La
specie piccione appartiene alla famiglia dei columbidi: è ampiamente diffusa e poco
amata in tutto il mondo. A Milano piccione sta per tarlucco. Per molti sono i
troll dei pennuti. Se Giovanni Toti è contento di far parte della categoria ce
ne si farà una ragione.
E bravo Giovanni Toti:
è riuscito con poche precise parole a definire Forza Italia. Si vede che è un giornalista
e pure preparato. Come sempre accade in queste occasioni per meglio far capire
quello che si ha in testa si ricorre a
metafore. Le migliori per lui sono quelle del mondo animale, detto senza
perfidia che quella, inconsciamente o forse no, ce l’ha messa da solo. Si
racconta in un suo ritratto agiografico, uscito su Libero (1,) che «si
incanti davanti ai documentari sugli animali». Dunque, non ci si poteva
aspettare altro. Tra tutte le specie Toti ha scelto quella degli uccelli, che
un suo perché deve avercelo di sicuro. La definizione suona dunque così:« Falchi?
Colombe? In Forza Italia solo piccioni»
A onor del
vero, sulla strada degli uccelli ce l’hanno portato un po' i cronisti che gli stavano
addosso durante la sua visita pastorale al Consiglio regionale della Lombardia.
Il riferimento era alle tensioni che agitano il partito e che al solito vede
contrapposti i duri e puri a quelli che sono più accomodanti. I primi, detti
anche falchi, di norma sono estremisti e più realisti del re che nel caso
significa essere più berlusconiani di Berlusconi. Compito non proprio facile
disponendo questi di un ego che, detto per difetto, ha dimensioni planetarie.
Per i moderati, le colombe, il fatto è assai più semplice si tratta sempre di
salvare la le penne, cioè la pelle: fare un passo qualche volta in avanti e
qualche altra indietro.
Comunque vien difficile
pensare che la definizione data dal gioviale, così vien descritto, Giovanni
Toti da Massa Carrara, sia piaciuta a quelli del partito (e forse qualche
fastidio deve averlo dato pure a Berlusconi) per le implicazioni che l’immagine
del piccione ha nel vissuto popolare. Immagine emblematica dai connotati decisi
e non propriamente positivi. C’è chi li definisce i troll dei pennuti. In
particolar modo a Milano. La specie piccione, della famiglia dei columbidi, pur
essendo ampiamente diffusa non rientra certamente tra quelle più amate e i
motivi sono tanti. I piccioni hanno abitudini pessime: sono invadenti, lasciano
segni evidenti del loro passaggio e l’intorno a dove abitano è ben marcato.
Poi, il che è gravissimo, detestano la cultura,e in particolare i monumenti e
le facciate delle chiese con particolare predilezione per quelle più antiche
nelle quali spesso si installano abusivamente. Tanto che Pasolini ebbe a dire
«I monumenti non dovrebbero aver paura
dei piccioni, sono i piccioni che dovrebbero aver paura dei monumenti» Inoltre questi
pennuti cittadini hanno in grande antipatia le auto appena lavate e lucidate, sono
sempre affamati e si beccano in continuazione.
Se le caratteristiche e
abitudini dei piccini le si riporta a Forza Italia c’è poco da stare allegri.
Soprattutto se se ne intravvedono dei tratti somiglianti. Quindi si capisce che qualcuno se ne sia pure
adombrato. Mentre per altri sia stata
solo una conferma.
Senza contare che in
quel di Milano dare del piccione a qualcuno significa classificarlo come non
particolarmente brillante anzi decisamente un po’ tarlucco. E alla Santanché
questo proprio non deve essere piaciuto e forse neanche alla Gelmini, che pure quella
parte la fece quando se ne uscì con la galleria del neutrino. In ogni caso se a
Toti piace il raffronto Forza Italia-piccioni non si può che prenderne atto. E
magari farsene pura una ragione.
A Berlusconi (non più
cavaliere per la sofferenza di Giuliano l’apostata Ferrara di non poterlo più
nomare cav.) i delfini sono sempre piaciuti alti o lunghi poiché i pesci si
misurano in lunghezza, e Giovanni Toti
lo è. Evidentemente dev’essere un inconscio desiderio di compensazione:
aggiungere una trentina di centimetri ai propri, anche se diventare alti per
procura non è come esserlo per davvero. Magari ci sta sotto anche il perfido
piacere di comandare quelli che sono più altri e più grossi. Pare che nella storia
simili esempi non siano pochi. Comunque
varrebbe la pena che Berlusconi i suoi numeri due li scegliesse non solo per la
stazza. C’è un detto che suona: grande , grosso e …piccione.
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(1) http://www.liberoquotidiano.it/blog/1383848/Moglie--giornaliste--Fb-.html
sempre difficile determinare le capacità di un manager pubblico; a volte gli utili immediati possono essere fatti a discapito delle politiche di lungo termine e viceversa, così come non è possibile sottrarre il giudizio sull'operato di un dirigente pubblico dalle economie e diseconomie esterne che la sua azione ha finito col provocare ( anche se in teoria dovrebbe essere il potere politico a stabilire quanto le economie ed economie esterne vanno valutate al fine della determinazione della efficienza di una azienda pubblica) . Se, ad esempio. un manager di una ferrovia privata può essere apprezzato dagli azionisti per gli utili che riesce comunque a realizzare anche a dispetto di disagi che può creare a certe categorie di utenti e che possono trasformarsi in costi di altra natura per il sistema paese ( un motivo semmai per dubitare della scelta di affidare servizi pubblici ad aziende private), questo non può certamente avvenire per il manager di una azienda pubblica che se non tenesse conto di tali economie e diseconomie esterne, perderebbe parte della sua ragione di essere pubblica. Un buon manager di azienda pubblica è quello che a parità di servizi all'utente, ed a parità di stato della tecnica e delle l altre condizioni d'insieme, , riesce ad operare a costi inferiori di quanto non avvenisse in precedenza , è questo forse il caso di Moretti? E, comunque, che senso del servizio pubblico e quale attenzione alle esigenze di sistema può avere una persona che ritiene interscambiabile un ruolo pubblico di grande rilievo ed il mettersi sul mercato del lavoro privato ( sempre, naturalmente , ammesso che potesse trovare una collocazione adeguata alle sue pretese, cosa di cui credo sia più che lecito dubitare) ? Per la verità anche Ugo La Malfa ebbe modo di dire che le dimissioni non si minacciano , ma si danno; solo che lui ebbe anche modo di darle per davvero.
RispondiEliminadomandiamo cosa che ne pensa Guccini A san sté a la Fiera di S. Làsaro, oilì, oilà,
RispondiElimina'a san sté a la Fiera di S. Làsaro, oilì, oilà,
a' i' ò cumpré du' béi pisòn, com' eren béii, com' eren bòn,
a' i' ò cumpré du' béi pisòn, com' eren béii, com' eren bòn
[parlato]
Molto facile: dice "Sono stato alla fiera di San Lazzaro oilì, oilà, ho comperato due bei piccioni, com' erano belli, com' erano buoni!"
Altri testi su: http://www.angolotesti.it/.../testo_canzone_la_fiera_di...
Tutto su Francesco Guccini: http://www.musictory.it/musica/Francesco+Guccini
Francesco Guccini - La Fiera Di San Lazzaro Testo Canzone
www.angolotesti.it
Leggi il testo di La Fiera Di San Lazzaro cantato da Francesco Guccini
8 min · Non mi piace più · 1
bene... facciamo il tiro al piccione
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