Ciò che possiamo licenziare

mercoledì 26 febbraio 2020

Coronavirus Made in Italy


Il caso del Signor Cechi da Codogno. Le rassicuranti dichiarazioni della Dottoressa Maria Rita Gismondo responsabile virologia del Sacco e del Dottor Giovanni Maga Direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia e quelle esilaranti di Fontana, Presidente della regione Lombardia e di Beppe Sala, Sindaco di Milano.

 Fontana, Presidente Regione Lombardia e Sala Sindaco di Milano
 
L’Italia è sempre la stessa e, con molta probabilità, non cambierà mai. L’ufficio complicazione affari semplici lavora a ritmo continuo e quando gli affari son  già complessi di loro renderli ancora più complicati merita lunghe ore di straordinari alle quali i maggiorenti aderiscono con entusiasmo.  

La kafkiana esperienza del Signor Cechi è ormai nota. Il Signor Cechi è di Codogno e abita nello stesso condominio dell’ormai famoso Mattia, meglio noto come paziente 1 e per questo, con grande senso civico, sua sponte si mette in quarantena. Tanto di cappello. Dopodichè si ammala: febbre, tosse e restante corollario sintomatico. E qui comincia il valzer delle telefonate: prima chiama il medico curante il quale gli risponde che di visitarlo proprio non se ne parla, poi passa al 112 che lo rimbalza al medico di base che lo deve auscultare, bella parola. Piena di fascino. Allora prova con il 118 che lo gira alla guardia medica e alla fine, disperato,  chiama Prima Pagina, trasmissione di radio3rai  e la notizia fa il giro d’Italia e, si spera, non del resto del mondo. Che già abbiamo una bella reputazione. Magari adesso qualcuno andrà finalmente a fargli un tampone. Evviva, evviva

Nel frattempo la dottoressa  Maria Rita Gismondo, responsabile della microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell'ospedale Sacco di Milano, titolo più lungo della catena del DNA, noblesse oblige,  afferma che è una follia scambiare «un'infezione appena più seria di un'influenza per una pandemia letale». E aggiunge che per rendersene conto basta guardare i numeri. In questo avendo conferma da Giovanni Maga, direttore dell'Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia, che riassumendo i risultati dello studio condotto in Cina i numeri li snocciola: « nell'80% dei casi i  sintomi sono lievi e circa il 95% delle persone guarisce senza gravi complicazioni.» A tutto ciò fa eco, giusto per non creare panico il Presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che prospetta Milano possa diventare la Wuhan d’Italia. Cioè una città chiusa. Un lazzaretto come ai tempi della peste manzoniana. Una bazzecola. In quest’opera di rassicurazione lo coadiuva il sindaco di Milano Beppe Sala che afferma coram populo «stiamo navigando a vista» La popolazione così rassicurata assalta i supermercati e li svuota. Comprando addirittura chili di farina. Pane pasta e dolci fatti in casa per i prossimi anni. Alleluia. 
Nel mentre gli abitanti di Ischia vogliono chiudere l’isola a Lombardi e veneti, in subordine cinesi. Una bella vendetta per le umiliazioni patite negli anni ’50. Ormai non ci speravano più. I voli con la Cina sono chiusi da quel dì, però dalla Cina si continua ad arrivare. Quella che sembrava una grande idea si è trasformata in una fesseria. Si è chiusa l’unica porta che consentiva un controllo, monitorando gli arrivi. Adesso chi torna dalla Cina atterra in qualsiasi altro Paese d’Europa e di lì, bello bello, entrare in Italia con il treno. E le stazioni non sono controllate. Geniale.
E così l’Ital\ia è al terzo posto dopo Cina, e Giappone avendo superato la  Corea con oltre duecento casi di contagio. Neanche fossimo un Paese asiatico. E dire che fino a pochi giorni fa ci si vantava di aver le migliori misure di sicurezza sanitaria del mondo. Figurarsi se fossero state solo un po’ meno sicure..
Buona settimana e buona fortuna.

mercoledì 19 febbraio 2020

Renzi Matteo: l’insuccesso gli ha dato alla testa.


