Gaudeamus igitur! La Corte dei Conti, che nel triste panorama
delle istituzioni nazionali pare essere una delle più efficienti, se non la più
efficiente, dopo aver letto carte e controcarte, aver fatto ponzamnti ponzamenti
e controponzamenti è arrivata alla conclusione che la sanità pubblica
nell’italico paese non funziona. O, per come si legge nel rapporto: “la
concentrazione delle cure ospedaliere in grandi strutture specializzate” accompagnata
da anni di tagli alla spesa hanno causato “una sostanziale debolezza della rete
territoriale”. Che tradotto significa: hanno distrutto e sempre più stanno
massacrando la sanità pubblica. Il tutto certificato da un bel bollo tondo,
come si usa nella migliore tradizione della burocrazia italica, dalla Grande
Guerra in avanti. Certo è che se i dotti professionisti della Corte dei Conti
sull’argomento avessero letto qualche giornale o preso visione di qualche
trasmissione televisiva di denuncia, anche solo episodicamente, avrebbero
potuto lanciare il loro grido di allarme con almeno una decina di anni
d’anticipo. Magari senza attendere che
si perdessero ventisettemila lavoratori e ventimila posti letto e che qualche
devoto al voto di povertà si mettesse in tasca diverse milionate e passasse le
vacanze su yacht di lusso. Recuperare adesso quei posti di lavoro, quei posti
letto e quelle milionate sarà una bella impresa Tra l’altro sono stati anche
smantellati quei piccoli simpatici ospedali che tanto facevano per il presidio
locale. E quando non sono stati smantellati gli ospedali sono stati chiusi i
reparti. È il caso, giusto per stare in
medias res del reparto di ostetricia
e pediatria dell’ospedale di Priario, in quel di Clusone, guarda caso Lombardia,
guarda caso provincia di Bergamo, guarda caso Valseriana: se ne prospetta la
chiusura poiché negli ultimi tempi sono nati meno di cinquecento bambini all’anno. Giusto
per puntualizzare: l’ospedale più vicino è quello di Alzano Lombardo a ventotto
chilometri di distanza. E se dall’anno prossimo i nascituri diventeranno
cinquecento e dieci? Sarà difficile riaprire il già chiuso. Scelte queste fatte
sulla base di numeri inequivocabili, come spesso hanno cialtronato dalle
televisioni gli esperti in tagli. Tecnocrati per le cui testoline mettere in
relazione costo specifico con costo sociale è operazione improba. Al di là delle
loro forze. E guarda caso la loro sanità è garantita da ricche assicurazioni. Così
come accade anche per i parlamentari. Ricordate quale fu la prima azione di Ivan
Scalfarotto* appena entrato in parlamento? Correre a iscriversi all’assistenza
sanitaria parlamentare ed estenderla al suo compagno. Fatto indubbiamente
legittimo che però i comuni mortali (giornalisti a parte) non potevano ottenere:
le compagne o i compagni, le così dette unioni di fatto, non possono essere
messi a carico. Al dunque La Corte dei Conti è giunta alla conclusione: distruzione
della sanità pubblica. La casalinga di Voghera, con i suoi limitati mezzi, ci era arrivata da sola e subito, alle prime
avvisaglie. Giusto ad omaggio della cronaca, sempre in Lombardia, per avere una
visita dermatologica, un anno di attesa, per una TAC, quando va bene sei mesi,
per una Risonanaza Magnetica sette mesi se va bene, oltre un anno se va meno
bene. Provate poi a telefonare ad un qualsiasi ospedale e scoprirete che il
tempo d’attesa al centralino è mediamente di cinque minuti, se poi chiedere di
un reparto, questi salgono a venti e magari vi sentirete rispondere che non
danno informazioni: bisogna scrivere una mail. Che il tempo speso in attesa e
di scrittura dell’indirizzo mail avrebbe potuto essere meglio impiegato nel
dare l’informazione richiesta. A questo punto gaudeamus, ma un po’ meno.
Buona
settimana e buona fortuna.
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