Ciò che possiamo licenziare

martedì 22 gennaio 2013

Elezioni 2013: poche idee ma in compenso tanta noia.

Slogan come se piovesse. Battutine al vetriolo. Proposte concrete pochine. Se la campagna elettorale proseguirà su questo trittico poi non si avrà da stare allegri.

Fino ad ora il dibattito elettorale è stato noioso. Molto noioso. Incredibilmente noioso. E per nulla laico. E per nulla sociale. E per nulla propositivo.
Sei i contendenti, accompagnati da sbiaditi aspiranti comprimari che vedono scemare ogni giorno di più le ambizioni a far parte della prima fila.
Ognuno dei sei, attore a modo suo, si applica nel recitare con diligenza degna di miglior causa la parte.  Troppo facile e tutto sommato irriguardoso trarre per costoro un parallelo con le sarcasticamente vere righe di Erasmo. Ingeneroso per l'olandese.

Questa volta più che della follia va in scena la rappresentazione della demenza. Talvolta quella senile talaltra quella precoce.E così ciascuno si presenta come ce lo si aspetta: il peracottaro d'avanspettacolo, la monotona saggezza del contadino che vien dalla montagna, il perfido perbenismo curiale, la rivendicazione della diversità nella disperante ricerca dell'omologazione, la velleitaria rivoluzione in guanti bianchi, la rivolta per la rivolta perché “noi siamo buoni e gli altri son cattivi”.
Tante belle storie vecchie trite e ritrite.
Slogan come se piovesse. Politica poca se non nulla. Il massimo che si capisce è che “gli altri sono peggio di me” che, con tutta la buona volontà, non è un bel presentarsi e neppure un bel scegliere. Perché l'alternativa, quella vera, non è dove e quanto comodi si sta a frignare ma tra il  piangere e il ridere.
E alla più parte dei bipedi pensanti piace star sereni ancor prima di ogni altra situazione. Banale forse. Sensato certo.

Fatti di quelli che interessano la gente cosiddetta normale, che da vicino se ne vede poca, del tipo: come arrivare alla fine del mese, della scuola dei figli, della garanzia di diritti per le compagne e i compagni di una vita (che se non sei giornalista o parlamentare te li sogni), della semplice certezza che i tombini son tombini e che i torrenti non esondino, le colline non smottino e le case non crollino, o che i funzionari dello Stato – che era bello sentirli definirsi servitori – ridano un po' di meno e sappiano far di conto un po' di più. E magari con quel tanto di relativismo - Benny XVI e i suoi porporati ciacolatori scuseranno - che rasenti l'equità perché la fola della legalità che è diversa dalla giustizia è per l'appunto solo una fola. E il diritto va perseguito anche se a cascare sono i cosiddetti migliori. Che se migliori fossero per davvero rispetterebbero il ruolo affidato e non ne trarrebbero personale profitto e neppure ricerca di impunità. 

Quindi, per dirla come va detta, ora non c'è maggior aspettativa di vita ma solo vecchiezza più lunga e quindi bisogni direttamente proporzionali alla debolezza che va crescendo. Ciò non sta a significare più case di riposo (pure private e appaltate dal pubblico) ma più servizi alla persona, magari in casa propria. E ancora: ritornasse quel senso del decoro che De Sica fece scorrere sulla pellicola di Umberto D. E ci sarebbe ancor da dire di guerre e di donne che muoiono e di carceri che son piene anche per fatti da nulla. E di buon senso che latita. E la lista sta lì ad allungarsi. Prego chi vuole si accomodi.
Ecco di tutto questo, di cui sarebbe normale parlare, non si è detto. Ci si balocca sul chi piuttosto che sul che cosa e sul come .
L'enorme quota tempo dedicata alla disquisizione su ossimori: può un “impresentabile” essere presentato? può il laico stare col clerico-fascista? può esserci regola se poi c'è deroga? sta a dire di quanto di kafkiano è intrisa la situazione.

Si profetizzava che “una risata vi distruggerà” ma dovrebbe essere sana e cristallina e non saper d'amaro. Che altrimenti non è ridere ma ghignare. E il ghigno di solito non risolve.
Michail Bakunin, che di idee ne sfornava a getto e pure un po' confuse, ebbe a scrivere con chiarezza che «I cattivi finiscono in un modo infelice, i buoni in modo sfortunato: questo è quel che significa la tragedia». Magari piacerebbe assistere a qualcosa di più piano ma per farlo ci si deve scomodare in prima persona. Si vedrà se nella seconda parte della corsa elettorale le parole incontreranno il senso.
Che non parrebbe male e in più sarebbe pure una sorpresa. Piacevole.


Nessun commento:

Posta un commento