La
questione Libia è risolta dal governo con tre mosse, poi ci sono due corollari.
Solo per pignoleria si aggiungono tre considerazioni. Gli 007 mandati in Libia sono
gli stessi del caso Regeni in Egitto? Gli agenti, che avranno licenza di uccidere, a
quale James Bond si ispireranno? Si spera non a James Tont.
Del buon senso, come delle
stupidaggini, nessuno ha il monopolio e così tutti o quasi apprezzarono Renzi
Matteo, in arte segretario del Pd e Presidente del Consiglio,, quando, con buon
senso, disse che era quantomeno azzardato mandare truppe in Libia se non si
aveva ben chiaro quello che sarebbe successo dopo.
E come esempio portava sia
la scriteriata azione militare americana in Irak del 2002 sia quella
altrettanto fessa patrocinata da Sarkozy in Libia nel 2011 La partecipazione
italiana in questo secondo caso fu, per così dire, non spontanea. E per una che
ne avesse azzeccata il giovane Presidente del Consiglio non ci si poteva che
rallegrare. Evviva, evviva.
Poi però, poiché ad ogni azione ne corrisponde una
uguale e contraria ecco la minchionata: oggi l’Italia partecipa alla guerra di
Libia. In realtà il Belpaese non potrebbe, dato che c’è un articolo della
costituzione , il numero 11, in cui è scritto che «l’Italia ripudia la guerra come mezzo di risoluzione
delle controversie internazionali» Ma anche qui c’è il trucco: basta non
chiamarla guerra e il gioco è fatto. Infatti da qualche tempo le azioni
militari con cannoni, bombe e fucili, in altre parole, con gli scarponi sul
terreno come dicono gli yankee, si
chiamano azioni di pace (peacekeeping). E poiché come noto è la somma che fa il
totale se l’azione è di pace vuol dire che non c’è guerra. Che per gli italici
è questione facile da capire ma andare a spiegarlo ai libici è un tantinello più
difficile.
Comunque, la questione è risolta in tre mosse e due corollari a cui
per pignoleria si aggiungono tre considerazioni, La prima mossa è stata fatta
il 10 di febbraio con un bel decreto che stabilisce che il comandante in capo
dell’operazione in Libia sia il Presidente del Consiglio. Probabilmente la
scelta è caduta su di lui perché è noto a tutti che Renzi ha vestito la divisa
dei boyscout. Anche quella era una divisa di pace e quindi, deve essere stato
il ragionamento, chi se non lui? La seconda mossa è stata di affidare la
missione all’Aise (Agenzia Informazioni Sicurezza Esterna ). Chissà se sono gli stessi che si stanno
occupando in Egitto del caso Regeni, perché
se è così si potranno dormire sonni tranquilli. Primo corollario: le teste d’uovo dell’Aise
hanno pensato che per missioni speciali ci vogliono militari speciali cioè
uomini dotati di licenza 007. Il che significa licenza di uccidere e impunità
per i reati eventualmente commessi, Ovviamente all’interno del mandato dell’ONU.
Sembra quasi un film. A questo punto si dovrà decidere, ammesso che un
consiglio dei ministri non l’abbia già fatto, a quale modello di 007 i nostri
dovranno riferirsi. All’astuto, freddo e seducente Sean Connery o all’elegante
ed ironico Roger Moore o al pià sensibile e psicologicamente completo Pierce
Brosman o all’algido David Craig? E poi, ci saranno anche le Bond girl? Dubbi
amletici, ma l’importante sarà non assomigliare al
Lando Buzzanca di James Tont in operazione U.N.O. Comunque quel che è certo è
che sarà il boyscout Renzi Matteo ha
decidere, pianificare e controllare le missioni. Siamo i una botte di ferro. Operativamente,
dunque, l’Aise risponderà a Renzi e informerà, attenzione all’aggettivo,
tempestivamente il ministro della difesa Roberta Pinotti, il ministro degli
esteri Paolo Gentiloni e quello dell’interno
Angelino Alfano per, attenzione anche alla seguente frasetta, le materie di
competenza. Che è come dire che non si sa quando questi tre saranno informati e
poi, ma detto sottovoce, che senso abbia informarli dato che Renzi sa già tutto
e li terrà senz’altro al corrente con un SMS. I tweet in questo caso non vanno
bene li potrebbero leggere anche le altre tribù libiche nemiche e quelli di Daesh.
Terza mossa: in Libia ci sono
anche truppe di altri Paesi europei e quindi c’è il rischio di sovrapporsi
nelle iniziative, quindi ci vuole una guida. Niente paura il comando di tutte le
operazioni è affidato all’Italia. L’orgoglio nazionale è salvo: inglesi e
francesi dovranno ubbidire ai nostri ordini. Finalmente al Belpaese viene
riconosciuto il giusto peso. La cosa è confermata anche da Ali Ramadan, ministro
degli esteri del governo di Tripoli, che però è solo uno dei due governi
libici, l’altro sta a Tobrouk e tra i due non corre buon sangue. Secondo corollario: il ministro di Tripoli in una
intervista rilasciata al Corsera proprio
il 3 di marzo, aggiunge candidamente che comunque ogni operazione dovrà essere
concordata con il suo governo. Cioè prima di ogni azione Roma chiamerà Tobrouk e
farà la proposta, discuteranno e poi quando arriveranno ad un accordo verrà ordinato
all’Aise di agire. L’Aise a quel punto vaglierà le aree di competenza dei tre
ministeri e tempestivamente, dopo un minuto, un’ora, un giorno o una settimana,
inviarà una relazione.
Prima considerazione: in tutto questo non c’è traccia di
quel che succederà dopo l’intervento europeo. Cioè proprio come dopo la prima
volta in Libia. Seconda considerazione: in prima battuta verranno inviati in
quella che una volta era la quarta sponda cinquanta incursori del Col Moschin
cui pare ne seguiranno altrettanti del San Marco. Che degli incursori possano
portare la pace da qualche parte è pensiero arduo. Però se qualcuno sa dove la
possono portare si faccia avanti. Terza considerazione: che succederà quando qualcuno
dei nostri ci lascerà la pelle? Perché noi portiamo la pace (ancorché con
licenza di uccidere) ma quelli di Daesh non lo sanno.
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http://ilvicarioimperiale.blogspot.it/2015/11/neanche-la-guerra-e-piu-una-cosa-seria.html
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piuttosto malmessi questi paesi europei se si trovano a dover chiedere di assumere il comando delle operazioni all'unico paese che come ex paese coloniale in quel territorio un tempo non veniva considerato il più indicato a guidare operazioni belliche.
RispondiEliminama no. loro, gli alleati, ci mettono aerei e droni. noi i soldati, quelli che ci lasciano la pelle. gli americani avevano creato reggimenti di afroamericani da mandare all'attacco in prima linea. loro, gli euroamericani, se ne stavano nelle retrovie. adesso il compito degli afro vorrebbero affidarlo a noi. c'è da augurarsi che questa scassatissima classe politica abbia almeno il buon senso di non prestarsi.
RispondiEliminasembra che fortunatamente sia così.
RispondiEliminadiamo tempo al tempo
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