E così gli intellettuali italiani hanno scoperto Grillo e il suo movimento. Bene. Bravi.
Quindi per essere in linea
con la loro missione hanno preso carta e penna e gli hanno scritto. A
lui e a tutti i suoi aderenti. Si sono accorti del “nuovo soggetto
politico” forse a causa del boom. Che
non è quello economico, come già sagacemente ha ben ricordato il
Presidente Napolitano, ma quello elettorale.
Certo
è che se gli intellettuali avessero frequentato di più il cinema e
il teatro o si fossero scatenati in qualche concerto rock o anche
solo mischiati con quelli che vanno allo stadio si sarebbero accorti
che qualcosa bolliva in pentola. Ma gli intellettuali italiani, per
la più parte, sono schivi e timidi e soprattutto non vogliosi di
ribalta. E così si sono fatti sopravanzare da cantanti, calciatori,
teatranti e anche un Nobel che avevano capito tutto con anticipo.
Qualcuno anche con largo anticipo, e ora ne rivendica la
primogenitura. . Ma attenzione, mica tutti questi artisti e sportivi
sono giovani e underground, i
più sono cresciutelli e viaggiano oltre i quaranta, con anche
qualcuno che potrebbe essere pure nonno se non addirittura bisnonno
dei neoeletti . Ma in fondo è stato meglio così.
Per gli intellettuali più
loquaci e intervistati è stata una fortuna non essersi accorti di
niente che magari qualcuno se ne usciva con qualche battuta alla
Fassino, che è un sabaudo dall'acido e filiforme umorismo. E che poi
il mestiere di profeta non è proprio nelle sue corde.
Comunque alla fine anche
loro, gli intellettuali, hanno visto che nel triste panorama politico
qualcosa pur si muove. E, almeno questa volta, nelle intenzioni, han
deciso di non essere di parte ma di svolgere un ruolo ecumenico.
Fatto che, oltre non essere così usuale, è anche strano. Sarà mica
l'influenza di quel che sta succedendo a Roma? Dove la voglia di
ecumenismo, con tutti quei bei cardinali è addirittura palpabile.
Tra uno scontro e l'altro. Che da quelle parti ci vanno pesanti ma sempre con l'aria che non sia successo nulla. e che comunque la responsabilità è di uno spirito, ancorché santo, che sia aggira per li palazzi.
La
moda è moda e anche gli intellettuali ne van soggetti. L'idea
dell'inconsueto affascina. E talvolta dà pure alla testa. E quindi
anche gli intellettuali che ambirebbero essere i cardinali della
laicità, si sono impegnati a svolgere un ruolo ecumenico.
Quindi
cosa di meglio di una bella lettera, magari aperta, come nei ruggenti
anni '70?
La parte più difficile
deve senz'altro essere stata l'intestazione. L'inizio è sempre
terribile quando ci si trova davanti al foglio bianco che guarda lo
scrittore con fare beffardo e sembra dire:”e adesso come cominci?”
S'immaginano i dibattiti,
e la quantità di fogli appallottolati che sono stati gettati nel
cestino e quelli che invece, battendo sul bordo, ne son cascati
fuori. E dopo ore di discussioni e di metafisica applicata ecco
l'idea: il classico “caro”.
Già, ma “caro Beppe”
deve esser parso un po' troppo ammiccante e oggettivamente un po' fa
anche ridere. E quindi, ideona, l'hanno doppiato con il cognome:
“caro Beppe Grillo”. Che suona un po' come scrivere al vecchio
collega d'ufficio (avranno mica pensato a Fantozzi, anche lui
genovese, quando si rivolgeva al ragionier Filini?). Oppure fa
pensare alle cene dei reduci del liceo che ci si da del tu ma col
cognome: “come va Gomarasca? Mi passi il sale Incorvaia”.
