Senza giri di parole il Procuratore Capo di Catanzaro dice
quel che pensa. Gli basta un «sì» e un «no» Quando ha paura la lingua gli
diventa amara. Non apprezza la riforma della giustizia di Orlando e dice che la
politica di Minniti è solo un tappo.
Nicola Gratteri Procuratore a Catanzaro intervistato da Minoli |
Qualche volta, non così
spesso, succede che vengano svelati i motivi di scelte che, alla apparenza,
siano risultate incomprensibili. Talvolta per arrivare a galla la verità ci
mette secoli o decenni altre volte “solo” pochi anni. Il caso di Nicola
Gratteri, mancato Ministro della Giustizia nel 2013, fa parte di questa seconda
serie.
Nicola Gratteri,
calabrese di Gerace, dal 1989 vive sotto scorta e dal 21 aprile 2016 è
Procuratore della Repubblica in quel di Catanzaro. Un bel personaggio ritenuto
dalla n’dranghta pericoloso il giusto. E
forse anche qual cosina di più. Parla in modo pacato e tranquillo come fanno
quelli che sanno di avere la ragione dalla loro. E che per questo rischiano la
pelle. Durante le interviste dà risposte chiare e secche, che talvolta non
vanno oltre il «sì» o il «no». E in un
monosillabo c’è la quantità di senso che un parolaio di professione, Renzi?
Berlusconi? Salvini?, non riuscirebbe ad esplicitare neppure in una decina di
comizi.
Durante lla
trasmissione Faccia-a-Faccia di Minoli Gianni si è svolto questo dialogo. Domanda:
«Lei ha detto che questo è solo l’inizio della guerra [contro la n’drangheta ndr ]. Veramente questo è solo
l’inizio» Risposta: «Sì»
Domanda: «Da quando è a
Catanzaro lei ha arrestato mille e duecento persone, a quante vuole arrivare»
Risposta: « Il più possibile»
Domanda: «Vuole
arrestare tutti gli n’dranghetisti di Calabria?» Risposta:«Ci proviamo»
Domanda:«Ha paura?»
Risposta «Mi diventa la lingua amara quando ho paura.» Sì, anche Nicola Gratteri, come tutti quelli
che corrono rischi, ha paura.
Niente retorica, niente
voli pindarici, niente sbragamenti: la realtà così com’è. E Nicola Gratteri si
sente di dire quel che deve dire non solo alla n’drangheta ed al resto delle
mafie lo fa anche quando si tratta di “personaggi importanti” che detengono il
potere. E quindi con la semplicità e trasparenza dei forti dice che la riforma
della giustizia varata da Orlando è largamente deficitaria e la politica di Minniti sulla immigrazione è
sbagliata. «Un tappo» che per ciò stesso non è strutturale e che duemila immigrati in meno al
giorno sono nulla se si sa, come si sa, che nei campi profughi della Libia ogni
giorno donne vengono violentate e bambini vengono percossi. Lo sa anche il
ministro Minniti che però non muove un dito per evitare questo scempio e si
limita a passerelle, osannate dalla destra (becera), durante le quali butta
polvere negli occhi dell’intero paese. Come curare una polmonite con un’aspirina.
Ed in questa pratica molti ministri e ministre sono ampiamente specializzati.
Con la stessa
tranquillità Nicola Gratteri ha raccontato che nel 2013 non è stato nominato
Ministro della Giustizia perché Napolitano Giorgio, il presidente dei moniti, e delle leggi ad personam firmate al primo colpo, non ha voluto. Il messaggio di
Gratteri è stato forte e chiaro. A questo punto sarebbe bello se anche il presidente dei due mandati, tra i peggiori
avuti, con uguale chiarezza raccontasse in televisione perché non ha voluto che
Nicola Gratteri fosse ministro. Sarebbe
bello, ma non accadrà.
Un conto è lanciare
moniti, stando comodi, altro è sentirsi la lingua amara in bocca lavorando
tutto il giorno per tutti i giorni.