Da oltre settant’anni siamo noti al mondo per essere un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di navigatori. Per modestia, taciamo di essere anche un popolo di grandi inventori di paradossi..
E’ stato un italiano ad inventare le “convergenze parallele” (ch’era un bel modo per significare che se anche si dicevano le stesse cose bisognava tuttavia continuare a rimanere divisi) e sempre italiano fu l’inventore “del governo della non-sfiducia” (ovvero come spiegò Giancarlo Pajetta: “è una cosa che non gli diamo ma che gli basta!), e infine tra gli italici paradossi più recenti c’è quello dei “dei laici devoti”, che è una contraddizione in termini, come dire, per l’appunto, la donna nuda con le mani in tasca (o prigioni senza sbarre o la fuga del cavallo morto).
Il tenero elefantino, cosa c’è di più tenero del suffisso “ino”, pur di dare senso al non-sense “laico devoto” se ne esce con altrettanto paradossali affermazioni.
E’ il caso dell’articolo intitolato “la carne e padre Murphy”*
Il colletto recita: “Un prete del Wisconsin pedofilo, ma senza violenza. La distinzione (liberale) tra peccato e reato. L’impossibilità della chiesa di rinunciare alla notte dell’innominato.
E qui i paradossi si sprecano:
1) “…pedofilo, ma senza violenza”, è una clamorosa contraddizione: non c’è abuso pedofilo senza violenza. Questa non si estrinseca solo nelle botte (schiaffi, pugni, calci o altre torture che i bruti talvolta infliggono ai bimbi). La violenza sa essere anche bianca, come quando si abusa della propria autorevolezza e del proprio ruolo;
2) “la distinzione (liberale) tra peccato e reato.” Interessante dualismo, ma chi è nato prima: il reato o il peccato? O forse l’elefantino - che talvolta si definisce “vecchio conservatore” - dovrebbe sapere che il reato appartiene, in senso formale, alla sfera del civile - pubblica e sociale - mentre il peccato appartiene anche qui in senso formale a quella della religione - privata e individuale.
Inoltre la sfera del civile considera tutti i cittadini (corpo sociale) a prescindere da razza, sesso, e religione e partito politico, mentre ciò che regola il comportamento in relazione alla religione - qualsiasi essa sia – è un fatto che riguarda, nei premi come nelle sanzioni, esclusivamente gli aderenti alla stessa. E questo vale per qualsiasi associazione o gruppo volontario: dal partito politico al circolo delle bocce, anche qui si consumano peccati.
Peccato e reato hanno ampia (anche se non totale) sovrapposizione: entrambi i concetti fanno riferimento all’etica. ovvero al comportamento dell’uomo di fronte al bene e al male. E dunque l’omicidio è un reato ed un peccato, il furto è un reato ed un peccato, la violenza sui bambini è un reato ed un peccato. L’onanismo è solo un peccato, l’adulterio è solo un peccato, l’indifferenza per i genitori (non onorati) è un peccato e non un reato, bestemmiare è un peccato, civilmente un atto di maleducazione ma non un reato, dire le bugie può essere solo un peccato ma se si mente in tribunale diventa un reato. Ed è sanzionato. Così come evadere le tasse è considerato solo un reato, la corruzione è un reato e non un peccato e anche la concussione è un reato e non un peccato.
Comunque in tutti i casi di totale sovrapposizione ciò che conta, per la società civile è il reato, per questo i nostri tribunali condannano i comportamenti derivanti dalla interpretazione deviata di altre religioni. E se questa legge vale per le altre religioni di massa o di carattere settario vale anche per quella cristiana e cattolica.
3) “L’impossibilità della chiesa di rinunciare alla notte dell’innominato” Già. Nell’ambito della
sua sfera di competenza può essere un suo diritto. Ma solo nell’ambito della sua sfera di competenza che è quella dell’assoluzione del peccato. Non oltre.
Che accadde nella famosa notte dell’innominato? Nulla di straordinariamente speciale: l’innominato si pentì. Ma non è diventato un “collaboratore di giustizia”, tutt’al più un “dissociato”.
Bene, dove sta l’originalità che ha riportato il fatto, a distanza di secoli, all’onore della prima pagina de il foglio? In due punti: che il pentimento abbia tratto la sua origine dalla frase “Dio perdona tante cose per un’opera di misericordia” pronunciata da Lucia Mondella, la seconda che dopo l’incontro con il Cardinale Federigo Borromeo, che s’intende l’assolve con qualche pater-ave-gloria, se ne va libero e, bello e ripulito, torna candido al suo castello dove, si intende che continuerà a vivere, felice e contento. Del suo pentimento.
In altre parole quel pentimento religioso ha cancellato, o per meglio dire ha assolto tutte le colpe civili.. Ma soprattutto questo significa che un gruppo, ancorché assai numeroso all’interno del contesto sociale decide di avere una sua propria giustizia (privata) e di conseguenza decide di sottrarre i suoi adepti alla giustizia accettata da tutti gli altri membri della società in cui è calata. Paradossale. Prigione senza sbarre
E i poveretti che hanno subito le sue angherie? Avranno avuto giustizia o in virtù di quell’opera (unica) di misericordia avranno dovuto accontentarsi del più classico “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”.
E se questa è la logica auguriamoci che nessuno si ricordi di quando Riina aiutò una vecchietta ad attraversare la strada.
* il foglio del 26 marzo 2010
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