Comunque, superato il
primo scoglio l'idea di chiamare “amici” i militanti e gli eletti
gli sarà parso naturale. Come accarezzare vigorosamente la testa
dei figli piccoli degli amici. Che sopportano la tortura per amore
(timore) di papà e pensano a quali pene infliggere al maniaco
accarezzatore di teste.
Quindi preso l'abbrivio,
lo schema successivo è semplice: 1) omaggio al vincitore 2) premessa
alla proposta del mittente, 3) proposta 4) chiusa con mozione degli
affetti. Il punto 4) di solito si porta appresso sempre un po' di
retorica che nei comizi fa scattare l'applauso. Così è da sempre.
Fin dai tempi del politburo. E oggi forse non c'è neanche più la
voglia di cambiare.
L'omaggio al vincitore è
presto reso: «Una
grande occasione si apre, con la vostra vittoria ...».
Semplice, stringato e preciso. Perfetto.
Anche
la premessa è chiara. Peccato sembri un dito cacciato nell'occhio
dell'interlocutore.
Perché, anziché cercare i punti di unione
(prendano esempio dai cardinali, quelli veri, i vaticani), subito si
incardinano su una questione che è divaricante: «Non
potete aspettare di divenire ancora più forti (magari un
partito-movimento unico)
di quel che già siete, perché gli italiani che vi hanno votato vi
hanno anche chiamato: esigono alcuni risultati molto concreti,
nell’immediato, che concernano lo Stato di diritto e l’economia e
l’Europa».
Ma chi l'ha detto? E se gli italiani fossero d'accordo? E poi con tutti gli argomenti che son sul tavolo proprio questo è da sollevare? Che non è neanche uno dei più interessanti. Concettualmente parlando.
Che
poi è la risposta in negativo ad uno dei desiderata
di
Grillo peraltro estrapolata dal contesto. Ma comunque perché porre
già alla terza riga un elemento di disunione?
Poi
la proposta che viene esposta con il rude tatto attribuito, a volte a
torto, agli abitanti della montagna: «Ma
dire no a un governo che facesse propri alcuni punti fondamentali
della vostra battaglia sarebbe a nostro avviso una forma di suicidio:
gli orizzonti che avete aperto si chiuderebbero, non sappiamo per
quanto tempo. Le speranze pure. Non otterremmo quelle misure di
estrema urgenza che solo con una maggioranza che vi includa diventano
possibili».
Il tono brutale, intimativo e ultimativo della proposta inficia ogni
possibilità di risposta positiva. E poi sembra che l'accordo
proposto sia più strumentale che sincero. Non si fa così.
La
chiusa è ugualmente surreale e si divide in due parti.
Parte
uno: «Non
sappiamo quale possa essere la via che vi permetta di dire sì a
questi punti di programma».
Ma come? Si fa una proposta senza sapere come possa essere accettata?
Ma in che film può succedere questo? Al di là di un bizzarro
utilizzo della consecutio
temporum. Che
da tante belle menti abituate a scrivere qualcosina di più corretto nell'uso della lingua ci si
poteva pure aspettare.
Parte
due, quella di solito dedicata alla mozione degli affetti: «Avete
detto: “Lo Stato siamo noi”. Avete svegliato in Italia una
cittadinanza che vuole essere attiva e contare, non più delegando ai
partiti tradizionali le proprie aspirazioni. Vale per voi, per noi
tutti, la parola con cui questa cittadinanza attiva si è alzata e ha
cominciato a camminare, nell’era Berlusconi: Se non ora, quando?».
Ma come?
Utilizzare lo slogan
di
un altro per convincere qualcuno è quanto di peggio si possa fare in comunicazione. Chwe è un po' come dire alla fidanzata che l'amica è più elegante. Paul Watzlawick, La pragmatica della comunicazione,
insegna.
Peccato.
A firmar quella lettera c'è gente di vaglia, come Salvatore Settis e
Barbara Spinelli.
Chissà
che gli è preso.
