Ciò che possiamo licenziare

lunedì 27 gennaio 2025

La Giorgia non è così duciosa come vorrebbe.

 La Meloni non ha le idee chiare. Non è ricattabile, ma i voti sono importani. I dazi di Trump Donald.  La pericolosità di Almasri.



Le donne duciose, come d’altra parte gli uomini della stessa fatta e gli esempi non mancano, hanno caratteristiche specifiche: capiscono al volo, istantaneamente hanno un’opinione, decidono in un fiat, sono assertivi (questo secondo la logica: un gregario dice cose giuste in modo titubante mentre un leader spara minchiate a raglio, ma in modo deciso) e immancabilmente hanno sempre ragione. Soprattutto quando concionano da un palco e nei casi più eclatanti da un balcone. È quanto piacerebbe anche alla Meloni Giorgia e a vederla sul palco di Atreju questa è l’idea. Accade tuttavia che negli ultimi giorni la piccola mascella sottoposta continuamente a dare segni di granitica decisione cominci a mostrare minuscole crepette. Il casus belli  è stato, come ti sbagli, quello della ministra Garnero Daniela in arte Santanché. Come noto la ministra ha diversi contenziosi con la magistratura, uno per truffa sui fondi Covid che non è proprio bello, e non dà lustro al governo dei patrioti: una dei loro accusata di spillare denaro alla Patria. Alla domanda sul che fare con la Garnero la Meloni Giorgia prima si giustifica con il verso del Giusti recitante «Sono stata in tutt’altre faccende affaccendata». Citazione degna della casalinga di Voghera ignara che la frasetta è incastonata da ampio e profondo sfottò:«Ah intendo, il cervel suo, Dio lo riposi é in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato».  Ma così non dev’essere, anzi si tratta di un rovello mica da ridere: il La Russa Ignazio, ras del partito in Milano e Lombardia, cioè uno che i voti ce li ha di suo e il Crosetto Guido da Cuneo, dove Totò ha fatto il militare per tre anni, anch’esso ben provvisto di tessere non foss’altro che per l’attività industriale sul territorio, sono entrambi supporter della Garnero e quindi va bene non essere ricattabile, Meloni,, ma se i voti vengono a mancare qualche problemuccio, Meloni, si palesa all’orizzonte. E allora ecco il tacon, di solito peggio del buso: «Non ho idee chiare su Santanché». Ma come? la ducessa del «Io sono Giorgia - e del reiterato – funzionerà … funzionerà (Albania) » non ha idee chiare su una bagatella come il caso Santanché? E se a questo si aggiunge di aver istruito il Trump Donald su come le sanzioni non convengono a nessuno: supercazzola sesquipedale. E in fine il caso Almasri, poteva essere una grande opportunità per mettere plasticamente in pratica la promessa di Cutro: «Per noi chi si rende responsabile di lesioni gravi o di morte mentre organizza la tratta degli esseri umani è perseguibile con un reato che noi consideriamo U-NI-VER-SA-LE (ben scandito) che signigica non solo colpire i trafficanti che troviamo sulle barche (ma quando mai) ma anche quelli che ci sono dietro». Programma ambizioso il giusto, ma non adatto alla casalinga di Voghera. La colpa è dei giudici, ovvio, e non di un ministro inane. By the way, come noto il Almasri è tornato in Libia con volo di Stato italiano. Motivo: «Era pericoloso». Abbè però. E la duciosità? La prossima volta.

Buona settimana e buona fortuna.

mercoledì 22 gennaio 2025

Il bacio della pantofola.

 La cerimonia per l’insediamento di Trump è stata lunga come la fame e noiosa quanto una messa cantata ortodossa. Gli smericani non lo sanno, ma questo rito risale agli assiri babilonesi.



