Al meeting i ciellini applaudono sempre tutti, a raglio. Draghi ha raccontato quanto è bravo, ha invitato ad andare a votare anche se per lui la fregoli Meloni o lo stuoino Letta pari. sono Se il discorso voleva essere una nuova autocandidatura alla presidenza della Repubblica è risultato deboluccio.
E così il Draghi Mario
è tornato a Rimini e il copione si è ripetuto al millesimo. Innanzitutto gli
applausi,, tutti i media hanno tenuto a sottolinearlo, essere durati 2,30
minuti. Evviva, alleluia. Dettagli, comunque. Gli integralisti ciellini a
Rimini applaudono sempre, si direbbe a raglio. Nelle quaranta edizioni del
meeting hanno applaudito, più o meno con gli stessi tempi, vado a memoria,
tutto e il suo contrario: da Andreotti a Bersani, da D’Alema a Berlusconi, da Prodi
a Monti, giusto per citarne alcuni. Tutti con programmi e moralità, larvatamente
diversi, ma per i neobaciapile pari sono: l’importante è che siano qualcuno essendo loro l’altra
parte. Quindi i due minuti e briscola di applausi non contano. Il discorso è
stato un melting pot di allegre banalità. Ha esordito, il Draghi Mario, raccontando innanzitutto
a sé stesso e poi ai ciellini e al mondo intero la sua più grande verità: quanto sono stato bravo. D’altra parte
solo se si è bravi si cammina sulle acque e viceversa. Poi ha bellamente
sbugiardato il Calenda Carlo dicendo che un’agenda Draghi non esiste, al
massimo si può parlare di metodo Draghi. Però questo non è di nuovo conio:
governare a colpi di decreti, portare le leggi al consiglio dei ministri due minuti
prima della sua chiusura e farle votare per senza alcuna discussione del parlamento
lo si era già visto fare. Magari non tutti questi comportamenti insieme e ,
forse, mai in cotal quantità, ma tant’è. Dopo di che ha bordeggiato sul
semiqualunquismo: qualsiasi sia il
governo che verrà farà bene. In altre parole che vada al governo la fregoli Meloni Giorgia (in quale
versione: esagitata Vox o educanda Fox?), gli ha sempre votato contro, o lo
stuoino Letta Enrico, gli voterebbe a favore anche se si convertisse al
terrapiattismo, per lui pari è. Il fatto che nelle liste dei FDI ci sia
nientepopodimenoche il Tremonti Giulio, ministro dell’economia nel mitico 2011
quando il governo Berlusconi portò il Paese sulla soglia del default non lo turba minimamente E
questo perché, passaggio vagamente populista con quel tocco di nazionalismo che
fa tanto capitani coraggiosi, in Italia
c’è tanta brava gente che lavora e che
produce. Con a chiudere l’invito di andare a votare anche se non se ne vede
la ragione: se un governo vale l’altro, del Parlamento non c’è bisogno e l’Italia
ce la farà comunque. Perché andare a votare? Quanto poi al produrre sarà da
vedere quanto si potrà fare considerando la drammatica situazione dell’energia
a cui certo non si pone rimedio con ridicoli e risibili pannicelli caldi come l’ora
in meno di riscaldamento e il limite ai 19 gradi. Misure incontrollabili e
perciò stesso automaticamente inapplicabili. Se questo voleva essere il
discorso per una nuova autocandidatura alla presidenza della Repubblica è
risultato deboluccio nei contenuti e arrogantiello nella forma. L’apotropaico
sorrisetto non è mancato. Forse, a guardarsi in giro, nonostante il desolante
panorama, si può trovare di meglio.
Buona settimana e buona
fortuna.