Il palmares renziano è ricco di allegre sconfitte dal 2015 al 2018. L’Italia ha bisogno di politici e non di giocatori di pocker. Gli italici pare abbiano capito il trucco e, Pagnoncelli docet, per il 77% pensino che l’attivismo renziano abbia come solo scopo la visibilità. 

Matteo Renzi un palmares di sconfitte.
 
La battuta riportata nel titolo non è mia, purtroppo, e me ne rammarico, ma di Ennio Flaiano. Mi auguro che tanto giornalista non se ne abbia a male se la prendo in prestito e l’adatto ad un politico che in queste settimane occupa gran parte della cronaca a cui, immagino, la Storia, se proprio proprio, regalerà giusto un trafiletto. Ammesso e non concesso che la Storia abbia di questi pruriti. Ma tant’è. Attualmente non passa giorno che i media non registrino le bellicose dichiarazioni del Renzi Matteo con ciò dimostrando che da raccontare, oggi come oggi, ci sia quasi nulla se si esclude la questione mondiale dell’epidemia di coronavirus, l’europea riduzione della produzione industriale e l’italico chilometrico elenco delle situazioni di crisi. Un niente. Ovviamente una minaccia per essere tale deve potersi poggiare su qualcosa di concreto e per questo motivo il Renzi Matteo ha fondato un partito tutto suo: Italia Viva, che usa come una clave. Oddio, una clava, una clavetta dato che il partitino attualmente cuba in proiezione il 4,6% dei consensi e con la nuova legge elettorale detta Germanicum e il taglio del numero dei parlamentari, c’è pure la sensata opportunità che neanche entri nel prossimo Parlamento. O se ci entrerà sarà per via dei resti e avrà parlamentari numero 3. Una bella soddisfazione. Ma come recita l’adagio non dire gatto se non l’hai nel sacco. Pure se le premesse di una pronta scomparsa sono ben auguranti. Pare infatti che dei 46 parlamentari attualmente in forza, forza si fa per dire, già quattro stiano pensando di abbandonare la zattera intravvedendo l’ennesimo fallimento.. Eh già, perché il palmares renziano è denso di capitomboli e dire che si era presentato sulla scena nazionale con l’ambizione di rinnovare il Pd e più in generale l’Italia, La partenza non fu male, anche se aveva stretto un accordo con Franceschini che nella classifica dei rinnovatori non è certo tra i primi. Infatti alle elezioni europee del 2014 il Pd ottenne un risultato eccezionale: il 40,86% dei voti., Probabilmente fu un abbaglio o forse uno sbaglio. In ogni caso immediatamente rimediato. Infatti nel giro di pochi anni l’aspirante rottamatore che voleva essere rinnovatore ha scialacquato quel tesoretto e, come niente fosse, ha perso tutte le tornate elettorali successive. Nel  2015 si è giocato la regione Liguria, e Venezia e Matera, nel 2016 ha perso Torino, Roma, Trieste e Grosseto, per poi fare il gran botto con il referendum costituzionale dove fu stracciato in maniera rovinosa. Un vero tonfo. Scommettere una volta ogni tanto può anche starci , ma se si scommette sempre si rischia la ludopatia, e l’Italia ha bisogno di politici e non di giocatori di pocker. Comunque, in anticipo sul risultato, a riprova di quanto gli insuccessi gli avessero montato la testa, aveva dichiarato, insieme alla fedelissima Boschi Maria Elena, che in caso di sconfitta avrebbe smesso di fare politica. Questa promessa deve aver scatenato la golosità degli elettori. Entrambi non hanno mantenuto la promessa pure se gli italiani, nella speranza dell’evento, li avessero aiutati con entusiasmo. Ma d’altra parte Pinocchio era fiorentino. Adesso tra mezze minacce, mezzi ricatti e intere gradassate ci riprova. Ma non c’è pericolo, pare che gli italici anche questa volta l’abbiano capito in anticipo e si stiano preparando, infatti, secondo l’ultimo sondaggio di Pagnoncelli, il 77% degli intervistati crede che il Renzi Matteo faccia tutto questo bailamme al solo scopo di ottenere visibilità. A non cogliere il busillis sono rimasti unicamente i giornalisti e i commentatori politici. Per una volta il Paese reale è più avanti. Godiamoci questa ventata di buon senso. Buona settimana e buona fortuna.