In poco più di quindici giorni seconda trasvolata oceanica della Meloni Giorgia. Italo Balbo, giusto per rimanere nella stessa tradizione, lo fece una sola volta, in compenso gli americani gli dedicarono una giornata , il 15 luglio, l’Italo Balbo’ day, una avenue, la settima e i Sioux lo proclamarono Capo Aquila Volante ( in seguito i Navajo per non essere da meno nominarono Tex Willer Acquila della Notte , ma questa è u’altra storia). Italo Balbo attraversò Chicago e New York su auto scoperta mentre dagli uffici gli gettarono milioni di coriandoli e cenò con il Presidente Roosevelt. Insomma, i grandi d’America facevano a gara per farsi fotografare con lui.E questa non è una storia che vada riscritta.  Il primo viaggio meloniano nella politica del Nuovo Mondo è stato a sorpresa, di poche ore: si era scapicollata a Mar-a-lago (il resort del tycoon) per chiedere al futuro Presidente Trump il beneplacito per scambiare uno scienziato iraniano, forse terrorista, con la giornalista Cecilia Sala. Trump è un umorale, ha apprezzato il gesto e in quattro e quattro otto ha acconsentito. Forse non sapeva neanche di cosa si stesse parlando. Comunque ha trovato il tempo di dire della Meloni «Ha preso d’assalto l’Europa», è una bella frase qualsiasi cosa vaglia dire. E  poi tutti a vedere un documentario. In aggiunta il Donald ha pensato bene di invitarla a partecipare alla  sua nomina ufficiale a quarantasettesimo Presidente USA. Un rito lungo come la fame, al confronto le messe cantate della Chiesa ortodossa russa  sono una passeggiata, noiosissimo e si rifà, ma questo gli americani non lo sanno, all’antico rito assiro babilonese del bacio della pantofola. In altre parole sotto le mentite spoglie di una festa si consuma l’atto di fedeltà dei vassalli, valvassori  e valvassini. A ciascuno la scelta del dove posizionarsi. Al tempo degli assiri la pantofola era baciata per davvero, ma oggi questioni igieniche sconsigliano l’atto e al dunque basta la presenza. Questo secondo viaggio la Meloni Giorgia se lo sarebbe pure risparmiato, ma per tema di essere scavalcata dal Salvini Matteo s’è sacrificata. Chissà che si aspettava la Meloni Giorgia, magari di essere accolta dal Donald o quanto meno dall’Elon, invece no, troppo impegnati con i pezzi grossi: i commessi l’hanno pilotata all’ultima fila assieme al Milei e le hanno messo davanti dei marcantoni che al confronto quello vero sembra un nanerottolo. Neanche una miserrima fotografia col pollice alzato. Adesso  tornata mestamente in Italia avrà da meditare: non sull’attacco all’Europa o sul ponte tra UE e USA, ma su quei fotogrammi che la riprendono tristemente schiacciata contro il muro. Chissà che vorranno dire…

Buona settimana e buona fortuna

lunedì 20 gennaio 2025

Giubileo 2025: già il primo santo.

Non s’era ancora aperta la prima Porta Santa che già le anime belle dalla Repubblica si erano lanciate nella beatificazione di un truffatore e a poche settimane dall’inizio del Giubileo anche un supercorrotto sale agli onori degli altari laici. Mancano ancora undici mesi alla fine dell’Anno Santo e la lista degli aspiranti beati è lunga.  



Dopo neanche un mese dall’apertura delle Porte Sante ecco spuntare il primo santo. No, non oltre Tevere dove sono persone serie e prima di mettere uno sugli altari lo rivoltano qualche decina di volte come un calzino. Infatti in quel minuscolo staterello (per dimensioni) a nessuno è passato neppure per l’anticamera del cervello di beatificare, figurarsi santificare, Monsignor Marcinkus. Anzi, di questo faccendiere americano, corrotto e corruttore, c’è da credere si stia cancellando, con i soliti tempi biblici, anche la memoria. Tutt’altro affare al di qua del biondo fiume dove memoria è un concetto evanescente, talvolta effervescente, sicuramente mai conseguente. Le autorità dello Stivale, in verità, sulla questione dell’Anno Santo si sono portate avanti e già nel 2023 hanno iniziato la beatificazione di un condannato per truffa ai danni dello Stato: niente popodimenoché il Berlusconi Silvio. Mica bruscoli. Le condanne avrebbero potute essere molte di più, ma il piazzista (definizione Indro Montanelli) è riuscito a modellarsi leggi su misura, ad allungare processi (altro che toghe rosse), e addirittura (caso Ruby docet) a scavallare il buon senso. Oltre ad essere un piazzista era anche un guitto di second’ordine: memorabile per i suoi cucù e per come di lui ridessero in eurovisione le cancellerie d’Europa, per non dire del baciamano ad un dittatore sanguinario, Gheddafi Mouamar, che lo prendeva allegramente per i fondelli coram populo. Con queste appena accennate benemerenze il soggetto in questione è stato beatificato e santificato già pochi giorni dopo la dipartita e quindi funerali di Stato, francobollo commemorativo e intitolazione di un aeroporto, giusto per citare gli encomi più eclatanti. Presentarsi all’aldilà con queste premesse ha del rischioso. Ora che il Giubileo è al suo primo complimese ecco spuntare un altro bel campione di corruzione: l’incompianto Craxi Bettino. Detto il cinghialone (copyright Vittorio Feltri).  Corruzione in billions, of corse. Anche in questo caso i paroloni si sono sprecati: “personalità rilevante”, “interprete autorevole della nostra politica estera” capace di “spiccata determinazione nelle battaglie politiche” infine, senza pudore, “grande statista”. Evvabbé. Certo nel 1990 il ministro Mattarella Sergio la pensava diversamente, tanto da dimettersi per protesta contro la legge Mammì che consegnava gli spazzi non occupati dalla Rai nelle mani di uno solo; guarda caso il Berlusconi Silvio. Pare per 23 billions ad personam. L’anno in cui si vendono le indulgenze è ancora lungo e quindi non pochi piduisti e delinquenti vari possono tranquillamente aspirare.

