Ciò che possiamo licenziare

giovedì 31 marzo 2016

Il caso Regeni: il grande trucco, la grande ignavia.

Che la morte di Giulio Regeni sia opera di apparati statali egiziani è più che una suggestione. Che gli egiziani stiano prendendo per i fondelli il governo italiano è una certezza. Dai big della politica solo retorica e nessun vero fatto. La paura è perdere 5.180mln di interscambio con l’Egitto. Se Giulio Regeni fosse stato inglese,americano, francese o tedesco?

Perché il grande trucco? Perché trucco significa, definizione da vocabolario, “espediente per nascondere o falsare la realtà, inganno." Perché ignavia? Perché ignavia significa, definizione da vocabolario, “pigrizia morale che rende inertidi fronte a qualsiasi impegno.” Trucco e ignavia sono le due parole che meglio rappresentano il caso di Giulio Regeni. Tutti  gli attori in tragedia (ad eccezione della famiglia Regeni, di Amnesty International e della associazione Antigone) si stanno dando da fare per nascondere la realtà come se non fosse di per sé abbastanza chiara. Disse Pierpaolo Pasolini:«io lo so ma non ho le prove» E la frase ben si attaglia, oggi come allora, anche a questo caso.  Giulio Regeni fu rapito-sequestrato-arrestato lo scorso 25 gennaio. Da chi?  In uno stato di polizia come quello egiziano vien difficile non pensare che il rapimento-sequestro-arresto non sia stato fatto da organi istituzionali. Magari, solo per carità di patria, definiti deviati, come si usa dire (e si è usato dire anche per i nostrani) quando si vuol mettere una foglia di fico sopra il grande marciume. Poi, come spesso accade ai deviati hanno innannellato una serie di minchionate. 

Sbagliato pensare che i deviati siano astuti come faine e machiavellici come Niccolò, di norma oltre che delinquenti son anche dei fessi. E la cosa è trasversale: Watergate e piano Solo, giusto per risvegliare la memoria, sono lì a dimostrarlo. La prima delle minchionate è stata far trovare il 3 febbraio il corpo di Giulio Regeni debitamente torturato lungo una strada. Chi se non i deviati avrebbero potuto farlo? Soprattutto in un Paese che ha fatto della tortura, da sempre, il principale metodo di governo. Ecco, il governo egiziano appunto, frutto di un golpe si sarebbe detto in tempi passati ma si era troppo ideologici, dal 3 si mette a prendere lo Stato italiano per i fondelli come neanche l’India è riuscita a fare in quattro anni di continui esercizi . In meno di due mesi il governo egiziano ha detto che si è trattato di un incidente automobilistico, di una squallida storia di sesso e magari droga (al rock n’roll non sono arrivati, non adeguatamente preparati in materia) e di un rapimento. Manca la rissa tra ubriachi, l’incidente domestico e il suicidio. Quando arriveranno anche a questo avranno completato il cerchio. Il tutto naturalmente condito con parole di comprensione per la famiglia, il generale Abdel Fattah el-Sisi ha voluto informare gli italiani che anche lui è padre, come peraltro moltissimi maschi del regno animale, e ovviamente di amicizia per l’Italia. Che se non ci fossero amici chissà che avrebbero escogitato.  