Questo
è uno dei casi in cui s'è
pezo el tacon del buso.
E infatti Grillo Beppe ha avuto buon gioco nella risposta citando
addirittura quello che, in un certo tempo della sua carriera, fu un'icona dell' artista militante: Giorgio Gaber
Agli
intellettuali (e anche ai politici, ad esclusione di Berlusconi e del M5S che la comunicazione la conoscono) due
consigli:farsi consigliare dei seri consulenti di comunicazione. Di buoni ce ne
sono, anche se pochi. Che un conto è pensare e un altro è comunicare.
a me non va proprio di scrivergli
RispondiEliminaC'è una una unica risposta e cioè che chi si è abbassato a tal punto non è un intellettuale, almeno per l'idea che penso sia giusto avere di chi possa essere definito tale.
RispondiEliminaCirca 30 anni fa, una sera di metà luglio,caldissima, afosissima, come sanno solo esserlo le serate estive all'estremo sud, seguivo, in ragione del mio lavoro la seduta del consiglio comunale della città. Si era all'inizio della legislatura. Si dovevano quindi decidere posti in commissione, assessorati...e via discorrendo. Per circa un'ora, il consigliere capogruppo del PRI, ci afflisse con un discorso retorico, prolisso, evocativo....fino al punto di richiamare alla memoria degli estenuati ascoltatori gli spiriti di Mazzini e di Rosmini...il cui spirito, certamente - disse il facondo capogruppo repubblicano- aleggia in quest'aula. Dai banchi democristiani, sconvolto dal caldo e dalle evocazioni di spiriti, come in una seduta, appunto, spiritica, si alzò d'impeto il capogruppo dello scudo crociato e rivolto al medium repubblicano disse: " Avvocato, lasciate stare Mazzini e Rosmini, diteci quanti posti volete". E' la fotografia dell'Italia politica. Sud e Nord non fa differenza...e anche stavolta sarà un problema di posti. Per tornare al tema principale, ovvero la risposta irridente di Grillo agli intellettuali di area sinistra e per la cronaca in queste ore viaggia in rete un secondo appello, sempre a sinistra, a firma Saviano, Serra e compagnia cantando, una compagnia che canta da sempre, c'è da dire che tutti gli intellettuali impegnati nella genuflessione a Grillo pare abbiano dimenticato un piccolo aspetto. Anche questo risale a tanti anni fa. Ma gli intellettuali diemnticano facilmente. Grillo, fu cacciato dalla Rai, come molti ricorderanno, per via della battuta sui cinesi che non piacque Craxi. All'indomani della sua cacciata, non ci furono appelli, nè attestazioni di solidarietà. Lui se l'è legata al dito...su questo non ho dubbi. Comunque, i signori appellanti, temono la perdita dei famosi 'posti' di cui sopra. Erano convinti della stravittoria del PD, con gli amici alla Rai, nei posti che contano...pensate alla Litizzetto, a Crozza, Saviano, Serra, Dandini, Guzzanti che già si vedevano aasegnati contratti miliardari per serate inconcludenti e battute del cavolo per parlare dell'unico argomento che eccita la loro estrosa creatività: Berlusconi. Loro lo hanno riportato in auge, loro lo hanno intervistato e consacrato a personaggio indimenticabile - qualcuno tra voi ha dimenticato l'avanspettacolo organizzato da Santoro e Travaglio? Una pantomina, vergognosamente, organizzata? Ora firmano appelli?
RispondiEliminaChi scrive, sia chiaro,e a scanso di equivoci, non è un tifoso di Grillo. Penso stia tirando troppo la corda e quella corda può finire intorno al nostro collo di semplici cittadini e contribuenti. Se vuole contribuire al risanamento del paese ha i mezzi per farlo...se vuole invece fare come ha fatto un imbianchino austriaco nel 1933 a Berlino, sappia che andò a finire in un'immane tragedia...