Ciò che possiamo licenziare

lunedì 20 ottobre 2014

Il ministro Andrea Orlando vuol chiudere San Vittore.

Arriva al  ministero della Giustizia su suggerimento di Napolitano. Racconta a Cazzullo che per la riforma  intende coinvolgere l’opposizione. San Vittore va chiuso e bisogna costruire nuove carceri. Interessato a cogliere “l’occasione urbanistica” piuttosto che considerarne le conseguenze .

Domenica epocale quella del 19 ottobre per Andrea Orlando: ha ottenuto la prima pagina del Corriere della Sera. Andrea Orlando 45 anni, spezzino, maturità scientifica e nulla più, una vita passata a correre nei corridoi di partito, Pci prima poi Ds e adesso Pd, in altri tempi lo si sarebbe detto un apparatiniko, ha la spiccata tendenza a stare sempre dalla parte della maggioranza, magari pure con qualche mal di pancia. Attualmente aderisce alla corrente dei “giovani turchi”, è alla terza legislatura e alla seconda esperienza come ministro. La prima la fece con Richetto Letta al Ministero (senza portafoglio) dell’Ambiente mentre adesso è a quello della Giustizia. Su suggerimento, si dice, del Presidente Napolitano.  In entrambi i casi competenze tutte da verificare. Renzi infatti gli avrebbe preferito Nicola Gratteri che di lavoro fa, per l’appunto, il magistrato e qualcosa ne mastica. Soprattutto Gratteri mai si sarebbe sognato di far eleggere al Csm una candidata senza i necessari requisiti. Come Teresa Bene. Ma tant’è.

Per raggiungere la prima pagina del Corsera occorrono due condizioni: una necessaria e una sufficiente. Quella necessaria è la capacità di spararle grosse senza necessariamente dire qualcosa di sensato mentre quella sufficiente è di avere come sponsor un giornalista di peso. D’Alema per esempio sul dire non ha mai avuto problemi e  si avvale della collaborazione ormai antica di Dario Di Vico. Sulla prima condizione Andrea Orlando si sta allenando mentre come sponsor ha l’aspirante vicedirettore Aldo Cazzullo.  Che però è in prestito essendo questi abituato a ben altri calibri e Renzi ne è il benchmark.

Per sparata si intende una affermazione che colpisca l’immaginario e al tempo stesso dimostri quanto sia, al minimo, disinformato sul senso e sulle conseguenze chi la pronuncia. E questo è il caso. Emblematico. Già il titolo in prima pagina: «Cambio la giustizia con l’opposizione E San Vittore va chiuso», promette bene e molto spiega.  Trovare accordi con chi s’è votato leggi ad personam verrà facile solo se si starà su quella china. Alternativamente più che difficile sarà altamente improbabile, anche a mettere in campo qualità dorotee di cui, a sentir Renzi «l’Orlando pacioso» è ben dotato. L’idea poi di chiudere San Vittore senz’altro a molti piacerà  sul piano simbolico ancor prima che su quello fattuale. Vorrebbe, il giovane ministro, rimodulare «il piano carceri, anche per cogliere l’occasione urbanistica  legata a immobili di grande valore. Io sono per chiudere le carceri ottocentesche con i raggi, come San Vittore, non per riaprirlo altrove ma per sostituirlo con un carcere più piccolo e fuori Milano.» Bell’idea quella ridurre le dimensioni visto che si parla di carceri super affollate.

Nel merito: spostare il carcere storico all’esterno della città ha valenza simbolica, che è come dire nascondere la pena, ancorché civile ed umana, agli occhi dei cittadini. Che poi disquisire sulla localizzazione centrale dei simboli del vivere sociale è intuitivo ancor prima che banale. Quindi c’è un aspetto logistico: il carcere deve essere facilmente raggiungibile soprattutto con comodi mezzi pubblici da tutti coloro che intorno alla figura del carcerato ruotano. In prima battuta i parenti: genitori anziani e famiglie con scarsi mezzi che non sempre possiedono automobili o hanno soldi da buttare in viaggi. E poi di coloro che prestano la loro opera nell’ambito del volontariato e spesso si tratta di pensionati. Senza voler dire degli avvocati e dei giudici che è meglio se spendono più tempo nello studio delle carte piuttosto che in auto e nel traffico.

Se poi il giovane signor ministro volesse informarsi sulla struttura di San Vittore potrebbe scoprire che dei sei raggi che lo compongono ne sono attivi solo quattro e che ogni braccio è dotato di cento celle e quindi se tutti i raggi fossero operativi si avrebbero a disposizione almeno seicento celle e non le attuali quattrocento . E che, almeno in parte, il sovraffollamento è dato proprio dal deficitario rapporto tra il numero dei detenuti e quello degli spazi a disposizione. Quindi se si ponesse mano alle opere di ristrutturazione magari utilizzando i detenuti stessi molto si risolverebbe. A beneficio del ministro l’informazione che il lavoro per tutti i detenuti è un bene prezioso assai desiderato e ricercato. Una chiacchierata, anche breve, con gli operatori gli disvelerebbe il segreto. Peraltro durante il Consiglio Comunale straordinario tenutosi nel carcere il 5 ottobre del 2012 Luigi Pagano, attuale vicecapo del Dap, annunciò che il ministero aveva sbloccato i fondi per far ripartire i lavori di ristrutturazione del IV raggio. Mentre è notizia di ieri che già si sia allineato al pensiero del ministro. Capita.