E da parte dell’Italia invece? Ovviamente il meglio che i politici e i governanti del Belpaese sanno fare: dichiarazioni. Di tutti i tipi e di tutte le fatte. Piccoli esempi dei maggiorenti del Pd e del governo:
Matteo Renzi «Abbiamo detto all’Egitto: l’amicizia è un bene prezioso ed è possibile solo nella verità» 12 febbraio alla trasmissione Radio anch’io Prima dichiarazione a nove giorni dal ritrovamento del corpo
Debora Serracchiani «Il Governo egiziano si decida a collaborare. Verità chiara e completa sull'assassinio di Giulio #Regeni, non ricostruzioni inverosimili» 26 marzo twitter
Lorenzo Guerini «Accanto ai genitori di Giulio #Regeni, al loro dolore e alla loro dignità, lavoriamo senza fermarci per la verità piena sulla sua uccisione» 29 marzo twitter
Paolo Gentiloni: «Piste improbabili ed offensive. Pronti a trarre le conseguenze se non ci sarà collaborazione» Corriere della Sera 29 marzo  
Roberta Pinotti «Al fianco della famiglia #Regeni,non ci accontenteremo senza arrivare alla verità.» 25 marzo twitter
Angelino Alfano «Avremo il nome degli assassini. Il nostro governo lavora in modo determinato per ottenere la verità Risultato importante è che, davanti alla nostra fermezza nel perseguimento della verità, dopo qualche ora gli egiziani si sono comunque riposizionati e ci hanno fatto sapere che le loro indagini sono ancora in corso». 26 marzo Corriere della Sera
Maria Elena Boschi «Vogliamo tutta la verità» 31 marzo question time Camera dei Deputati
Dopo questa sfilza di affermazioni ci si può immaginare lo stato d'animo dei governanti egiziani.

In quanto a fatti? Sono stati mandati in Egitto un po’ di agenti definiti esperti che hanno potuto aumentare la loro esperienza su una branca particolare dell’intelligence: come farsi menare per il naso in presa diretta. Che volendo fare esperienza nel settore non era necessario andare in Egitto bastava fare un salto in Parlamento o leggere taluni disegni di legge o addirittura il programma del governo Renzi. Questo come quelli dei precedenti, Letta, Monti, Berlusconi et similia.

Solo il 29 di marzo finalmente una proposta concreta, il senatore Luigi Manconi, che ritwitta Antonella Napoli, chiede durante la conferenza stampa al Senato di richiamare l’ambasciatore italiano da il Cairo.  Ma subito il ministro Orlando tentenna: «bisogna capire se è utile sguarnire in questo momento una postazione come quella». Chissà quanto ci vuole a capirlo.

Magari invece sarebbe piaciuto sentire qualcosa di fermo e deciso come l’invito all’ambasciatore egiziano di presentarsi alla Farnesina o magari anche di ritornarsene a casa e pure di fermare i voli da e per l’Egitto e cominciare, forse timidamente, a praticare qualche sanzioncina. Invece no. Il pacchetto Egitto vale per l’economia italiana 5.180 mln (dato 2014) e non si vorranno mica perdere tutti quei soldi solo per la morte di un ricercatore universitario? Già s’è visto cosa s’è fatto per la visita di Rouhani con i paraventi alle statue. Il deputato Ernesto Carbone teorizzò addirittura: «per 20 miliardi avrei fatto pure di più» Già e quanti miliardi ci vogliono per una vita?

E allora ancora retorica come se piovesse, «non ci accontenteremo di verità di comodo» tuona il presidente Renzi dagli Usa. Come suo solito: ogni volta che c’è un guaio lui è da un’altra parte, e viceversa. E poi le maglie della serie B con la scritta «verità per Giulio Regeni» Cioè il nulla ben impachettato e ben confezionato solo come gli italici sanno fare.

Domanda: se Giulio Regeni fosse stato inglese, americano, francese o tedesco? Beh, anche qui «io lo so, ma non ne ho le prove»: la musica sarebbe stata tutt'altra. Probabilmente dall’Egitto non ci sarebbero giunte tutte quelle dichiarazioni fesse, probabilmente qualche testa vicina al presidente el-Sisi sarebbe caduta, o magari anche la sua e non solo metaforicamente, probabilmente ci sarebbero state scuse ufficiali e probabilmente anche un indennizzo. E senz’altro inglesi, americani, francesi e tedeschi non solo non avrebbero perso un soldo ma ne avrebbero guadagnato in dignità e rispetto internazionali. All’Italia invece no.





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