Riceviamo da un nostro lettore e molto volentieri pubblichiamo 'La settimana che cominciò di mercoledì'. Questo racconto è stato segnalato dalla Giuria del Concorso Nazionale Luna Nera sezione narrativa.
Date le caratteristiche del nostro blog la storia sarà suddivisa in quattro parti che usciranno in giorni alterni a partire da oggi.
Prima puntata
Stava finendo quello che gli inglesi chiamano 'long week end' e noi, più prosaicamente, 'il ponte'. Quella volta si trattava del ponte del 25 aprile che cadeva di mercoledì e si incrociava con la Pasqua: con un solo giorno di ferie si poteva contare su una vacanza di cinque. Ero single, non avevo programmi, non avevo inviti, non avevo nulla da fare così decisi di passare cinque giorni nella città che si prevedeva deserta.
Quella vacanzella volevo godermela con calma, con pigrizia e con il massimo del lusso: disporre del tempo e dello spazio. Volevo svegliarmi senza il cicalio della sveglia e volevo apparecchiare la tavola come si conviene per una colazione ricca e guduriosa. Volevo uova strapazzate e panna, succo di pompelmo rosa, pane di segale tostato e marmellata di mirtilli, volevo tirar fuori il servizio da the che era stato di mia nonna e che mia madre mi aveva regalato per il mio ultimo compleanno, volevo prepararmi un'intera teiera di english breakfast tea dando una scorsa al giornale. E così passai quel ponte da turista: visitando chiese che non avevo mai viste, perdendomi nelle stanze dei musei, pranzando dove capitava e imbucandomi nei due unici cinema d'essai rimasti in città.
Qualche sera rientrai per cena e qualche sera no. Un paio di volte capitai in locali dove si suonava jazz, Questo fino a mercoledì pomeriggio: la contentezza mi pervadeva ma stavo per incontrare la felicità.
Mercoledì mattina infilando la testa nel frigo mi accorsi che era semivuoto: dovevo assolutamente trovare un supermercato aperto . Già sapevo che nei giorni seguenti l'ufficio mi avrebbe inghiottito fino a notte. Cercai su internet e trovai che in tutta la città ne erano aperti solo due e quello più vicino stava all'opposto di casa mia. Il caso mi costrinse ad organizzare la giornata come una lunga marcia di avvicinamento al supermercato.
Faceva caldo quel pomeriggio, più del normale ed entrare nel super mi diede una piacevole sensazione di frescura e mi fece riacquistare un po' del buon umore che avevo perso pensando di dover sprecare una parte della giornata per fare la spesa. Mancava solo che mi mettessi a stirare e i positivi effetti delle quattro giornate precedenti si sarebbero dissolti.
Liberai un carrello infilando una moneta da 50 centesimi nella fessura del blocco e cominciai a gironzolare tra gli scaffali. Non avevo nessuna idea. Il malumore stava risalendo lentamente.
I nostri carrelli si scontrarono all'angolo tra il corridoio dei detersivi e quello della profumeria, lui mi guardò e sorrise mormorando qualcosa che non capii, probabilmente delle scuse. Io assunsi quell'aria seccata e strafottente che in ufficio nessuno sopporta e mi trattenni dal mandarlo al diavolo. Entro un paio di minuti me lo ritrovai nuovamente davanti a chiedermi dove si trovassero i fiocchi d'avena e così scoprii che era britannico e aveva un accento buffissimo. Poi, dopo oltre mezz'ora, era davanti a me, in fila, all'unica cassa aperta. Secondo lui ce n'era a sufficienza per decidere di fare conoscenza.
“Quando le casualità sono troppe - sentenziò - bisogna assecondare il destino”
Propose un aperitivo, tentennai, ma poi accettai.
(continua giovedì 8 novembre)
ad un parlamentare europeo della Germania Occidentale che trovava da ridire sulla cultura dell'Italia dei contestatori ( o qualcosa di molto simile) , Mario Capanna rispose prontamente con un bel discorsetto in latino scritto da un autore classico dell'età romana ( credo Tacito) nel quale si parlava di una Germania barbarica, nella quale le persone vivevano ancora nelle capanne, lasciando stupito ed ammirato più di un collega. Non stupiamoci quindi se Mario Capanna, rivoluzionario che" sa di greco e di latino" , ha fatto sua la antica massima latina per la quale l'oro non sporca, sempre che sia oro in entrata, naturalmente.
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