Buona settimana e buona fortuna.

venerdì 3 gennaio 2025

W il discorso del Presidente.

 Anche quest’anno il Presidente della Repubblica non ha voluto far mancare il suo discorso alla nazione come, senza soluzione di continuità, avviene dal 1949. Ad inaugurare il rito fu Luigi Einaudi. S'è perso alcune perle.



Come ogni anno il discorso ha avuto evviva, plausi ed applausi da tutti i partiti. Di centro, di destra di sinistra, di centrodestra, di centrosinistra e di qualsiasi altra collocazione. Avviene a prescindere dal Presidente e, viene il sospetto, di quel che si dice. Gli occupatori dei nobili scranni e il codazzo di giornalisti al seguito applaudirono Pertini e Napolitano, Leone e Scalfaro, Saragat e Cossiga tanto per dire. Nella prolusione di quest’anno è uscita la parola “patria” e subito i post fascisti (lo sono ancora) si sono sdilinquiti, immediatamente eccitati e ci sono stati momenti di vero orgasmo. Non ci fosse stata la legge Merlin… Il Presidente ha utilizzato la parola patria, nel suo senso più comune e di buon senso, ma non è bastato poiché il partito della Meloni Giorgia su questa ha deciso di mettere il fez. Ops, il cappello. Avocandola a sé. Dimenticando (è prassi consolidata) come della patria i loro ascendenti politici fecero strame e toccò ad altri nobilitarla. Anche quelli del PD, post comunisti (non lo sono più) e post democristiani (lo sono ancora) si sono spellati le mani: il Presidente ha citato i diritti e le morti in mare dei migranti. D’altra parte, la lista della spesa enunciata da Mattarella è stata così lunga e vasta da risultare (quasi) omnicomprensiva e dunque da meritarsi il plauso pure dei Cinque Stelle, di Verdi e Sinistra, financo dei leghisti, chissà se hanno letto e (soprattutto) capito  tutto il discorso, e delle sparute truppe di Azione, Iv e più Europa. Però nel lungo elenco  è mancato il riferimento alle migliaia di euro che finiranno nelle tasche dei ministri non parlamentari (già se la passano bene) e dei miserrimi eurini che invece scivoleranno in quelle di pensionati e dipendenti della sanità (già se la passano male). Su questi ultimi la Meloni Giorgia si è sperticata in ringraziamenti (tanto non costano nulla)nel suo melenso pistolotto natalizio. Non s’è fatto cenno alla patente speculazione edilizia di Milano e a quella silente di Bologna, ai lucrosi affari tra case farmaceutiche e medici e ai ministri che truffano l’Inps. Report docet. Forse faceva poco fine devono aver pensato gli estensori del discorso nel giorno del “oggi siamo tutti più buoni”. Tuttavia, hanno avuto l’idea di piazzare in piedi, nel centro della sala, l’incolpevole Presidente, il quale, come noto gestisce il proprio corpo come Jacques Tatì e per smorzarne l’esuberanza l’hanno inquadrato dal secondo bottone della giacca in su, nascondendogli le mani, la sua parte più vivace. Certo sarebbe piaciuto ascoltare un discorso più centrato sulle necessità e sui bisogni di chi il bene della patria lo porta avanti tutti i giorni senza tanti strepiti e retorica d’accatto. Ma forse è chiedere troppo. Andrà meglio (forse) il prossimo anno.

Buona settimana e buona fortuna.