Ciò che possiamo licenziare

sabato 30 luglio 2022

Enrico stai sereno 4.0

Letta tenta la roulette russa con cinque colpi nel tamburo e una sola camera vuota. Nel PD non si parla tanto di programmi, non saprebbero da che parte cominciare, quanto di candidature. E naturalmente di alleanze. Neanche Groucho Marx ne avrebbe immaginate di simili.


Questa volta a dirlo non è il Renzi Matteo, ma lo stesso Enrico Letta. Il risultato sarà sostanzialmente lo stesso e non è detto ci sarà ancora un posto a Science Po ad aspettarlo. Quando i fallimenti diventano troppi il valore delle scuse scema. Comunque, per non saper né leggere né scrivere a guardare quelli che passano per essere i prossimi futuri parlamentari del PD scorre un brivido lungo la schiena: sono gli stessi degli ultimi quindici anni. Gli stessi, come ha ricordato Gianni Cuerlo (anche lui speranzoso di tornare in Parlamento) a InOnda del 30 luglio, che hanno regolarmente pertato il PD a perdere le elezioni e pure si sono trovati a governare e in quei governi, Draghi incluso, hanno contato come il due di picche meravigliosamente interpretando la parte dello stuoino. A partire dallo steso Letta Enrico  sempre prono, meglio sarebbe stato di no, ai tecnici prestati alla politica. Forse qualcuno ricorda il biglietto autografo mandato al Monti Mario nella seduta in cui questi ottenne, ahinoi, la fiducia. Il Monti Mario, con la classe che lo contraddistingue, sventolò a favore di telecamere il miserrimo scritto di sudditanza sbertucciandone l’estensore. Al dunque pare che i collegi sicuri andranno ai renziani del PD, da Marcucci a Lotti (quello che trafficava con Palamara), da Del Rio alla Serrachiani e magari anche dalla Ascani e alla Morani. Se qualcuno vorrà spiegare il loro valore aggiunto per il Paese, per il parlamento e per il partito sarà ben accetto. Poi naturalmente, il bel correntone del Guerini Lorenzo che tra gli adepti renziani vanta pure, se non ha cambiato corrente proprio in questi giorni, il Piero Fassino. La volta passata per farsi eleggere, lui piemontese, è andato in Emilia-Romagna, collegio supersicuro. Naturalmente nel club non può mancare il Franceschini Dario, quello che spalancò la porta della segreteria al Renzi Matteo. Bell’affare. Naturalmente il Franceschini amerebbe avere al suo fianco in uno dei due rami del parlamento anche la moglie e non sarebbe il primo caso. E poi c’è la questione delle alleanze e qui neanche Groucho Marx ci sarebbe arrivato: abbracciare il Calenda Carlo. Quel bravissimo Calenda Carlo, ex Italia Futura, ex scelta Civica, capace di essere capolista  per il PD nelle Euappena del 2019 e, appena eletto capace di abbandonare il PD (quindi all’elenco va aggiunto anche ex PD) mantenendo tuttavia il seggio, chissà quando ci va, a Strasburgo e ovviamente lo stipendio. Oggi quel Calenda, mentre il Letta Enrico trepida, sta valutando se allearsi con il suo ex partito portandosi qualche berlusconiano di lungo corso: il Brunetta, la Gelmini e la Carfagna. Resta a vedere se dietro questi nomi ci saranno anche voti. E poi come fantasma aggirantesi nel panorama politico sta il Renzi Matteo. Due spiccioli di voti, ma agognato come fosse il depositario dell’asso vincente. Per pudore, si spera, il Letta non lo vuole nelle sue liste, ma consente a garantirgli tre/quattro posti sicuri tramite il Calenda: come fare la roulette russa con cinque colpi nel tamburo e lasciarne vuota una sola camera. Anche qui la domanda è d’obbligo: qual è il valore aggiunto  apportato alla politica italiana dal Renzi Matteo? Al di là di parole mancate, tradimenti e volubilità d’affetti. Tutte cose già viste e agite con maggior classe dai vecchi della vecchia DC. B the way il Renzie ha le sue radici proprio lì.

Quindi: stai sereno Enrico. E spera ci sia ancora qualche posto libero in Francia.

Buona settimana e buona fortuna.

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