mercoledì 12 febbraio 2020

Ecclesia politica


La noiosità della politica italiana obbliga a guardare all’estero. Lo Stato della Città del Vaticano è quello che ci assomiglia di più. Papa Francesco pomps out Georg Gäenswein e il cardinale Parolin dice e si contraddice che con il nome che porta le parole dovrebbe saperle dominare.

Papa Francesco con padre Georg Gaenswein
 Dopo il Papeete, la simil beatificazione di Craxi e le ultime elezioni regionali la noiosità della politica italiana sta raggiungendo vette inimmaginabili. I tentativi di ravvivarla da parte di quella sorta di Jack Russell che fu il rottamatore, fino ad ora ha rottamato solo sé stesso, se agli inizi parevano divertenti a lungo andare, sono diventati viepiù prevedibili e infantilmente barbosi. Per inciso e a beneficio dei non cinofili Jack Russell è una razza di cani di piccola taglia, iperattivi, quasi sempre, ma non sempre, assai simpatici molti, dei quali hanno la tendenza a credersi dei Rottweiler. E questo è il caso del rottamatore.
Tutto ciò posto, per svagarsi e trovare qualcosa di divertente non  resta che gettare uno sguardo all’estero e magari trovare uno Stato che in qualche modo ci assomigli: abbia le nostre virtù (poche) e i nostri difetti (molti) e che anzi, volendo vedere, ce li abbia ben trasmessi. Quindi lo Stato della Città del Vaticano è perfetto.
L’occasione ghiotta la fornisce lo stesso Papa Francesco che, a seguito della divertente diatriba su preti sposati-sì, preti sposati-no,  ha deciso hic et nunc di rinunciare al pregevole contributo di padre Georg.Gäenswein Per intenderci si tratta del segretario di Ratzinger. I britannici direbbero che padre Georg è stato pomp out, in Vaticano, con minor fantasia, ma più perfidia dicono che “è stato congedato”, come succede ai camerieri, poi a mezza voce aggiungono “ a tempo indeterminato”. In altre parole: sparato fuori. E fin qui c’è poca ciccia per la satira, ma ecco correre in aiuto a questa il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin che non è nuovo a simili auxilia externa. Questa volta mette in campo il suo spirito paradossale e definisce interpretazione maligna che “la Chiesa sia un luogo dove si scontrano le fazioni più diverse, dove ci sono (ahi-ahi qui manca il congiuntivo) gruppi di pressione, gruppi di potere e cordate”.  Spesso in modo più spiccio e chiaro l’oltretevere viene definito un nido di serpenti, Ma tant’è. Dopo di che, senza tanti giri il cardinale afferma che, parole sue: “nella chiesa c’è di tutto anche il peccato e da questo dobbiamo convertirci tutti i giorni”.Tradotto è vera l’affermazione precedente e poi, giusto per non farsi mancare nulla chiosa che non bisogna: “caratterizzare la Chiesa stessa in termini puramente umani e sociologici definendola secondo orientamenti, partiti, tendenze”. In altri termini il solito fate quel che dico e non fate quel che faccio. Che non è proprio una bella spiegazione. Millenaria storia che va avanti senza soluzione di continuità, come Dante e Boccaccio e millanta storici hanno dimostrato. La domanda è perché non facciano fare dei corsi di comunicazione anche al cardinale che si chiama, ironia della sorte, Parolin e con le parole e il loro senso qualche dimestichezza dovrebbe averla.  Negare l’evidenza o il sentire comune, lo insegnano alle prime lezioni, è il peggio che si possa fare. Alternativamente conviene tacere.
Buona settimana e buona fortuna.

mercoledì 5 febbraio 2020

Bonaccini: vittoria tossica.


