Ciò che possiamo licenziare

venerdì 26 giugno 2020

Evasione: una questione di Fede

L'evasione e il successivo arresto di Emilio Fede: un fatto irrilevante, ma istruttivo. L asu ultima fatica: un libro dal titolo emblematico "Che figura di merda". E dire che Gianni Agnelli disse che non siamo la repubblica delle banane.

 Oggi dedicherò questo pezzo a un fatterello del tutto irrilevante, ma istruttivo: l’evasione e il susseguente arresto del Fede Emilio, classe 1931, giornalista, condannato per favoreggiamento della prostituzione. Storia ridicola oltre il giusto e che tuttavia ha ottenuto l’attenzione della carta stampata e di tutti i telegiornali. Sarà che l’Emilio è stato un giornalista famoso, ormai forse ex, sarà che si sta scivolando verso la fine, apparente mi raccomando, del CoronaVirus, sarà che non se ne può più di sentire parlare di una montagna di soldi che chissà quando arriverà, sarà che la ripresa si presenta in salita, sarà che i sommovimenti, all’interno del Pd e del governo sono oramai noiosi e ripetitivi come un talent, sarà che da un pezzo ci mancava che "chi può, può", sarà per tutto questo che un pizzico di dadaismo ci deve essere concesso.
E l’Emilio di dadaismo ne ha messo insieme un bel po’ a cominciare dalla sua appartenenza al Partito Socialdemocratico, forse unico giornalista in Italia, poi l’essere passato da juventino a milanista, che per cambiare squadra di calcio bisogna avere una pietra al posto del cuore, quindi l’aver spillato quattrini al Berlusconi Silvio tramite il Mora Lele. In più ha fondato ben due movimenti politici, il primo nel 2012 si chiamava Vogliamo Vivere, raccolse qualche minuto di notorietà perché alla presentazione organizzata al Teatro Nuovo di Milano la sala andò deserta, comp'let6amente deserta. Il secondo si chiamava le Ali della Libertà, l’annuncio fu dato sul blog e quindi non si sa quanti hanno aderito, almeno a scaricare il programma. Il suo capolavoro comunque è stata la questione Ruby: l’ha portata ad Arcore poi ha sostenuto di non averla mai conosciuta, ma alcune fotografie l’hanno sbugiardato.
Per il caso Ruby è stato condannato in via definitiva a quattro anni e sette mesi, da scontarsi, i sette mesi ai domiciliari e i quattro anni ai servizi sociali. Poveri servizi sociali. Evidentemente aver scavallato il carcere l’ha tenuto di buonumore tanto che essendo ancora ai domiciliari ha pensato bene di fare una corsa a Napoli per una pizzata. Che proprio non si può fare. Per arrestarlo hanno mandato cinque carabinieri in borghese, che ce n’erano almeno tre di troppo. In fondo era al ristorante con la moglie per festeggiare il compleanno. Che c’è di male? Ve lo immaginate uno del Grattosoglio o di Tor Bella Monaca farsi una simile gita? I carabinieri l’hanno immediatamente rincarcerato alla suite 514 del hotel Santa Lucia, di meno non ci stava, e lui ha rilasciato prontamente un’intervista, magari pagata, per dire del suo sdegno: «Mi hanno trattato come un criminale» pare abbia detto. E la cosa ci sta, chiunque commetta un crimine, come il favoreggiamento della prostituzione, è per deduzione un criminale. Ci sta. L'ultima sua fatica è stata un ibro dal titolo emblematico: Che figura di merda. Cosa vol dire la classe. In tre parole racchiusa una vita.
Quando nel 2001 la stampa estera mise il naso nelle questioni politiche dello Stivale intervenne con durezza l’Agnelli Giovanni, allora presidente della Fiat oltre che senatore a vita, detto l’Avvocato sostenendo che l’Italia non era una repubblica delle banane.
Già, la repubblica delle banane.
Buona settimana e buona fortuna

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