Un cacciavite può essere più rivoluzionario di una
falce e di un martello. Soprattutto perché non picchia non taglia ma solo
svita. La doppia anima del cacciavite svita e avvita. Il cacciavite come
transustanziaione del Gattopardo. La fenomenologia del cacciavite.
«Datemi un
cacciavite e vi cambierò il mondo» hanno sentito gridare da Matteo Renzi in
una recente uggiosa mattina d’autunno. E così come si conviene ad ogni one-man-show in neanche un battito di
ciglia è stato accontentato. Poi però quando il giovin virgulto fiorentino, segretario
del Pd e, come giusto, Presidente del consiglio, s’è trovato l’utensile tra le
mani non sapeva che farsene. Un cacciavite, si sa, vita e svita, non rottama, non
picchia come un martello e neanche taglia come una falce. E quindi? In quel
momento si è in po’ pentito di aver esternato con così grande foga un pensiero
tanto profondo. E quindi si stava domandando che farci con il cacciavite
quando, come illuminato, ha capito che un cacciavite può essere un meraviglioso
ed efficace strumento di comunicazione. Pure anche di disinformazione di massa.
E di questa seconda il Renzi Matteo è maestro impareggiabile.
«Il cacciavite -
s’è detto il giovin signore - è la transustanziazione della metafora di Tomasi
di Lampedusa. Il cacciavite ha doppia e contraria funzione avvita e svita.
Tomasi ci ha messo centinaia di pagine per spiegare la sua tesi ed io smollando quattro viti rendo concreto il concetto del cambiamento che nulla cambia.
Quassi quasi mi faccio scrivere un trattatello sulla fenomenologia del
cacciavite. »
Così senza por
tempo in mezzo ha lanciato una delle sue “grida” che al confronto quelle
spagnole riportate dal Manzoni sono acqua fresca. L’idea di tornare al diciassettesimo
secolo peraltro gli piacerebbe assai e un po’ è portato a pensarlo per via dei
bravacci che si trova intorno, e soprattutto dei tanti don Abbondio che se ne
stanno assisi nei palazzi e che si incontrano ad ogni angolo di partito e di
parlamento. Pardon si intendeva dire: di strada.
Comunque adesso
che il cacciavite c’è non resta che trovare la targa da staccare e cosa di
meglio, idea geniale, che smontare quella di Equitalia. Ente inviso ai più e
dalla pessima immagine. Al dunque Equitalia non ci sarà più. Cancellata, distrutta,
annichilita. Senz’altro iniziativa gradita, popolare ed applaudita anche perché
Equitalia ha dimostrato nei fatti, assai prima che l’idea venisse a Rossella
Orlandi, qual è il lato oscuro del fisco. Come dire che la pratica arriva sempre prima della
teoria: prassi-teoria-prassi..E l’ha,sempre fatto, Equitalia, mostrandosi
inflessibile con i deboli e rimediando figure di palta con i forti. Si ha
ancora negli occhi come ha pignorato macchinari a piccole aziende, televisiori
a pensionati, auto a commessi viaggiatori e come, per contro, quanto non è riuscita
a combinare con i concessionari di slot e con Google. Tanto per dirne solo due.
Comunque svitata
la targa di Equitalia e gettatala sul carretto dei robivecchi non resta che inneggiare
al cambiamento. Evviva, evviva. Però, al solito, c’è un però. Cioè a dire che
qualcuno le tasse dei morosi dovrà pur andarle a riscuotere e poi il personale
resta lo stesso, «senza soluzione di continuità di trattamento e carriera» ha prontamente
sottolineato il Zanetti Enrico, vice ministro all’economia che 8000 dipendenti
sono una bella lobby. E anche le sedi rimarranno le stesse, salvo ipotesi di
speculazione o come nel caso (definito “strano” dal Corriere della Sera) dell’Asl Milano che prima vende l’immobile
dove ha sede per due cocomeri ed un peperone e poi ne diventa affittuario.
Comunque ciance
a parte, stesse sedi, stesso personale, stessa mission aziendale e verosimilmente gli stessi mezzi coercitivi di
incasso anche perché la riscossione delle tasse non è un pranzo di gala. E poiché
i soldi è meglio prenderli dove è più facile rispetto a dove sono realmente
sarà la solita storia di sempre: forte coi deboli e debole coi forti. Dunque
cosa cambia?
Il punto vero è:
chi scriverà il trattatello sulla fenomenologia del cacciavite? Ci vorrebbe
qualcuno buono per tutte le stagioni e qui c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Pregevolmente sapido, per esempio il "come giusto" di "il giovin virgulto fiorentino, segretario del Pd e, come giusto, Presidente del consiglio". Correggi la riga 4 dal basso "bedole". Bravo Castruccio, mio ignoto sodale d'antan !!!
RispondiEliminaMinchiate ...
RispondiEliminaMEGACAZZARO!!
RispondiElimina