Non c’è alcuna necessità di consumare altro territorio con nuove costruzioni quando basta rammendare (per dirla con Renzo Piano) quanto già esistente. Senza contare che il Piano di governo del territorio varato nel maggio 2012 dalla giunta Pisapia ha definitivamente sancito che San Vittore non verrà spostato,  bloccando così ogni ipotesi di speculazione edilizia. Pare inoltre che la Sovrintendenza ai beni culturali abbia posto un vincolo e che ci sia pure l’interesse del FAI. Non ultima la considerazione che il numero degli appartamenti invenduti o non affittati a Milano è in continuo aumento. Come dire quindi che non si sente la necessità di altre costruzioni.

Infine giusto un paio di domande. La prima: Per la edificazione di San Vittore sono stati impiegati poco meno di sette anni, dal giugno 1872 al maggio 1879, ritiene il signor ministro di poter garantire la costruzione di un nuovo carcere in analogo spazio di tempo? O addirittura inferiore se ipotizza una struttura più piccola.. La seconda: il costo dell’opera a moneta corrente è stato di 11.573.000€. Crede di poter rispettare un simile budget?

Quindi magari, a beneficio di ministri e giornalisti, varrebbe la pena prendere qualche informazione prima dell’intervista e magari essere adeguati alla bisogna, che a dire che gli asini volano più o meno son capaci tutti. E comunque è storia vecchia.

15 commenti:

  1. Le carceri italiane sono fatiscenti e piene da scoppiare, cellette con letti a castello per quattro persone che a stare in piedi bisogna fare a turno. O nuove carceri moderne, funzionali a parità di personale... oppure i soliti Condoni & Amnistie che scontentano tutti.

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  2. a me sembra che l'idea di sostituire vecchie carceri in centro storico , con alte in prima periferia; ma non credo per questo più scomode rispetto alla residenza di dipendenti e familiari dei detenuti che magari non è solitamente in pieno centro storico, abbia una sua suggestione; Condizione necessaria credo sia però quella di offrire delle carceri più ampie e più moderne e non certamente più piccole come sembra pensare il ministro, che forse non ha ancora capito che a differenza degli ospedali dove una struttura più attrezzata ed efficiente può permette una diminuzione dei tempi di degenza , nelle carceri il tempo di permanenza non è funzionale , almeno in prima approssimazione , alla qualità dell'immobile , Altra condizione credo sia quella della economicità della operazione, pur tenendo conto che comunque si deve investire nella edilizia carceraria, della adeguatezza del reimpiego del vecchio immobile alle esigenze urbanistiche espresse dagli organi locali e possibilmente la possibilità di individuare aree dismesse , senza sacrificare ulteriori spazi verdi, adatte al nuovo immobile.

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    1. Il Centro, al di là dell'aspetto simbolico è equidistante da ogni periferia. Mentre la singola periferia è, per definizione, lontana dalle altre. la ristrutturazione dell'esistente consente anche il mantenimento della memoria.

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    2. a san vitur a ciapa' i bott......... ma mi ne parli no!

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  3. a parte tutto ma se si chiude s. vittore e si trasferisce il tutto in un nuovo carcere (perché un carcere serve sempre) la vecchia struttura farebbe la fine del penitenziario di s. stefano (perché sempre nomi di santi?) a ventotene il quale è ridotto ad un rudere sul quale non si spende un solo centesimo nonostante la sua storia e la sua architettura settecentesca di forma originale.

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    1. mah, credo che nel caso di S, Vittore sarebbero parecchi i privati interessati

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    2. Anche troppi. Ci aveva già pensato l'Albertini ma gli è andata male. Per fortuna

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  4. Finalmente ! Che non sorgano palazzi

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    1. Questo è il pericolo vero. Ci aveva già provato la giunta Albertini ma gli andò male. In tutti i sensi.

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    2. naturalmente occorre essere attenti alle destinazioni d'uso; ma non si può neanche immaginare un settore pubblico che continua ad allargare il suo patrimonio immobiliare , non solo rinunciando al ricavato di possibili dismissioni, ma inventandosi nuovi utilizzi, ahimè non di rado puramente dettati da favoritismi politici, i per lo più aggiuntivi di spesa corrente . Certamente vi sono uffici pubblici che necessiterebbero passare da rapporti di affitto a rapporti di proprietà o vi sono musei che sarebbe opportuno dotare di sedi più ampie anche se eventualmente distaccate; ma quante volte abbia visto spazi pubblici utilizzati con ben altre destinazioni meno utili , e creatrici di nuova spesa ?

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    3. Hai ragione Paolo. Mi piacerebbe che quanto dici appartenesse al passato e che il presente prossimo e naturalmente il futuro sia diverso. Anche se la regione Piemonte è lì a dimostrare il contrario purtroppo.

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  5. "L'Orlando Pacioso" dimostra come il nobel per al letteratura se lo meritava Castruccio e non il Carneade francese inopinatamente premiato

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  6. A Bologna però credo che il trasferimento da san Giovanni in Monte (molto più in centro del teatro duse , del super tradizionale liceo Galvani e dell' osteria della dame di Gucciniana memoria per intendersi) alla Dozza vicino alal caserma dei pompieri non mi sembra sia andata male . tra l' altro è più sicuro in caso di evasioni ed è un pò più complicato da raggiungere in corteo dall'universita. Il vecchio edificio ora è uno splendido studentato, con anche aule unirsitarie

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  7. Poi a spostare dal centro alla periferia riutilizzando il vecchio a scopi non pubblici ma privati l' espressiona ricordata da Luciano "a san vittur a ciapà' i bott" si rileggerà " a san vittur a ciapà' i BOT", ma anche CCT, obbligazioni e sopratutto fondi immobiliari

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  8. a Venezia il carcere maschile, in centro storico, credo sia ancora tra peggiori in Italia e difficilmente riadattabile, discorso completamente diverso per quello femminile alla Giudecca

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