Il
faccione perennemente sorridente di Enrico Mantana, chissà che avrà
mai tanto da ridere, ha fatto da contorno all'ultima puntata di Bersaglio
Mobile. La trasmissione era dedicata ad un tema leggerino, di quelli
da prendere sotto gamba in una calda estate: la trattativa tra Stato
e mafia e già che c'erano il ruolo giocato nei recenti sviluppi dal
Presidente della Repubblica . Ospiti: Giuliano Ferrara, Antonio Di
Pietro, Emanuele Macaluso e Marco Travaglio. Con l'intermezzo del
deputato Francesco Boccia che per la verità ha avuto il grande
merito di dare sostanza al proverbio: un bel tacer non fui mai
detto.
Puntata
noiosa oltre ogni dire e soprattutto un film già visto mille volte
dove gli interpreti principali e sostanzialmente unici, sono Marco
Travaglio e Giuliano Ferrara. Essendo Emanuele Macaluso, migliorista d'antan
e simpatizzante craxiano nella parte della bella statuina mentre Antonio Di Pietro, al
solito, minaccia d'andarsene ma resta e si fa bellamente insultare
senza rispondere, al lato pratico, da quello che si firma elefantino.
Chissà se i sindacati africani ed indiani dei pachidermi sono al
corrente dell'indebita appropriazione. Ogni razza ha diritto a veder
tutelata la sua dignità.
Le
parti sono quindi assegnate: Marco Travaglio gioca il suo solito
ruolo di snocciolatore di articoli della costituzione e del codice penale, di comunicati
stampa, di dichiarazioni ufficiali e di sentenze di tribunali di vario
grado nonché di documenti ufficiali e Ferrara, che di nome fa Giuliano
come l'imperatore romano apostata (sarà il caso di nomen omen ?) fa
il solito suo ovvero l'elefante nel negozio di porcellane. Unica
novità l'abbigliamento di Giuliano Ferrara: scarpe da jogging,
pantaloni color vinaccia (che in milanese si dice trasù de ciuc)
camicia azzurrina, con lo sbottono d'ordinanza, e giacca azzurra,
maldestro tentativo di imitazione del look di Oscar Giannino. Barba
mefistofelica con pizzo sgangherato e fuori misura. Per il resto noia
mortale.
Del
tema, la trattativa tra Stato e mafia, nella sostanza non si è
trattato, in compenso si sono sentiti i soliti mantra.
Giusto
come nota di colore va detto che l'elefantino ha voluto dare un tocco di ulteriore
volgarità al suo già ricco palmares con nuove espressioni. Peraltro non sempre originali.
Quindi
nei suoi interventi, sempre prolissi, divagatori e quasi mai sul
punto in questione come succede dal barbiere e nei bar, nell'ordine ha detto che: i magistrati sono
fottuti carrieristi, (indicando
nella fattispecie il presente Di Pietro, che ha iniziato ammuina (di andarsene),
come capo partito, quindi Luigi de Magistris come sindaco di Napoli e
Michele Emiliano come sindaco di Bari. Ha anche detto che qualche
magistrato gioca pure a destra, dimenticando di citare il
presidente del senato Renato Schifani. Ma vabbè. Poi su pressione di
Mentana ha ritirato il fottuti ma ha lasciato il carrieristi.
E Di Pietro si è ritenuto soddisfatto. Beato lui). Quindi ha
definito gli interventi di Travaglio come comizi che gli hanno
rotto i cogl … e dunque
rivolto al sorridente Mentana l'ha apostrofato con ma che
caz.... di conduttore sei, poi inebriato del suo dire se ne è
uscito con non esiste il reato di trattativa Stato-mafia. Oibò,
forse nessuno aveva mai pensato
che questo fatto potesse accadere, ma senz'altro qualcosa di poco
legale in una simile relazione pericolosa senz'altro c'è. Quindi già
che c'era ha aggiunto che la magistratura è pazzotica ma
anche troppo furba, e che
sarebbe disposto ad andare in vacanza con Stalin.
Infine ha definito Il Fatto Quotdiano
come il giornalino di Gianburrasca. Che
detto da uno che dirige un giornale che tira 15000 copie (1)
e ne vende
effettivamente poche migliaia (roba che anche il giornaletto della
parrocchia accanto ne vende di più) e che sopravvive grazie al
contributo di 2.985.120,88€
(2) che lo Stato
magnanimamente elargisce, è stato un tocco di involontario
umorismo. By the way Il Foglio riceve questo importo sotto la voce
“contributi ad imprese editrici di quotidiani o periodici
organi di movimenti politici trasformatesi in cooperativa entro e non
oltre il1° dicembre 2001 (3)
E anche questo è umorismo.
Per
completezza di informazione Il Fatto Quotidiano
ha una tiratura media di 110.667 e un totale di copie vendute (e
pagate) di 55.926. A occhio e croce più di dieci volte di quelle del
il Foglio. E non gode
di contributi.
Ora
la domanda è: perché Giuliano Ferrara? Soprattutto se si vuol fare
della televisione seria.
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(1)http://www.giornalilocali.it/quotidiani-politici/il-foglio.htm ; http://www.cadoinpiedi.it/2012/07/09/quante_copie_vendono_realmente_i_giornali_italiani_la_classifica.
Fonte ads.
(2)http://www.governo.it/DIE/dossier/contributi_editoria_2010/contributi_stampa_2010/stampa_2010.html
(3)
art.153 legge 388/2000
Per conto di Elio Notarbartolo Imperdonabile,il figlio di cotanta famiglia,non ne ingarra una.A napoli si dice " E' l'avvocato delle cause perse" o meglio ,ingiuste.
RispondiEliminaDa parte di: Paolo Penacchio figlio e nipote ( sia per lo zio che per il nonno) ; non è solo in casa repubblicana che i morti si ribaltano nella tomba per colpa di queli che sono venuti dopo.
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