Con
poche battute l’ex presidente del Pd (ex Dc) e l’autorevole esponente della
segreteria Pd (ex Pci) hanno dato senso al paradosso. Con alcuni
corollari.
Viene difficile definire
con un aggettivo il siparietto consumato
dalla Bindi e dalla Serracchiani davanti alle telecamere ed ai microfoni di
SkyTg24. Forse “paradossale” è quello giusto.
Paradossale vedere, l’ex
presidente del Pd battagliare, in diretta e con parole grosse, con uno dei membri più autorevoli
della attuale segreteria del suo stesso partito. Paradossale che la Bindi, ex
democristiana di lungo corso, esalti la piazza, pare un milione e duecentomila manifestanti,
mentre la Serracchiani ex comunista, ex Pds, sostenga si stia meglio in compagnia di
pochi, un migliaio all’incirca, dentro una vecchia stazione ferroviaria
costruita nella prima metà dell’ottocento. Paradossale che la prima sia un po’ âgée
mentre la seconda, nel gerontocratico panorama italico, sia quasi una
ragazzina. Paradossale che la prima,
sempre da antica ex democristiana, si commuova
per le bandiere rosse mentre la seconda, sempre da ex comunista, palpiti per la finanza alla Serra e
l’imprenditoria alla Farinetti. Per intenderci il primo è quello che considera
lo sciopero un costo (forse non gliene è chiaro il concetto e la funzione) e che prenderà la tessera del Pd ma ovviamente a Londra dove probabilmente c'è un circolo a Lombard Street. Mentre Oscar Farinetti è quello che dice che negli affari
l’onestà da sola non basta e ci vuole anche la furbizia. E magari in quota
maggioritaria.
Paradossale che la Bindi definisca «contromanifestazione» quella
organizzata dal segretario del suo partito, eletto a stragrande maggioranza. Paradossale che la Serracchiani non colga che quelli in piazza potrebbero essere voti persi. E magari moltiplicati per due. Paradossale poi che la Serracchiani non ribatta e se ne vada. Che di solito è quello che fa Giuliano Ferrara. Paradossale che in piazza ci siano gli epigoni (ed
esegeti sotto mentite spoglie) di quelli che il Pd l’hanno distrutto rendendolo
un partito di perdenti e che, quando hanno avuto la possibilità di governare,
hanno fatto harakiri. Paradossale che
la nuova dirigenza sia criticata perché sta facendo quello che avrebbe voluto
fare quella vecchia e non ci è riuscita. Paradossale che la vecchia dirigenza non si renda conto
che è stato grazie alla inanità dei sui esponenti che questi nuovi enfant terrible sono venuti alla ribalta e ora possono zampettare sul palcoscenico
della politica e delle istituzioni. Paradossale che l’attuale sinistra del Pd
sia fatta da molti che nel partito sono sempre stati a destra.
Paradossale che
nel gruppo del nuovo che avanza entrino contemporaneamente un ex Sel e un ex
Scelta Civica. Non è paradossale che Andrea Romano già ex dalemiano e poi ex
montezemoliano voglia mettere le premesse per diventare, con il tempo, anche un
ex renziano. Paradossale che Renato Brunetta dopo aver proposto di dare a Renzi
la tessera di Forza Italia abbia dichiarato che lui sarebbe andato in piazza e
non alla Leopolda. Che Brunetta giochi con i paradossi non è paradossale, è un
economista. Così come non è paradossale questa situazione paradossale.
Per capire i paradossi bisogna essere intelligenti, per seguirli imbecilli.
RispondiElimina(Dino Segre, alias Pitigrilli)
ho un sogno . . . poter votare un partito moderno di sinistra un giorno .... e spero presto perchè c'è più bisogno che mai di sinistra!
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