Ofir Ben-Shetreet, giovane israeliana
non può cantare. Male. Malissimo. Anzi peccato.
Ofir ha una bella voce. Anzi una gran
bella voce. Così bella che chi l'ha sentita si è spinto a
definirla «angelica».
Addirittura.
“Dio
le ha dato un grande dono e tutti ne devono godere” sarebbe portato
a dire qualcuno dotato di sentimento religioso. E invece no.
“Dio
le ha dato qualcosa - dicono gli integralisti - che non deve usare e
di cui gli altri tutti non possono beneficiare”. Che oggettivamente
è un controsenso e a ben vedere pure un tantinello blasfemo.
Ofir
non può cantare in pubblico, specialmente davanti a uomini perché è
donna, anche se ha solo diciassette anni. Questo è vietato. Così
pensano anche i rabbini che dirigono la sua scuola. E poiché in
Israele, come in ogni altra parte del mondo Italia inclusa,
l'ortodossia è sacra e non si ferma neppure davanti al ridicolo,
ecco arrivare la punizione. Esemplare, come giusto che sia: l'hanno
sospesa per due settimane dalle lezioni. Che attenzione non è una
pena da poco, perché significa l'esclusione dalla comunità e la
messa all'indice. E la cosa non è bella specialmente se si vive,
come Ofir vive, in un piccolo villaggio religioso.
Una
volta, ai tempi di Miriam e di Davide, giusto per dirne due, c'era
molta più libertà di canto e di espressione di quanto i rabbini
ortodossi non ne prevedano oggi.
Nell'Esodo
(XV-20) si racconta che Miriam, sorella di Aronne, non solo cantò
(scandalo, oggi) ma pure danzò (doppio scandalo, sempre oggi) e lo
fece incitando anche tutte le altre donne a farlo. Davanti a tutti.
Svenimenti a ripetizione tra il clero giudaico. Così come nel
secondo libro di Samuele (VI-14,15) si racconta delle sfrenate danze
di Davide che “saltava di tutta forza e con grida d'allegrezza”
Orrore. Doppio orrore. Si dirà , a discolpa, che Miriam era una
profetessa e Davide era pure un re oltre, naturalmente, ad essere
maschio mentre Ofir, oggettivamente, non è nessuna delle tre cose:
non è una profetessa, non è un re e tanto meno un uomo. Almeno ad
oggi.
Si
giustificherà Miriam perché cantava sulle rive del Rosso dopo aver
salvato la pelle dall'esercito del faraone mentre la ragazzina si è
esibita più semplicemente in uno studio televisivo, nella trasmissione XFactor. I tempi, ahinoi,
sono quello che sono, e la tecnologia impazza. D'altra parte mica si
può organizzare un esodo biblico con successiva quarantennale
permanenza nel deserto ogni volta che una donna vuol cantare.
Oltre a
tutto Ofir era vestita quasi come una suora: gonna oltre al
ginocchio, braccia coperte e vestito chiuso al collo. Le mancava
giusto il velo in testa. Ma, se l'avesse avuto, sarebbe stata
scambiata per una mussulmana. E mussulmana è invece Malala Yousafzai
che ha avuto l'insano desiderio di voler studiare e di farsi una
cultura in quel del Pakistan. Anche lì gli integralisti si sono
opposti. E poiché Malala sembra un tipino tosto, capace di
organizzare un movimento di massa e che magari studiare è più
pericoloso che cantare questi hanno pensato bene di andare per le
spicce e le hanno sparato. Certo
c'è una grande differenza tra le due reazioni, pure se a Gerusalemme
e dintorni quando gli ultraortodossi haredim si mobilitano non c'è
da stare allegri. In quanto a violenza anche loro hanno qualcosa da
dire. Il fatto è che
il principio risulta sempre lo stesso: l'ottusa applicazione di una
cattiva lettura dei testi detti sacri. Come se il contenuto di quei
libri non fosse antropologicamente funzionale al contesto storico e
culturale del momento in cui fu scritto. E che con questa lente
vadano letti perché da allora di tempo ne è passato parecchio.
Perché pensare di rendere pratiche certe metafore è assai
pericoloso. E poi, molte cose sono cambiate. Per esempio si sono
inventate le forchette e i rotoli di carta hanno cambiato di
funzione.
Ofir
e Malala non sono solo due fenomeni di contestazione
all'integralismo, malattia senile di ogni religione e ai suoi acidi
sistemi di gestione, quanto due importanti risorse per la crescita
sia dei loro paesi sia, parrà strano, anche per le loro due
religioni.
Nessuna
delle due ragazze contesta i rispettivi libri sacri ed i principi
fondamentali in essi scritti. Tuttavia danno la dimostrazione di
volerne fornire una lettura più aggiornata, magari più moderna,
addirittura più laica. Il moderato rabbino Aaron Leibowitz parlando
di Ofir ha dichiarato che questa è:«la voce di una generazione che
sta cambiando. Non ha rinunciato alla religione, sta cercando la sua
strada attraverso le definizioni classiche di giudaismo». Allo
stesso concetto si può accomunare Malala, basta sostituire l'ultima
parola: islamismo a giudaismo.
E
per gli amanti delle belle voci e della cultura questo non può
essere che un bene.
E
anche per la laicità. Naturalmente.
No, non è un'ottusa lettura dei testi sacri. Si tratta proprio di una pericolosità sociale di detti testi sacri. Chi agita fantasmi religiosi è socialmente pericoloso, culturalmente immaturo e pronto per lo psichiatra.
RispondiEliminaogni tanto te la tolgono di bocca : il prete alla vanga ( G.Garibaldi)
RispondiEliminaL'ennesima dimostrazione che le religioni dividono i popoli, sono il catalizzatore delle guerre fatte per motivi economici,e poi ci va di mezzo chi cerca di emanciparsi per fare dialogo, o solo per cantare......
RispondiEliminaL'integralismo è la logica conseguenza della religione. L'integralsimo è il punto di contatto di qualsiasi religione.
RispondiEliminaBella definizione Castruccio "integralismo, malattia senile di ogni religione", continuo a saccheggiarti !
RispondiElimina