Ciò che possiamo licenziare

lunedì 21 luglio 2014

Il caso Ruby: la grande muina.

Il domiciliato di Arcore se la cava grazie ad una legge del 2011. Possibile che nessuno se la ricordasse? O negli ultimi tre anni si è consumata l'ennesima italica muina ben sapendo i protagonisti dove si sarebbe andati a finire?


Vignetta di Giannelli apparsa sul Corsera del 20 luglio '14
A tre giorni dal d-day sul caso Ruby, dopo gli stupori, i brindisi, le commozioni e chissà cos'altro si può cominciare a fare qualche pensiero fuori dal coro. Questo ovviamente al netto degli svenimenti (presunti) di Daniela Garnero, in arte Santanché nonché nomata Crudelia de Mon dalla fidanzata del domiciliato di Arcore e delle solite sceneggiate di Ferrara Giuliano che su la7 non ha fatto mancare il suo contributo di gazzarra ed insulti. Poi c'è lo stupore, forse apparente ma non si vuol essere maliziosi, dell'intero collegio difensivo che, a dar retta ai giornali, considerava una riduzione di pena un obiettivo quasi irraggiungibile. Dopo tre giorni magari si può cominciare a far combaciare qualche pezzo del puzzle. Sempre che questo non disturbi la placida digestione di Pierluigi Battista che vorrebbe la fine di un capitolo. Che il caso Ruby poteva per l'appunto esserlo.

Come noto il domiciliato di Arcore era stato condannato in primo grado per due reati: concussione (sei anni) e prostituzione minorile (un anno). In totale 7 anni. Pochi? Tanti? Irrilevante.
Solo venerdì pomeriggio il grande pubblico scopre che il primo in realtà potrebbe non essere più reato. Cioè a dire che la concussione per essere punita deve essere “per costrizione” (prendere qualcuno per il collo) o “per induzione indebita”. Nel primo caso ci vuole l'evidenza della costrizione e Berlusconi, altezza a parte, non poteva prendere per il collo il vicequestore Ostuni perché lui stava a Parigi e il secondo a Milano. E poi ricevere dal Presidente del Consiglio 7 telefonate in sole 2 ore (in media una ogni venti minuti) si può definire costrizione? Al di là della patacca sulla parentela con Mubarak. Che già quella doveva dirla lunga. Peggio è andata a Giorgia Iafrate che di telefonate da Ostuni ne ha ricevute 3 in docici minuti e altre 7 in meno di un'ora. In quanto ad efficienza non c'è male.

Per l'induzione indebita, fattispecie introdotta dalla ex ministra Severino nel 2011 con il consenso di Pd e dell'allora Pdl ci vuole che il concusso ne abbia ricevuto un effettivo beneficio. E anche questo non c'è. In questi quattro anni i due funzionari della Questura di Milano coinvolti nel fatto hanno proseguito la loro normale carriera. Pietro Ostuni era vicequestore ed ora è questore vicario, mentre Giorgia Iafrate da commissario capo ora è vicedirigente delle Volanti del 113. Tutto limpido e lineare.

Dice l'avvocato Coppi: «se Ostuni al massimo si è sentito condizionato dalla richiesta di Berlusconi, se ha avuto timore reverenziale verso chi magari ha pensato di compiacere questi (lo dico elegantemente) sono fatti suoi.» L'eleganza sottesa alla frase è scarsa e Ostuni non ci fa una gran bella figura ma la concussione per costrizione o per induzione indebita non c'è. Questa è la legge e lo è da tre anni. Quindi possibilità di sconfitta su questo punto per l'imputato ce ne erano, oggettivamente, pochine pochine. Sul secondo reato, prostituzione minorile, articolo 600 bis comma 2, i giudici hanno ritenuto che l'imputato non fosse a conoscenza dell'età della persona che si stava portando a letto e quindi assolto. Si potrebbe dire che questa è un'opinione come un'altra dato che prove inoppugnabili non ce n'erano né per sostenere una tesi né l'altra. Anche se a favore dell'accusa c'é l'intercettazione in cui Ruby dice che le è stato chiesto di fare la pazza e confondere le acque. Dopo di che è ovvio che avere rapporti sessuali tra adulti consenzienti « non costituisce reato». E meno male.

Però in questi tre anni i pianti in versione greca del domiciliato di Arcore per avere la grazia, senza farne domanda, per la condanna di evasione fiscale e le esplicite richieste di salvacondotto per futuri guai si sono succeduti. Con il consueto contorno di insulti alla magistratura, dichiarazioni vittimistiche, frusti retroscena che dipingevano l'imputato come depresso, demotivato e stanco e timoroso di finire in galera. Come già il suo amico Dell'Utri. Il tutto condito da incontri con il Presidente del Consiglio e patti dai nomi stravaganti. come li hanno tutti i patti e salite al Colle Richieste e pressioni che il Colle ha sempre sdegnosamente respinto. Come giusto che sia. Anzi ci si domanda perché l'abbia ricevuto.

Certo che di quella leggina della ministra Severino sembra che se ne fossero dimenticati tutti, ma proprio tutti. Giornalisti compresi. E quindi il tormentone è andato avanti per tre anni. Che poi fosse tormentone o semplice muina messa in scena alla faccia dei gonzi da tutti gli attori della patetica sceneggiata lo racconterà la storia sempre ammesso che questa abbia voglia di investire il suo tempo su simili vicende. Da non dimenticare in ogni caso che il deposito della sentenza era già previsto per il prossimo settembre e che su eventuale ricorso la Cassazione aveva con anticipo previsto di non pronunciarsi prima della primavera-estate dell'anno prossimo. O magari anche dell'autunno inverno. Neanche si trattasse di una collezione di moda.

Capitolo chiuso dunque? Forse no, con buona pace di Pierluigi Battista. I processi che vedono il domiciliato di Arcore ancora in pista sono diversi: il Ruby ter cioè corruzione di testimoni, quello sulla compravendita di senatori anche qui corruzione e quindi il caso escort ovvero induzione a rendere dichiarazioni mendaci, cioè false. Insomma per quanto la si giri e la si rivolti si sta a girovagare sempre intorno alla stessa materia: soldi per bugie o bugie per soldi.

Il tutto tradotto dal linguaggio della politica in quello del non politicamente corretto potrebbe, forse e solo per i maliziosi, suonare come una prima tranche sistemata ma con l'incognita di altre tre. Quindi occhio alla penna. Se così fosse che almeno ci venga risparmiata a muina.
Südduetsche Zeitung ha titolato: «un favore a Berlusconi» ma i tedeschi, è noto, hanno scarso il senso dell'umorismo.

1 commento:

  1. e noi paghiamo i processi con tanti soldi,e poi finiscono cosi,cosa serve ala giustizia,è per giustificare che la legge è uguale ....per tutti.......vero??????????

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