Malala Yousafzai è stata dimessa dalla
clinica di Birmingham dove le hanno ricostruito il cranio. Non c'è
stato bisogno di far nulla per la sua volontà di continuare a
combattere. Che analogia nel suo fare con quanto scrisse Elsa
Morante.
Malala ce l'ha fatta. Bene.
La ragazzina di quindici anni non
ancora compiuti (è nata il 12 luglio 1997) che, rivendicando il suo
diritto all'istruzione, ha sfidato i talebani sta guarendo.
Lo dice lei stessa in un video che gira
nella rete: «Oggi
potete vedere che io sono viva, posso vedervi, posso parlare,
miglioro giorno dopo giorno. Questo è grazie alle preghiere delle
persone, perché tutti, uomini, donne e bambini hanno pregato per me.
Dio mi ha voluto regalare questa nuova vita».
Le pallottole che gli integralisti le
hanno piazzato in testa lo scorso ottobre all'uscita dalla scuola le
hanno fracassato il cranio ma non sono state sufficienti né ad
ucciderla e neppure a scalfire la sua voglia di vita e la sua
determinazione.
La chirurgia le ha ricostruito, con il titanio, parte
del cranio ma la sua voglia di continuare a combattere per il
diritto all'istruzione e alla cultura non ha avuto bisogno di alcun
intervento. E' rimasta com'era: forte, salda e serena. Come di quelli che han la certezza della ragione. E questo ben lo si comprende
dal seguito del suo messaggio:«E'
la mia seconda vita, io voglio servire le persone. E vorrei che ogni
ragazza, ogni bambino ricevesse un'educazione, per questo abbiamo
creato il fondo Malala».
Accidenti,
quanta leggerezza.
Non pare neppure che parli della sua quasi morte.
E neppure di un programma rivoluzionario. E neppure di voler
sovvertire un ordine radicato e millenario. Anzi sembra proprio che
stia dicendo di una cosa normale. La più normale per una ragazzina
della sua età. Che stia quasi parlando di un gioco. E il suo tono di voce
è tranquillo.
Riecheggiano
nelle sue altre parole: «…Nessuno conosce veramente un altro, se
non lo ama. Ciascuno di tutti gli altri,è conosciuto solo da chi lo
ama. E ciascuno di tutti gli uomini e le donne, ciascuno
è straordinario, è un universo favoloso, è, in fondo,
senza colpa, innocente. Ma solo chi lo ama lo sa». (1)
Ora
si propone la ragazzina Malala per il premio Nobel. Il Nobel per la pace assegnato a lei che vuole la rivoluzione. E
come prevede il regolamento ci si devono mettere in tre. Tre membri del
parlamento svedese che hanno fatto loro la proposta di un
indo-pachistano-canadese Tarek Fatah.
Gli
adulti, i grandi come dicono i bambini, per darsi un senso devono,
ancora una volta fare ricorso ai ragazzini perché: “ Ah, Dottori
Dottori! alla vostra età! /con tutto che vi addottorate e vi
baccalaureate/ e vi improfessorate nelle Università/ e la storia e
la geografia studiate viaggiate vi scafate, le macchine fabbricate/
sviscerate la scienza/ inventate l’atomica e il volo lunare/però
questa primaria lezione dell’esperienza/ ancora non la volete
imparare?”
Ché poi come ben sanno i più saggi, che sono i bambini, non rimane
altro che vivere con gioco, «…divino perché non c’è nessuna
promessa/o
speranza di guadagno». Perché alla fine è tutto qui.
Così, con profetica lucidità, scriveva Elsa Morante nel 1968 nel Mondo
salvato dai ragazzini. Testo
anomalo, forse, certamente non sempre capito che ancora oggi, dimostra la sua straordinaria forza, la sua straordinaria ragione e,
per un gioco del destino anche la sua attualità. Non sarebbe male se
Malala incontrasse queste righe e scoprisse che una grande rimasta
ragazzina la pensava come lei. O viceversa.
E
sarà bellissimo quando ricevendo il Nobel dirà, con altre parole,
s'intende, qualcosa del tipo:
Sarebbe
una magnifica stravaganza
di scavalcare tutti insieme i tempi
brutti
in un allegro finale: FELICI TUTTI!
Forse, il primo
segreto essenziale
della felicità si potrebbe ancora
ritrovare.
L’importante sarebbe di rimettersi a cercare.
E forse crescerà il numero dei F(elici) P(ochi).
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- E. Morante, Opere, Mondadori, Milano, 1990, vol. I, p. LXIII.
- E. Morante, il Mondo salvato dai ragazzini, La canzone degli Infelici Molti e dei Felici Pochi
Diverso dal solito e "naturalmente" tanto impegnativo quanto grande. Bravissimo!
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