«Al
rigore delle leggi penali soggiacer dee chi ha delinquito con piena
volontà, con freddo proposito.»
E quello di Berlusconi parrebbe il caso. L'antidoto utilizzato è
sempre il solito: chiagne e fotte.
E così Berlusconi Silvio
dopo aver lanciato proclami alla Sallusti: “voglio andare in
galera” e “non mi farò rieducare come un delinquente” ecco che
ci ha immediatamente ripensato. Così come fece il suo direttore
Alessandro Sallusti. Buon sangue non mente.
Questo, il Sallusti,
apparve in una trasmissione televisiva con la barba lunga di qualche
giorno e un abbigliamento miserando che doveva dare l'idea del povero
disgraziato che per sistemare le ultime cose prima dell'arrivo
dell'apocalisse non dorme da giorni o se lo fa usa il divano
dell'ufficio. Ovviamente sgangherato. «Voglio
andare in galera – tuonava il Sallusti – aggiungendo - la grazia
mai!»
E invocava la democrazia, proprio lui che se potesse vivrebbe neanche
nell'epoca del partito unico ma dell'uomo unico: il suo editore. Che
peraltro, per ammissione dello stesso Sallusti, «mi
paga poco per quel che faccio.»
E
infatti mentre da un canto aspirava al martirio dall'altro il buon
Sallusti venne graziato, chissà poi perché, dal Presidente della
Repubblica e ci si mise pure il procuratore di Milano Bruti Liberati
a trovare cavilli ed escamotage per fargliela fare franca. Che il
martirio è bello quando è degli altri ma è assai scomodo quando
diventa il proprio.
«Se
è andata bene a Sallusti perché non anche a me»
deve aver pensato il Berlusconi e calatosi nelle vesti, che
oggettivamente gli van larghe, di Rodomonte s'è messo anche lui a
gridare, prima del verdetto «Se avranno il coraggio di condannarmi
andrò in carcere io non voglio essere rieducato dai servizi sociali
come fossi un delinquente.»
Sfuggendogli il concetto che chi vien condannato delinquente lo è
per definizione e comunque perché la legge ritiene che in passato
delinquette.
Quando
poi la condanna da fatto in potenza diviene realtà e ecco allora
pronta e immediata la smentita che ha l'aria di esser metaforica ma
metaforica non è. Non si parla più di carcere adesso dimenticando
che
«al
rigore delle leggi penali soggiacer dee chi ha delinquito con piena
volontà, con freddo proposito.»
E questo parrebbe il caso.
Ora si
divaga. Comincia lo stesso Berlusconi con un piagnucoloso discorso in
cui si autodefinisce senza tanti giri di parole come «l'Italia
migliore», che se tutti quelli che vanno ad escort sono il meglio vuol dire che nel Belpaese di questi ce n'è d'avanzo. Altro che fuga dei cervelli.. Poi afferma perentorio che comunque c'è una figlia che
prenderà il suo posto in questo smentito dalla stessa e da una bella
fetta dei maggiorenti del suo partito. Quindi architetta la minaccia
dei suoi ministri, Alfano che è vice premier in testa (che
vergogna), di rassegnare nelle sue mani le dimissioni. Non contento,
poiché i ministri sono pochi pensa che si debbano dimettere anche i
deputati. Che qualcuno faccia la mossa è ovvio ma poi chissà se
questi ne hanno davvero la voglia. Meglio non rischiare. Quindi manda
due giganti della politica come Schifani e Brunetta dal Capo dello
Stato a chieder la grazia conto terzi che è cosa che proprio non si
fa. Infine al solito si organizza il tradizionale pediluvio di popolo
con bandiere e truppe cammellate per, nell'ordine: dichiararsi
innocente, attaccare la magistratura ma non tutta, solo quella che lo
condanna, dire che resterà fino alla fine, chissà se ci saranno
anche le Termopili di Forza Italia 2.0 e alla fine si fa ben
fotografare mentre frigna come un bimbo caduto dal monopattino.
Peccato che il monopattino su cui ha corso fino ad ora sia l'Italia. Ma
è tutta una finta.
Ancora una volta Berlusconi Silvio mette in scena
da protagonista la sua commedia preferita quella che va sotto il
titolo di «Chiagne
e fotte.»
Rappresentazione che va in onda senza soluzione di continuità da
oltre vent'anni. Pur con un paio di varianti che suonano: «Fotte e
chiagne» e nella versione «Chiagni
e fotti, fotti e chiagni.» Non
è che la fantasia abbia ampi margini di manovra su questo tema.
La
speranza è che la Storia voglia occuparsi di questi anni in
un futuro lontanissimo quando oramai se ne sarà persa la memoria, e
soprattutto che non voglia, così come talvolta ha fatto,
caratterizzare il periodo affibbiandogli una definizione
identificativa come fece con il secolo dei lumi o il secolo
delle rivoluzioni, o la
Belle Époque
speriamo sia generosa e non troppo severa. Poiché a guardare il
periodo i calambour e gli sfottò vengono più che spontanei. E si
avrebbe gioco facile. Anzi facilissimo. Che a pensare d'essere
vissuti nell'epoca delle prescrizioni o delle grazie non
richieste o al tempo delle/dei nipoti proprio non piace a
nessuno. Forse. Che qualche masochista lo si incontra sempre per
strada.
E
soprattutto ci si augura che la Signora Storia non voglia dar dignità
d'epoca al periodo del chiagne e fotte
che a ben vedere maggioranza nel Paese non è mai stata. E ha
governato solo per una legge elettorale porca.
QUESTI SONO I PROBLEMI !!
RispondiEliminaIl rapporto, l’acqua italiana mai così cara
(e un terzo si perde nelle tubature)
Tariffe su del 33% in sei anni con record nelle città toscane secondo uno studio di CittadinanzattivaGLI AUMENTI MAGGIORI RISPETTO AL 2007 REGISTRATI A REGGIO CALABRIA E LECCO
Tariffe su del 33% in sei anni con record nelle città toscane secondo uno studio di Cittadinanzattiva.