», e non sbagliai di tanto. Il viso era abbronzato, aveva capelli castano chiaro raccolti sulla nuca. Il collo flessuoso, di una lunghezza che mi parve superiore alla norma, labbra carnose e il nasino alla francese. Seppi poi che sua madre era normanna, quindi ci avevo preso. Le mani erano affusolate con belle dita dritte. Dritte come frustini. Le unghie perlate erano forse un po' lunghe ma coi guanti non si sarebbero viste. Mi guardò appena, giusto un'occhiata e si mise subito a parlare con il groom. Non percepivo le parole ma la sua voce era chiara e piena Me ne innamorai subito. Perdutamente.

Lei e il groom parlarono fitto fitto per qualche minuto voltandomi le spalle poi lei si girò verso di me, mi fissò per qualche secondo, meno di cinque ma mi parve un'ora, abbozzò un sorriso ed un saluto e poi se ne andò. Prima del suo arrivo nell'aria c'era l'odore penetrante del grasso usato per gli zoccoli e di quello specifico per ripassare i finimenti. Quando se ne andò l'aria profumata. Ma ero certo che lei non avesse indossato nessuna fragranza. Ecco, è come adesso, tutti i groom stanno a spazzolare e lucidare i mantelli dei loro cavalli e l'odore è forte, come dice qualcuno, maschio e rude, poi quando lei apparirà lo cancellerà con la sua freschezza. Abbiamo già superato le prove del mattino ed ora siamo al barrage. Ancora due binomi poi tocca a noi. È un percorso impegnativo: otto ostacoli di altezza tra centosessanta e centrosettanta centimetri. Tempo massimo quarantacinque secondi. Ecco ora è il momento. Concentrazione assoluta. La gente tace quando lo speaker scandisce i nomi dei concorrenti e lo fa anche ora. La campana suona. Si percorre in modo molto rilassato una ampia curva alla fine della quale ci si trova dritti per affrontare il primo ostacolo è un largo invitante, quindi ostacolo doppio che si presenta con la prima barriera più bassa della seconda. Si avanza tranquilli e, a quattro tempi, si accelera, ultima battuta. Gli anteriori staccano dal terreno mentre i posteriori, potentissima molla, lanciano al di là dell'ostacolo. Perfetto.

Si mantiene la mano destra. Ancora otto tempi di galoppo e si ha davanti ancora ad un oxer. Superato. Il cuore aumenta progressivamente la velocità dei suoi battiti. Quindi una larga curva a mano sinistra, bisogna superare un verticale e appena si tocca terra è imposto uno strettissimo cambiamento di mano, quasi un giro su sé stessi, e ci si trova di fronte ad un altro largo invitante ancora un cambiamento di mano, ancora molto stretto e ancora un oxer. Ventidue secondi. Il tempo da battere è di trentacinque secondi e cinquantanove. Fino ad ora percorso netto. Concentrazione. Siamo in simbiosi come non mai. Cinque ostacoli superati. Ancora tre. Ora una gabbia. La si inquadra. Una mezza fermata. Concentrazione. Si raccoglie tutta la potenza. Tre tempi di galoppo poi il primo salto, ricevimento, ancora un tempo e ancora salto. Perfetto. Siamo a sette. Trentadue secondi e quattro. Girata a mano destra. Ecco l'ultimo ostacolo. È ancora un largo invitante. Concentrazione. Non si può sbagliare. Si avanza senza fretta caricando i posteriori. Tututum-tututum-tututum. Aumentiamo la cadenza. Tutum-tutum-tutum-tum. Stacco. E si vola in cielo. È fatta. Percorso netto. Trentacinque secondi e ventinove. Abbiamo vinto. Abbiamo vinto a piazza di Siena. È fantastico. Le redini si allungano mentre si prosegue in un leggero galoppo di decontrazione. La gente è in piedi e applaude. E ride. E la gioia si scioglie nelle mie vene. Il cuore riprende a poco a poco il suo solito ritmo. Quando si gareggia in questo modo mi tornano alla mente le parole che sento spesso ripetere da Veronique: «Il cavallo è un amico. Se mi fosse stata lasciata la scelta della mia condizione avrei optato per quella di Centauro. Tra Boriatene e me i rapporti erano di precisione matematica; obbediva a me come al suo cervello, non come al suo padrone. I miei slanci erano i suoi, conosceva forse meglio di me, il momento in cui la mia volontà divergeva dalle mie forze». Ne sono gratificato. Così come ora mi fanno felice le sue carezze sul collo mentre stiamo compiendo un breve giro di pista per prenderci tutti gli applausi che ci meritiamo. E lo speaker ripete «Veronique Maneli de Mannelli su Discovery. Fantastico binomio». E lei continua ad accarezzarmi sul collo. Come la amo. Sono felice di essere il suo cavallo. (fine)

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