Ciò che possiamo licenziare

lunedì 3 novembre 2014

Il caso Cucchi: le parole non dette fanno male più di quelle dette.

Nel caso Cucchi colpisce, a proposito di ecchimosi, il silenzio delle grandi istituzioni. Del ministro della Giustizia, del ministro dell’Interno, del Presidente del Consiglio. Del Presidente della Repubblica, che presiede anche il Csm. In compenso hanno parlato due sindacati di polizia. Meglio, per loro se tacevano.

La morte (infame) di Stefano Cucchi sta diventando, per grande fortuna di tutti ma se ne sarebbe fatto volentieri a meno,  un caso nazionale e forse nel prossimo futuro anche europeo. Cosa quest’ultima che senz’altro non gioverà alla reputazione dell’Italia ma forse l’aiuterà a crescere. Caso importante, quello della morte (uccisione) di Stefano Cucchi perché a seconda di come si andrà sviluppando e delle prese di posizione delle istituzioni si vedrà e si peserà il grado di civiltà del Paese. 

Uno Stato è degno di questo nome quanto più sa essere giusto ed imparziale nel trattare i suoi cittadini e sa esercitare la capacità di riconoscere i propri errori e gli errori di coloro che lo servono. Quando una istituzione si chiude a riccio, a difesa di casta o usa come scudo il reato di vilipendio altro non fa che dimostrare tangibilmente la sua fragilità. Chi è degno di rispetto sa che riconoscere un torto fatto non è segno di debolezza. Uno Stato degno di questo nome è in grado di ridurre drasticamente la forbice che intercorre tra il senso di legalità e quello di giustizia. Ché la loro distanza altro non è che testimonianza e prova provata, di inanità. La vicenda di Stefano Cucchi, come peraltro anche quelli di Federico Aldrovandi, di Riccardo Magherini e dei tanti della scuola Diaz di Genova, è emblematica.

Nel caso di Stefano Cucchi, come negli altri,  fan più male le parole non sentite che quelle dette. Che queste ultime ci si augura possano essere catalogate tra quelle dal sen fuggite e che abbiano tradito il pensiero di chi le ha pronunciate. Anche se,magari no. Capita che cervello e lingua talvolta non siano in connessione. In ogni caso comunque, il silenzio ha colpito (in parallelo con le ecchimosi di Stefano Cucci)  più duro delle parole.

Ha colpito il silenzio del ministro della Giustizia, il doroteo (definizione di Matteo Renzi) Andrea Orlando, che è tanto prodigo di parole quando si tratta della riforma della giustizia che lo vede duramente impegnato nella battaglia per la riduzione delle ferie dei magistrati e nello smantellamento di tribunali così come nella chiusura della carceri situate nel centro della città, aree appetibili per la  speculazione edilizia. Così come ha colpito anche il silenzio  dei responsabili del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) la cui voce si era prontamente levata a supporto della chiusura di san Vittore.  Ha colpito il silenzio del ministro dell’Interno il mancante di quid (definizione dell’ex mentore Silvio Berlusconi) Angelino Alfano. Ha colpito il silenzio del Presidente del Consiglio innamorato della gioventù e sempre prodigo di suggerimenti e consigli ai giovani. Ha colpito il silenzio del Presidente della Repubblica, anche Presidente del Csm, che un monitino (monito in formato mignon) gli poteva pure scappare per questo fatto eclatante che vede un uomo affidato a strutture dello Stato uscirne cadavere. E senza che sia stato individuato alcun colpevole. Mica doveva essere un monito crudo e aspro. Ci si sarebbe accontentati pure di un monito sfumato e felpato. All’uso della casa quando i temi sono scottanti. Non rispondere alle richieste, come fu fatto con Cira Antignano la madre di Daniele Franceschi ucciso nelle carceri francesi, dice della distanza della Istituzione dalla gente comune più di cento trattati di sociologia.

C’è invece chi ha parlato: il segretario del Sap, sindacato autonomo polizia, Gianni Tonelli: «Se uno disprezza la propria salute e conduce una vita dissoluta ne paga le conseguenze.» e anche il  Coisp, sigla che sta per Coordinamento per l’Indipendenza delle forze di polizia:«Per certe sciagure si guardi prima di tutto altrove, magari in famiglia.». Frasi difficili da commentare. Come d’altra parte tutte le affermazioni sciocche. Che il bon ton chiede di andare oltre. 

Ovviamente le parole di comprensione, se verranno, s'immagina saranno ben accette soprattutto se non gronde di retorica e comunque a queste dovranno presto essere seguite da ben precisi fatti.

2 commenti:

  1. e in più è la sorella Ilaria ad essere presa di mira dal Sindacato di polizia penitenziaria, che si ritiene calunniato dalla stessa...

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  2. tutto questo aumenta il senso di paura e insicurezza nei cittadini...

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