Vince Bonaccini, felici a Bologna e problemi a Roma. Il vice segretario Pd Andrea Orlando viene illuminato da Pietro Micca. L’incapibilità della sinistra.

Stefano Bonaccini il vincitore dell'Emilia-Romagna
Dopo oltre una settimana di decantazione dal voto emiliano-romagnolo si può finalmente cominciare a ragionare con una certa qual serenità. Ovviamente questo significa  lasciare perdere la mancata telefonata di congratulazioni al vincitore da parte della Borgonzoni Lucia, la classe è come il coraggio: chi non ce l’ha non se la può dare. E anche sorvolare sulla mancata stravittoria del Salvini Matteo che, pure se fosse arrivato primo non avrebbe vinto. Copywriter Pierluigi Bersani.
Al dunque ha vinto e con largo margine, il Bonaccini Stefano che, nulla voluntate sua,  ha trascinato, il Pd, proprio trascinato e tirato per i capelli, ad essere il primo partito della regione.  Gli emiliano-romagnoli avranno la regione amministrata secondo tradizione. Che poi sia di sinistra è tutto da vedere. Peraltro pare che un imprenditore dopo un incontro con la Borgonzoni le abbia detto “mi raccomando, se vincerete, non cambiate troppo”. Appunto. Insomma il tradizionale moderato quasi comunismo  di Peppone.
Per il governo invece sembra che la vittoria bonacciniana sia un po’ tossica, Forse anche troppo. Al Nazzareno, nonostante lo scampato pericolo, non si è festeggiato granché. Pare che il vicesegretario Orlando Andrea sia andato a letto presto e in sogno gli sia apparso Pietro Micca, come se ad accendere micce sotto il governo il Renzi Matteo non bastasse. E così, proprio quelli del Pd, hanno cominciato a dare a questo voto tutte le valenze politiche che fino a sabato 18 gennaio avevano aborrito. Adesso l’Orlando Andrea, nei panni del furioso, chiede di tutto, a partire dal riequilibrio, “l’asse del governo cambia”  reclama stentoreo rivolto ai poveretti del M5S che sono usciti dalle urne regionali con le ossa rotte. E poi, sempre lui che per tre anni è stato il pungiball del Renzi,Matteo tuona: “dopo debacle M5S, rivedere i decreti sicurezza” come se in caso di buona riuscita dei grillini quei decreti dovessero stare in piedi. E quindi ancora: rivedere il reddito di cittadinanza e quota cento e la questione della prescrizione il tutto definito “armamentario che non paga elettoralmente”. Dimenticando che proprio quell’armamentario, solo due anni fa, pagò  in modo esagerato. Al confronto Maramaldo si era dimostrato un signore.
Naturalmente il vicesegretario Orlando nella sua furia non tiene conto né degli attuali rapporti di forza in Parlamento e neppure che per cambiarli sono necessarie nuove elezioni nazionali che non è detto vadano come in Emilia-Romagna. Il premier Conte avrà il suo bel daffare per smorzare le paturnie di risvegliati avventuristi e dei guastatori della corrente renziana rimasti sotto copertura nei gruppi parlamentari del Pd.
Diceva Checco Zalone che il peggior difetto della sinistra è l’incapibilità. E infatti capire dove voglia andare il Pd e chi voglia rappresentare è proprio di difficile capibilità. Comunque si vedrà.
Buona settimana e buona fortuna.