Oggi
dedicherò questo pezzo a un fatterello del tutto irrilevante, ma
istruttivo: l’evasione e il susseguente arresto del Fede Emilio, classe 1931,
giornalista, condannato per favoreggiamento della prostituzione. Storia
ridicola oltre il giusto e che tuttavia ha ottenuto l’attenzione della carta
stampata e di tutti i telegiornali. Sarà che l’Emilio è stato un giornalista
famoso, ormai forse ex, sarà che si sta scivolando verso la fine, apparente mi
raccomando, del CoronaVirus, sarà che non se ne può più di sentire parlare di
una montagna di soldi che chissà quando arriverà, sarà che la ripresa si
presenta in salita, sarà che i sommovimenti, all’interno del Pd e del governo
sono oramai noiosi e ripetitivi come un talent, sarà che da un pezzo ci mancava
che "chi può, può", sarà per tutto questo che un pizzico di dadaismo ci deve
essere concesso.
E
l’Emilio di dadaismo ne ha messo insieme un bel po’ a cominciare dalla sua appartenenza
al Partito Socialdemocratico, forse unico giornalista in Italia, poi l’essere
passato da juventino a milanista, che per cambiare squadra di calcio bisogna avere una pietra al posto del cuore, quindi l’aver spillato quattrini al
Berlusconi Silvio tramite il Mora Lele. In più ha fondato ben due movimenti
politici, il primo nel 2012 si chiamava Vogliamo
Vivere, raccolse qualche minuto di notorietà perché alla presentazione
organizzata al Teatro Nuovo di Milano la sala andò deserta, comp'let6amente deserta. Il secondo si
chiamava le Ali della Libertà,
l’annuncio fu dato sul blog e quindi non si sa quanti hanno aderito, almeno a
scaricare il programma. Il suo capolavoro comunque è stata la questione Ruby:
l’ha portata ad Arcore poi ha sostenuto di non averla mai conosciuta, ma alcune
fotografie l’hanno sbugiardato.
Per
il caso Ruby è stato condannato in via definitiva a quattro anni e sette mesi,
da scontarsi, i sette mesi ai domiciliari e i quattro anni ai servizi sociali.
Poveri servizi sociali. Evidentemente aver scavallato il carcere l’ha tenuto di buonumore tanto che
essendo ancora ai domiciliari ha pensato bene di fare una corsa a Napoli per
una pizzata. Che proprio non si può fare. Per arrestarlo hanno mandato cinque
carabinieri in borghese, che ce n’erano almeno tre di troppo. In fondo era al
ristorante con la moglie per festeggiare il compleanno. Che c’è di male? Ve lo
immaginate uno del Grattosoglio o di Tor Bella Monaca farsi una simile gita? I
carabinieri l’hanno immediatamente rincarcerato alla suite 514 del hotel Santa
Lucia, di meno non ci stava, e lui ha rilasciato prontamente un’intervista,
magari pagata, per dire del suo sdegno: «Mi hanno trattato come un criminale»
pare abbia detto. E la cosa ci sta, chiunque commetta un crimine, come il
favoreggiamento della prostituzione, è per deduzione un criminale. Ci sta. L'ultima sua fatica è stata un ibro dal titolo emblematico: Che figura di merda. Cosa vol dire la classe. In tre parole racchiusa una vita.
Quando
nel 2001 la stampa estera mise il naso nelle questioni politiche dello Stivale intervenne
con durezza l’Agnelli Giovanni, allora presidente della Fiat oltre che senatore
a vita, detto l’Avvocato sostenendo che l’Italia non era una repubblica delle
banane.
Già,
la repubblica delle banane.
Buona
settimana e buona fortuna