Sotto l’ombrello “sanità” trovano due branche ben precise quella medica e quella burocratica amministrativa. Due branche, due valutazioni, due costi.
La regione Lombardia
mena gran vanto delle sue eccellenze nell’ambito della sanità e ne ha ben
donde. Tuttavia c’è da dire: sotto il
cappello “sanità” trovano spazio due branche ben precise quella medica e quella
burocratica amministrativa. Ora sulla parte medica, la vera sanità gestita dai
ricercatori, dai medici e dagli infermieri tocca in Lombardia, come del resto
in molte altre parti dell’Italia punte di notevole qualità, ma questa è solo la
parte buona della mela; quella senza il baco dentro. L’altra metà racconta una
storia diversa. Anche all’istituto Besta di Milano. Accompagno un amico che con
la bella ricetta rossa deve prenotare una prestazione neurologica. Già
all’ingresso bisogna attendere qualche minuto la persona addetta alle
informazioni: nel suo gabbiotto sta parlando con altre persone e c’è da
attendere la fine della conversazione per avere la sua attenzione. Peraltro
indossa la maglietta di un altro ente e quindi viene il sospetto che non sia un
dipendente della struttura, però è solo un incaglio veniale. Forse. Avuta
l’informazione si entra nella sala d’attesa, già vi stazionano, mal contate,
oltre una trentina di persone: l’aria è un po’ pesante, ma come diceva il non
rimpianto Draghi “si può sopportare un po’ di caldo (e altro) per la difesa
della democrazia”. Evvabbè, mettiamo quell’aria mefitica in quel conto.
Raccolto il numerino si butta un’occhiata un po’ distratta allo schermo delle
chiamate e l’intuizione è immediata: numeri davanti ce n’è un bel po’. Dopo una
decina di minuti di chiacchiere si torna a guardare lo schermo con più
attenzione e si nota un’anomalia: gli sportelli aperti sono solo due. Come?
Solo due sportelli al Besta con oltre, mal contate, trenta persone in paziente
attesa? No gli sportelli del CUP al Besta di Milano, via Celoria 1, non sono
due sono sei, ma quattro chiusi. Evvabbé, si risparmia sul personale e del
costo sociale delle mal contate trenta persone chi se ne occupa? Sullo schermo
del televisore, ogni sala d’attesa deve avere un televisore, compaiono in
sequenza le figure istituzionali a partire dal direttore generale, la missione
(ovviamente nobile e ben scritta da un’agenzia di comunicazione), le
prestazioni e naturalmente l’immancabile intramoenia cioè le prestazioni a
pagamento, Si avvicina il mezzodì e come per incanto spunta un nuovo sportello
il numero 3. Ed è un vero incanto poiché fa una sola chiamata e… scompare. Per
non essere da meno anche lo sportello 2 chiude i battenti. È l’ora della pausa
pranzo. È giusto. Finalmente dopo quaranta minuti e una serie
di numeri chiamati a vuoto (ci fossero stati saremmo ancora lì) tocca al mio amico. La persona oltre il vetro
deve subire un piccolo attacco, tutto sommato quasi educato, di un utente che
teme di perdere la visita, ma regge bene e ci sorride. Ciò nonostante si nota
il suo affaticamento. Prende dunque la ricetta e dopo aver fatto danzare le sue
affusolate dita sui tasti del pc con un sorriso comunica la data prevista della
visita: marzo 2025. Malcontato un anno. Un anno, vi rendete conto? La
giustificazione: «Non c’è posto». Il mio amico è uno tignoso e quindi chiede
quando poter effettuare la visita a pagamento. L’apertura delle acque del mar
Rosso stupirono di meno Mosé e le sue dodici tribù: nei primi giorni di maggio
(siamo a metà aprile) c’è posto. Fra solo, mal contati, quindici giorni. A
modico importo: appena 202,00€. Per i non addetti ai lavori: 200,00€ di visita,
da spartirsi tra la struttura e il medico e 2,00€ di marca da bollo a incasso
dello Stato. «Allora non è vero non ci sia posto: basta pagare». Di là dal vetro
ci si stringe tra le spalle e si mandano gli occhi al cielo. Ecco questa parte
della sanità, in Lombardia come in molte altre parti d’Italia fa schifo: non ci
sono i fondi per il personale da mettere agli sportelli, non ci sono i fondi
per supplire alle intramoenia, ma ci sono i fondi per la corruzione, Roberto Formigoni
docet.
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