Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 30 luglio 2014

La TAV sì, il Seveso no.

Chi non sa montare una canadese di solito progetta cattedrali: ecco perché in Italia si ipotizzano grandi opere mentre la nazione affonda nelle alluvioni. Piuttosto che ad uno stivale la forma della nazione dovrebbe essere uno scolapasta. Che fu una invenzione dei genovesi.

In un Paese normale prima si sistemano le piccole cose di tutti i giorni poi ci si dedica alle grandi.  Succede anche in famiglia. Nelle famiglie normali, ovviamente. E questo anche se non tutte conoscono il detto latino primum vivere deinde philosophari. Il che tradotto (liberamente ma poi neanche tanto) diventa “prima darsi da fare per sbarcare il lunario e poi pensare al superfluo e magari lanciarsi in progetti arditi. I soloni che affollano tutte le assemblee elettive di cui si è dotato questo disgraziato Paese, anche se non sempre ragionevolmente pagati dato che qualcuno ha avuto bisogno dei fondi pubblici per comprarsi le mutande o andare al ristorante o dotarsi di un'utilitaria, una volta assisi su quegli alti scranni non vedono più i piccoli torrenti o i fiumi ormai interrati ma solo grandi opere. E così mentre si procede di grande in grande, che le opere saranno anche grandi come imponenza e costi e magari pure come tangenti, il Mose ed Expo docent, ma quanto ad occupazione pochina pochina, si affoga in un bicchier d'acqua. 

È il caso del Seveso, fiume d'una certa dignità, 52 chilometri di lunghezza di origini comasche, che però si inabissa appena entra a Milano, tanto per dirne uno. Negli ultimi trenta o quarant'anni ad ogni pioggia seria detto fiume esonda, fa saltare i tombini e invade strade, negozi e cantine nel quartiere di Niguarda causando, di solito, ingenti danni. Nell'ordine dei milioni, c'è chi dice addirittura 50 per quest'ultima volta. Ovviamente metter mano al Seveso non è un'opera che faccia curriculum e tanto meno finisca sui giornali per cui si attende che spiova e che l'acqua lentamente defluisca. In fondo non piove tutti i giorni. E quando non piove la si è scampata bella.


Il Seveso e Milano sono solo uno dei millanta esempi che il Belpaese può mettere in campo con periodicità svizzera. Che la parola chiave è proprio periodicità, nel senso che non ce ne si fa mai scappare l'occasione. Solo ieri c'è stata l'allagamento di Varese e zone limitrofe, danni ancora da calcolare. Ma hanno avuto gli onori della cronaca anche i territori di Genova, Belluno, Villar Pellice, Vicenza, Udine, Imperia, Savona, Modena, Livorno, Firenze, Pisa, Carrara, Grosseto, Val di Vara, Cinque Terre, Lunigiana, per dirne solo di alcuni del civile ed efficiente nord. Poi c'è il centro-sud con Sinigallia, Orvieto, e l'esondazione dei fiumi Vomano, Tronto, Ete, Chienti, Fiastra, Esino, Misa e altri corsi d'acqua che son detti minori ma hanno interessato gran parte delle Marche, del teramano e della Romagna e poi Ginosa, Metaponto, Bernalda, Ischia e Soverato. Nelle isole si va a nozze e valgano per tutti i casi di OlbiaNuoro, Uras, Bitti, Onanì, Torpè e alcune zone della provincia dell'Ogliastra,e del medio Campidano in Sardegna e quelli siciliani di Barcellona Pozzo di Gotto, Merì e Saponara. Che, in realtà, più che mettersi a far l' elenco dei territori si farebbe prima a dire: tutti.

La colpa, ovviamente, è sempre delle intensei precipitazioni atmosferiche e mai della improvvida incapacità progettuale o della cattiva manutenzione. Per cui il teorema è: se piove tanto c'è l'allagamento. Cvd (come volevasi dimostrare). Tanto è che qualche volta si pensa che non sia lo stivale la vera forma della nazione ma un più tranquillo e rassicurante scolapasta. Che forse è più nelle corde del Paese. C'è da dire, come aneddoto storico, che il primo scolapasta di cui si ha notizia è del 1363 ed era usato nelle galee della Repubblica di Genova. Quindi si è in tema.

A fare il conto dei danni che tante simili catastrofi hanno portato probabilmente i 35 miliardi della tav impallidirebbero. Certo tante piccole cose non impattano come una grande ma d'altra parte non di sola comunicazione vive una nazione. E poi, sempre pensando al primum vivere deinde philosophari, assai spesso la manutenzione crea più occupazione, di più lunga durata ed è economicamente vantaggiosa. Ma per capirlo bisogna avere l'acqua in salotto e che arrivi almeno a bagnare le caviglie.
Dopo tutto vale sempre la metafora che: chi non sa montare una canadese di solito progetta cattedrali. Che tanto sono sempre di là da venire. 

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