Fino ad ora il dibattito elettorale è
stato noioso. Molto noioso. Incredibilmente noioso. E per nulla
laico. E per nulla sociale. E per nulla propositivo.
Sei i contendenti, accompagnati da
sbiaditi aspiranti comprimari che vedono scemare ogni giorno di più
le ambizioni a far parte della prima fila.
Ognuno dei sei, attore a modo suo, si
applica nel recitare con diligenza degna di miglior causa la parte. Troppo facile e tutto sommato irriguardoso trarre per
costoro un parallelo con le sarcasticamente vere righe di Erasmo.
Ingeneroso per l'olandese.
Questa volta più che della follia va
in scena la rappresentazione della demenza. Talvolta quella senile
talaltra quella precoce.E così ciascuno si presenta come ce lo
si aspetta: il peracottaro d'avanspettacolo, la monotona saggezza del
contadino che vien dalla montagna, il perfido perbenismo curiale, la
rivendicazione della diversità nella disperante ricerca
dell'omologazione, la velleitaria rivoluzione in guanti bianchi, la
rivolta per la rivolta perché “noi siamo buoni e gli altri son
cattivi”.
Tante belle storie vecchie trite e
ritrite.
Slogan come se piovesse. Politica poca
se non nulla. Il massimo che si capisce è che “gli altri sono
peggio di me” che, con tutta la buona volontà, non è un bel presentarsi e neppure un bel scegliere. Perché l'alternativa, quella vera, non è dove e quanto
comodi si sta a frignare ma tra il piangere e il ridere.
E alla più parte dei bipedi pensanti
piace star sereni ancor prima di ogni altra situazione. Banale forse.
Sensato certo.
Fatti di quelli che interessano la
gente cosiddetta normale, che da vicino se ne vede poca, del tipo:
come arrivare alla fine del mese, della scuola dei figli, della
garanzia di diritti per le compagne e i compagni di una vita (che se
non sei giornalista o parlamentare te li sogni), della semplice
certezza che i tombini son tombini e che i torrenti non esondino, le
colline non smottino e le case non crollino, o che i funzionari dello
Stato – che era bello sentirli definirsi servitori – ridano un
po' di meno e sappiano far di conto un po' di più. E magari con quel
tanto di relativismo - Benny XVI e i suoi porporati ciacolatori
scuseranno - che rasenti l'equità perché la fola della legalità
che è diversa dalla giustizia è per l'appunto solo una fola. E il
diritto va perseguito anche se a cascare sono i cosiddetti migliori.
Che se migliori fossero per davvero rispetterebbero il ruolo affidato
e non ne trarrebbero personale profitto e neppure ricerca di
impunità.
Quindi, per dirla come va detta, ora non c'è maggior
aspettativa di vita ma solo vecchiezza più lunga e quindi bisogni
direttamente proporzionali alla debolezza che va crescendo. Ciò non
sta a significare più case di riposo (pure private e appaltate dal pubblico)
ma più servizi alla persona, magari in casa propria. E ancora:
ritornasse quel senso del decoro che De Sica fece scorrere sulla
pellicola di Umberto D. E ci sarebbe ancor da dire di guerre e di
donne che muoiono e di carceri che son piene anche per fatti da
nulla. E di buon senso che latita. E la lista sta lì ad allungarsi. Prego chi vuole si accomodi.
Ecco di tutto questo, di cui sarebbe
normale parlare, non si è detto. Ci si balocca sul chi piuttosto che
sul che cosa e sul come .
L'enorme quota tempo dedicata alla
disquisizione su ossimori: può un “impresentabile” essere
presentato? può il laico stare col clerico-fascista? può esserci
regola se poi c'è deroga? sta a dire di quanto di kafkiano è
intrisa la situazione.
Si
profetizzava che “una
risata vi distruggerà” ma dovrebbe essere sana e cristallina e non
saper d'amaro. Che altrimenti non è ridere ma ghignare. E
il ghigno di solito non risolve.
Michail
Bakunin, che di idee ne sfornava a getto e pure un po' confuse, ebbe a
scrivere con chiarezza che «I
cattivi finiscono in un modo infelice, i buoni in modo sfortunato:
questo è quel che significa la tragedia».
Magari piacerebbe assistere a qualcosa di più piano ma per farlo ci
si deve scomodare in prima persona. Si vedrà se nella seconda parte
della corsa elettorale le parole incontreranno il senso.
Che non parrebbe male e in più sarebbe pure una sorpresa. Piacevole.
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