Ripete di non
essere inquisito il che è vero. Però alcune cose non si fanno solo perché non
si devono fare. Lo si spiega ai bambini quando si mettono le dita nel naso. Certi
regali poi, direbbe Holiday Golightly fanno un po’ cafone. Quanto a competenza:
pochina.
E
così Maurizio Lupi, il terrone di Baggio come si autodefinisce, ha dato le
dimissioni. Per prendere questa epocale decisione ci ha messo solo 72 ore, ha
tenuto a precisare, omettendo però di fare il puntuale computo del numero degli
spintoni che si son resi necessari per convincerlo. Ma giunti a una certa età si
è soggetti ad amnesie, e questo ci sta. Unici suoi difensori sono stati
un’altra dimissionaria da ministro, la De Girolamo nota per la famosa frase:
«Fagli capire chi comanda, mandagli i controlli …» e un vecchio ex socialista
di sinistra, otto legislature e un passaggio attraverso la P2, cioè Fabrizio
Cicchitto. Volendo o potendo si poteva scegliere di meglio.
Comunque,
ha tenuto a dire Lupi, «Me ne vado a testa alta». E' una battuta retorica buona
come qualsiasi altra di quella fatta in quelle circostanze. Oggettivamente si
poteva cercare qualcosa di un filino più originale, ma è anche vero che ad
ascoltarlo non c’era quasi nessuno. Quindi inutile sprecare le energie e il
costo di un buon ghostwriter. Ciò che maggiormente
colpisce è come il protagonista non colga gli elementi portanti sia sotto
l’aspetto formale che sostanziale dell’intera vicenda. Che per il conseguimento
della laurea un ragazzo riceva un orologio è normale, se a regalarlo sono i
nonni che di solito per i nipoti stravedono. Ci sta anche che sia un amico di
famiglia, basta che non appartenga al gruppo di quelli che ricevono dal papà tanti
e ben remunerati,incarichi di lavoro e soprattutto che il papà non sia un amministratore di cosa
pubblica. Che poi il regalino sia un pataccone d’oro che Holiday Golightly, protagonista
di Colazione da Tiffany, bollerebbe come
«un po’ cafone» è nello stile della
storia. E solo per non far demagogia si omette di dire che per pagarlo ci
vogliono otto o dieci mesi del salario di un laureato precario. I figli si sa
sono piezz e core e chi non si
darebbe dà da fare per loro? Ma per il combinato disposto di cui sopra meglio
non chiedere a chi vive degli appalti del ministero di papà. Trincerarsi poi
come unico dato di bravura del giovane virgulto dietro il 110 e lode lo espone solo a perfide ironie..
Così come val poco ripetere a mo’ di mantra: «Non sono inquisito», che magari per
scaramanzia si dovrebbe aggiungere, almeno sottovoce, un bel «per il momento».
Anche perché mettere dei blocchi al corso della storia o alla provvidenza, non
è prudente.
D’altra
parte il Lupi Maurizio non ha capito che, come spiega Wittgenstein, alcune azioni non si fanno semplicemente perché non vanno fatte. È come quando si dice
ad un bambino che non si deve mettere le dita nel naso: perché? Perché non è
bello. Tutto qui. Ma forse è un azzardo pensare che Lupi abbia mai sfogliato
qualcosa del filosofo austriaco troppo preso a leggere Tempi, il settimanale di Comunione e Liberazione di cui peraltro
detiene quote azionarie. Eppure qualche campanello
avrebbe dovuto sentirlo suonare come quando, nel febbraio del 2014,assieme ad
altri cinquecento parlamentari, c’era pure Gasparri che pare sbadigliasse, papa
Francesco tenne un sermone lungo il giusto sui sepolcri imbiancati i farisei e la
corruzione. Con la scusa di essere un prete che viene da dove finisce il mondo
e con qualche difficoltà con l’italiano Francesco ha mischiando passato e
presente lanciando più di un avvertimento. Chissà che in Vaticano già non si
sapesse qualcosa. Si sa mai. C’è chi su quelle parole ci scherzò sopra e adesso
ha tempo di meditarle stando al fresco. E
qualcosa di simile Francesco ha ripetuto quando ha incontrato (5 marzo 2015)
gli ottantamila di CL dove invitava «ad essere liberi».
Però
per essere liberi bisogna sapere e a dar ascolto alle registrazioni Lupi
Maurizio pare non avesse idea di dove stesse lavorando, si fa per dire, e cosa
stesse facendo: non distinguere una strada da una ferrovia vien difficile anche
alla signora Maria. Per non dire della sua più completa ignoranza sui costi che
invece la signora Maria di solito ha sulla punta delle dita.
Ha finito il suo discorso l’ex ministro Lupi
Maurizio dicendo che la politica si può fare anche stando dai banchi del
parlamento e la cosa è suonata vagamente minacciosa poi ha aggiunto che andandosene
rafforza il governo. E magari qualche perfido avrà pensato che se lo imitassero
anche Madia, Boschi, Alfano e Orlando, tanto per i dire i primi quattro che
vengono in mente questo sarebbe un governo fortissimo. Vuoi mai mettere che
qualcuno non ci pensi.
In ogni caso Lupi Maurizio se ne va, sì, ma solo
un poco più in là. Pare sia già pronto per lui il posto di capo dei deputati di
Ncd spostando Nunzia De Girolamo a chissà che. In fondo per fare il capogruppo la
competenza necessaria è minima. Prudenza però vorrebbe di attendere lo sviluppo
e magari anche la fine dell’evento. Se qualche filo del sistema Incalza verrà a
scucirsi, che ci si spera proprio, si avrà ad un bel rimescolamento di carte e
quando questo dovesse accadere verrà poi difficile chiamarsi fuori. Che dimettersi due volte di fila sarebbe sì
originale ma anche bruciante.
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